LABIRINTO (Λαβύρινϑος; lat. Labyrinthus)
Leggendaria opera architettonica, di pianta ingegnosa e complicata al punto da rendere impossibile, o assai difficile, il rintracciarne l'andamento. La parola si trova già usata da Erodoto (II, 148), come denominazione di una complessa tomba faraonica in vicinanza delle Piramidi. Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 91-93) descrive come un labirinto la tomba monumentale del re etrusco Porsenna, presso Chiusi. Ma la caratteristica denominazione viene di regola riferita dagli antichi alla favolosa reggia di Minosse a Cnosso, nell'isola di Creta. Gli scavi, esaurientemente condotti nella località di Cnosso da A. Evans, hanno portato alla scoperta dei resti di un palazzo regale, dove, insieme alle proporzioni grandiose dell'edificio, appare degna di nota la pianta estremamente complessa. Il palazzo di Cnosso sembra infatti l'esempio più calzante di un labirinto. Dell'origine della strana parola si è procurato di dare una spiegazione. Nel palazzo di Cnosso vigeva il culto, largamente dimostrato, della doppia ascia, simbolo di Giove Ideo. Il nome cario di ascia è labrys (λάβρυς; v. bipenne, VII, p. 58) e appunto da tale parola si pensa che il palazzo di Cnosso venisse chiamato il palazzo della labrys, donde labirinto. Tale interpretazione, proposta da M. Mayer, non è rimasta senza opposizioni, ma è tuttora la più accreditata.
Nell'interno del Labirinto, ingegnosa costruzione di Dedalo cretese, risiedeva, secondo la leggenda, il Minotauro (v.) che Teseo, aiutato da Arianna, riuscì a uccidere. La leggenda, assai popolare e antica, stimolò per tempo la fantasia degli artisti greci. Oltre alle figure di Teseo, di Arianna e del Minotauro, pittori e scultori si adoperarono a dare un'immagine, naturalmente schematica e convenzionale, della pianta complessa del Labirinto: il quale fu rappresentato come una specie di meandro spiraliforme o ad angoli retti. Una tale immagine ritorna di frequente su monete di Cnosso, dal sec. VI a. C. all'età imperiale romana. Lo stesso motivo geometrico si trova applicato nell'arte egizia antichissima, nonché in Creta minoica, come risulta da un frammento d'affresco del quartiere domestico di Cnosso: a tali testimonianze monumentali non è però da assegnare un valore documentario in rapporto con l'accennata leggenda. Lo schema geometrico tradizionale del labirinto si trova anche applicato come motivo decorativo centrale in pavimenti musivi romani.
Bibl.: E. Pottier, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités gr. et rom., III, ii, pp. 882-83; P. Gauckler, ibid., s. v. Musivum opus, fig. 5240 e pag. 2101; Humborg, Karo, Kees, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., s. v.; A. Evans, The Palace of Minos at Knossos, I, Oxford 1921, p. 356 segg.
Arte medievale e moderna. - Durante il Medioevo si usò di disporre nel pavimento di alcune chiese un intricato disegno che trasse dalla mitologia pagana il nome di labirinto e costituì talora, oltre che un fantasioso motivo decorativo, l'oggetto d'una speciale pratica religiosa. Alcuni antichi scrittori parlano dell'usanza dei fedeli di percorrere in ginocchio i tortuosi tracciati di questi labirinti, spesso indicati in Francia col nome di chemins de Jérusalem, a commemorazione della via del Calvario.
I più antichi esempî si hanno nella basilica di Reparato (sec. IV) a Orléansville in Algeria e in S. Vitale a Ravenna. Ma più diffusa ne è l'adozione nelle chiese romaniche italiane e nelle cattedrali gotiche francesi. Al loro significato religioso, talora espresso dai simboli e dai motti che li accompagnano come in S. Savino a Piacenza e ad Orléansville, si sostituisce spesso un carattere più schiettamente decorativo con la rappresentazione di elementi pagani (Minotauro in S. Michele a Pavia) o di segni zodiacali o di altre figurazioni profane. I labirinti di Arras, di Amiens, di Chartres, che contengono fra i meandri le effigie degli architetti della fabbrica, possono considerarsi come il simbolo o la sigla delle corporazioni laiche autrici della costruzione.
All'arte profana il labirinto offrì spesso un elemento ornamentale usato specialmente nella decorazione di pavimenti e di soffitti. In questo campo il più celebrato è quello recante fra i rami il motto "forse che sì forse che no" che il Viani usò nel soffitto della sala che da esso prende il nome nel Palazzo ducale di Mantova.
Veri e propri labirinti furono poi realizzati nei parchi di ville principesche mediante siepi e alberi disposti e tagliati secondo complicati disegni, come nella Villa Pisani a Strà, nella Villa Altieri a Roma, nel parco di Hampton Court, ecc.
Bibl.: G. Fabri, Ravenna ricercata, Bologna 1678; F. Prévost, Notice sur le labyrinthe de l'église de Reparatus, in Revue d'Arch., Parigi 1851; E. Amé, Les carrelages émaillés du Moyen âge et de la Rénaissance, Parigi 1859; R. Soriga, Pavia e la Certosa, Bergamo s. a.