LANDOLFO Sagace
Con questo nome è noto l'autore di una compilazione storiografica elaborata con ogni probabilità nell'Italia meridionale nell'ultimo quarto del X secolo. Il titolo originario della compilazione, come esplicitamente dichiarato nel lemma che precede il testo nei manoscritti, è Historia Romana; ancora usato, tuttavia, è quello di Historia miscella, indebita estensione della qualifica assegnata all'opera nell'edizione di Pierre Pithou (Basilea 1569) per indicare la varietà di fonti su cui essa si basava.
Tutto ciò che si sa di L. è legato alla sua opera e in particolare al manoscritto principale che ce la riporta, il Pal. lat. 909 della Biblioteca apostolica Vaticana, un codice in scrittura beneventana oggi riconosciuto dalla maggior parte degli studiosi come esemplato sotto il diretto controllo dell'autore, in virtù di interventi correttivi che, per la loro natura, non sembrano potersi attribuire ad altri. All'interno del manoscritto è compresa una lista di imperatori romani e bizantini che termina con i nomi di Basilio II e Costantino VIII, che regnarono associati dal 976 al 1025, presentati come ancora in vita; tali date costituiscono i termini post quem e ante quem per la copiatura del codice e quindi - se di manoscritto d'autore realmente si tratta - per la composizione dell'opera. Fra questi estremi, l'analisi paleografica porta a ritenere il codice vergato prima del 1000, e all'ultimo quarto del X secolo andrà dunque datata l'attività di Landolfo Sagace. Sembra certo che il manoscritto Palatino fu composto per un ambiente di corte. Esso presenta numerose annotazioni marginali, che si devono al copista stesso e sarebbero dunque state inserite per volontà dell'autore, nelle quali talvolta figurano esortazioni esplicitamente destinate a un princeps (qualifica che potrebbe genericamente riferirsi all'intera categoria dei governanti, ma potrebbe anche essere rivolta a una persona specifica); inoltre nel codice, dopo l'Historia e due liste di sovrani (quella degli imperatori romani, di cui si è detto, da Augusto a Basilio II, e quella delle imperatrici, da Fausta, moglie di Costantino, a Eudocia, moglie di Michele IV), segue, copiata dalla stessa mano, l'Epitome de re militari di Vegezio, un testo che, per argomento e caratteristiche, era considerato nell'Alto Medioevo una lettura di svago o di istruzione destinata a signori laici. Nel X secolo in area campana - da dove, per ragioni paleografiche, sembra provenire il codice - diverse erano le corti principesche; l'ipotesi prevalente, già avanzata da Traube all'inizio del Novecento, è che il manoscritto sia stato elaborato per quella di Napoli, e che legato a questa fosse anche L., mentre di minor favore ha goduto la successiva ipotesi di Crivellucci che ha proposto di collocarlo a Benevento.
Il fatto che nel lemma che precede l'opera egli sia designato semplicemente con l'appellativo di sagax (nel senso probabile di "esperto", "dotto"), senza menzione di qualifiche ecclesiastiche o monastiche, fa ritenere che si tratti di un laico che svolgesse le mansioni di maestro o precettore. A una condizione laica potrebbe ben corrispondere il modesto interesse che L. sembra mostrare per le notizie di storia ecclesiastica presentate dalle sue fonti, che vengono spesso stralciate o ridotte all'essenziale. Scarso seguito ha trovato la proposta, avanzata da Cilento, di identificare L. con il "Landolfus sacerdos et monacus" menzionato in una nota apposta al codice Vat. lat. 4955 della Biblioteca apostolica Vaticana, che contribuì all'ampliamento della biblioteca del monastero di S. Sofia a Benevento e che, secondo Lehmann, potrebbe essere l'autore di una riduzione delle Institutiones di Cassiodoro; contro tale identificazione si possono chiamare in causa gli interessi di studio che traspaiono dall'Historia Romana, ben diversi da quelli esclusivamente religiosi che sembrano tipici del monaco beneventano, e la relativa recenziorità del codice Vat. lat. 4955 (scritto verso la fine dell'XI secolo, se non all'inizio del successivo).
L'Historia Romana di L. è una compilazione in 26 libri basata su due fonti principali: l'omonimo scritto di Paolo Diacono, che a sua volta riproduceva ed estendeva il Breviarium tardoantico di Eutropio, iniziando dalla fondazione di Roma e concludendosi all'epoca di Giustiniano; e la cosiddetta Historia tripartita, ossia la traduzione latina abbreviata eseguita nel sec. IX da Anastasio Bibliotecario della cronaca bizantina di Giorgio Sincello e Teofane il Confessore, che prendeva le mosse dall'epoca giustinianea e si spingeva fino all'813. Queste due opere vengono riportate una di seguito all'altra con sostanziale fedeltà, anche se non senza tagli e modifiche: i primi 16 libri dell'Historia landolfina riprendono il testo di Paolo Diacono, che era appunto suddiviso in 16 libri, e i 10 successivi riproducono il testo anastasiano, che era privo in origine di una scansione interna. Le due fonti principali sono integrate con notizie ricavate da opere diverse, quasi tutte individuabili con sicurezza (massiccio è l'impiego dell'Epitome de Caesaribus, attribuita senza fondamento ad Aurelio Vittore, delle Historiae adversus paganos di Paolo Orosio, dell'Historia tripartita di Cassiodoro; solo occasionale quello dei Getica di Giordane, dei Dialogi di Gregorio Magno, dell'Historia ecclesiastica di Rufino, dell'Historia Langobardorum di Paolo Diacono); soltanto di pochi brani non è stato finora possibile indicare l'origine. Il valore dell'Historia Romana come fonte storica è perciò assai modesto, dato che essa trae le sue notizie per la quasi totalità da altre opere conservate; qualche rilievo ha comunque, sul piano letterario, il fatto che L. citi talvolta l'epitome di Valerio Massimo eseguita nella tarda antichità da Nepoziano, andata per il resto in gran parte perduta. Maggiore interesse ha invece il progetto complessivo dell'opera, che intende dichiaratamente proseguire le Historiae di Eutropio e Paolo Diacono fino a epoca più recente; il collegamento con questi autori e con la romanità, esplicito fin dal titolo, più che indicare una coscienza di continuità fra mondo antico e Medioevo, come venne inteso in epoca romantica, sottolinea la continuazione statuale dell'Impero romano in quello bizantino, effettiva e ben percepita nelle regioni dell'Italia meridionale, ma ormai anacronistica più a nord, dove era divenuta ormai irreversibile la nuova situazione politica creatasi in seguito all'espansione carolingia. Il fatto che la narrazione si arresti ai primi decenni del IX secolo - ancora molto lontano dunque dall'epoca dell'autore - non sembra avere particolare significato e deriverà probabilmente dall'assenza, per il periodo successivo, di fonti latine che fornissero una descrizione continua di eventi e che potessero servire come base per la trama storiografica.
Il codice Palatino venne assai presto portato a nord delle Alpi, probabilmente nei primi decenni dell'XI secolo per iniziativa o a vantaggio dell'imperatore Enrico II, e finì poi all'abbazia di Corvey. Per questa via, l'Historia si diffuse in Germania e in Francia, dove nel Basso Medioevo fu frequentemente copiata e usata come manuale di storia romana; all'Europa centro-settentrionale si può ricondurre la maggior parte dei 35 manoscritti recentiores, che sembrano tutti dipendere - direttamente o no - dal codice Palatino. Anche la tradizione italiana, più limitata, sembra derivare da copie dell'attuale Palatino, esemplate forse prima che esso lasciasse l'Italia; se ne ricavò fra l'altro un'epitome che si arresta all'età di Traiano, attribuita nel codice Vat. lat. 2953 a Pietro Diacono di Montecassino (XII secolo).
L'opera fu pubblicata per la prima volta da Sigismondo Gelenius a Basilea nel 1532 e frequentemente in seguito; essa godette fra l'altro il privilegio di inaugurare la serie dei Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori (I, Mediolani 1723, pp. 1-178), che la scelse per il suo carattere simbolico di collegamento fra antichità romana e Medioevo. Soltanto a partire dall'edizione parziale di Hans Droysen (in Mon. Germ. Hist., Auctores antiquissimi, II, Berolini 1879, pp. 225-376) venne rilevata l'importanza fondamentale del codice Palatino; su di esso soltanto - con eccezione di una breve parte dove il manoscritto è privo di un foglio - si fonda l'edizione integrale più recente, quella curata da A. Crivellucci (Historia Romana, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XLIX-L, Roma 1912-13), che ha valore canonico. L'edizione La Historia miscella di Landolfo Sagace, a cura di V. Fiorini - G. Rossi (Rer. Ital. Script., 2a ed., I, 1), ugualmente basata sul Palatino, è incompiuta e si arresta a XIII, 17.
Fonti e Bibl.: H. Droysen, Über den Codex Palatinus (n° 909) der Historia Romana des Landolfus Sagax, in Hermes, XII (1877), pp. 387-390; Teofane, Chronographia, a cura di C. de Boor, II, Leipzig 1885, pp. 427 s.; L. Traube, Perrona Scottorum. Ein Beitrag zur Ueberlieferung und zur Palaeographie des Mittelalters, in Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-philologische und historische Klasse, X (1900), p. 472 [poi in Id., Vorlesungen und Abhandlungen, III, München 1920, p. 97]; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, München 1911, p. 263; P. Lehmann, Cassiodorstudien, in Erforschung des Mittelalters, II, Stuttgart 1959, pp. 80 s.; N. Cilento, La storiografia nell'Italia meridionale, in La storiografia altomedievale. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo… 1969, Spoleto 1970, II, p. 533; G. Cavallo, Struttura e articolazione della minuscola beneventana libraria tra i secoli X-XII, in Studi medievali, s. 3, XI (1970), p. 347 n. 19; Id., La trasmissione dei testi nell'area beneventano-cassinese, in La cultura antica nell'Occidente latino dal VII all'XI secolo. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo… 1974, Spoleto 1975, I, pp. 382 s.; E.A. Lowe - V. Brown, The Beneventan script, Roma 1980, I, pp. 9, 55, 78; II, p. 167; Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, II, 2, Paris 1982, pp. 83 s. (scheda a cura di C. Jeudy); L.B. Mortensen, The diffusion of Roman Histories in the Middle Ages. A list of Orosius, Eutropius, Paulus Diaconus and Landulfus Sagax manuscripts, in Filologia mediolatina, VI-VII (1999-2000), pp. 165-200; P. Chiesa, Storia romana e libri di storia romana fra IX e XI secolo, in Roma antica nel Medioevo. Mito, rappresentazioni, sopravvivenze nella Respublica christianadei secoli IX-XIII. Atti della XIV Settimana internazionale di studio, Mendola… 1998, Milano 2001, pp. 247-251; Id., Landulphus sagax, in La trasmissione dei testi latini del Medioevo, I, a cura di P. Chiesa - L. Castaldi, Firenze-Impruneta 2004, pp. 244-247; Rep. fontium hist. Medii Aevi, VII, p. 129.