Lagopesole
Il castello di Lagopesole sorge a 826 m sul livello del mare e domina la grande vallata di Vitalba, in Basilicata. Il suo nome deriva da un lago, ubicato in località Piano del Lago, che fu bonificato durante gli anni Trenta del XX sec. dalla famiglia Doria, allora ancora proprietaria del maniero.
L'edificio a pianta rettangolare (56,40 x 92,90 m) è diviso da una cortina muraria in due parti, denominate cortile maggiore e cortile minore proprio per le diverse dimensioni dei due spazi.
Sul cortile maggiore si affacciano per tre lati corpi di edifici a due piani, sul fianco meridionale si erge il muro divisorio ma anche di collegamento con l'altro cortile che risulta con fabbriche a due piani solo sulla facciata orientale. Gli altri due lati del cortile minore sono costituiti solo da un'alta cinta muraria. All'interno di questo recinto si innalza una torre a più piani realizzata con pietre bugnate e non allineata agli assi principali.
L'intero edificio è costruito in pietra arenaria e all'esterno è stato impiegato questo tipo di pietra fino all'altezza delle prime finestre: il resto è stato realizzato in bugnato.
La letteratura ha attribuito l'epoca di costruzione di questo manufatto agli anni Quaranta del XIII secolo. Più controversa rimane, invece, la datazione della cappella ubicata ortogonalmente al lato orientale del cortile maggiore e composta da un'aula unica con un'abside semicircolare. Recenti studi hanno consentito di datare con maggiore esattezza questo edificio religioso mettendo in relazione la documentazione storica con l'analisi stilistica, architettonica e scultorea (Kappel, 2000).
Infatti in un documento del 16 novembre 1275 (Sthamer, 1914, doc. 1037, p. 164) si legge che Carlo I d'Angiò ordinò il completamento di un muro iniziato da poco che insisteva su una parte della cappella del castello limitrofo al palatium. La cappella, dunque, esisteva già prima del 1275 e poiché dalla lettura delle murature non si evince nessuna 'cucitura' successiva ai muri di età sveva, si può dedurre senza ombra di dubbio che il piccolo edificio religioso è coevo all'intero impianto castellare (Kappel, 2000, pp. 267-271).
All'interno della cappella sono presenti alcuni frammenti di un affresco raffiguranti una donna e un uomo: quest'ultimo ha una conchiglia appuntata. I due personaggi sono inginocchiati dinanzi a uno scudo con il fondo blu e una croce latina bianca sulla quale sono disegnate altre conchiglie attribuite a pellegrini provenienti da Santiago di Compostella.
Negli ambienti attigui alla cappella, al piano nobile, sono presenti due absidi uguali a quella dell'edificio sacro appartenenti, con molta probabilità, a due oratori privati. Tali cappelle ci aiutano a identificare quale fosse il punto in cui sorgevano gli appartamenti imperiali e cioè l'intera ala orientale sita di fronte all'androne di accesso.
È Alessandro di Telese a fornirci il primo documento attestante la presenza di una struttura fortificata a Lagopesole: il castello nel 1128 veniva definito "oppidum quod vulgo nominatur Lacumpensilem" (Alessandro Telesino, 1845, I, p. 99).
Falcone Beneventano ci tramanda che nel 1137 l'imperatore Lotario e il pontefice Innocenzo II lasciarono Melfi e si spostarono ai confini del territorio di Potenza "iuxta fluenta de Lacu Pesele per dies fere triginta morantus" (Fortunato, 1902, pp. 21-30).
Il 1o luglio di quello stesso anno giunse a Lagopesole anche Rainaldo, abate di Montecassino, insieme a una folta delegazione. Al loro arrivo, Lotario diede il consenso di piantare le tende "iuxta suum papilionem", ma lontane dal padiglione del papa. La notizia risulta particolarmente interessante perché ci fa subito intendere che la fortificazione esistente a Lagopesole era di piccolissime dimensioni e non poteva ospitare un grande numero di persone (ibid.).
È solo nello Statutum de reparatione castrorum che si trova l'indicazione precisa del castello, che viene denominato domus e deve essere riparato e mantenuto dagli abitanti di Gloriosa, Pignola, Castelluccio, Baragiano e S. Sofia (Sthamer, trad. it. 1995, p. 115).
Federico II fu presente due volte "in castris prope Lacumpensilem" e "in campis apud Lacumpensilem": il 31 agosto 1242 e il 26 luglio 1250 (Historia diplomatica, VI, 2, pp. 780 e ss.; Acta Imperii inedita, doc. 985, p. 684).
È nota la predilezione dello Svevo per questa zona della Basilicata: Giovanni Villani ci riferisce che egli "fece il parco dell'uccellazione a Gravina e a Melfi a la montagna. Il verno stava a Foggia, e la state a la montagna a caccia e diletto", dove con il termine "montagna" verosimilmente si potrebbe intendere appunto il castello di Lagopesole (Giovanni Villani, 1857, I, libro VI, cap. 1, p. 76).
Il castello doveva, comunque, essere stato terminato nelle sue strutture principali in età sveva se la corte angioina vi si fermò a intervalli dal 6 aprile fino ai primi di settembre del 1266: il 30 giugno, "in camera palatii Lacuspensilis", la regina Beatrice, stanca e malata, fece testamento alla presenza di Bartolomeo Pignatelli, arcivescovo di Messina, Goffredo di Beaumont, cappellano del papa e cancelliere del Regno insieme a Giovanni d'Acy, anch'egli presente, Barral di Beaux, che avrà in futuro il comando della Sicilia, e il "miles" Pietro di Cambelin. Il testamento venne rogato dal regio notaio Reginaldo da Coney (Fortunato, 1902, p. 90).
Ad agosto dello stesso anno il re ricevette a Lagopesole Elena d'Epiro "relicta quondam Manfridi principis", che su invito di Carlo si spostò "a Trano usque ad Lacuspensilis" (ibid., p. 93).
Se Federico II non poté soggiornare a lungo a Lagopesole in quanto il castello stava per essere ultimato proprio negli ultimi anni della sua vita, il maniero visse l'unica stagione di fortuna e floridezza con Carlo I d'Angiò che fece di questa struttura la sua residenza estiva.
La documentazione storica trova piena conferma nella documentazione archeologica ricavata dallo scavo effettuato nel cortile minore del castello, che in età angioina fu utilizzato come discarica nella quale furono buttati i residui dei pasti e delle stoviglie ma anche tutto il materiale architettonico e scultoreo non più utilizzato (Il castello di Lagopesole, 2000).
Sono stati portati alla luce frammenti ceramici databili tra la fine del XIII sec. e la seconda metà del successivo. Trattasi di scodelle, lucerne, anfore, pentole da fuoco, piatti, bicchieri, salsiere, brocche, bottiglie, calici eleganti, bicchieri soffiati a stampo, un bicchiere conico decorato a smalto e oro di provenienza siriana.
Ancora, in questa storica discarica si sono ritrovati resti organici appartenenti a capre, ovini, suini, cervi, bovini, volatili e anche tartarughe. Inoltre, lo scavo ha restituito alcuni sacchi di ostriche e resti di pesci di acqua salata, come le seppie, e di acqua dolce, come le trote.
Sono venuti alla luce frammenti metallici inerenti oggetti per la guerra ma anche grosse serrature e chiavi, decorazioni per le fiaccole, borchie, bottoni, fibbie e anelli per le gualdrappe e anche oggettistica legata alla pulizia come nettaorecchi, pettini di osso e forcine appartenenti alle dame della corte; oggetti prodotti per i giochi della corte come i dadi, le pedine per la dama e i pezzi degli scacchi. Il ritrovamento di un grosso rostro con i resti dell'anello di ferro documentano i combattimenti di galli; venivano anche effettuati giochi con l'arco e con le balestre.
Un rosone in pietra utilizzato probabilmente in uno degli oeci dei sottotetti e un frammento della protome angolare di un sarcofago raffigurante un leone in marmo orientale, ascrivibile all'età severiana, sono i due elementi più rappresentativi venuti alla luce durante questo scavo e dimostrano la cura con cui Federico II usava ornare le sue domus riutilizzando pregevoli sculture di età classica (ibid.).
fonti e bibliografia
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