LANFRANCO
Non si conoscono i luoghi e le date di nascita e di morte di questo architetto, documentato dal 1099 al 1137, attivo a Modena, ma probabilmente di diversa origine (Dondi).
Fu ideatore, direttore e organizzatore dei lavori per la ricostruzione, su un edificio preesistente (forse con un orientamento parzialmente diverso: Gandolfo, 1989), del duomo di Modena, iniziato il 9 giugno 1099 e consacrato l'8 ott. 1106, sua unica opera certa.
Nella Relatio de innovatione Ecclesie S. Geminiani, ac de translatione eius beatissimi corporis (Montorsi, 1984), tramandata nel ms. O.II.11 (sec. XIII) dell'Archivio capitolare di Modena (cc. 2r-8r), che risale all'epoca stessa della prima fase della costruzione del duomo (Galavotti), L. è citato tre volte.
La prima (c. 3v) in rapporto alla progettazione del duomo; l'identificazione di L. quale ideatore di una ricostruzione così impegnativa viene presentata come provvidenziale. La seconda volta (c. 4v) L. è citato indirettamente, quando richiede che sia eseguita la traslazione delle reliquie di s. Geminiano nella nuova cripta per poter proseguire i lavori. Infine (c. 7r) L. è menzionato per aver avuto proprio lui l'onore di scoprire, insieme con il vescovo di Reggio, l'urna del santo. I due fogli miniati presenti nello stesso manoscritto (cc. 1v e 10r) sono suddivisi ciascuno in due vignette sovrapposte (descritte già da Bortolotti), finora sempre assegnate agli inizi del XIII secolo (Lusetti), ma di recente attribuite a una bottega lucchese e retrodatate al secondo quarto del XII (Masetti), quali aggiunte successive al quaternione contenente la Relatio. L. compare in tre delle quattro vignette, quelle che recano le didascalie "Lanfrancus" o "Lanfrancus architector". Nelle prime due, togato, con un copricapo a calotta e la virga in mano, dà ordini a sterratori che scavano le fondamenta e a muratori che stanno mettendo in opera blocchi o conci di pietra, che vengono trasportati da manovali; nella quarta è nell'atto di aprire il sarcofago insieme con il vescovo Bonsignore. Nella terza l'identificazione, attraverso il copricapo e la barba nel gruppo al margine destro che segue quello da cui emerge la contessa Matilde di Canossa, rimane dubbia. L. viene lodato anche nell'epigrafe marmorea murata nell'abside maggiore del duomo modenese, fatta incidere, nell'ambito dei vasti lavori di riassetto interno del duomo, all'inizio del XIII secolo: "Ingenio clarus Lanfrancus doctus et aptus / Est operis princeps huius. rectorq(ue) magister" (Lomartire, in L. e Wiligelmo, 1984, pp. 374-377).
Inoltre, in un documento dell'Archivio capitolare di Modena del 1137 compare la sottoscrizione di un testimone che si firma "magister Lanfrancus" (Vicini): l'identificazione con l'architetto, possibile ma non sicura, prolungherebbe di molto la permanenza di L. nel cantiere modenese (Peroni, 1984), oltre il primo quindicennio del secolo (Gandolfo, 1989; Quintavalle, 1991).
Nonostante queste testimonianze, la ricostruzione della personalità di L., la cui fama è stata soverchiata da quella dello scultore Wiligelmo, attivo con lui nel duomo, non si sa se fin dall'inizio, è assai difficile, come è difficile identificare, attraverso complesse e sottili discriminazioni, il contesto da lui ideato e avviato per il duomo modenese, che oggi si presenta come frutto di una secolare stratificazione di interventi successivi.
Il duomo, servito da un alto campanile, noto come Ghirlandina, rispecchia comunque il progetto originario, almeno in sostanza: un edificio a tre navate la cui planimetria viene rivelata all'esterno dalla fronte tripartita. La scansione interna è data dal "sistema alternato": la navata centrale risulta divisa in campate all'incirca quadrate, alle quali corrispondono, nelle navate laterali, due campate più piccole. Ne discende l'alternanza di sostegni, che sono "forti", i pilastri quadrilobati, ai vertici delle campate mediane, alternati appunto con altri più deboli, le colonne, che prospettano la suddivisione delle navate laterali. Il sistema prevedeva una copertura a tetto (sostituita da crociere nel XV secolo) su archi trasversi acuti. La parete di ogni campata viene scandita in verticale su tre livelli: le arcate, il cleristorio e, in mezzo, coppie di trifore che definiscono il finto matroneo, diventando, all'esterno, motivo decorativo: una loggetta non praticabile che corre lungo tutto l'edificio con funzione puramente ornamentale. Sotto il presbiterio, fortemente rialzato, si apre una vasta cripta ad oratorium. Un grande pontile salda il coro alle navate. Nel progetto originario lanfranchiano vi erano, precedute da protiri, tre porte (alle quali se ne aggiunsero altre in epoche successive), non simmetriche: una al centro della facciata; una aperta a nord, verso la via Emilia (la porta della Pescheria); una verso sud, in corrispondenza della piazza Grande (la porta dei Principi). Le componenti culturali del progetto di L. per il duomo, quali la scelta consapevole di adoperare una copertura a tetto su archi trasversi, impostata però su un sistema alternato, e la scansione delle navatelle con porzioni di parete, traforate da bifore, costituiscono sicuri rimandi alla chiesa di S. Maria Maggiore a Lomello (1025 circa), individuata anche come il tramite dell'architettura normanna. Pure i contatti con Pisa vanno sempre più delineandosi e chiarendosi. Una delle caratteristiche innovatrici rispetto al periodo precedente e alla cultura lombarda è il rapporto con l'antico: L. pensò la nuova cattedrale come basilica, con una copertura in travi di legno e matronei con pavimentazione lignea. Il linguaggio di L. non fu recepito sul territorio in modo sistematico, a eccezione della cattedrale di Ferrara del 1135, che costituisce una filiazione originaria del duomo di Modena.
L. è stato oggetto di un'esigua attenzione critica. Fra gli studiosi che più esplicitamente si sono impegnati nel delineare la sua personalità, si citano i pionieristici Wiebeking e Seroux d'Agincourt, De Dartein e Colfi. Il più lucido conoscitore dell'architettura di L. è Porter, il quale vede la sua grandezza in un rifiuto quasi sdegnoso della copertura voltata, in un momento in cui questa sembrava avviare un percorso "evolutivo" verso il gotico. E se Frankl è il primo studioso che presenta una impegnata ricostruzione della cattedrale lanfranchiana, Simeoni affronta il problema della cronologia della precedente cattedrale e della distinzione tra l'apporto di L. e quello di Wiligelmo. Le più vaste monografie sul duomo di Modena, che aderiscono entrambe, pur nei diversi e contrastanti risultati, all'impostazione porteriana, sono quella di Quintavalle (1964-65), particolarmente approfondita sul terreno della problematica architettonica, e quella di Salvini (1966), incentrata soprattutto sulla verifica comparativa con altri edifici.
Fonti e Bibl.: J.-B.-L.-G. Seroux d'Agincourt, Histoire de l'art par les monumens depuis sa décadence au IVe siècle jusqu'à son renouvellement au XVIe, Paris 1823, II, p. 49; XXXI, tavv. 1811-1820; LXIV, p. 12; LXVIII, p. 28; LXX, p. 12; LXXIII, pp. 16, 30, 39 s., 42; C.F. von Wiebeking, Theoretisch-practische bürgerliche Baukunde…, II, München 1823, pp. 210 s., tav. 74; F. De Dartein, Étude sur l'architecture lombarde et sur les origines de l'architecture romano-byzantine, I, Paris 1865, pp. 427-437, tavv. 97-100; P. Bortolotti, Antiche vite di s. Geminiano, vescovo e protettore di Modena, Modena 1886, pp. 129-131; A. Dondi, Notizie storiche e artistiche del duomo di Modena…, Modena 1896, passim; B. Colfi, Di una recente interpretazione data alle sculture dell'archivolto nella porta settentrionale del duomo di Modena, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 4, IX (1899), pp. 133-252; G. Bertoni, Relatio translationis corporis sancti Geminiani, in Atlante paleografico del duomo di Modena, Modena 1909, App. I, pp. 85-90; A.K. Porter, Lombard architecture, I, New Haven 1915, pp. 95, 149-152; II, ibid. 1916, pp. 386-393; P. Frankl, Der Dom in Modena, in Jahrbuch für Kunstwissenschaft, XX (1927), pp. 39-54; E.P. Vicini, Regesta chartarum Italiae. Regesto della chiesa cattedrale di Modena, I, Roma 1931, p. 323 n. 393; L. Simeoni, L'iscrizione di L. e il primo periodo della costruzione del duomo di Modena, in Rendiconti della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze morali, s. 3, VIII (1934-35), pp. 48-63; A.C. Quintavalle, La cattedrale di Modena: problemi di romanico emiliano, Modena 1964-65, passim; R. Salvini, Il duomo di Modena e il romanico nel Modenese, Modena 1966, passim; F. Gandolfo, Problemi della cattedrale di Modena, in Commentari, XXII (1971), pp. 124-155; P. Galavotti, Le più antiche fonti storiche del duomo di Modena, Modena 1972, passim; R. Salvini, Il duomo di Modena, Modena 1972, passim; A.C. Quintavalle, La cattedrale di Cremona, Cluny, la scuola di L. e di Wiligelmo, in Storia dell'arte, 1973, n. 18, pp. 117-172; F. Gandolfo, Problemi della cattedrale di Modena e altre questioni di romanico emiliano, in Commentari, XXVI (1975), pp. 175-185; C. Smith, in Macmillan Encyclopedia of architects, II, New York 1982, p. 606; G. Lusetti, in Romanico mediopadano. Strada, città, ecclesia (catal.), a cura di A.C. Quintavalle, Parma 1983, pp. 275 s.; L. e Wiligelmo. Il duomo di Modena (catal.), a cura di E. Castelnuovo - A. Peroni - S. Settis, Modena 1984; W. Montorsi, Riedificazione del duomo di Modena e traslazione dell'arca di s. Geminiano. Cronaca e miniature della prima età romanica, Modena 1984, pp. 124-141; F. Gandolfo, Il cantiere dell'architetto L. e la cattedrale del vescovo Eriberto, in Arte medievale, III (1989), pp. 29-47; Wiligelmo e L. nell'Europa romanica. Atti del Convegno di Modena… 1985, Modena 1989 (in partic. A. Peroni, pp. 71-90); A.R. Masetti, pp. 67-74); A.C. Quintavalle, Wiligelmo e Matilde. L'officina romanica (catal., Mantova), Milano 1991; A.R. Masetti, Nota sulle miniature relative alla costruzione del duomo di Modena, in Ricerche di storia dell'arte, 1993, n. 49, pp. 67-74; L. Di Giacomo, in The Dictionary of art, XVIII, London-New York 1996, pp. 729 s.; P. Rossi, in Enc. dell'arte medievale, VIII, Roma 1997, pp. 499-505, s.v. Modena; W. Montorsi, "Palinsesto" lanfranchiano-campionese, 1099-1999. Nono centenario della fondazione del duomo "di Lanfranco", Modena 1999; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 309; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, pp. 327 s.