LADAK o ladakh (A. T., 93-94)
Provincia di frontiera, transhimalayana, dello stato del Kashmir, limitata a NE. dalle catene del Karakorum, a NO. dal Baltistan, a SO. dallo spartiacque del Himālaya, a SE. dal confine fra il Grande Tibet e l'India. In passato fu chiamata anche Tibet Occidentale. Essa non ha esatta corrispondenza in una regione naturale perché comprende soltanto una parte del bacino superiore dell'Indo, quella cioè che costituisce il territorio di diffusione dei Ladaki, i quali occupano una parte dell'alta valle dell'Indo e quelle dei suoi affluenti di sinistra, principale quella dello Zaskar, e il bacino superiore dello Shayok, affluente di destra dell'Indo proprio.
Alla conoscenza della regione hanno contribuito notevolmente gl'Italiani: dal padre Ippolito Desideri alla grande spedizione De Filippi (1913-14) e a quella Dainelli (1930). È una delle regioni abitate più alte della terra: tutte le valli si trovano a un'altezza superiore ai 3000 m., le catene del Karakorum e del Himālaya oltrepassano i 7000 m. e la catena del Ladak centrale, che divide le valli parallele dello Shayok e dell'Indo, supera in varî punti i 6000 m. Il clima riflette la notevole altitudine e la posizione interna: è infatti piuttosto rigido e molto asciutto. Nella stazione di Leh la temperatura media annua è di 4°,9, quella del mese più caldo 17° e del mese più freddo − 8°.
La provincia (tessil) ha una superfice di 60.730 kmq. cui spettava (nel 1911) una popolazione di 32.000 abitanti; la densità era quindi di 0,6 ab. per kmq. Ma la massima parte del Ladak è completamente disabitata, e la popolazione è concentrata in piccole aree lungo il corso dei fiumi, in genere sulle conoidi alluvionali, ove è possibile l'agricoltura. Il capoluogo è Leh. La popolazione rurale vive in case sparse o in villaggi. Solo 14 di questi superano i 400 ab. Il terreno coltivato è in totale di circa 100 kmq. La popolazione è dedita quasi tutta all'agricoltura e alla pastorizia. Nei campi terrazzati si coltivano principalmente orzo, frumento, fave, piselli, saggina. Albicocchi e peschi crescono intorno alle costruzioni per uso domestico. Tutti gli agricoltori sono proprietarî del terreno che lavorano, e possiedono anche qualche capo di bestiame, vacche, pecore, montoni, che d'estate vengono affidati ai pastori con i quali risalgono le valli fino a sfruttare anche i prati marginali ai ghiacciai. Pecore e capre sono allevate per la lana, la pelle e il latte; per il trasporto sono allevati lo yak, il cavallo e l'asino. L'industria si limita a quella domestica. Fra le forme di attività economica non è da trascurare quella dei trasporti, sia interni, sia fra l'India e il Turkestan cinese attraverso il passo del Karakorum.
La popolazione comprende i Ladaki e i Ciangpà, gli uni e gli altri parlanti dialetti tibetani e professanti il buddhismo lamaico. I primi, sedentarî, sono costituiti da più elementi raziali, dardi e mongoloidi; quest'ultimo elemento è più spiccato nella donna. I Ciangpà, in gran parte nomadi, portano più schiettamente il tipo mongoloide tibetano. Tra i costumi caratteristici della regione è da menzionare la poliandria (fraterna), che si può ritenere mantenuta, se non originata, dalle condizioni povere del paese, in quanto essa facilita la conservazione del patrimonio familiare.
L'abitazione è solida e ben costruita: a due o tre piani, mura di pietra o mattoni seccati al sole, tetto piano con ossatura di legno e copertura di frasche e argilla. Al piano terreno, o quartiere invernale, mancano quasi del tutto le finestre mentre queste sono numerose ai piani superiori, abitati di solito d'estate e mancanti talvolta di una delle pareti esterne. Frequenti sono le balconate in legno, all'uso tibetano, ornate da fasce colorate: su esse e sui tetti sono fissati spesso lunghi pali con bandiere di preghiere stampate, e puntali di ferro con frange appese. L'abbigliamento è costituito per l'uomo da ampî pantaloni di lana biancastra, una tunica che si sovrappone sul petto ed è legata alla vita da una fascia, talora una casacca di pelliccia col pelo rivolto all'interno, gambali di feltro e calzari formati da una suola di pelle rialzata all'intorno e cucita superiormente. Berretto di panno rosso o blu, circolare e piatto. Le donne portano pure la tunica e un'ampia sottana a pieghe, talvolta anche un grande mantello di pelle. In testa portano il perak, losanga semirigida di panno foggiata a punta sulla fronte e ricadente sulle spalle, ornata di turchesi e gingilli d'argento; usano fissare ai capelli, dietro le orecchie, sventole semirigide di pelliccia nera. Si ornano il collo e la spalla sinistra di collane e pendagli. Di carattere pacifico e gioviale, il ladako ama le danze sacre e profane, i giuochi e i colori e di frequente organizza gare equestri, partite di polo, tiri all'arco.
L'influenza tibetana nel Ladak, che era in precedenza paese dardo, sembra risalire al sec. X. In seguito vennero a formarsi nel Tibet occidentale tanti principati (sec. XI) e quello di Leh acquistò una supremazia sugli altri. Intorno alla metà del sec. XVI il re Tescì Namghiàl combatté i principi locali e ricacciò un'invasione di Turcomanni conquistando parte del Baltistan; ma questo fu riperduto poco dopo. Verso la metà del sec. XVII i Mongoli invasero quasi tutta la provincia, ma ne furono ricacciati con l'aiuto di truppe del Kashmir. Nel 1835 il Ladak divenne provincia di quest'ultimo stato. (V. tavv. XXXIX e XL).
Bibl.: Relazioni scientifiche della Spedizione italiana De Filippi nell'Himàlaia, Caracorùm e Turchestàn cinese (1913-14), voll. 12, Bologna 1924 segg.; G. Dainelli, Paesi e genti del Caracorum, Firenze 1924; id., Il mio viaggio nel Tibet occidentale, Milano 1932.