Lanfranchi
Famiglia nobile di Pisa. Frequente fu in essa l'esercizio della professione forense; e già nella prima metà del Duecento, partecipava all'amministrazione cittadina.
Le proprietà terriere dei L. erano particolarmente estese sulle colline tra i torrenti Cecina e Crespina e in Valdarno. Godettero del patronato sulla pieve di S. Casciano, il cui rettore era tradizionalmente scelto tra membri della famiglia, e in simil modo ebbero il patronato anche su altre chiese, come su quella di S. Andrea in Pescaiola. Ebbero anche diritti di pesca sul mare, fiumi e isole, e sul traghetto con chiatta sull'Arno, presso S. Casciano. Solo dalla seconda metà del Duecento parteciparono alle sanguinose lotte di fazione.
In città dimorarono nella Cappella di S. Bartolomeo che da quella famiglia prese il nome ‛ dei Lanfranchi '. Una ‛ logia Lanfrancorum ' esisteva in Porta di Ponte.
Entro la grande consorteria si formarono varie famiglie, come i L. Cappone, i L. Chiccolo, i L. Chilbio, i L. Gualterotti, i L. Malepa, i L. Pellai e i L. Rossi. Quest'ultima ebbe un particolare rilievo nella vita commerciale della città e nei traffici marittimi, compreso il commercio del minerale di ferro dell'Elba.
Stirpe fieramente ghibellina, con Sismondi e Gualandi i L. furono tra i promotori del complotto teso all'abbattimento del potere signorile a tendenza guelfa del conte Ugolino della Gherardesca e del giudice Nino Visconti di Gallura. E appunto come tali, D. fece fare menzione di quelle famiglie dal conte Ugolino in If XXXIII 32. Da allora in poi, i L. si mantennero in stato d'inimicizia con i Gherardesca, quando questi ultimi, nella prima metà del Trecento, tennero la signoria di Pisa, partecipando attivamente a congiure contro il loro potere, come nel 1322 contro il conte Ranieri, e poi nel 1336 contro il conte Bonifazio Novello.
Bibl. - E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa, Napoli 1962, 408-415 e passim.