RAMPONI, Lambertino
RAMPONI, Lambertino. – Figlio del giurista Tommasino e di Garsendina, nacque presumibilmente negli anni Quaranta del XIII secolo. Apparteneva a una famiglia dell’antica aristocrazia urbana bolognese, una delle più illustri della città in età comunale.
Compare per la prima volta nella documentazione come teste, assieme al padre, in un atto del 17 dicembre 1265 e nell’agosto del 1269 si laureò in diritto civile. Esercitò quindi la professione di avvocato, anche per il Comune di Bologna; fu arbitro in diverse contese – resta documentazione dei suoi lodi – e lesse nello Studium felsineo, probabilmente non appena laureato, e di certo già dal 1272: fu tra l’altro maestro stimato di Cino da Pistoia, che lo appellò come «egregius doctor et advocatus Bononiae» (Cyni Pistoriensis iurisconsulti praestantissimi, in Codicem et aliquot titulos primi Pandectorum tomi, id est, Digesti veteris, doctissima commentaria..., Francoforti ad Moenum, Sigismundus Feyerabendt, 1578, c. 452ra, n. 7 ad C.7.40.1.1c). Ancora in merito al suo coinvolgimento nella vita accademica della città si dovrà ricordare che, assieme ad altri, nel 1270 aggredì i canonici, il vescovo Ottaviano e suo fratello, l’arcidiacono Ruggeri Ubaldini, perché quest’ultimo rivendicava il diritto di conferire lauree.
Di parte geremea, in seguito alla vittoria della sua fazione fu coinvolto nella vita pubblica bolognese a diversi livelli. Nella sua esperienza personale si evidenzia icasticamente quel che fu un fenomeno vasto del tempo: il coinvolgimento politico dei sapientes iuris nella vita istituzionale della città, in particolare nei momenti di trasformazione e di ridefinizione della stessa. Fu dunque Ramponi un maestro dello Studio che profuse molte energie nell’impegno civile, intervenendo su questioni politiche di rilievo come su problemi di ordinaria amministrazione. Così nel 1280 fu tra gli otto sapienti che ressero la città assieme a Rolandino Passaggeri; nel 1284 fece parte della commissione degli otto sapientes iuris ai quali il Consiglio degli anziani si rivolse per far uscire Bologna dalla scomunica, nella quale la città era incorsa per essersi indebitamente appropriata di terre non lontano da Medicina; nel 1292 fu tra i nove ai quali fu richiesto un consilium in ordine al processo a Bongiovanni e a Tettalasino Tettalasini; nel 1293 fu tra i riformatori degli statuti bolognesi del 1288; nel 1294 fu tra i quattro sapienti che dagli Ubaldini acquistarono al Comune di Bologna il castello di Cavreno.
Frequente fu inoltre il suo intervento nelle ambascerie e nella mediazione, nei rapporti cittadini e intercittadini: in questa attività diplomatica si manifestava in fondo in altro modo il ruolo politico del giurista. Nel 1284 fece parte della delegazione inviata a Imola presso il legato apostolico Bernardo di Languissel nel corso della vertenza sulla scomunica di Bologna, nello stesso anno fu ambasciatore al legato della Flaminia che voleva cacciare i bolognesi dal castello di Medicina, nel 1286 fu ambasciatore a Reggio Emilia, nel 1294 e nel 1295 fu ambasciatore a Imola presso il conte di Romagna. Degna di menzione è, ancora, l’ambasceria del 1301 a Carlo di Valois, al tempo in cui egli insidiava la libertà di Bologna. Rispetto alle fazioni bolognesi, Lambertino ottenne diversi successi operando per la pacificazione, nonché per la mitigazione delle condizioni giuridiche dei fuoriusciti: nel 1281 fu tra coloro che si impegnarono e riuscirono a riconciliare, dopo lunga inimicizia, i conti di Panico e altri magnati della città; nel 1285 si adoperò in Consiglio al fine di far rientrare in Bologna uomini della fazione dei Lambertazzi in gran numero; nel 1288 fu con altri giureconsulti a Reggio Emilia per pacificare gli esuli con i cittadini reggiani.
L’importanza della sua figura si rileva ancor più quando si consideri l’esenzione dall’esercito, che gli fu concessa nel 1297, e quindi a vita, affinché potesse consigliare i magistrati in tempo di guerra; e d’altra parte nel 1298 si dispensarono dalla guerra tutti i maestri dello Studio, ma il Comune richiese che si esentassero anche Ramponi e Ubaldino Malavolta, che pure non leggevano più.
Ebbe notevoli ricchezze, nelle quali incidevano forse più i suoi propri guadagni – in ragione dell’attività accademica e della professione forense; ma bisognerà notare che nella documentazione compare anche in più occasioni come prestatore di denaro, in particolare agli studenti – che il patrimonio familiare. Lo si designa peraltro come miles: fu infatti creato nobile il 29 giugno 1291 dal principe Bonusmiro de Amerusio, terzo Gran maestro dell’Ordine militare e ospedaliere di San Giovanni d’Acri e San Tommaso. Di provatissima fede guelfa, fu tra i consultori dell’Inquisizione, quanto meno negli anni 1299-1303, ed ebbe fama come tecnico per i problemi legati all’istituto della tortura.
Morì a Bologna nel 1304, e fu inumato presso la chiesa di S. Francesco.
Autore di quaestiones proprie e di additiones a quelle altrui, prolifico di consilia, nell’editio princeps dell’opera (Gand 1513) si attribuiscono a lui le distinctiones super Digesto veteri delle quali è stata invece dimostrata la paternità dell’orleanese Lamberto di Salins. Per contro, le distinctiones ad Codicem (Chartres, Bibliothèque Municipale, 310, cc. 50r s.) assegnate a Lamberto da Meijers sono state ipoteticamente ricondotte da Gero Dolezalek a Ramponi; esse vanno infatti identificate con gli scritti super Digesta et Codicem quorum scriptorum copia rara est che gli attribuisce Diplovatazio. Di un Tractatus de consiliis habendis lo stesso Diplovatazio ascrisse a Ramponi il nucleo originario, e a Bartolo l’accrescimento per viam additionum (ed. Tractatus Universi Iuris, III, 1, cc. 330va-331vb tra i consilia di Bartolo), ma la critica moderna nega entrambe le paternità, e propone semmai quali autori Alberto da Pavia, Odofredo, eventualmente Iacopo d’Arena.
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