BIRAGO, Lampugnino
Figlio di Guidone e Caterina Landriano, nacque con ogni probabilità nell'ultimo decennio del sec. XIV.
Si trova anche testimoniato con il nome di Lampo, Lappo e Lapo, circostanza per cui spesso è stato confuso con Lapo da Castiglionchio il Giovane, a cui del resto lo avvicinano numerose coincidenze: entrambi furono infatti allievi del Filelfo, mantennero amicizie comuni, tradussero in latino Plutarco, furono uomini di Curia, anche se in periodi diversi. L'Argelati aveva già in parte segnalato queste coincidenze, ma la confusione dei due è continuata, tranne qualche eccezione (Luiso), con l'attribuzione delle opere dell'uno all'altro o con l'identificazione dei due in una sola persona.
La prima testimonianza dell'attività politica del B. al servizio dei Visconti è in una lettera del 5 marzo 1441 al duca Filippo Maria, da Acqua Nigra nei pressi di Rivoltella, in cui lo informa dei movimenti delle truppe di Francesco Sforza e consiglia di radunare le forze intorno a Cremona, ai fini di una più efficace difesa di Milano (Osio, p. 227). Ancora il 14 sett. 1441 il B. risulta a Cremona, presso F. Sforza, "procurator et procuratorio nomine ac nuntius et commissarius ad hoc specialiter deputatus" (Osio, p. 235).
Morto Filippo Maria (14 ag. 1447) e proclamata la Repubblica ambrosiana, il B. rimase probabilmente al servizio di questa; ma di lui si ha notizia solo nel 1450 quando, come "capitano e difensore" della Repubblica ambrosiana, tentava "vir callidus et non infacundus" (Simonetta, p. 337) di sedare, senza successo, il tumulto di popolo del 25 febbraio, che segnò l'avvento al potere di Francesco Sforza. Riuscì a stento a salvarsi con la fuga insieme con gli altri capitani e difensori della Repubblica. Di questo periodo milanese non è rimasta notizia di opere del Birago.
Si ignora se egli si sia rifugiato subito a Roma: certo qui, presso la corte pontificia, svolse tutta la successiva attività letteraria. La sua prima opera è lo Strategicon adversus Turcos, dedicato a Niccolò V e tuttora inedito. L'occasione dell'opera venne dalla notizia della caduta di Costantinopoli, giunta a Roma circa l'8 luglio 1453; la sua composizione va posta, per la dedica a Niccolò V e per alcuni riferimenti interni, tra il settembre del 1453 ed il marzo del 1455. Il B. spera che le notizie che s'erano conosciute sulla distruzione della città e sulle crudeltà e le violenze scatenate contro Costantipopoli svelino la gravità del pericolo ormai vicino; difende la politica di Niccolò V, che aveva sperato nella pace e nella riunione dei Greci dissidenti, e che ora è costretto a bandire una crociata per la liberazione e la salvezza della Terra Santa.
L'opera è un trattato completo "de re militari" con frequenti citazioni ed esempi di scrittori e condottieri antichi in cui vengono esaminate le abitudini dei soldati, considerati i vari tipi di armi, studiate le forze dei nemici con una descrizione minuziosa dell'organizzazione amministrativa e militare dei Turchi, di cui tenta anche una valutazione numerica. Dall'opuscolo risultano evidenti le difficoltà incontrate nel vincere la diffidenza degli eventuali alleati per questa impresa, di cui il B. stabiliva anche i dettagli, scegliendo il possibile luogo di raduno, cioè Bologna, per poi facilitare l'avvicinamento delle truppe a Costantinopoli, per via di terra attraverso il Friuli e per via di mare partendo dalla penisola Salentina. Legato papale doveva essere il cardinale Bessarione. Il B. evita invece qualsiasi nome per il capo militare della spedizione; nel tentativo di conciliare le ambizioni personali egli affida la decisione a Niccolò V. Del pontefice, inoltre, difende la benevolenza verso gli umanisti e le spese sostenute per le imprese urbanistiche in Roma. Questa preoccupazione testimonia che l'accusa in tal senso di Nicodemo da Pontremoli: "Volesse Iddio che papa Niccolò non avesse tanto fabbricato" non era voce isolata (Pastor, I, p. 623).
Dall'epistolario del Filelfo, che, con quello di Pier Candido Decembrio, dà le notizie più interessanti sull'umanista milanese, sappiamo che il Filelfo stesso lo aveva raccomandato a Pio II; al pontefice infatti il B. intendeva dedicare due opere, di cui si ha indicazione in una lettera a Pier Candido Decembrio: la versione latina della Ciropedia di Senofonte e la Vita di Artaserse di Plutarco, opere che per un parziale errore del Sassi erano state attribuite a P. Candido (Resta, p. 38). Sarebbero i suoi primissimi tentativi di traduzione dal greco; a dar fede alla data di una lettera del Filelfo, che deve essere però corretta, sappiamo che solo nel 1459 aveva iniziato a studiare quella lingua.
Ma la sua più vasta opera di traduttore fu dedicata a Paolo II, per cui volse in latino le Antiquitates Romanae di Dionigi di Alicarnasso che Antonio de Toffia trascrisse nel 1468-69 su richiesta del papa.
Questa versione ebbe due edizioni incunabule, postume, e molte anche nel Cinquecento, ma fu sempre dagli stampatori - che lo confondevano con il più noto Lapo da Castiglionchio il Giovane - attribuita ad un "Lappus Biragus Florentinus". J. Hudson ne dà un giudizio sostanzialmente negativo (rozza, grossolana, priva di eleganza), ma la ritiene utile per una esatta ricerca della giusta interpretazione (Reiske, I, p. XXVII).
Sempre a Paolo II è dedicata la versione latina di alcuni opuscoli morali di Plutarco. Essi sono, secondo i titoli stessi del traduttore: Se ipsum laudandum sine invidia audientium,Quodammodo discernat aliquis ab amico adulatorem,De cavenda iracundia,An utantur ratione irrationalia ed infine i Plutharchi Apophtegmata Laconica sive dicta Laconica. Quest'opera risultava già negli inventari della Biblioteca Vaticana al tempo di Sisto V, se è da identificare con la scheda pubblicata dal Müntz: "Lampus Biragus in Moralibus Plutarchi". A Paolo II è dedicata anche l'ultima sua traduzione delle omelie di s. Basilio Magno per la Genesi, compiuta quando era, sempre secondo la testimonianza del Filelfo, molto vecchio e malato, tanto da aver perso la vista da un occhio. Del Basilii Magni Sexdiale de creatione mundi la Biblioteca Vaticana possiede l'esemplare di presentazione riccamente miniato e con lo stemma di Paolo II.
Pochi mesi dopo la morte di Paolo II, a cui aveva dedicato quasi intera la sua attività di traduttore, il B. moriva la notte del 9 apr. 1472.
Il Filelfo ne dava notizia a Teodoro Gaza il giorno stesso con queste parole: "Lampugnino Biraghi, quest'uomo da bene che coltivava le muse, ha pagato la notte passata il suo debito alla natura" (Legrande, p. 161). Le sue traduzioni, e soprattutto quella delle Antiquitates di Dionigi, furono spesso pubblicate od usate come base da altri traduttori, ma il suo nome continuò ad essere confuso con il più celebre Lapo o venne solo usato a dimostrazione della munificenza dei papi umanisti.
Opere: Lo Strategicon adversus Turcos è conservato nei seguenti mss.: Bibl. Apost. Vat.,Vat. Lat. 3423 e Regin. 835, mutilo nei primissimi fogli; Bibl. Univ. Torino, cod. G. VI 14; Torino, Bibl. ex Reale,Militari, 350; Venezia, Biblioteca Marciana,Fondo Bessarione, cod. 437 (cfr. G. Valentinelli,Bibliotheca Manuscripta ad S. Marci Venetiarum, I, Venetiis 1869, p. 31). Il proemio di quest'opera fu edito da D. Giorgi in appendice ai Monumenta ad vitam Nicolai V, Romae 1742, pp. 214-215. Ancora a Niccolò V aveva dedicato la traduzione dello Oeconomicus di Senofonte (cfr. Resta, p. 39 n. 2, e P. O. Kristeller,Iter Italicum, II, p. 309).
La versione di Dionigi è conservata nel Chigi J. VIII 277, anonima nei codd. Vat. Lat. 1817, 1819; incompleta nel Vat. Lat. 1818 in cui mancano gli inizi dei libri I, III, VIII, X e le parti finali dei libri II, VII, IX (cfr. B. Nogara,Codices Vaticani latini, III, Roma 1912, pp. 337-338). Un esemplare miniato e non anonimo si trova alla Biblioteca Estense di Modena, n. 435 (Alpha Q 4,4), per cui cfr. P. O. Kristeller, I, p. 371, e anche pp. 118, 334, 342, 348. Solo i due primi libri nel cod. Sussidio L 71 (C S I 25) della Ambrosiana di Milano; solamente il primo nel cod. L 65 sup. della stessa biblioteca, che nel cod. L 69 sup. ha anche la prefazione alla sua traduzione della Ciropedia di Senofonte e della Vita di Artaserse di Plutarco, con dedica a Borso d'Este. Versioni parziali di Dionigi anche a Parma, Bibl. Palatina, fondo Parmense n. 1161; Piacenza, Bibl. Com., fondo Landi n. 13; Volterra, Bibl. Com., n. 6201 (LVI.6.19); un riassunto tratto dalla stessa versione, con modifiche e riduzioni, è nel cod. Chigiano J VI 219 (per il quale cfr. R. Avesani,Per la biblioteca di A. P. Piccolomini vescovo di Pienza, in Mélanges E. Tisserant. VI, Città del Vaticano 1964, pp. 60-64). La breve dedica a Paolo II della versione di Dionigi fu riprodotta dal Quirini in appendice alla vita di Paolo II di Michele Canensi: Pauli II Veneti Pont. Max. Vita, Romae 1740, pp. 274-278. Per le edizioni a stampa incunabule, cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII, nn. 8423-8424; per le successive, J. G. T. Graesse,Trésor de livres rares et précieux, II, Berlin 1922, p. 400. Le versioni degli opuscoli di Plutarco si trovano nel Vat. Lat. 1887; quella da s. Basilio nel Vat. Lat. 302, per cui cfr. M. Vattasso-P. Franchi de' Cavalieri,Codices Vaticani Latini, Città del Vaticano 1902, pp. 217-218.
Fonti e Bibl.: F. Filelfo,Epistole, Roma 1705,passim; Ph. Argelati,Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, coll. 170-171; J. A. Saxius,Historia literario-typographica Mediolanensis, Mediolani 1745, coll. CCXCV-CCXCVI (ma nello stesso volume cfr. anche la Mantissa, coll. 49-50); G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1259-1260; J. J. Reiske,Dionysii Halicarnassensis Opera Omnia, Lipsiae 1774, I, p. XXVII; L. Osio,Doc. diplom. tratti dagli Archivi milanesi, III, Milano 1882, pp. 227-228, 235-236; E. Legrand,Cent-dix lettres grecques de François Filelfe, Paris 1882, pp. 39-40, 95, 154, 161-162; G. Simonetta,Rerum gestarum F. Sfortiae Commentarii, a cura di G. Soranzo, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXI, 2; E. Müntz-P. Fabre,La Bibliothèque du Vatican au XVe siècle, Paris 1887, p. 218; M. Borsa, P. C. Decembri e l'Umanesimo in Lombardia, in Arch. stor. lombardo, XX (1893), pp. 42-55, 409-427; F. P. Luiso,Studi su l'epistolario e le traduzioni di Lapo da Castiglionchio iuniore, in Studi italiani di filologia classica, VII (1899), p. 206; V. Zaccaria,L'epistolario di P. C. Decembrio, in Rinascimento, III (1952), pp. 105 ss.; F. Cognasso,Ilducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, p. 342; Id.,La Repubblica di S. Ambrogio,ibid., p. 447; F. Catalano,La nuova Signoria: Francesco Sforza, ibid., VII, ibid. 1956, p. 6; E. Garin,La cultura milanese nella seconda metà del XV secolo, ibid., p. 566; L. Pastor,Storia dei papi, I, Roma 1958, pp. 547, 552; II, ibid. 1961, p. 326; G. Resta,Antonio Cassarino e le sue traduzioni da Plutarco e Platone, in Italia Mediev. e Uman., II (1959), pp. 229 ss.; Id.,Le epitomi di Plutarco nel Quattrocento, Padova 1962, pp. 38-39; M. E. Cosenza,Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists, V, Boston 1962, pp. 280, 981-982; F. Litta,Famiglie celebri, IX,sub voce Biraghi.