Lancelot du Lac
(Francia/Italia 1974, Lancillotto e Ginevra, colore, 84m); regia: Robert Bresson; produzione: Michel Choquet, Alfredo Bini per Mara/Laser/ORTF/Gerico Sound; soggetto: dal romanzo Lancelot ou le chevalier à la charrette di Chrétien de Troyes; sceneggiatura: Robert Bresson; fotografia: Pasqualino De Santis; montaggio: Germaine Lamy; scenografia: Pierre Charbonnier; costumi: Jean Boulet; musica: Philippe Sarde, Michel Magne.
Dopo aver cercato invano il Graal per due anni, i cavalieri della Tavola Rotonda fanno tristemente ritorno al castello di re Artù. Tra loro c'è anche Lancillotto, cavaliere della regina Ginevra, il quale ha avuto con quest'ultima una relazione adulterina che ha però giurato di troncare. Lancillotto è infatti convinto che la sua condotta sia la causa di tutto ciò che è avvenuto. Dio l'ha voluto punire per il suo duplice tradimento: al giuramento nei confronti del Graal e alla fedeltà verso il suo re. I cavalieri d'Escalot sfidano quelli della Tavola Rotonda in un torneo. Ginevra supplica Lancillotto di non partecipare al torneo (dietro al quale ella teme si nasconda un complotto) e lo invita in camera sua. In uno dei loro incontri clandestini, ella ha perduto una sciarpa e teme che qualcuno sia in possesso di una prova contro di loro. È Mordred, un cavaliere acerrimo nemico di Lancillotto, a essere in possesso della sciarpa. Lancillotto fa sapere che non parteciperà al torneo, mentre Mordred informa gli altri dei suoi sospetti. Al torneo appare un cavaliere mascherato che batte tutti gli avversari e scompare misteriosamente così com'era arrivato. In un bosco vicino Lancillotto cade da cavallo e rimane ferito. Galvano, suo miglior amico, ha capito che il cavaliere misterioso è Lancillotto e informa la regina dell'accaduto. Nel frattempo Lancillotto è scomparso. Galvano, dopo aver scoperto che la sciarpa di Ginevra è nelle mani di Mordred, se ne impossessa e la restituisce alla sovrana, cercando anche di convincere re Artù, di cui egli è nipote, ad astenersi dal giudicare il comportamento della regina. Intanto Lancillotto si è rifugiato a casa di alcuni contadini in attesa di guarire. Quando Ginevra viene infine dichiarata innocente, Lancillotto la conduce dal re e le dice addio. Al ritorno viene a sapere che Mordred è insorto contro il re. "Tutti in sella, per Artù e contro Mordred!", ordina ai cavalieri. Il film termina con la sanguinosa battaglia in cui perdono la vita sia re Artù sia Lancillotto: prima di morire, il cavaliere pronuncia il nome della regina.
Era dal 1952, poco dopo l'uscita di Le journal d'un curé de campagne (Il diario d'un curato di campagna, 1950), che Robert Bresson pensava alla realizzazione di Lancelot du Lac. Per ventidue anni continuò a lavorare al progetto rifiutandosi di rinunciarvi, come dichiarò in occasione di varie interviste. Negli anni Cinquanta il regista pensava a un film in bianco e nero; negli anni Sessanta parlava di una doppia versione, francese e inglese. "Non mi limiterò" dichiarava nel 1966 "al carattere puramente fiabesco della leggenda, cioè le Fate, Merlino, ecc., ma cercherò di trasportare la 'fiaba' nel campo dei sentimenti, cioè di mostrare come i sentimenti siano in grado di modificare perfino l'aria che respiriamo". Al di là delle varie ipotesi (le due versioni, il bianco e nero, il colore), ciò che risulta appassionante è constatare come le caratteristiche fondamentali del progetto di Bresson non siano mutate nel corso di più di vent'anni. Nel tempo il regista ebbe modo di maturare le idee che hanno dato origine a un film di grande bellezza, al quale critica e pubblico voltarono però le spalle (fu uno dei più clamorosi insuccessi della carriera dell'autore, e causò il fallimento dei suoi produttori). La continuità del progetto di Bresson è testimoniata anche da particolari significativi: per esempio, Laura Duke Condominas, che nel film interpreta la regina Ginevra, è figlia della donna che, vent'anni prima, Bresson aveva scelto per il ruolo, ovvero l'artista Niki de Saint-Phalle.
Nel film non rimane molto della storia di re Artù e dei suoi cavalieri. Lancelot du Lac è un film sulla ricerca del Graal (Bresson aveva pensato di intitolarlo proprio Le Graal). La ricerca del prezioso calice contenente il sangue versato da Cristo sul Calvario, o il vino bevuto da Cristo la sera dell'ultima cena, è simbolo della ricerca dell'assoluto, e i cavalieri falliscono per difetto di purezza: l'unico che vi riuscirà, Perceval (il Parsifal di Wagner), qui non compare. L'epoca del film, dunque, non è quella della vittoria ma quella del dubbio, delle tenebre e della sconfitta. È un'epoca maledetta in cui il cielo si dimostra ostile nei confronti nei cavalieri, non concedendo loro "la grazia di ispirare le loro gesta". La vittoria appartiene alla foresta (luogo dell'oscurità e delle ombre), che viene definita "diabolica". Come negli ultimi sette film di Bresson, da Au hasard Balthazar (1966) fino a L'argent (1983), tutto è qui dominato dal Male (in opposizione ai primi sei, dove tutto era illuminato dalla Grazia). Il Male spinge i cavalieri gli uni contro gli altri (l'insurrezione di Mordred), provoca la morte del fedele Galvano (ferito proprio da Lancillotto, straziato per questo dal rimorso), esige la separazione della regina da Lancillotto e infine conduce quest'ultimo alla morte tra cumuli di armature nella straordinaria sequenza conclusiva. La presenza del Male, della fatalità, è evidente a partire dalla battaglia del prologo: teste mozzate, colpi di spada, sangue ovunque (si potrebbe fornire un'esegesi del film limitandosi a parlare del sangue che vi viene versato), incendi, rovine, scheletri di impiccati. Sono tutti presagi di sventura. Lancillotto non ha più toccato Ginevra, come aveva giurato di fare, ma è destinato a morire perché non ha smesso di desiderarla. O perché la desidera più del Graal. Egli desidera l'Amore Divino, "ma Dio non è un oggetto che si può ritrovare". E nemmeno l'Amore. Per questo il sentimento tra Lancillotto e Ginevra è un amore proibito per sempre e coincide con il divieto assoluto che imprigionerà il corpo della regina. "Non spogliarti", le dice lui. Quando lui ha posseduto quel 'corpo proibito', ha infranto molto di più della fedeltà che aveva giurato al suo re. Come Tristano, Lancillotto possiede 'l'amore che uccide'. Come Tristano e Orfeo, egli appartiene al regno dei morti (dove il corpo di Ginevra è visibile soltanto attraverso uno specchio, come nel mito di Orfeo).
Interpreti e personaggi: Luc Simon (Lancillotto del Lago), Laura Duke Condominas (regina Ginevra), Vladimir Antolek-Oresek (re Artù), Humbert Balsain (Galvano), Patrick Bernard (Mordred), Arthur de Montalembert (Lionel), Joseph Patrick Le Quidre, Jean-Paul Leperlier, Charles Balsan, Christian Schlumberger, Antoine Rabaud.
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La bellezza e lo sguardo, a cura di L. De Giusti, Milano 2000.