LANDRIANI, Paolo Camillo, detto il Duchino
Figlio di Gerolamo, nacque nel 1562, come è attestato dall'atto di morte (Montinari, p. 128). A proposito del luogo di nascita è stata di recente avanzata l'ipotesi che si dovesse trattare del borgo di Motta Visconti in provincia di Milano (Comincini), più che di Ponte in Valtellina in provincia di Sondrio, come tramandava P. Zani (1822), ma senza argomenti.
Noto con il soprannome di Duchino, attribuitogli, secondo Orlandi, perché direttore di tutte le imprese pittoriche all'interno della corte ducale milanese, l'artista, attivo a Milano e dintorni, nel 1581, affiancandosi a G.P. e A. Luini, eseguì la decorazione (andata perduta) del luogo pio di S. Corona (Bora, 1981); mentre nel 1590 veniva citato da Lomazzo come giovane e promettente pittore, allievo del genovese O. Semino. All'anno successivo risalgono le prime opere autonome del L.: due quadri di battaglie, perduti, per la chiesa milanese di S. Eustorgio, prove iniziali di una serie cospicua eseguita per diverse cappelle e ambienti della chiesa domenicana, che vide impegnato l'artista fino al 1609, e di cui restano solo la pala d'altare del 1594 raffigurante i Ss. Martino, Domenico e Agnese e il S. Raimondo resuscita un morto del 1601, oltre a un trittico raffigurante l'Adorazione dei pastori e due episodi del Trasporto del sarcofago dei magi, trafugato nel 1982 (Mojana, 1985). L'importanza di questa commissione, nonché il rapporto continuativo che instaurò a partire dal 1602, e fino al 1617, con la Fabbrica del duomo di Milano sembrano contrastare con la sua appartenenza all'Accademia della Val di Blenio, osteggiata da F. Borromeo; nell'ambito di questa gravitarono, oltre al L. che vi aderì forse al seguito di Semino (Frangi), anche C. Procaccini, artista da lui preso a modello, e G.P. Lomazzo, il quale in un sonetto dei suoi Rabisch, pubblicati a Milano nel 1589, scriveva del L. (cit. in Bora, 1998, p. 50).
Che il L., legato a una cultura tardocinquecentesca lombarda aggiornata su modelli bolognesi (si veda per esempio la pala con la Vergine e santi in S. Maria della Passione a Milano, databile ai primissimi anni del Seicento), piacesse anche allo spirito conservatore della committenza laica ufficiale è attestato dal Miracolo delle api, opera già collocata nella cappella del tribunale di provvisione e ora nei Musei civici (V. Zani), e dai numerosi apparati e costumi per feste di carnevale, eseguiti su ordine del governatore nel 1592, e poi ancora nel 1597-99, unico tipo di produzione che potrebbe mostrare tangenze con il gusto profano dell'Accademia. Del resto, l'intera produzione giunta a oggi dell'artista risulta divisa tra opere di soggetto religioso e un nucleo di ritratti ufficiali, a meno che non si voglia tener conto di un'indicazione di Arslan, non più ripresa dalla critica, circa due affreschi raffiguranti Orfeo e Le grazie al castello Visconti di Somma Lombardo.
Firmato e datato 1602 è il S. Giovanni Battista della chiesa della Passione a Milano, modellato su una precedente tela di analogo soggetto di C. Procaccini (Colombo, 2001), ma anche memore dell'Eremita di J. Brueghel il Vecchio all'Ambrosiana (Bora, 1998). Tra il 1602 e il 1604 l'artista dipinse i sei teleri (uno in collaborazione con P.F. Mazzucchelli, detto il Morazzone) del ciclo della Vita di s. Carlo, per il duomo milanese: il L., che da allora avrebbe prestato servizio anche come restauratore, consulente, allestitore di apparati, si accaparrò il numero più alto di opere del ciclo, portando nel frattempo a termine anche altri incarichi, quali la decorazione del 1602-03, recentemente restituitagli (Coppa, 2002), di parte della cappellina di S. Carlo nell'arcivescovado di Milano: suoi la pala (Madonna col Bambino in gloria adorata da s. Carlo Borromeo e offerenti) e il riquadro centrale del soffitto ligneo con l'Eterno benedicente, Angeli in gloria e con insegne vescovili e Santi vescovi, completato dalla bottega. E proprio sulle modalità di lavoro del L. si sono soffermati Cavalieri e Comincini (1999): solo un'organizzazione imprenditoriale che vedesse associato l'artista a Gerolamo Grosso e al poco noto Francesco De Magistris detto il Volpino permetterebbe di spiegare innanzitutto un così alto numero di commissioni condotte in parallelo e spesso in tempi assai ristretti, e inoltre darebbe ragione della disparità di stile che si riscontra tra le opere sicuramente ascrivibili al L., nome di riferimento per l'operato di una vera e propria ditta, il cui catalogo è ancora da discutere anche in virtù delle recenti nuove attribuzioni: ultima in ordine di tempo quella riguardante un S. Carlo in gloria, conservato presso la parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo a Corsico.
Tra la produzione del primo, intenso, decennio del Seicento si deve ricordare anzitutto la Madonna con Bambino e santi presso l'oratorio dei Ss. Nazaro e Celso a Novate (Milano) del 1603. Di poco precedente è la tela con Madonna e santi di S. Maria in Galilea a Senna Lodigiana, proveniente forse dalla chiesa milanese di S. Celso, in cui si ravvisa l'influsso di Semino, riscontrabile anche nella decorazione ad affresco con Storie della Vergine in S. Gaudenzio a Novara (ante 1607), allineata al gusto tardomanierista romano di fine Cinquecento. Proprio grazie al confronto con questi affreschi, Cavalieri (2000) assegna al L. la Predica del Battista del santuario di Rho. Firmata e datata 1606 è la pala con l'Incoronazione della Vergine del santuario di Gallivaggio, commissionata al L. da Giovan Pietro della famiglia dei Vertemate Franchi di Piuro, ai quali peraltro si lega la produzione ritrattistica nota (Mojana, 1985; Sicoli). Se per Gallivaggio il modello, rintracciato da S. Coppa (1989), è un'incisione di Agostino Carracci, il riferimento all'ambiente milanese di fine Cinquecento, in particolare ad A. Figino, è evidente nell'opera S. Giacomo a cavallo contro i Mori del 1609-10 in S. Maria del Carmine a Milano; mentre a Michelangelo e a C. Procaccini guarda la Pietà di Oggiono del 1609: a conferma della definizione di pittore "antologista" assegnata al L. da M. Mojana (1985).
A chiusura del decennio si pongono l'Adorazione dei pastori in S. Ambrogio a Milano (entro il 1607), il Cristo Redentore in Ss. Fermo e Rustico a Caravaggio (circa 1606), la tela con Madonna e santi conservata presso la casa parrocchiale di Robecco sul Naviglio del 1610 e soprattutto i sei teleri (sette in origine) dei Miracoli di s. Carlo (Rosci).
Anch'essi eseguiti a guazzo in brevissimo tempo, come i teleri della Vita, sono attualmente (giugno 2003) oggetto di restauro. I dati emersi sembrano rispondere all'invito di Cavalieri (1999) che proponeva di rimettere in discussione le tradizionali attribuzioni dei quadroni: dopo la pulitura, infatti, sono ancor più visibili le differenze stilistiche che contraddistinguono i Miracoli dalla Vita, imputabili a un maggior influsso della pittura di G.B. Crespi, detto il Cerano, ma pure all'entrata in scena di G.C. Procaccini. Inoltre, all'interno stesso del ciclo dei Miracoli la tecnica non sembra essere omogenea, se alla tempera magra, altamente diluita, della maggior parte di essi, si contrappone la tempera grassa dei miracoli di Angela Bottigella e Marina Ferraro (comunicazione orale delle restauratrici: il restauro è stato affidato all'équipe di Pinin Brambilla).
Agli ultimi anni dell'attività del L., e quindi nel secondo decennio del Seicento, è da ascrivere il S. Carlo tra i ss. Agata e Fermo - vicino al S. Carlo in preghiera in S. Maria di Calchera a Brescia -, in S. Maria del Paradiso (Valsecchi), chiesa milanese in cui Arslan (p. 53) vedeva come del L. anche un S. Isidoro.
L'ultima opera nota dovrebbe essere l'Annunciazione nella parrocchiale di Magenta, forse completata da Grosso, se correttamente identificata da E. Montinari (p. 131) con quella "da fenire" nello studio del pittore al momento della sua morte.
Il L. morì a Milano il 17 sett. 1618 all'età di cinquantasei anni (Montinari, p. 128).
Fonti e Bibl.: G.P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura (1590), Bologna 1785, p. 144; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico, Napoli 1733, p. 166; F.A. Albuzzi, Memorie per servire alla storia de' pittori, scultori e architetti milanesi (1775-76), a cura di G. Nicodemi, Milano 1956, p. 112; P. Zani, Enc.… delle belle arti, XI, Parma 1822, p. 233; E. Arslan, Le pitture del duomo di Milano, Milano 1960, pp. 53 s., 68, 153-158; M. Valsecchi, Un allievo del Cerano ritrovato, in Arte antica e moderna, 1961, nn. 13-16, pp. 271 s.; Il Morazzone (catal., Varese), Milano 1962, pp. 7, 31 s.; M. Rosci, I quadroni di S. Carlo del duomo di Milano, introduzione di A.M. Brizio, Milano 1965, pp. 25-28, 35 s., 38, 54, 58, 62, 64, 92, 98, 102, 196, 198-202, 206, 210; G. Bora, Due secoli d'arte a Milano: la pittura in S. Maria della Passione, in S. Maria della Passione e il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, Milano 1981, pp. 134 s.; M. Mojana, P.C. L. detto il Duchino pittore "carliano", in Arte cristiana, LXXIII (1985), 706, pp. 35-50; E. Montinari, Il testamento di P.C. L., in Arte lombarda, 1985, nn. 73-75, pp. 125-132; M. Mojana, Il Duchino nella cappella della Vergine, in Novara da scoprire. Brevi itinerari per la città storica, Novara 1988, pp. 101-113; G. Bora, La pittura del Seicento nelle provincie occidentali lombarde, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, pp. 80 s.; E. De Pascale, ibid., II, pp. 779 s.; S. Coppa, Il Seicento in Valtellina. Pittura e decorazione in stucco, in Arte lombarda, 1989, nn. 88-89, pp. 26-28; S. Sicoli, La quadreria, in Il palazzo Vertemate Franchi di Piuro, a cura di G. Mulazzani, Milano 1989, pp. 141-144; S. Coppa, La cultura figurativa nella basilica di S. Ambrogio nel Seicento e nel Settecento, in La basilica di S. Ambrogio: il tempio ininterrotto, a cura di M.L. Gatti Perer, II, Milano 1995, pp. 470-473; F. Frangi, in Pittura in Alto Lario e in Valtellina dall'Alto Medio Evo al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1995, pp. 267 s.; G. Bora, in Rabisch. Il grottesco nell'arte del Cinquecento. L'Accademia della Val di Blenio, Lomazzo e l'ambiente milanese (catal., Lugano), a cura di M. Kahn Rossi - F. Porzio, Milano 1998, pp. 50, 296, 340; F. Cavalieri, Spigolature di pittura milanese, con qualche eccezione: da Bergognone ad Arduino, in F. Cavalieri - M. Comincini, Pittura nell'Abbiatense e nel Magentino. Opere su tavola e tela. Secoli XV-XVIII, Abbiategrasso 1999, pp. 27-31; M. Comincini, Spigolature d'archivio, ibid., pp. 152-155; S.A. Colombo, in Quadreria dell'arcivescovado, a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1999, pp. 357 s., scheda n. 407; V. Zani, in Pittura a Milano dal Seicento al neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1999, pp. 211 s.; F. Cavalieri, La pittura, in F. Cavalieri - M. Comincini, Sedriano, Sedriano 2000, pp. 106 s.; S.A. Colombo, L'oratorio di S. Nazaro e Celso a Novate. Schede, in Il tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle istituzioni pubbliche di assistenza ebeneficenza… di Milano, a cura di M.G. Bascapè - P.M. Galimberti - S. Rebora, Cinisello Balsamo 2001, pp. 403 s.; S. Coppa, "Un piccolo oratorio, sotto i tetti del palagio archiepiscopale, lontano da ogni romore". La cappella di S. Carlo nell'arcivescovado di Milano, in La cappella di S. Carlo nell'arcivescovado di Milano, Cinisello Balsamo 2002, pp. 31-34; S.A. Colombo, ibid., pp. 42-45; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 301.