LAICI
In diritto canonico ed ecclesiastico i laici (dal gr. λαικός, derivato da λαός "popolo") costituiscono, insieme con gli ecclesiastici, che hanno il potere di governo e di magistero, una delle due grandi classi degli appartenenti alla Chiesa, che è, per costituzione divina, societas inaequalis. I laici, nelle relazioni spirituali, sono governati dal clero e da questo hanno diritto di ricevere i beni spirituali, soprattutto i sussidî necessarî alla salvezza dell'anima (Codex iuris canonici, can. 682).
Nelle primitive comunità cristiane, i laici, pur sempre in posizione subordinata di fronte al clero, avevano più larga ingerenza nel governo, intervenendo sia nella elezione ai sacri uffici, sia nell'amministrazione del patrimonio, allora in gran parte comune. Questa ingerenza diminuì rapidamente, fino ad essere, assai presto, quasi del tutto esclusa.
I laici col battesimo divengono membri della chiesa; e quindi hanno diversi diritti: partecipare al culto e ai sacramenti; adire i tribunali ecclesiastici e compiere gli atti garantiti dal diritto canonico; esercitare il patronato; possono anche, per delegazione pontificia, esercitare qualche atto di giurisdizione. Sotto certe condizioni, può essere loro concesso di prendere parte all'insegnamento catechistico e all'amministrazione del patrimonio; di essere arbitratori ovvero cursori e apparitori nei tribunali ecclesiastici. Possono, entro limiti ristretti, esercitare la potestas ordinis, perché sono ministri nel sacramento del matrimonio, e sono autorizzati, in caso di necessità, a conferire il battesimo. Alcuni dei diritti concessi ai laici sono tutelati soltanto mediante un ricorso in via amministrativa.
I laici hanno anche numerosi doveri; la maggior parte dei quali, però, di natura morale, e solamente alcuni con carattere di veri doveri giuridici (contribuzione a spese per restauri delle chiese, per il culto divino, per l'onesto mantenimento dei chierici e, in generale, tutte le spese necessarie ai fini proprî della chiesa). Sono pure giuridici quegli obblighi di compiere o di astenersi dal compiere azioni la cui commissione od omissione è qualificata delitto dalla legge canonica.
Nel diritto dello Stato la condizione dei laici non è considerata come giuridicamente rilevante. Il concordato con lo Stato italiano colpisce di pena l'uso abusivo dell'abito ecclesiastico o religioso, e consente che l'insegnamento religioso nelle scuole possa essere impartito da professori laici, ammessi dal vescovo.
Bibl.: G. Politi, Ius laicorum in Ecclesia, Venezia 1794; I. Böhmer, De differentia inter ordinem ecclesiasticum et plebem seu inter clericos et laicos, in Dissertat. iuris eccles. antiqui, 2ª ed., Hal. 1729, diss. VIII; L. Ferraris, Prompta bibliotheca canonica iuridica, ecc., 2ª ed., 1885, s. v. Laicus; C. Calisse, Diritto ecclesiastico, Firenze 1902, I, nn. 62-63, p. 173 segg.; J. B. Sagmüller, Lehrbuch des katholischen Kirchenrechts, 2ª ed., Friburgo in B. 1909, par. 48, p. 171; N. Coviello, Manuale di diritto ecclesiastico, 2ª ed., Roma 1922, I, par. 18,; A. C. Jemolo, Elementi di diritto ecclesiastico, Firenze 1927, p. 64; V. Del Giudice, Istituzioni di Diritto Canonico, Milano 1932, I, nn. 67-68, p. 129 segg.; D. U. Prümmer, Manuale iuris canonici, Friburgo in B. 1927, p. 356.