MAGGIORE, LAGO (A. T., 24-25-26)
È il più grande lago dell'Italia, dopo quello di Garda, il Verbanus lacus dei Romani, per cui ancora è detto Lago Verbano; il nome Maggiore ha la sua ragione d'essere in quanto è il più esteso fra quelli vicini della cosiddetta regione dei tre laghi. Il Lago Maggiore si estende nelle Prealpi Lombarde occupando un grande solco vallivo, continuazione della Valle del Ticino, lungo il quale discese il grande ghiacciaio, che, con la sua potente azione erosiva, dovette scavare questo importante bacino. L'origine glaciale del Verbano, come quella degli altri laghi subalpini, è ancora, specie per quelli del versante italiano, la più accettabile, sebbene vi sia chi crede che ad altre cause si debba far risalire tutto il processo di formazione dei nostri grandi laghi subalpini. L'ipotesi avanzata di possibile retroversione del fondo, in seguito a un innalzamento della regione a valle rispetto a quella più interna non trova conferma nell'esame dei terrazzi morenici regolarmente inclinati dall'interno sino all'anfiteatro morenico, che chiude il lago verso la pianura.
La superficie (secondo O. Marinelli) è calcolata in kmq. 212, 16, il pelo delle acque si trova a una altezza media di 193,5 m. s. m. (secondo G. Fantoli); il perimetro (secondo O. Marinelli) è di km. 170,02, inferiore a quello del Lago di Como, che fu calcolato di km. 179; la massima lunghezza longitudinale è di km. 54; seguendo il thalweg, da Magadino a Sesto Calende, si hanno circa km. 66. La maggiore larghezza, calcolata fra Mergozzo e Cerro, è di ben 12 km., ma, considerando il golfo di Pallanza come un ramo a sé distinto, i punti più larghi sono: fra Cànnero e la foce della Tresa m. 4500; fra Locarno e Vira m. 4000; fra Intra e Laveno m. 4350.
Il Verbano appare più regolare degli altri laghi lombardi; ma, se si osserva una carta topografica e la si capovolge, appare subito come nelle sue linee complessive esso ci richiami la forma del Lario: la punta Castagnola di Pallanza corrisponde, infatti, a quella di Bellagio; il ramo fra Intra e Locarno ricorda il ramo fra Bellagio e Como, e l'altro, fra Intra e Arona, il grande ramo Bellagio-Còlico; infine il ramo Pallanza-Feriolo, continuato dal laghetto di Mergozzo e dal solco della Valle d'Ossola, ci appare, benché assai più corto, corrispondente al ramo Bellagio-Lecco.
Il Lago Maggiore contiene sette isole della superficie complessiva di kmq. 0,24; ossia le due isole di Brissago (maggiore kmq. 0,04, minore 0,01); le quattro isole Borromee (Is. Madre, kmq. 0,08; Isola S. Giovanni, kmq. 0,02; Is. Superiore, kmq. 0,03; Isola Bella, kmq. 0,05) nel golfo di Pallanza (v. borromee, isole); l'isola di Partegora (kmq. 0,01), nell'estremità meridionale fra Angera ed Arona. Fra le isole si possono pure considerare i due isolotti su cui sorgono i castelli di Cànnero.
Il volume delle acque è calcolato (secondo l'ufficio idrografico della R. Marina) in mc. 37.100.000.000. Il fondo, quale risulta dai numerosi scandagli dell'ufficio idrografico della R. Marina, si mantiene sotto al livello del mare, ossia a profondità maggiore di 197 metri, per tutta una vasta estensione, da Locarno a nord, sino alla Punta di Arolo a sud. In questa estensione si può notare come il fondo, che più a nord non discende oltre i 250 e i 275 metri, nel punto più stretto, fra il delta di Maccagno e la Puncetta (fra Cànnero e Cannobio), raggiunga 300 metri, e, per tutto il vasto bacino mediano, fra Luino e Pallanza, discenda ancor più, sino alla massima profondità di 372 metri, fra Caldè e Ghiffa. Tra Pallanza e Laveno si avverte un leggiero innalzamento, che porta il fondo a 315 metri, e via via a 200 di fronte ad Arolo.
Nella sezione più a nord, dove appare il vasto delta del torrente Maggia, il fondo si presenta come una piatta bassura di 100 metri di profondità, la quale va elevandosi verso il piano alluvionale formato dal Ticino, che chiude il lago a nord. Così pure il golfo tra Pallanza e Stresa presenta profondità meno notevoli (m. 130); una ripida soglia subacquea, in corrispondenza delle Isole Borromee, differenzia questo golfo dalla vasta zona più profonda già descritta. Una terza zona di minore profondità si nota a sud di Arolo, dove il fondo risale gradatamente a m. 200, 140, 106 di profondità, per raggiungere i 43 tra Arona e Angera.
La profondità media risulta di m. 175, l'inclinazione media di 10 gradi (secondo l'uff. idrografico della R. Marina); il colore delle acque fra il numero VI e VII della scala del Forel; la trasparenza, osservata nel mese di settembre, è di m. 6.
Il principale immissario del Verbano è il fiume Ticino, che entra nel lago presso Magadino, formando una vasta piana alluvionale, ed esce come unico emissario a S., presso Sesto Calende. Altri affluenti sono, sulla riva destra occidentale: la Verzasca, il cui delta si confonde con quello del Ticino; il torrente Maggia, che forma un'ampia conoide su cui sta Locarno; il Cannobino, che percorre la Valle Cannobina e forma un ampio delta su cui sta Cannobio; l'Intragna e il S. Bernardino, che formano la piccola pianura su cui sorgono Intra e Pallanza; il Toce, che, per il suo affluente Strona, porta al Verbano le acque del lago d'Orta; e altri minori torrenti che scendono dal massiccio del Mottarone. Sulla riva sinistra, orientale: il Giona, che scende dalla Valle Vedasca e raccoglie pure le acque del piccolo lago d'Elio, oggi trasformato in bacino di sbarramento idrico; il Tresa, sempre considerevole nella sua portata, poiché funziona da emissario del Lago di Lugano; il Margorabbia, che porta le acque della Valtravaglia e della Valganna e che forma, con la Tresa, il piano alluvionale su cui sta Luino; il Boesio, che viene dalla Valcuvia e sfocia presso Laveno; il Bardello, emissario del lago di Varese e del laghetto di Comabbio; e altri piccoli torrenti che discendono dalle colline del Varesotto sud-occidentale. La superficie del bacino imbrifero è, da quanto appare, considerando la vastid dei bacini idrografici degli afluenti, assai notevole; secondo il Magrini, essa si può calcolare di kmq. 6200; l'afflusso massimo delle acque verrebbe, poi, ad essere di 10.000 mc. Il regime delle acque del Verbano risente tanto delle piogge primaverili ed autunnali quanto del discioglimento delle nevi. Normalmente cresce in primavera di circa m. 1,50 sulla magra invernale, diminuisce nell'estate per ricrescere in autunno. Del Verbano si ricordano le piene del 1868 e del 1872, in cui la crescita fu di circa 7 metri sulla magra. È perciò il lago italiano che ha le piene maggiori poiché in esso si scaricano le acque di due altri importanti laghi: il Cusio e il Ceresio, i quali hanno il loro regime in rapporto alle piogge primaverili e autunnali.
Assai vario si presenta il paesaggio del Verbano. Severo nella sezione più a nord, dove sovrastano le scure pareti del M. Limidario, a occidente, e del M. Paglione a oriente, si fa più ridente dopo la stretta di Cannobio e Maccagno, oltre la quale si apre in ampio e regolare bacino, limitato, a occidente, dal M. Zeda e dai suoi contrafforti, verdi di pascoli in alto, più cupi di boschi in basso, e ridenti di numerosi paesi, sparsi nei varî pianori, che o interrompono i pendii stessi o giacciono disposti con le loro ville, spesso sontuose, lungo le rive stesse del lago. A oriente, lungo la sponda lombarda, si succedono i dossi del Pian della Nave, dei Pizzoni di Laveno e del M. del Ferro, i quali, se pure di modesta altezza, sono assai ripidi e rocciosi, per cui i paesi si estendono solo là dove le rive si aprono in corrispondenza della Valtravaglia e della Valcuvia.
A sud della Punta Castagnola, sul lato occidentale, si apre poi il bellissimo golfo di Pallanza, dominato nel suo sfondo dallo smagliante scenario dei massicci alpini coperti di nevi perenni. Il lago appare qui vastissimo. Infatti, tra Laveno e Feriolo si apre, come dicemmo, per oltre 12 km. La riva occidentale continua sino ad Arona svolgendosi alle falde del tondeggiante massiccio granitico del Mottarone, e i giardini e le ville si succedono in un insieme meraviglioso di aspetti e di colori.
Più monotona appare la riva orientale, a sud di Laveno, sino ad Angera, poiché più bassa e piatta nel suo generale profilo; vi spiccano solo la ripida rocca, su cui sta il Santuario di S. Caterina del Sasso e la collina di S. Quirico con la Rocca di Angera. A sud di Arona e di Angera, il lago si restringe sempre più fra rive alquanto palustri, finché a Sesto Calende riprende aspetto di fiume. Il Ticino esce così limpido nelle sue acque, e, scorrendo nella piatta pianura segna, per lungo tratto, il confine amministrativo e naturale tra le provincie lombarde di Varese e di Milano a oriente e la provincia piemontese di Novara a occidente.
Il clima del Lago Maggiore è, in generale, mitissimo; lungo le rive del Verbano si possono, infatti, coltivare i prodotti dei paesi caldi, specie in alcune località più riparate, come Meina, Intra, Pallanza, Stresa e Cànnero, le quali appaiono quasi piccole isole climatiche, ove prosperano gli ulivi, i cedri, i limoni, gli aranci e molte piante dei paesi tropicali. La media temperatura invernale a Pallanza è di 3°, a Cànnero di 6°, la media estiva è, in ambedue le località, di 22°.
Come negli altri grandi bacini subalpini, spirano sul Verbano dei venti periodici: la fredda tramontana da nord, nelle prime ore del mattino, la quale si sente specialmente sulla riva lombarda; la cosiddetta inverna, vento che spira da sud dopo le 10 del mattino. Altri venti caratteristici del lago sono il mergozzo, che spira da O. sul golfo di Pallanza e la maggiora, vento forte e tempestoso.
Il lago presenta una notevole produttività in funzione della ricchezza di fito- e di zooplancton. Molto abbondanti le diatomee (102 specie). Nei plancton, insieme a Protozoi (Codonella acuminata, Frontonia cypraea, Dinobrion elongatum, Euglypha alveolata, Difflugia pyriformis, Cyclotellina, ecc.), compaiono Rotiferi: anuree, notolche, triartre, poliartre, ecc. La fauna d'alto lago è inoltre costituita da Cyclops leukartii, C. serrulatus, C. viridis, da Diaptomus padanus e D. laciniatus e dalla Heterocope saliens. Fra i Cladoceri, presenti la sida, la dafnia ialina, il bitotrefe e le bosmine. Lungo il litorale abbondanti i Cladoceri costieri (oltre a ceriodafnie, simocefali, alone, chidoridi, ecc., anche l'Anchistropus emarginatus trovato per la prima volta in Italia). Sul fondo melmoso abbondanti i Molluschi (limnee, paludine, anodonte, unio, pisidî, ecc., con varietà locali), e ben rappresentati anche i Turbellarî. Nella regione litorale non manca la spongilla. L'ittiofauna è ricca; vivono nelle acque del Verbano trote, coregoni, salmerini, lucci, agoni, carpe, tinche, alborelle, barbi, cavedani, vaironi, scardove, anguille, bottatrici, perche, specie alcune autoctone, altre importate, ma che vi hanno prosperato, come il coregono. Da ultimo venne immesso nel lago anche il persico trota, e molto improvvidamente il persico sole. Le trote del Verbano sono celebri: presso Ascona ne venne pescata una lunga un metro e mezzo e di un peso superiore a 22 chili. Nella prima metà del sec. XIX, la cheppia risaliva ancora il Ticino fino a raggiungere il lago, principalmente durante il mese di maggio. Dopo gli sbarramenti e le derivazioni di acqua, cessarono quasi completamente le rimonte dei pesci; da tre secoli era già cessata anche la rimonta dello storione, che ora giunge soltanto nel Ticino, fin poco sopra Pavia. Secondo i dati ministeriali, il Verbano ha una produzione (1929) di 321.800 kg. di pesce all'anno, di cui: trota lacustre kg. 2800, coregoni kg. 16.000, agoni kg. 23.000, pesce persico kg. 18.500, anguilla kg. 2000, cavedano kg. 10.000, e altri pesci complessivamente kg. 240.000.
Allo sviluppo della pesca - regolata da una convenzione italo-svizzera - sono dedicati alcuni bacini di incubazione artificiale a Luino, a Chignolo Verbano, ad Ascona e ad Angera.
Le condizioni del rilievo non sono le più favorevoli a un intenso sviluppo dell'agricoltura. Nella regione più a nord, ai pascoli segue in basso la zona dei boschi in cui prevalgono: la betulla, il castagno, il faggio, il noce, il pioppo, l'ontano, ecc. Le colture, possibili solo nelle zone meno elevate, si estendono prevalentemente nella regione più meridionale dai più modesti rilievi. Hanno un certo sviluppo quelle del gelso, delle piante da frutta, dell'orzo, della segala, del frumento, del granoturco, oltre a quella della vite. Presso le rive del lago prospera, come dicemmo, una particolare vegetazione rigogliosissima per effetto delle speciali condizioni climatiche.
Fra i prodotti naturali dei dintorni del lago vanno ricordati i graniti e i giacimenti di calcopirite di Baveno.
Lungo le due sponde si allineano numerosi centri abitati, specie su quella occidentale, che essendo più riparata dai venti freddi è più adatta allo sviluppo dell'industria alberghiera. Più notevoli, sulla sponda occidentale, sono: Arona, Mèina, Lesa, Belgirate, Stresa (ai piedi del Mottarone), Baveno, Suna, Pallanza, Intra, Ghiffa, Oggebbio, Cànnero, Cannobio, e, in territorio svizzero, Brissago, Ascona, Locarno, tutti deliziosi soggiorni dagli alberghi sontuosi, ove in ogni stagione accorrono numerosi turisti e villeggianti. Sulla riva orientale si trovano: Angera, Laveno, Luino, Maccagno e, in territorio svizzero, Magadino.
Un servizio di battelli a vapore e a nafta permette di percorrere il lago in ogni direzione; grande parte del movimento turistico è anche svolto con le ferrovie che percorrono la riva piemontese fra Arona e Pallanza, e tutta la riva lombarda.
Varie attività si svolgono nei centri del Verbano; degne di nota sono l'industria dei cappelli ad Intra, quelle delle maioliche artistiche e comuni a Laveno, e, soprattutto, la già ricordata industria alberghiera. Dalla regione del Verbano si è sempre notata una forte emigrazione verso la Pianura Padana. Per lo più gli emigrati dal Verbano si dedicavano, specie nel passato, al mestiere dello spazzacamino. (V. tavv. CLXIII e CLXIV).
Bibl.: V.R. Malaboti, Quando il Verbano cominciò a chiamarsi Lago Maggiore, Venezia 1925; O. Marinelli, Volume e media profondità del Lago Maggiore, in Rassegna delle scienze geologiche in Italia, 1893; id., Il regime idrografico del Verbano secondo una recente memoria dell'ing. G. Fantoli, in Riv. geografica italiana, Firenze 1897; id., Area e profondità dei principali laghi italiani, in Rivista geografica italiana, Firenze 1894; id., Osservazioni sull'altitudine del Lago Maggiore, in Riv. geografica ital., Firenze 1895; id., Sul regime idrografico dei laghi, Milano 1897; W. Halbfass, Dati morfometrici di alcuni laghi prealpini, in Riv. geografica ital., Firenze 1899; T. Taramelli, I tre laghi. Studio geologico e orografico, con carta geologica, Milano 1903; R. Riccardi, I laghi d'Italia, in Bollettino della R. Società geografica italiana, Roma 1925, nn. 10-12; Ufficio idrografico della R. Marina, Carta idrografica del Verbano (Lago Maggiore) alla scala 1:50.000, Genova 1891; G. De Agostini, Atlante dei laghi italiani, NOvara e Roma 1917; V. Novarese, Gli apparati morenici wurmiani del Lago Maggiore e del Lago d'Orta, in Boll. R. Ufficio Geologico d'Italia, LII (1929), p. 128 seg.