LADISLAO d'Angiò Durazzo, re di Napoli
Nacque in Napoli l'11 febbraio 1377 da Carlo III e Margherita di Durazzo. Seguì il padre nelle sue alterne vicende e, dopo che questi fu assassinato a Buda (1386), gli successe sul trono di Napoli, sotto la reggenza della madre Margherita, assistita dal cardinale Acciaiuoli, nominato baiulo del regno da Bonifacio IX, col quale la corte di Napoli, dopo i dissapori con il suo predecessore Urbano VI, era tornata in buoni rapporti. Pur essendo dichiarato maggiorenne (1393) restò per molti anni ancora sotto l'ascendente della madre. Agl'inizî del suo regno si trovò minacciato da Luigi II d'Angiò, che occupava Napoli e buona parte del regno; da Sigismondo d'Ungheria, che reprimeva colà i tentativi del partito favorevole al figlio di Carlo di Durazzo; e dal baronaggio dell'Italia meridionale, al cui prepotere conveniva più che mai contrapporre un pretendente all'altro. Cominciò col vincere i baroni e le popolazioni abruzzesi ribelli; debellò, poi, Onorato Caetani, conte di Fondi (v. caetani); profittò, infine, della circostanza fortunata che Luigi II d'Angiò non fu più sostenuto dalla corona di Francia, per occupare Napoli (1399) e il resto del regno. Nel 1402, ispiratore e consenziente Bonifacio IX, si sciolse dal suo precedente matrimonio con Costanza di Chiaromonte per sposare la ricchissima Maria di Lusignano, sorella di Giano, re di Cipro. Poco dopo, deposto l'imperatore Venceslao, fratello di Sigismondo d'Ungheria, L., chiamato dai suoi fautori, alleatosi con Guglielmo d'Austria, cui diede in moglie sua sorella Giovanna, e procuratosi il tacito assenso dei Veneziani, sbarcò a Zara, e si proclamò re d'Ungheria, salvo, per la scarsa solidità di quella parziale riconquista, a tornare ben presto a Napoli. Repressa implacabilmente la rinnovata ostilità di molti grandi feudatarî, i Ruffo, i Marzano, i Sanseverino, che mandò per la maggior parte a morte, prese a pretesto una sollevazione accaduta in Roma, dopo la morte di Bonifacio IX (1404), per penetrarvi da mediatore; e da Innocenzo VII, il nuovo papa divenuto sua creatura, fu proclamato "difensore, conservatore e vessillifero della Chiesa". Morto, intanto, il suo più potente avversario nel regno, Raimondo del Balzo-Orsini, principe di Taranto, nel momento che s'apprestava a muovergli guerra, L. assediò ben due volte a Taranto (1406 e 1407) la vedova Maria d'Enghien, finché, disperando di vincerla, approfittò d'essere vedovo sin dal 1404 di Maria di Cipro, per sposare l'avversaria, e conquistare, così, il principato di Taranto. Morto Innocenzo VII, e asceso al pontificato Gregorio XII, che partiva da Roma per mostrare di volersi incontrare con l'antipapa Benedetto XIII e trattare con lui, L., cui giovava, invece, il prolungarsi dello Scisma d'Occidente, per tenere in sua balia il vero papa occupò militarmente Roma (21 aprile 1408) invano difesa da Paolo Orsino. Tentò poi, occupando altresì parte del Lazio e dell'Umbria, d'impedire il concilio di Pisa e l'elezione di Alessandro V che ne fu il risultato, ma inutilmente; giacché una lega alla quale parteciparono Fiorentini, Senesi, il cardinal legato presso il Concilio, Baldassare Cossa, divenuto, alla morte di Alessandro V, Giovanni XXIII, lo costrinse ad abbandonare i territorî occupati, mentre una rivolta popolare scoppiava a Roma, occupata nel 1410 da Giovanni XXIII, che incoronava re di Napoli Luigi II d'Angiò, dal quale l'esercito napoletano riceveva una grande rotta a Roccasecca. Ma, riorganizzate le sue forze, da inseguito L. diveniva inseguitore, al tempo stesso che riusciva a distaccare dalla lega Firenze e Muzio Attendolo Sforza, tanto che Giovanni XXIII veniva a patti con lui, e gli dava grosse somme di denaro, il gonfalonierato della Chiesa, il possesso di Perugia, Benevento, Ascoli e altre città, perché il re lo riconoscesse unico pontefice e bandisse dal Napoletano, dove s'era rifugiato, Gregorio XII. Sennonché, impensierito da un abboccamento tra Giovanni XXIII e Sigismondo, re dei romani, L. non tardava a rompere l'accordo e a rioccupare per la terza volta Roma, che metteva a sacco e fuoco, mentre il papa riparava a Viterbo. Si disponeva poi a impedire anche il concilio indetto a Costanza e muoveva, nel 1414, contro Giovanni XXIII, riparato a Bologna. Ma Firenze armava nuovamente contro il re di Napoli; L. riusciva a segnar pace con essa e con Siena; si apparecchiava a riprendere l'azione, quando, ammalatosi a Narni, dovette ritornare in Napoli dove si spegneva il 6 agosto del 1414. Gli successe sul trono la sorella Giovanna.
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