LANGOSCO
. Famiglia pavese. Dopo la presa e la distruzione della rocca di Lomello per opera del comune di Pavia, e la sottomissione dei conti palatini che vi tenevano la loro residenza, avvenute fra il 1140 e il 1145, i conti si dispersero qua e là nei varî castelli del contado Lomellino, dando origine a numerosissimi rami della medesima famiglia, i quali assunsero via via, col titolo generico di conti palatini di Lomello, il titolo specifico del luogo dove dimoravano di consueto. Dall'atto (del 18 gennaio 1174) di divisione dei beni aviti, fra Guifredo e il nipote Rufino, si apprende che Langosco era uno dei principali possessi familiari, e fu assegnato a Rufino: da questo discesero i conti che si chiamarono "de Langosco". Questi furono, tra le schiatte comitali di Lombardia, i più resistenti alle guerre di sterminio condotte dai Comuni contro di esse. Divisi in molti rami si dispersero da Pavia a Piacenza, a Vercelli, a Brescia. Nel 1300 Filippone tolse ai Beccaria la città di Pavia e la perdette nel 1315 per opera di Matteo Visconti. La politica del monaco Bussolari, difensore del comune pavese, nel 1357 richiamò dall'esilio i Langosco, ma due anni dopo Pavia cadeva definitivamente sotto Galeazzo Visconti. Il duca Filippo Maria nel 1421 confiscava a questi signori la stessa terra di Langosco, che erigeva in contea per Francesco Bussone il Carmagnola, ma nel 1467 Gio. Filippo L. riebbe l'avito feudo. Nel 1573 Emanuele Filiberto di Savoia eresse in contea, per il suo gran cancelliere Giantommaso L., Stroppiana, terra vercellese tolta da Filippone nel 1313 ai Tizzoni (donde il nuovo nome Langosco di Stroppiana, assunto dalla famiglia). Sono ancora da ricordare nel secolo XVII due governatori di Mondovì e di Casale appartenenti a questa famiglia, che si estinse sulla fine del sec. XVIII.
Bibl.: G. Biscaro, I conti di Lomello, in Arch. st. lomb., XXXIII, ii, pagine 139-396, Milano 1906; F. Gabotto, Sui conti di Lomello, in Boll. stor. bibl. sub., XII, p. 58 segg., Torino 1907; id., Ancora sui conti di Lomello, ibid., XIV (1909), p. 89 segg.