LANCIA (lat. lancea; fr. lance; sp. lanze; ted. Speer, Spiess; ingl. lance)
Arma in asta da offesa con ferro acuto alla sua estremità superiore. La lancia primitiva consistette, certamente, in un lungo diritto bastone appuntito, col quale si poteva offendere l'avversario di punta. Sarà sorta ben presto l'idea di rafforzare la punta di questa arma semplice e renderla più micidiale e vi si legò un corno aguzzo d'animale, una grossa spina di pesce, una scheggia di pietra; ed ecco le prime lance propriamente dette. (A noi sono pervenute solo dall'epoca preistorica le punte dell'ultima specie: per la lancia preistorica e presso i primitivi, v. armi, IV, pp. 460-461, 467-468 e relative figure).
Dopo le punte di pietra vennero quelle di metallo (bronzo e ferro) e allora oltre la punta, si modificò specialmente la parte che doveva fornire l'attacco all'asta, e si ebbe la gorbia. La lancia a punta metallica ebbe quasi sempre dalla parte opposta un rinforzo metallico: il cosiddetto calcio ferrato (o calciuolo o calzuolo) che, oltreché dare appoggio alla lancia a terra, serviva anche per ferire quando la punta era guasta.
Ebbero lance (come risulta dai monumenti) gli antichi Assiri, Medi, e Babilonesi, gli Egizî, gl'Indù, i Cinesi; tutte di forme poco dissimili. I Greci, a cominciare dall'età cretese-micenea avevano lunghe lance (ἔγχος, δόρυ, ecc.) generalmente di frassino, con ferro (a gorbia) di forma svariata, a foglia larga, a foglia d'olivo o di salice, a stelo di canna, a triangolo e talvolta anche con barbe e con serie di uncini; al capo opposto v'era il puntale o calzuolo (οὐρίαχος e σαυρωτήρ).
Lance ebbero tutti i popoli italici, Piceni, Etruschi, Campani, Sȧnniti, Romani.
Il Museo nazionale di Ancona possiede moltissimi ferri di lancia ricuperati da tombe di guerrieri piceni delle necropoli di Novilara (Pesaro), di Ancona, di Numana, di Belmonte Piceno, ecc. Nella vasta necropoli di Alfedena nel Sannio furono trovate numerosissime cuspidi di lance insieme con altre armi e suppellettili.
Poco è da aggiungere circa alle lance etrusche. I guerrieri rappresentati nei monumenti, nei vasi e nelle pitture sono armati con lancia ad asta assai lunga; le cuspidi erano, ordinariamente, a foglia di salice. Dalla presenza dell'amentum o correggia, a metà dell'asta, si deduce che la lancia poteva essere usata anche come arma da getto. Presso Sanniti e Romani la lancia o asta era l'arma per eccellenza, tanto che gli uni derivavano il loro nome e gli altri il loro appellativo di Quiriti dal nome di essa, detta samnia presso i Sanniti, e quiris (parola di origine sabina) presso i secondi (per la lancia presso i Romani, v. asta; Giavellotto).
Nel Medioevo la lancia fu arma della cavalleria e dei cavalieri, e si distingueva dalla picca (propria degli uomini a piedi) per la lunghezza dell'asta e per la forma del ferro. La lancia, lunga non più di tre metri al sec. XI, arrivò fino a 5 m. circa verso la fine del sec. XIV e fu arma veramente terribile in mano ai cavalieri che, sotto l'armatura di maglia non avevano più da temere né le frecce né i verrettoni. Le genti a piedi non potevano sostenerne l'urto, e raramente anche gli uomini d'armi a cavallo nei combattimenti venivano a corpo a corpo.
Sembra che la lancia non fosse usata dai Merovingi, e neppure dai Franchi ai tempi dei Carolingi. La lancia è raffigurata nei monumenti solo nel sec. XI. Nella necropoli di Castel Trosini, presso Ascoli-Piceno, è stata trovata una lancia appartenente a guerriero longobardo; alcuni chiamano tale specie di lancia col nome di framea o di ronfea, col quale nome però s'indica più propriamente una speciale scure d'armi dei popoli germanici (vedi Francisca). Bellissimo esemplare di lancia longobarda o franca medievale è quella trovata nella necropoli di Testona presso Torino.
Anche i Normanni, come i Romani, si servivano di lancia da cavallo e di giavellotti da piedi.
Le prime lance medievali avevano asta dritta ed eguale di grossezza da capo a fondo, e ferro a foglia di salice; nel combattimento i guerrieri non mettevano l'asta sotto l'ascella destra come fecero nel sec. XIII, ma la portavano bilanciata col braccio destro, e ferivano allungando il braccio proteso in giù (lancia orizzontale), o distendendolo dopo averlo alzato al di sopra del capo (lancia inclinata in avanti). Con l'aumentare di resistenza delle armature difensive aumentò di lunghezza e di robustezza il ferro della lancia e l'attacco di esso all'asta; e si ebbero ferri di forme svariate, che poi condussero poco per volta alle alabarde, alle angone, alle corsere, alle partigiane, agli spuntoni che formano tante categorie di armi speciali da asta.
Ma anche la lancia semplice aumentò di dimensioni; l'asta si allungò, e i combattenti trovarono opportuno di stringerla, nel combattimento, sotto l'ascella, e con l'arma così tesa, investire l'avversario. E siccome sarebbe stato faticoso conservare per molto tempo una tale posizione squilibrata, perché tutto il peso era nella parte anteriore e nullo o piccolo nella posteriore, così si munì la corazza di una specie di appoggio, o di gancio d'arresto, che si disse resta. Ciò avvenne nel sec. XIV. È evidente che la resta non poteva essere fissata sulla maglia, ma fu una conseguenza dell'introduzione, fra le armature, della corazza o del corsaletto d'acciaio o di ferro, la quale adozione - a sua volta - condusse sempre a rafforzare la lancia. Per caricare, il cavaliere si rizzava sulle staffe e puntando all'arcione posteriore della sella, incurvava la schiena portando il corpo innanzi, così come si vede raffigurato nel S. Giorgio del Carpaccio.
Questo fu il metodo generale seguito dai cavalieri, dagli uomini d'armi, dalle lance di condotta; ma l'uso dell'arma leggiera a mano e anche dell'arma lanciatoia con l'amento non cessò del tutto e in principio del Quattrocento si trova che i Tedeschi venuti in Italia con re Roberto gettavano le aste col cappio. Quando l'uomo d'armi era coperto di semplice maglia di ferro, come fu per quasi tutto il sec. XIII, il colpo diretto di un ferro corto e robusto era sufficiente per attraversare la maglia e ferire il cavaliere; ma quando all'armatura di maglia furono aggiunte piastre d'acciaio, se il ferro della lancia ne incontrava una vi strisciava sopra e l'asta si rompeva. E allora fu allungato il ferro e reso bene aguzzo, si allungò anche la gorbia perché abbracciasse meglio l'estremità dell'asta stessa, e questo ferro penetrò più facilmente fra piastra e piastra della nuova maniera d'armatura. Di più, la gorbia fu prolungata in due verghette, chiamate bandelle, con parecchi fori, che non dovevano corrispondersi, ed attraverso ai quali si piantavano chiodi nell'asta.
Nel Medioevo, oltre alle lance da combattimento o da guerra si ebbero le lance da giostra o da torneo, che acquistarono forme speciali, soprattutto nell'asta, la quale raggiunse talvolta quattro metri e mezzo di lunghezza con un peso di quasi 18 kg.
La prima aggiunta fatta all'asta delle lance (specialmente quelle da giostra) fu un rotellina o rotella di guardia posta all'altezza del pugno, per deviare il colpo di spada che avesse strisciato lungo l'asta. Quando la lancia fu molto lunga e fu tenuta nell'assalto sotto l'ascella, appoggiata alla resta, il contraccolpo impresso all'arma quando incontrava un ostacolo, faceva sdrucciolare la mano, e poteva produrre la lussazione della spalla; e fu a ciò provveduto marcando nell'asta l'impugnatura ed ingrossandola convenientemente sopra e sotto.
Il legno dell'asta era talvolta scanalato, fasciato di velluto e ornato di borchie dorate e simili. Generalmente poi alla lancia era attaccata una banderuola o una fiamma; per i cavalieri banderesi questa fiamma era di forma rettangolare; per i cavalierotti (baschevaliers) era a triangolo.
Per il giuoco d'armi si usavano ancora lancia senza testa armata (hasta ansata); o lancia col verro coperto da un bottone (hasta propilata); o lancia con la punta guernita con tre brocchi (hasta broccata), oppure lancia alla quale era praticato un taglio attraverso il legno, presso al ferro, in modo che si rompesse facilmente senza portar danno a quello che riceveva il colpo (fr. lance brisée). Tutti questi tipi di lancia si dicevano lance cortesi o lanct graziose; e facevano contrasto con le lance ad oltranza (fr. à oltrance, lance à fer émoulu) nelle quali il ferro era molto robusto, e servivano per combattimenti fino a decisione.
Svariatissime furono le forme dei ferri o punte di lance, in tutti i secoli.
Col perfezionarsi delle armi da fuoco decaddero d'importanza le armi bianche.
Già nel 1610 il Melzo nel suo Trattato delle regole militari per il servizio della cavalleria scrive che su un esercito di 4000 cavalieri, diviso in 40 compagnie (di 100 cavalieri ognuna), solo 10 compagnie debbono essere di lancieri, 18 di corazzieri e 12 d'archibugieri. Poi gli archibugieri crebbero; dalla Germania si diffuse l'uso delle pistole adoperate dai cavalieri e la lancia fu a poco a poco abbandonata.
Nel sec. XVIII tornò di moda; però l'usarono soltanto alcuni speciali corpi di cavalleria leggiera, ussari e ulani, armati e vestiti alla foggia degli Ungheresi, dei Polacchi. Non fu che un'arma bastarda, senza alcuna relazione con la lancia dei cavalieri medievali; ma la forza della tradizione è così tenace, che da allora in poi nessun esercito seppe disfarsene (in Italia ne sono armati i primi 4 reggimenti di cavalleria).
La lancia di detti reggimenti è costituita da un'asta d'acciaio vuota, con punta acuta quadrangolare all'estremità superiore e con calciolo all'estremità inferiore.
La lancia fu ed è arma comunissima presso tutti i popoli, specialmente i meno civili dell'Africa, dell'Oceania; e fra essi la punta della lancia (di ferro, bronzo, osso, legno) ha assunto forme svariatissime dalle più semplici alle più complicate e strane.