LAMBERTO
Marchese e duca di Spoleto; nato presumibilmente tra l'820 e l'840, da Guido (I) duca di Spoleto e Itta di Benevento, era fratello maggiore di Guido (II), divenuto poi imperatore. Secondo una ricostruzione genealogica (Wüstenfeld, p. 406), avrebbe sposato Giuditta figlia di Eberardo del Friuli e sorella di Berengario, dalla quale avrebbe avuto Guido (III). Fu duca di Spoleto dall'859 circa all'871 e di nuovo dall'876 all'880. È possibile che negli anni 859-866 egli avesse governato associato al padre, ma è assai più probabile che fosse succeduto nel governo del Ducato dopo la morte di questo. Infatti la sua politica, simile a quella del padre nell'intento di assicurare alla propria dinastia l'egemonia e il dominio nell'Italia centromeridionale, appare da subito diametralmente opposta nelle modalità d'azione, sia nei confronti dell'imperatore Ludovico II, con cui L. non esitò a entrare più volte in aperto contrasto, sia nei confronti del pontefice, che tenne due volte prigioniero.
Nel suo primo anno di governo L. unì le sue forze militari a quelle di Gerardo conte dei Marsi, Maielpoto gastaldo di Telese e Guandelperto gastaldo di Boiano, per affrontare il capo arabo Sawdān e impedirne il rientro a Bari con l'enorme bottino di cui si era impadronito dopo una vasta scorreria, durante la quale aveva saccheggiato Capua e depredato la Terra di Lavoro. Ma il tentativo non ebbe buon fine: vinta una sanguinosa battaglia, i Saraceni riuscirono a rientrare a Bari.
Nell'aprile 860 L. si ribellò a Ludovico II insieme con Ildeberto conte di Camerino, rifiutando di presentarsi al cospetto del sovrano. L. e Ildeberto, inseguiti dall'esercito imperiale, trovarono rifugio prima nella contea dei Marsi e poi a Benevento, presso il principe Adelchi. Nell'estate seguente Ludovico II mosse contro il Principato e obbligò Adelchi a chiedere il perdono per sé e per L. (Ildeberto, rifiutando di sottomettersi, si era rifugiato a Bari). L. fu reintegrato nel titolo di duca di Spoleto e mantenne per alcuni anni un atteggiamento di lealtà che gli portò buoni frutti, tanto che nell'866 ottenne la città di Capua come contea franca, dopo averla assediata e presa in nome dell'imperatore. È, questo, il periodo in cui, almeno nominalmente, il Ducato di Spoleto raggiunse la sua massima estensione territoriale.
Morto papa Niccolò I e succedutogli Adriano II il 14 dic. 867, L. interruppe le operazioni militari che conduceva nel Sud accanto all'imperatore ed entrò a Roma "sicut tirannus", abbandonandola al saccheggio dei suoi (Le Liber pontificalis, p. 177). Forse, come è stato osservato (Duchesne, p. 187; Ruggiero, p. 104), tale azione sarebbe stata compiuta d'intesa con l'imperatore, o addirittura per ordine suo, perché il sovrano non aveva gradito l'elezione del pontefice da parte dei Romani a sua insaputa.
È certamente erronea e tendenziosa la notizia, riportata dal Liber pontificalis (p. 177), che L. sarebbe stato privato del Ducato in seguito alle proteste elevate dai Romani all'imperatore per tale sua azione. Egli rimase infatti nelle grazie di Ludovico II fino all'871.
La conquista dell'Emirato di Bari (febbraio 871) da parte dell'imperatore alterò profondamente gli equilibri nel Sud, fornendo al sovrano una nuova e considerevole base territoriale. Questa è la ragione politica principale per la quale, nell'estate successiva, L., insieme con i maggiori signori del Meridione d'Italia - il principe di Salerno, il principe di Benevento e il duca di Napoli -, si ribellò all'imperatore. Mentre Ludovico II si trovava a Benevento per riorganizzare le forze, i Beneventani insorsero e lo catturarono, trattenendolo prigioniero dal 13 agosto al 17 sett. 871. Tra i principali artefici della congiura erano L. e un suo parente, Lamberto il Calvo. Non appena fu liberato, Ludovico II, cui era stato imposto di giurare che non si sarebbe vendicato, dichiarò L. bandito dall'Impero e gli confiscò il Ducato di Spoleto, che fu assegnato a Suppone (III), cugino dell'imperatrice Engelberga. L. si rifugiò nuovamente a Benevento presso il principe Adelchi, che nell'872 fu dichiarato tiranno e nemico dell'Impero. L'imperatore cercò inutilmente di catturarli nell'873, attaccando Benevento, ma non riuscì nell'impresa, che anzi costò forti perdite. La sorte di L. sembra ormai decisa, ma la situazione mutò alla fine dell'875, quando Ludovico II morì, e gli fu possibile concludere subito la pace con il nuovo sovrano Carlo II il Calvo, imperatore e re d'Italia: il Ducato di Spoleto fu tolto ai Supponidi e conferito per la seconda volta a L. tra il febbraio e il giugno 876. Carlo abbandonò il progetto di conquista dell'intero Meridione d'Italia, lasciando in tal modo a L. ampio spazio di manovra. Allontanandosi dall'Italia, l'imperatore lasciò a L. e al suo giovane fratello Guido, marchese di Camerino, l'incarico di proteggere e sostenere il papa Giovanni VIII. Poco dopo, L. accompagnò in Campania il pontefice, che intendeva riunire in una lega contro i Saraceni tutte le città meridionali. La missione riportò un successo relativo, ma il ruolo svolto da L. e dal fratello Guido non appare chiaro: è possibile che essi, coltivando intenzioni egemoniche e non approvando l'intervento pontificio nel Meridione, agissero segretamente per far fallire l'accordo (Ruggiero, p. 109).
Il 16 luglio 876, nel sinodo tenutosi a Ponthion, Carlo il Calvo confermò a Giovanni VIII le precedenti donazioni, tra cui quella del Ducato di Spoleto, che dunque era da intendersi sottoposto all'alta sovranità del pontefice. Nonostante questo atto formale (che rivela soprattutto l'intenzione, da parte dell'imperatore, di non occuparsi dell'Italia), la posizione di L. era di totale autonomia, né egli fece mai fronte alle iterate richieste di aiuto militare che gli vennero dal papa per combattere i Saraceni.
Morto improvvisamente l'imperatore (6 ott. 877), L. si sottrasse all'autorità del pontefice, il quale intendeva incoronare imperatore Ludovico il Balbo, figlio di Carlo il Calvo, e appoggiò la candidatura imperiale di Carlomanno di Baviera, figlio di Ludovico il Germanico. Da questo, se fosse divenuto imperatore, L. sperava forse di ricevere la corona d'Italia in compenso per il sostegno prestato. Mentre Carlomanno si muoveva nel Norditalia per ottenere il favore dei grandi, i Romani che parteggiavano per lui indussero L. a entrare a Roma per obbligare il papa con la forza militare. Il papa tentò di dissuaderlo con lettere accorate e poi gli comunicò che si sarebbe recato in Francia per formare una spedizione contro i Saraceni. L., temendo che Giovanni VIII si rifugiasse in Francia per cercare l'aiuto di Ludovico, alla fine del marzo 878 - d'accordo con Carlomanno e insieme con il cognato Adalberto marchese di Toscana (marito di sua sorella Rotilde) - entrò a Roma alla testa di un'armata e obbligò gli ottimati della città a giurare l'obbedienza a Carlomanno. Il papa fu assediato per trenta giorni nella Città Leonina, ma non recedette dalle sue intenzioni. Subito dopo il ritiro degli Spoletini, Giovanni VIII partì per la Francia dove, celebrato un sinodo a Troyes in ottobre, scomunicò L., Adalberto e gli altri responsabili dell'assalto a Roma. In quell'occasione il papa dichiarò anche che L. aveva avuto l'impudente intenzione di impadronirsi della corona imperiale.
Questa affermazione, considerato il temperamento di L. e la congiuntura in cui agì, appare fondata. Del resto, la sua ambiziosa politica e il forte e reciproco antagonismo con Ludovico II e con il pontefice si possono giustificare proprio se collocati nella prospettiva di ottenere la corona, italiana o imperiale.
Al ritorno dalla Francia, Giovanni VIII tentò inutilmente di creare imperatore Bosone di Provenza. L'anno successivo, morto Ludovico il Balbo e con Carlomanno che stava per morire, il pontefice si rivolse al di lui fratello Carlo il Grosso, per ottenerne l'aiuto.
L. morì in quel periodo, forse nell'estate 880, durante un tentativo di recupero della città di Capua che, nel frattempo, si era sottratta al suo dominio.
Alcuni anni dopo la sua morte, Folco di Reims scrisse all'imperatore Lamberto indicandogli l'omonimo zio come esempio negativo e da non seguire, mettendolo in guardia dal comportarsi come lui e invitandolo invece a pregare il papa affinché lo assolvesse e intercedesse in suo favore presso Dio (Flodoardus, pp. 385 s.). Il Ducato fu ereditato dal figlio Guido (III), che ne continuò la politica.
Fonti e Bibl.: Hincmarus Remensis, Annales Bertiniani, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, I, Hannoverae 1826, p. 493; Annales Fuldenses, a cura di G.H. Pertz, ibid., p. 392; Erchempertus, Historia Langobardorum Beneventanorum, a cura di G. Waitz, ibid., Scriptoresrerum Lang. et Ital., ibid. 1878, pp. 245, 247 s., 250 s., 263; ChronicaS. Benedicti Casinensis, a cura di G. Waitz, ibid., p. 475; Registrum Iohannis VIII papae, a cura di E. Caspar, ibid., Epistolae, VII, Epistolae Karolini Aevi, V, Berolini 1928, nn. 1, 8, 22-25, 29, 73 s., 82-84, 87; Leo Marsicanus et Petrus diaconus, Chronica monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, ibid., Scriptores, XXXIV, Hannoverae 1980, p. 101; Flodoardus Remensis, Historia Remensis Ecclesiae, a cura di M. Stratmann, ibid., XXXVI, ibid. 1998, pp. 385 ss.; G.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XVII, Venetiis 1772, coll. 347 ss.; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1981, pp. 174 ss.; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, I, 3, 1-2, a cura di H. Zielinski, Köln-Weimar-Wien 1991 e 1998, ad indices (con ampio riferimento alle fonti e alla bibliografia); Monumenta onomastica Romana Medii Aevi, a cura di G. Savio, III, Roma 1999, pp. 590-593; J. Wüstenfeld, Die Herzoge von Spoleto, in Forschungen zur deutschen Geschichte, III (1863), pp. 404-406, 433; E. Gasparrini Leporace, Cronologia dei duchi di Spoleto (529-1230), in Bull. della R. Deputazione di storia patria per l'Umbria, XXV (1938), pp. 22-25; G. Musca, L'Emirato di Bari (847-871), Bari 1964, pp. 61-63 e ad ind.; N. Cilento, Le origini della signoria capuana nella Longobardia minore, Roma 1966, pp. 106-109, 126; B. Ruggiero, Il Ducato di Spoleto e i tentativi di penetrazione dei Franchi nell'Italia meridionale, in Arch. storico per le provincie napoletane, s. 3, V-VI (1966-67), pp. 102-112; E. Hlawitschka, Die Widonen im Dukat von Spoleto, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXIII (1983), pp. 44-76; T. di Carpegna Falconieri, Guido, in Diz. biogr. degli Italiani, LXI, Roma 2003, pp. 352-354; Id., Guido (imperatore), ibid., pp. 354-361.