LAMBESI (nome di origine libica; lat. Lambaesis)
Località della Numidia, situata a un'altezza media di 1200 metri all'angolo NO. del massiccio montagnoso dell'Aurès, focolaio di resistenza berbero, quasi allo sbocco d'una lunga via naturale che unisce il Sahara alla Numidia per Biscra ed El-Kantara, presenta vantaggi strategici che non sfuggirono ai Romani. L'unica legione africana, la III Augusta, stabilita a Theveste (Tebessa) al tempo di Vespasiano, fu trasferita (forse nell'anno 100) a Lambesi per avvicinarsi alla Mauritania che poteva aver bisogno del suo aiuto. Il 1° luglio del 128 Adriano passò in rivista la legione, e in quell'occasione a due chilometri di distanza dal campo ne venne costruito un altro provvisorio di 200 metri per lato, nel centro del quale fu innalzata una grande colonna commemorativa, della quale sono stati ritrovati frammenti importanti. La legione romana rimase a Lambesi almeno fino al tempo di Diocleziano, tranne un'interruzione di 15 anni (238-253), durante i quali fu licenziata. Sotto il basso impero trovavasi ancora in Africa, ma non sappiamo se stesse a Lambesi. Il comandante della legione, legato dell'imperatore, aveva la residenza a Lambesi, che in tal modo veniva a essere di fatto una vera capitale, perché quel generale aveva i poteri di governatore in un vasto territorio, che divenne ufficialmente la provincia di Numidia sotto Settimio Severo. Durante il basso impero la capitale della provincia fu trasferita a Costantina, nuovo nome di Cirta.
Il campo legionario, di cui sussistono tuttora le rovine, era un rettangolo di 500 metri per 420, e forse sotto Adriano sostituì un campo anteriore, stabilito in fretta sotto Traiano. In seguito subì trasformazioni e rimaneggiamenti, soprattutto al tempo di Settimio Severo. Disgraziatamente circa ottant'anni or sono fu edificato un penitenziario (Maison Centrale) sulla parte sud e sud-ovest del campo, ma una buona parte del rimanente, nei quartieri settentrionale e centrale, è stata disseppellita, rimettendo in luce caserme, scuderie, magazzini, abitazioni per gli ufficiali, ,erme, e soprattutto un grande ambiente, decorato con un certo lusso, che si compone di un vasto spiazzato circondato da serie di sale, e di una spianata che dà accesso ad alcune cappelle, dove si riunivano i diversi collegi di sottufficiali. Sul davanti dello spiazzato, al nord, si è conservata fino alla sua sommità una grande sala rettangolare, costruita, o almeno ricostruita nella seconda metà del sec. III, detta impropriamente praetorium, ma destinata alle riunioni e alle cerimonie solenni.
Nelle vicinanze del campo, a più d'un chilometro di distanza, si formò un centro d'abitanti civili, che si accrebbe rapidamente e divenne una città. Pare che dapprima la popolazione si componesse di due elementi distinti: d'un gruppo di cittadini romani forse veterani, divisi in curie, e d'un gruppo d'indigeni, che fu costituito in civitas e ricevette il diritto latino in un'epoca probabilmente anteriore al regno di Commodo. Sotto quest'imperatore i due gruppi dovettero fondersi in un municipio romano, che ottenne il titolo di colonia alla fine del regno di Settimio Severo.
Di questa città rimangono numerose rovine, in parte disseppellite. Citiamo: 1. un campidoglio e un altro tempio vicino; 2. un tempio d'Esculapio, dedicato nel 162: questo santuario, con ambienti che presentano una disposizione originale, è preceduto da una serie di cappelle, dove si adoravano' altre divinità invocate per ottenere la guarigione, fiancheggiate da locali destinati a ricoverare e curare gli infermi, dall'ospedale, da piscine, da stufe, ecc.; 3. grandi terme, costruite sotto Commodo; 4. parecchi archi monumentali, di cui uno a tre fauci, innalzato al tempo di Settimio Severo, si ergeva all'ingresso della città.
In una ricca casa del sec. II si è rinvenuta una statua di bronzo intatta, rappresentante un fanciullo che sorregge un aquilotto, e alcuni bei mosaici, il migliore dei quali firmato dall'artista greco Aspasios. In prossimità del campo si estendono vasti cimiteri, dove restano ancora in piedi varî mausolei. A Lambesi sono state raccolte circa 2400 iscrizioni latine, di cui una sola è cristiana. Altre testimonianze cristiane sono una cappella in un cimitero e un sarcofago con l'immagine del buon pastore, assai rozza.
Lambesi già alla metà del secolo III aveva un vescovo S. Cipriano ricorda un Privato di Lambesi, probabilmente vescovo di questa città, condannato da un concilio come eretico. Fra i numerosi cristiani condotti a Lambesi per esservi giudicati dal governatore e ivi martirizzati i più celebri sono Mariano e Giacomo, condannati coi loro compagni nel 259. I Bizantini eressero un forte in questa città, quando già doveva essere decaduta dal suo splendore. Dopo l'epoca antica Lambesi scompare dalla storia.
Bibl.: S. Gsell, Atlas archéologique de l'Algérie, foglio 27, nn. 222-224 e nelle Additions; R. Cagnat, Guide de Lambèse, Parigi 1893; S. Gsell, Monuments antiques de l'Algérie, I, Parigi 1901, pp. 76-86, 115, 116, 140-145, 159-162, 176-177; II, pp. 74-77, 219-221, 400; R. Cagnat, Les deux camps de la légion III Auguste à Lambèse, in Mémoires de l'Académie des Inscriptions, XXXVIII, i (1908), pp. 219-277; id., L'Armée romaine d'Afrique, 2ª ed., pp. 433-519; id., L'Asclepieium de Lambèse, in Memorie della Pont. Accad. di Archeologia, s. 3ª, I, i (1923), pp. 81-88; H. Dessau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, coll. 539-541; Corpus Inscr. Lat., VIII, pp. 283-423, 1723-1768; De Pachtere, Inventaire des mosaïques de l'Algérie, Parigi 1911, pp. 44-49; R. Cagnat, Musée de Lambèse, Parigi 1895; H. Leclercq, in Dictionnaire d'archéologie chrétienne, VIII, Parigi 1927, coll. 1067-1075.