Vedi LA TENE, Civilta di dell'anno: 1961 - 1995
LA TENE, Civilta di
LA ΤÈΝE, Civiltà di (v. vol. IV, p. 491). Gli studi degli ultimi trent'anni sono stati dedicati soprattutto all'articolazione e precisazione della cronologia, all'analisi di specifiche realtà socio-economiche e alla definizione di aspetti regionali, in particolare in aree periferiche, quali l'Europa orientale, i Balcani e l'Italia, rimaste in precedenza ai margini della ricerca.
Fin da quando, negli anni Settanta del secolo scorso, è stata definita per la prima volta nei suoi aspetti archeologici, la civiltà di L. T. è stata identificata con l’èthnos celtico noto dalle fonti letterarie, da Erodoto a Polibio, Posidonio, Diodoro Siculo e Cesare. Anche alla luce dei risultati della linguistica comparata relativi alla formazione e alla sopravvivenza delle lingue celtiche, si era però manifestata una tendenza a considerare Celti, risalendo a ritroso nel tempo, i popoli presenti in Europa centrooccidentale durante l'Età del Ferro o Età di Hallstatt (v.), durante l'Età del Bronzo, quantomeno durante il periodo finale o Età dei Campi di Urne (v.) e addirittura durante il Neolitico. In questo dopoguerra, soprattutto in Europa centrale, è tornata a prevalere la tendenza a considerare sicuramente Celti solo i portatori della civiltà di L. T.; negli ultimi anni, però, si è visto che questa corrispondenza univoca di matrice positivistica non sempre risultava convincente.
In Italia e in Spagna testimonianze epigrafiche in lingue celtiche sono dovute a genti che sul piano della cultura materiale non si caratterizzano come L. T. (in Italia in particolare le iscrizioni in alfabeto «leponzio» della cultura di Golasecca - tra cui più note quelle di Prestino, datata oggi al V sec. a.C., e quella della tomba di Castelletto Ticino, datata entro la metà del VI sec. a.C. - come pure quelle in alfabeto etrusco della Lunigiana). Usanze o oggetti tipici, tra cui le caratteristiche spade, inoltre, sembrano adottati anche da popoli come i Piceni o i Veneti che non parlavano - e quindi non scrivevano - lingue celtiche. La documentazione epigrafica «leponzia» e l'esistenza di nomi con radice celtica in iscrizioni etnische e venetiche di epoca anteriore al IV sec. sono state messe in relazione con genti che avrebbero parlato lingue celtiche già prima delle migrazioni di gruppi di cultura L. T.: secondo alcuni autori queste presenze risalirebbero alla cultura di Canegrate della tarda Età del Bronzo (XIII sec. a.C.), secondo altri andrebbero messe in relazione con il passo di Livio (v, 34-35) che fa risalire la spedizione di Belloveso all'epoca di Tarquinio Prisco.
Proprio tenendo conto della mancanza di una correlazione univoca tra èthnos, lingua e cultura materiale, alcuni studiosi sono tornati ad attribuire a genti celtiche anche l'antica Età del Ferro, quanto meno il suo momento più recente, cioè la fase Hallstatt D (VI sec. a.C.), quando l'esistenza di un èthnos celtico in Europa centrale sembrerebbe indirettamente attestata da fonti autorevoli come Erodoto (11, 33; iv, 49), mentre altri, seppur su basi più fragili, attribuiscono a genti celtiche tutta l'Età di Hallstatt (v. vol. VII, p. 1096 ss., s.v. Hallstatt, civiltà di) o addirittura anche l'Età dei Campi di Urne (v. vol. VII, p. 1076, s.v. Urne, Campi di).
Cronologia. - Nella suddivisione in fasi della civiltà di L. T. esistono due terminologie, legate a due tradizioni di studio diverse. In Svizzera e in Francia le diverse fasi sono denominate con numeri romani (Ι-III), corrispondenti alla prima suddivisione proposta da O. Tischler in L. T. Antico, Medio e Tardo. In Europa centro-orientale si denominano le diverse fasi con lettere, da A a D, secondo la suddivisione proposta da P. Reinecke; le prime due, A e B, corrispondono all'incirca alla fase I della cronologia occidentale. Per puntualizzare meglio la successione dei diversi orizzonti, varî autori negli ultimi anni hanno suddiviso le fasi tradizionali o elaborato cronologie e terminologie alternative, la cui validità, però, per lo più è regionale.
La cronologia assoluta dei varî momenti della civiltà di L. T. è basata soprattutto sulle importazioni provenienti dalla Grecia e dall'Italia, databili con relativa precisione, in particolare vasi attici presenti in contesti del L. T. A.
Negli ultimi anni, però sono andate assumendo una notevole importanza le date assolute basate sulla dendrocronologia. Mentre negli anni Settanta buona parte degli autori sembrava favorire una cronologia bassa, negli ultimi anni si è tornati alla cronologia alta tradizionale, che sembra avvalorata dai risultati di nuovi scavi e dalle datazioni dendrocronologiche.
I tentativi di precisare la cronologia del momento iniziale e di quello finale della civiltà di L. T. sono risultati particolarmente problematici. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta gli studiosi tedesco-occidentali hanno vivacemente discusso se l'inizio della civiltà di L. T. facesse seguito al momento finale della civiltà di Hallstatt, secondo l'interpretazione tradizionale, oppure si avesse una parziale sovrapposizione delle due civiltà, come molti di loro pensavano. La discussione ha coinvolto anche l'interpretazione di aspetti archeologici; p.es. è stato oggetto di controversia se vi fosse stata una fase di occupazione di età L. T. sulla Heuneburg, come allora ritenevano gli scavatori W. Kimmig ed E. Gersbach, oppure no. Oggi, alla luce delle più recenti ricerche e delle più attuali riletture dei dati dendrocronologici, l'idea di una parziale sovrapposizione cronologica tra Hallstatt finale e L. T. iniziale sembra meno generalmente condivisa, anche se è ancora sostenuta da varî autori. Diverse sono anche le opinioni sulla cronologia assoluta: l'inizio del L. T. A viene fatto oscillare di circa mezzo secolo, tra un momento iniziale e un momento avanzato del V sec. a.C. Queste oscillazioni si riflettono anche sull'inizio del L. T. Medio, che viene fatto a sua volta oscillare dal 275 al 225 a.C.; molti autori accettano oggi la data intermedia, 250 a.C. circa.
Generale sembra, invece, il consenso incontrato dalla nuova datazione assoluta proposta per il L. T. Tardo. Cardine della cronologia del primo orizzonte, L. T. D1, in Europa centrale è l’oppidum di Manching (v.), l'unico a essere stato oggetto di scavi estensivi in Germania meridionale (anni 1955-1974; 1984-1987). La sua fine, brusca e apparentemente violenta, era stata posta in relazione con la conquista augustea della zona, attorno al 15 a.C., dal direttore degli scavi, W. Krämer. Questa data avrebbe rappresentato un terminus ante quem per l'ultima fase di occupazione dell'oppidum, il L. T. D1. Successive ricerche, in particolare su oppida della Svizzera, Berna-Engehalbinsel, Basilea-Gasfabrik e BasileaMünsterhügel, che sembrerebbero confermate dai dati dendrocronologici derivati dal rivestimento ligneo del pozzo situato nel témenos di Fellbach-Schmiden, in Baden-Württemberg, hanno indotto a rialzare la cronologia del L. T. D1, situata ora tra l'ultimo quarto del II e la metà c.a del I sec. a.C. Di conseguenza la fase successiva, L. T. D2, viene situata tra la conquista cesariana della Gallia e l'età augustea.
L. T. Antico. - La documentazione archeologica relativa al L. T. A è particolarmente concentrata in un'area che va dalla Senna a O al Reno a E; in questa zona - caratterizzata da ricche sepolture sotto tumulo - è stata collocata tradizionalmente l'«area di origine» della civiltà di La Tène. Nell'ambito dell'unità rappresentata da questa civiltà si è tentato di individuare delle differenziazioni. Anni fa W. Dehn ha contrapposto la «Cerchia delle tombe principesche», estesa a E fino all'Austria (Dürrnberg presso Hallein) e alla Boemia, alla più meridionale «Cerchia delle tombe a fossa», con necropoli di tombe prive di tumulo contenenti materiali meno ricchi e alquanto diversi. Più recentemente H. Lorenz ha proposto una distinzione leggermente diversa, tra «Cerchia Marna-Mosella» e «Cerchia Reno-Danubio», basandosi su un'ampia e sistematica analisi dei corredi funerari, con particolare riguardo al costume e all'armamento. Numerosi studi, inoltre, sono stati dedicati a singole realtà regionali.
Le sepolture sotto tumulo del L. T. A hanno corredi spesso ricchi, sia di oggetti prodotti localmente, anche in materiali preziosi come oro, argento, ambra, corallo, sia di importazioni, in particolare coppe attiche e vasellame bronzeo, bacili, stàmnoi e soprattutto brocche, di provenienza etrusca o di imitazione. Queste tombe «principesche» presentano analogie, relativamente alla struttura e al livello di ricchezza, con le precedenti sepolture tardohallstattiane, ma non contengono oggetti particolari, interpretati come doni diplomatici, tra i quali il più famoso è il cratere della sepoltura della «principessa» di Vix, datata al momento terminale dell'Età di Hallstatt.
La maggior parte degli abitati «principeschi» tardohallstattiani non sembra essere più occupata all'inizio del L. T. Antico. Sembrano fare eccezione soltanto Hohensperg in Germania meridionale, Ütliberg in Svizzera, vicino ai quali sono state rinvenute una sepoltura «principesca» sotto tumido e altre tombe del L. T. iniziale, e Château-sur-Salins nella Francia centro-orientale, vicino alla confluenza della Doubs e della Saône, dal quale provengono anche frammenti di ceramica a figure rosse e fibule di schema L. T. Antico. Una continuità di occupazione dalla tarda Età di Hallstatt fino al L. T. Antico e documentata in due abitati anch'essi situati in Francia e oggetto di recenti scavi: Bragny-sur-Saône, vicino a Château-sur-Salins e Brouges-Avaricum nel bacino della Loira, dai quali provengono ceramica attica a figure nere e rosse e anfore massaliote. A Bragny negli scavi recenti è stato possibile distinguere nettamente due livelli, separati da una breve fase di abbandono: quello inferiore è tardo-hallstattiano, quello superiore presenta vistose tracce di lavorazione dei metalli e numerosi oggetti di provenienza cisalpina, riferibili alla cultura di Golasecca, fase III A.
Le tombe a tumulo del L. T. A, sparse o in piccoli gruppi, in genere separate dalle necropoli di tombe più povere, sono localizzate prevalentemente in un'area più settentrionale di quella occupata dalle tombe principesche tardo-hallstattiane, un'area che si estende dalla Francia orientale, soprattutto la Champagne e la Marna, alla Germania centro-occidentale (in particolare lungo il basso corso della Mosella, la zona della «cultura di Hunsrück-Eifel») sino alla Boemia settentrionale.
Al contrario di quelle tardo-hallstattiane, situate nelle vicinanze degli abitati fortificati principali, le tombe «principesche» del L. T. A, anch'esse spesso caratterizzate dalla presenza di carri, che però ora sono a due ruote, non sembrerebbero in relazione diretta con abitati a carattere dominante. Secondo alcuni autori questo fatto potrebbe dipendere dalla mancanza di ricerche sistematiche: nelle zone meglio conosciute, come quella della «cultura di Hunsrück-Eifel» queste sepolture monumentali a tumulo che, come ha mostrato J. Driehaus, sembrerebbero in rapporto topografico con le presenze di minerali di ferro, sono spesso poste in posizione dominante, talvolta in rapporto topografico con insediamenti fortificati d'altura.
Gli insediamenti sono ancora poco conosciuti; quelli noti, situati in pianura oppure fortificati su altura, sembrano avere le dimensioni e l'aspetto di un piccolo villaggio o talvolta addirittura di una fattoria. La possibilità di una distinzione tra «villaggi» e «fattorie» nella zona della «cultura di Hunsrück-Eifel», però, è stata prospettata da A. Haffner soprattutto sulla base delle dimensioni delle necropoli. Anche più a E, in Boemia, alcuni abitati tardohallstattiani continuano a essere occupati durante il L. T. Antico, come il sito fortificato di Závist, alla sommità del quale è stata individuata una struttura quadrangolare circondata da un fossato, considerata dagli scavatori un luogo di culto, e anche abitati di minori dimensioni e non fortificati, quale p.es. Radovesice.
Data la scarsa conoscenza degli abitati, non sappiamo praticamente nulla sull'organizzazione delle produzioni artigianali. L'alto livello raggiunto risulta evidente dai prodotti della metallurgia locale, che consistono in vasellame bronzeo, in parte liberamente ispirato a modelli mediterranei, armi di ferro, in particolare le tipiche spade con foderi spesso decorati, oggetti di uso più corrente quali p.es. le fibule e gli ornamenti, spesso di bronzo, talvolta di ferro o di metalli preziosi. Tutti questi oggetti a volte sono decorati con motivi caratteristici, i quali nel loro complesso sono stati attribuiti da P. Jacobstahl all’Early Style (v. celtica, arte). I gioielli delle tombe principesche (collari, braccialetti, anelli da dito, fibule) sono sovente realizzati in oro, più raramente in argento. L'oro, anche laminato o sotto forma di placcatura, era presente già nelle tombe .principesche tardo-hallstattiane, p.es. nella tomba di Hochdorf; l'argento invece compare solo con l'Età di La Tène (un'eccezione è la già citata tomba di Vix, con una phiàle d'argento d'importazione). Nella lavorazione della ceramica, inoltre, diventa sempre più frequente l'uso del tornio, che nella tarda Età di Hallstatt veniva utilizzato solo per alcune produzioni particolari, presenti in abitati dominanti come la Heuneburg o Mont Lassois.
Nonostante le caratteristiche complesse delle produzioni artigianali e l'esistenza di uno scambio organizzato a lunga distanza, la mancanza di una gerarchia evidente tra gli abitati noti e l'assenza di tombe «principesche» del livello di quelle tardo-hallstattiane di Hochdorf o di Vix hanno fatto pensare a un tipo di società che, al contrario di quella precedente tardo-hallstattiana, non arriva ad avere carattere «protostatale». Anche la presenza nelle tombe di oggetti di prestigio, importati o di produzione locale, non sembra riconducibile a modelli centralizzati e gerarchici come quelli ipotizzati per le società tardo-hallstattiane.
Nella tarda Età di Hallstatt si conosce soltanto una sepoltura con carro di straordinario livello considerata sicuramente femminile dalla maggior parte degli autori: la celebre tomba di Vix; altre sepolture con carro della Francia e della Svizzera, provenienti da vecchi scavi, sono state considerate femminili da alcuni studiosi soprattutto per via della mancanza di armi. Durante il L. T. Antico le donne con un corredo «principesco» comprendente gioielli spesso d'oro, vasellame bronzeo e anche un carro sembrano più numerose che nella precedente fase tardo-hallstattiana (J. Driehaus). La situazione, però, ê differente da zona a zona: le tombe di «principesse» sembrano frequenti nel Palatinato, da dove proviene la sepoltura di Reinheim, mentre sono più rare e più tarde nella più settentrionale area della cultura di Hunsrück-Eifel (A. Haffner, 1976).
La tomba di Waldalgesheim fino a poco tempo fa veniva considerata la più recente delle sepolture principesche e datata al L. T. B1, cioè al IV sec. a.C. (ma ora secondo Polenz e Haffner andrebbe situata alla fine del L. T. B1, nel periodo di passaggio al L. T. B2). Frutto di un recupero ottocentesco, è verosimilmente femminile, con gioielli d'oro, il carro, una oinochòe di produzione locale e una situla di fattura greca o magno-greca. Da questa tomba prende il nome lo stile decorativo caratteristico di questo periodo (v. celtica, arte) detto anche «a motivo vegetale continuo» (V. Kruta). Nel corso degli anni Settanta sono stati scavati gruppi di tombe principesche a tumulo nei dintorni di Treviri, tra cui quello di Bescheid, che comprendeva sedici tumuli, in parte datati alla fine del L. T. Antico.
Durante il L. T. Β i prodotti del mondo mediterraneo, quali ceramica figurata o a vernice nera e vasellame bronzeo, sono presenti nelle sepolture celtiche dell'Italia, ma si trovano solo eccezionalmente a Ν delle Alpi (in Germania, oltre che a Waldalgesheim, a Bescheid, dove nella tomba 9 era sepolta una bambina di 8-12 anni, con un corredo personale comprendente collare, fibule, braccialetti, anelli da caviglia e un kyathos di fattura etrusca; in Austria, a Mannesdorf, dove la tomba 13, pure femminile, conteneva gioielli locali e una situla di provenienza etrusca; in Svizzera, a Ollon, La Combe, Sale, dove una kylix a vernice nera è stata raccolta insieme a materiali provenienti da tre sepolture datate al L. T. B2 da G. Kaenel). A Ν delle Alpi continua a venire importato soltanto il corallo, usato per decorare gioielli, in particolare fibule e collari, in alternativa o insieme a uno smalto rosso che sembrerebbe imitarne l'effetto cromatico.
Dal IV sec. hanno inizio le migrazioni verso l'Italia e verso l'Europa orientale, attestate dalle fonti letterarie e da quelle archeologiche. All'inizio del secolo risale il primo avvenimento storico datato di cui gruppi celtici sono protagonisti, il «sacco di Roma». Dato che le zone in cui in precedenza erano particolarmente concentrate le tombe principesche, dalla Champagne alla zona della «cultura di Hunsrück-Eifel», sembrano ora meno abitate, si è pensato che i gruppi in movimento venissero da queste regioni; in particolare è stata ipotizzata una derivazione dei Senoni stanziati nelle Marche da quelli omonimi della Champagne.
Di questo periodo si conoscono soprattutto necropoli, spesso costituite da poche tombe, con sepolture a fossa in genere individuali, i cui corredi non raggiungono più il livello di ricchezza di quelli di età precedente. A partire dagli anni Settanta i corredi di alcune di queste necropoli sono stati analizzati anche dal punto di vista della composizione, per trarne indicazioni sulla struttura sociale delle comunità. I defunti, prevalentemente inumati, sono per lo più sepolti con oggetti relativi all'abbigliamento, in genere indossati, il che fa pensare che fossero vestiti e non avvolti in un sudario. In alcune regioni, p.es. nella Marna e in Europa orientale, dal Dürrnberg presso Hallein alla Slovacchia, ma non in Svizzera, nelle tombe vengono deposti anche complessi di vasi, a volte con offerte di cibo.
Le donne hanno fibule, talvolta numerose, collari o collane, braccialetti, spesso eguali sulle due braccia e, in alcune zone della «Cerchia Reno-Danubio», anelli da caviglia. Gli uomini possono avere talvolta una o due fibule e/o un braccialetto e più spesso le armi: la tipica spada (spesso insieme a un gancio di cintura triangolare traforato accompagnato da tre anelli, parte del sistema di sospensione), talora la lancia e/o il coltellaccio, raramente l'elmo. La presenza del collare in tombe con armi, pur documentata in qualche caso in Austria, Germania meridionale e Ungheria, è del tutto eccezionale. Un'idea complessiva dell'abbigliamento maschile del L. T. Antico si può avere solo attraverso le poche raffigurazioni note per quest'epoca: i personaggi armati, in parte a cavallo, incisi sul fodero di spada dalla tomba 994 di Hallstatt (Austria) e le fibule con l'arco modellato a figura umana dalle tombe 71/1 del Dürrnberg presso Hallein (Austria) e 74 di Manetin (Boemia) (O.-H. Frey). Nei primi due casi gli uomini indossavano casacche fermate in vita da una cintura e pantaloni più o meno larghi, capo di abbigliamento da cui sono derivate le brachae, caratteristiche dei Galli agli occhi dei Romani e dei Greci; nel terzo caso la tunica è più lunga, fin quasi al ginocchio, mentre non è chiaro se al di sotto vi fossero o meno le brachae; tutti calzano scarpe a punta, analoghe a quelle conosciute già nella tarda Età di Hallstatt e indossate p.es. dal signore di Hochdorf, derivate in ultima analisi dai modelli etruschi.
L'analisi dei costumi, oltre che delle strutture tombali, ha permesso anche di riconoscere gli spostamenti di alcuni gruppi; V. Kruta ha individuato in tal modo la presenza di Celti orientali nella Marna e nella Linguadoca nella prima metà del III sec. a.C.
Le differenze di livello di ricchezza tra le diverse tombe nel L. T. Β sono meno vistose che nel periodo precedente: la maggior parte degli individui sepolti ha un corredo personale relativamente standardizzato che, soprattutto nel caso delle donne, sembra evidenziare, attraverso l'abbigliamento caratteristico, l'appartenenza alla comunità. Alcuni individui, in parte bambini piccoli, hanno corredi personali costituiti da un numero minore di oggetti, p.es. una o due fibule oppure uno o due braccialetti o anelli; qualcuno è addirittura privo di corredo. Dato che ancor oggi non sempre si dispone di studi antropologici dei resti ossei, spesso le ipotesi sul ruolo sociale di questi individui non possono venir confrontate con dati relativi all'età, al sesso e alle eventuali patologie.
Anche se, soprattutto in Europa centro-occidentale, gli abitati sono ancora poco conosciuti, dalle dimensioni di queste necropoli sembra di poter dedurre che, soprattutto nel IV sec., le comunità fossero relativamente piccole, composte da poche decine di individui: in sostanza comunità relative a piccoli villaggi o fattorie. Nonostante l'alto livello dell'artigianato, caratterizzato da forme di lavorazione complesse, che sembrerebbero implicare l'esistenza di più figure di specialisti, e nonostante la persistenza di importazioni di corallo a Ν delle Alpi, nel suo complesso la società del L. T. Β viene considerata una società «di rango» nella quale lo status di membro di pieno diritto della comunità verrebbe indicato, in contesto funerario, dal possesso di un corredo «completo» con oggetti d'ornamento per le donne e armi per gli uomini.
In Inghilterra in quest'epoca si conoscono sia abitati fortificati sovente su altura (hillforts), che abitati di pianura, spesso circondati da palizzate e/o fossati come Little Woodbury o Gussage All Saints. Gli edifici hanno prevalentemente forma circolare, molto comune già nell'Età del Bronzo, e la «cultura materiale» presenta caratteristiche locali. I materiali L. T. non sono numerosi e sono localizzati soprattutto nel Meridione: quelli più antichi sono foderi di pugnale decorati, provenienti dal letto del Tamigi, e alcune fibule per lo più prive di contesto. Sepolture dell'Età del Ferro non sono frequenti, ma più a N, nello Yorkshire orientale, l'impianto di alcune necropoli di tombe a inumazione, in parte con carro, note sotto il nome di «cultura di Arras», viene fatto risalire al IV sec. a.C. Resta in discussione se si debba pensare a una vera immigrazione di Celti continentali, come pensano alcuni autori, o piuttosto a un gruppo locale che si ispira a usanze continentali, come ritengono altri.
In Italia i materiali L. T. riferibili al V e alla prima parte del IV sec. a.C. non sono numerosi; spesso sono sporadici oppure presenti in contesti di carattere locale. Oltre alle fibule tardo-hallstattiane con protome di uccello acquatico, che secondo alcuni autori andrebbero almeno in parte riportate a questo momento, vi sono alcune spade del L. T. A, presenti soprattutto in ambito golasecchiano, e ganci di cintura triangolari traforati che, soprattutto nei corredi transalpini, spesso si accompagnano alle spade insieme ai caratteristici tre anelli di sospensione. Si è discusso se questi ganci debbano essere considerati tipici del L. T., importati o imitati in Italia e forse indicativi della presenza della prima generazione di guerrieri transalpini (O.-H. Frey), oppure un precoce apporto peninsulare alla civiltà L. T., la cui diffusione transalpina potrebbe dipendere da individui tornati a Ν delle Alpi (V. Kruta). Comunque interpretati, questi elementi testimoniano l'esistenza di stretti rapporti tra i due ambiti, rapporti che potrebbero esser già dovuti al mercenariato (P. S. Wells).
Le testimonianze più antiche di gruppi celtici individuabili in quanto tali sono situate a S del Po. Alle necropoli già note (come Montefortino e Filottrano nelle Marche, Bologna e Marzabotto in Emilia) si sono recentemente aggiunte quella di Monte Bibele presso Monterenzio, con il relativo abitato e di Arcoveggio-Via della Dozza presso Bologna, e inoltre alcune tombe, isolate o in piccoli gruppi, in Emilia-Romagna e nelle Marche, tra cui quella «principesca» di guerriero di Moscano di Fabriano (e alcune da Numana e Camerano, picene ma con spade La Tène). A Ν del Po la; documentazione della fase più antica è molto limitata: à un momento iniziale del L. T. Β è possibile datare quasi soltanto la tomba con armi da Campo Costiere a Vho di Piadena. Le necropoli più antiche, come quella di Carzaghetto nel Mantovano, sembrano aver inizio alla fine di questo periodo.
Con l'eccezione di Monte Bibele (per il quale, peraltro, disponiamo finora soltanto di informazioni preliminari), gli abitati sono finora praticamente sconosciuti. Tracce di attività cultuali sono state segnalate recentemente a Monte Bibele: una stipe votiva tra l'abitato e la necropoli, e, sulla sommità del Bibele, «una piattaforma rettangolare [...] delimitata sui quattro lati da un profondo fossato nel quale si sono rinvenuti alcuni frammenti di armi di ferro, ceramiche di IV-III sec. a.C. e ossa animali» (D. Vitali) che viene confrontata con Gournay-sur-Aronde (v. infra).
Negli ultimi anni gli studi sui Celti in Italia sono stati focalizzati in particolare sull'analisi delle caratteristiche del rituale e del costume dei singoli gruppi, il cui nome e la cui approssimativa localizzazione sono noti dalle fonti letterarie, anche per precisarne meglio gli ambiti territoriali: Senoni nelle Marche, Boi in Emilia, Insubri e Cenomani in Transpadana. Le prime generazioni dei Senoni e dei Boi, come aveva notato già il Brizio, sembrano adottare per molti aspetti costumanze etrusco-italiche legate al banchetto e alla cura della persona, che si riflettono nel corredo e nel rituale funerario. Sono presenti corone d'oro, vasellame da simposio di metallo (in genere di bronzo, eccezionalmente d'argento), di ceramica dipinta e a vernice nera, specchi e strigili, e anche il gioco dei dadi. La ceramica a vernice nera, la cui forma più frequente è la kylix, è ben documentata a S del Po, in particolare a Monte Bibele, e compare anche a Ν di questo fiume, dove è concentrata, oltre che nell'emporio costiero di Adria, anche a Mantova città e nel vicino Castellazzo della Garolda.
L'altro aspetto cui è stata! dedicata particolare attenzione riguarda i rapporti con i popoli confinanti, soprattutto gli Etruschi, i Piceni, gli Umbri, ma anche i Veneti e i Liguri, rapporti la cui rilevanza è stata evidenziata da recenti scoperte, quali la «tomba di Nerca» a Este e la necropoli di Ameglia presso La Spezia.
L. T. Medio. - La documentazione archeologica disponibile consiste soprattutto in necropoli di tombe a fossa, le quali spesso continuano dalla fase precedente. Sembrano ora più pronunciate ed evidenti le caratteristiche regionali dei diversi gruppi che si cominciavano a delineare già nel momento finale del L. T. Antico (L. T. B2). Queste caratteristiche si possono cogliere attraverso il rituale funerario (p.es. nell'uso dell'inumazione o dell'incinerazione, in questo periodo di nuovo relativamente frequente; nella presenza o assenza di ceramica e di offerte di cibo nella tomba) e nei materiali di corredo (fibule ed elementi del costume con peculiarità locali). Oggetti di prestigio, quali le tipiche spade, in particolare quelle decorate nello «stile delle spade ungheresi» e nello «stile delle spade svizzere», continuano ad avere un'ampia diffusione.
I corredi sono per molti aspetti simili a quelli dell'età immediatamente precedente. Nell'ambito del costume femminile, però, in molte zone non sono più in uso né gli anelli da caviglia né il collare. I braccialetti continuano a essere molto usati (in particolare quelli di vetro colorato, che ora diventano comuni), ma di solito non vengono portati più simmetricamente, bensì sono di numero o di tipo diverso sulle due braccia. Frequenti e tipiche di questo periodo sono le cinture a catenella di bronzo. Nel corredo maschile, l'armamento seguita a essere costituito principalmente dalla spada (accompagnata ora in genere dalla catena porta-spada, che sostituisce i tre anelli nel sistema di sospensione) e dalla lancia; l'elmo è molto raro, mentre diventa relativamente frequente il tipico scudo rettangolare di cui resta l'umbone allungato in ferro.
In alcuni casi le sepolture sono di notevole livello come p.es. la tomba - verosimilmente femminile - da Dühren in Baden-Württemberg; ma le importazioni dal mondo mediterraneo sembrano ancora più scarse che nel L. T. B: corallo e vasellame bronzeo importato sono ormai del tutto eccezionali. Si possono citare quasi soltanto alcune sepolture di guerriero, una nelle necropoli di Karaburma a Belgrado, con una situla di fattura greca o italica, e un'altra a Szob in Ungheria, con un kàntharos greco, verosimilmente databili a un momento iniziale (L. T. C1); la tomba pure di guerriero da Hurbanovo, in Slovacchia, con una brocchetta, oltre a quella femminile già citata da Dühren con una brocca e una padella, datate entrambe a un momento avanzato (L. T. C2).
Come linea di tendenza generale, inoltre, i corredi sono più poveri che in precedenza; diventano più numerosi gli individui con corredo non completo o addirittura assente. Lo status di membro di pieno diritto della comunità potrebbe non essere più espresso dalla deposizione di un corredo «completo» nelle tombe, oppure più probabilmente una maggior asimmetria nella distribuzione della ricchezza potrebbe indicare una differenziazione sociale più accentuata.
Anche la società celtica del L. T. Medio viene in genere considerata una società «di rango» a carattere tribale, anche se alcuni fatti, in particolare l'adozione della moneta e la stabilizzazione degli insediamenti, sembrerebbero contraddire almeno in parte questa immagine.
Le monete L. T. imitano soprattutto prototipi greci, tra cui i principali sono le dracme d'argento di Marsiglia, gli stateri d'oro e i tetradrammi d'argento di Filippo II e di Alessandro, poi anche, in qualche caso, prototipi romani. In Europa centro-occidentale, però, sia gli originali greci che le loro imitazioni, spesso sporadiche, in genere non sono databili in base al contesto archeologico. La cronologia delle prime dracme di imitazione massaliota emesse nella Gallia cisalpina dipende da quella del prototipo: la dracma pesante che sarebbe stata coniata fra l'inizio del V sec. e il 360 a.C. o la dracma leggera con gli stessi tipi iconografici ma successiva al 225 a.C. Le prime emissioni cisalpine, se - come pensano alcuni autori - sono collegabili, dal punto di vista ponderale, alle dracme pesanti, potrebbero risalire al IV sec. a.C. Cronologie sensibilmente più basse per le prime monete celtiche transalpine sono state proposte negli anni Settanta da varí autori, che si· fondavano soprattutto sulle emissioni di primo secolo, meglio databili perché più abbondanti e spesso rinvenute in contesti archeologici. All'inizio degli anni Ottanta, però, H. Polenz, riesaminando sistematicamente i pochi corredi con monete anteriori al primo secolo presenti in Europa centrale, ha potuto dimostrare l'esistenza di associazioni sicure tra monete celtiche e corredi del L. T. Medio, e addirittura prospettare l'ipotesi che due tombe con imitazioni di stateri di Alessandro e di Filippo, Dobian e Hostomiz, note da recuperi ottocenteschi, potessero venire datate al momento finale del L. T. Antico (L. T. B2).
Altro indizio di evoluzione verso una società più complessa sembra la progressiva stabilizzazione degli insediamenti. Alcuni abitati occupati già in questa fase nel L. T. Tardo assumeranno il caratteristico aspetto di oppida fortificati, oppure la stessa comunità sembra spostarsi, nel corso del L. T. Tardo, da uno o più insediamenti di pianura occupati in precedenza a un abitato meglio difendibile e fortificato, come avviene p.es. a Aulnat/Gergovia, nella Francia centro-orientale. Ben noto è il caso di Manching, dove finora non è stata individuata una fase di occupazione risalente al L. T. Antico (anche se le due necropoli vicine, Hundsrucken e Steinbichel, sono utilizzate fin dal L. T. B2), mentre è ben conosciuta la fase del L. T. Medio (tanto che la «stratigrafia orizzontale» individuata nell'abitato è stata utilizzata per proporre una suddivisione cronologica tra C1 e C2). Recentemente, in una zona periferica dell'abitato, non lontana dalla necropoli di Hundsrucken, è stato rinvenuto un singolare manufatto di bronzo dorato, interpretato come un albero artificiale con probabile funzione cultuale, ricoperto di foglia d'oro e decorato con foglie e frutti d'edera (di bronzo e di legno, rivestiti anch'essi di foglia d'oro) simili a quelli delle corone ellenistiche; il basamento era decorato con un motivo a spirale tipico dello «stile plastico», sulla base del quale è stata proposta una datazione al L. T. Medio (F. Maier) o addirittura alla fine del L. T. Antico (R. Gerhardt).
Il rapporto topografico tra insediamento e struttura con carattere sacrale sembrerebbe ancora più stretto nel caso di Gournay-sur-Aronde, nella Francia settentrionale, dove un luogo di culto risalente almeno al L. T. Medio, ma forse in uso fin dal L. T. Antico, è situato ai margini di un oppidum. E costituito da un'area quadrangolare circondata da un fossato, all'esterno del quale, in seguito, sono stati aggiunti una palizzata e un secondo fossato e, all'interno, strutture, in parte scavate (una serie di fosse) in parte in elevato (edificio ligneo). Nel primo fossato sono state rinvenute una gran quantità di armi del L. T. Medio, in particolare spade e scudi, assieme a numerosi resti animali e umani. Strutture in parte analoghe, caratterizzate da offerte di oggetti e di resti animali e umani, ma risalenti per lo più al tardo L. T. e situate in genere al di fuori degli, oppida, sono state individuate in altre località della Francia settentrionale, a Ribemont, Saint-Maur, Mirabeau; questi siti rappresenterebbero un tipo specifico di luogo di culto, denominato «santuario gallo-belgico» da J.-L. Bruneaux. Numerose altre strutture, che potrebbero aver avuto carattere analogo, sono state individuate attraverso le foto aeree, in posizione in genere esterna agli abitati e talvolta in zone di frontiera.
La tradizione di deporre oggetti nelle acque, in buona parte verosimilmente offerte votive, che in molte zone d'Europa risale almeno all'Età del Bronzo, nel mondo celtico sembra viva durante tutta l'Età del Ferro. P.es. il deposito votivo di Dux/Duchov (Boemia), comprendente oggetti d'ornamento, soprattutto fibule, databili ancora nell'ambito del L. T. Antico, è stato rinvenuto in una sorgente termale. Lo stesso sito di L. T., comprendente invece soprattutto armi, risalenti prevalentemente al L. T. Medio, è stato interpretato come un sito di deposizione votiva in un braccio fluviale impaludato. In Inghilterra a Flag Fen, a circa un miglio dall'abitato dell'Età del Bronzo di Peterborough, armi e oggetti d'ornamento, datati tra la media Età del Bronzo e il II sec. a.C., in parte anche di tipo L. T., sono stati rinvenuti lungo una doppia fila di pali - interpretata provvisoriamente dagli autori come una sorta di confine - che dal margine della palude si dirige verso un'isola, abitata soltanto per un breve periodo di tempo.
Mentre nel bacino danubiano-carpatico questo è un momento di espansione e consolidamento, in Italia nel corso del III sec. a.C. la potenza celtica viene arginata, fino alla perdita dell'autonomia e forse anche alla scomparsa fisica delle tribù cispadane, dei Senoni prima e dei Boi poi. È ancora discusso se la fine delle necropoli senoniche, in particolare di Montefortino, avvenga in un momento iniziale o avanzato del III sec. a.C., subito dopo la battaglia del Sentino del 295 o la deduzione di Sena Gallica nel 283 ovvero soltanto più tardi; certo, però, nelle Marche materiali tipici del medio L. T. sono scarsi e sporadici.
Nelle necropoli boiche, a Bologna e Marzabotto, è documentata una fase medio L. T., caratterizzata da tombe di guerriero con catena porta-spada e da corredi femminili con fibule e oggetti tipici: i materiali etrusco-italici non sono più fra quelli caratterizzanti. Anche a Monte Bibele vi sono alcune tombe di guerriero con catena porta-spada. Nella Transpadana centrale questo periodo è scarsamente documentato: continuano a essere utilizzate necropoli come Carzaghetto nel Mantovano e La Sforzesca in Lomellina. A E dell'Oglio, in territorio cenomane, come pure in Veneto e in Friuli sono ancora in uso i collari, in genere di filo ritorto, di bronzo ma anche d'argento. Nell'area insubre i principali complessi, entrambi a O del Ticino, sono Dormelletto presso il lago Maggiore e Garlasco-Madonna delle Bozzole nella bassa pianura. A Dormelletto le tombe più antiche sono a inumazione; nelle deposizioni femminili è risultato effettivamente attestato quel costume con coppia di anelli da caviglia e braccialetti portati in modo asimmetrico la cui esistenza era stata ipotizzata sulla base della presenza di coppie di anelli da caviglia a ovoli nelle vecchie collezioni (R. De Marinis). A Garlasco dracme e oboli padani compaiono in alcune tombe della fine del periodo (L. T. C2) che rappresentano quindi il primo aggancio cronologico sicuro per le emissioni padane, da intendere certo solo come un terminus ante quem per l'inizio della monetazione. Anche le importazioni di ceramica a vernice nera, da Volterra e soprattutto da Adria, come pure di vasellame bronzeo, si intensificano; del resto in questo momento si può ormai pensare a fabbriche locali, almeno a S del Po.
L. T. Tardo. - Le fonti archeologiche disponibili sono diverse rispetto a quelle meglio documentate in precedenza: si conoscono abbastanza bene gli abitati, in particolare quelli fortificati denominati oppida, mentre le sepolture sono praticamente sconosciute in gran parte dell'Europa centrale, dove quelle note sono in genere a incinerazione, spesso archeologicamente poco visibili, come nel caso dell’oppidum di Heidetränk, e con scarso corredo, seppure con alcune vistose eccezioni. Necropoli di una certa consistenza, con corredi talvolta piuttosto ricchi, sono presenti in zone relativamente marginali dove talora è praticata ancora l'inumazione, come la Svizzera (Basilea e Canton Ticino), l'Italia transpadana, la Francia atlantica, l'Inghilterra meridionale (sepolture a incinerazione della «cultura di Aylesford-Swarling» e «tipo Welwyn»).
Si intensificano di nuovo le esportazioni dall'Italia che si diffondono in buona parte d'Europa, soprattutto negli oppida, ma arrivano anche in aree periferiche (come l'Inghilterra, che entrerà definitivamente nell'orbita romana solo nel I sec. d.C.) o addirittura al di fuori del mondo celtico (come la Polonia e la Danimarca, che rimarranno fuori dai confini dell'impero), dove si trovano in genere nelle tombe di personaggi eminenti. Si tratta di ceramica a vernice nera, di anfore (Dressel 1a, prima e 1b poi), e soprattutto di vasellame metallico, di bronzo e, più raramente, d'argento. La ceramica a vernice nera ha una diffusione localizzata in Francia meridionale e Svizzera, solo eccezionalmente arriva anche in Europa centrale (p.es. a Manching ve ne sono pochi frammenti); più ampia è la diffusione delle anfore e soprattutto del vasellame di bronzo, che però è databile in modo meno preciso di quanto non lo siano la ceramica a vernice nera e le anfore, per le quali si dispone peraltro di cronologie ancora non sufficientemente puntuali.
Gli oppida rappresentano un fenomeno quantitativamente e qualitativamente diverso rispetto agli abitati di età precedente. Se le mura della Heuneburg tardo-hallstattiana comprendevano una superficie inferiore ai 4 ha, la cerchia fortificata di Manching, eretta all'inizio del L. T. D, doveva racchiudere un'area di almeno 350 ha, e quella di Kelheim (all'interno della quale vi era però anche un'area mineraria sicuramente non abitata) arrivava a comprendere 650 ha.
Manching all'inizio del L. T. Tardo, forse in seguito a eventi bellici, non soltanto viene fortificata ma anche ristrutturata: l'assetto interno viene modificato, come risulta evidente dal fatto che strade e case presentano un orientamento diverso rispetto a quelle più antiche. Le fortificazioni sono quelle tipiche del tardo L. T., definite da Cesare murus gallicus. All'interno vi sono aree intensamente edificate soprattutto al centro, mentre in periferia la densità è minore: alcune zone, forse in parte destinate al pascolo o alla coltivazione, non sembrerebbero occupate da strutture. Varia è anche la tipologia delle case, in legno, di cui restano le piante rettangolari delimitate da buchi di palo: alcune di piccole dimensioni in parte coincidono con le aree di produzione artigianale, altre più grandi sono a due navate, e altre ancora, con cortile circondato da una palizzata, sono state considerate le case dei membri più eminenti. Si è pensato che avessero destinazione cultuale alcune strutture, nessuna delle quali però associata a offerte votive: una circolare, di c.a 7 m di diametro, circondata da un doppio fossato, situata c.a 200 m a E dell'area centrale oggetto di scavo su vasta superficie (W. Krämer), e un gruppo di strutture situate nell'area centrale vicino all'incrocio di due strade (F. Schubert).
Strutture a carattere cultuale all'interno di abitati erano note da tempo soprattutto in Francia meridionale (particolarmente rilevanti quelle di Entremont, Nages, Roquepertuse) e centrale (in particolare a Bibracte - v. - dove gli scavi sono stati ripresi nel 1984). Più di recente sono stati resi noti i risultati delle ricerche condotte in Francia settentrionale: Gournay-sur-Aronde sembrerebbe ancora in uso, mentre una parte degli altri «santuari gallo-belgici» sembra risalire a questo periodo.
Fuori degli abitati sono situati, in genere, i tipici «recinti quadrangolari», circondati da terrapieno e fossato, che racchiudono una superficie di un ettaro e più, all'interno dei quali sono presenti talvolta edifici, che potrebbero avere avuto un ruolo specifico nel culto, o pozzi, come quello recentemente scavato a Fellbach-Schmiden, o talvolta anche tombe. Questi recinti, presenti in gran parte d'Europa, sono particolarmente numerosi in Germania meridionale.
Pratiche cultuali venivano certo ancora svolte anche in «luoghi sacri in natura»: le offerte votive, molto spesso in rapporto con acque, consistevano, oltre che in armi, in oggetti d'ornamento, talvolta in piccoli gruppi. In particolare collari d'oro, spesso a coppie e talvolta associati a monete d'oro o d'argento, rappresentano un tipo di rinvenimento verosimilmente a carattere votivo documentato almeno a partire dal L. T. Medio (A. Furger-Gunti). Tra le offerte sono ora documentati oggetti miniaturistici, monete e a volte anche statue lignee, come nel caso delle sorgenti della Senna. È possibile che in questi siti venissero svolti anche sacrifici, ma le evidenze disponibili non sembrano sufficientemente probanti. Recentemente però è stata attirata l'attenzione su un numero non trascurabile di crani umani, in parte databili a questo periodo, provenienti da fiumi dell'Inghilterra meridionale, in particolare dal Tamigi (dal quale provengono numerosi oggetti già noti, in particolare armi, in buona parte di epoca L. T., come p.es. il famoso scudo di Battersea, datato tra la fine del I sec. a.C. e l'inizio del I d.C.), che potrebbero venir ricollegati alle «teste tagliate», documentate soprattutto in Francia meridionale. Numerosi del resto sono i resti umani provenienti da oppida p.es. anche da Manching, interpretati da qualche autore come resti di possibili sacrifici. L'uso di tagliare le teste al nemico sembrerebbe attestato anche dall'arte figurativa: nell'oggetto che pende dalla cintura della figurina di guerriero a cavallo da Kärlich, presso Coblenza, sarebbe da riconoscere una «testa tagliata» (O.-H. Frey).
All'interno degli oppida venivano praticate numerose attività artigianali; a Manching sono attestate la lavorazione del ferro, quella del bronzo, del vetro, della ceramica fine - in parte dipinta - di pentole, di tessuti, concentrate in zone diverse dell'abitato. Nei centri minori come Berching-Pollanten, un insediamento all'aperto di poche decine di ettari, non lontano da Manching e da Kelheim, invece, sono documentate solo alcune di queste attività. In particolare vi veniva lavorato il ferro, anche per arrivare a prodotti finiti, tra cui sicuramente fibule (mentre non si hanno indizî di una lavorazione in loco di altri oggetti d'ornamento e di abbigliamento che pure sono presenti). Accanto a quelli grossolani di argilla locale fatti a mano, sono presenti vasi fatti al tornio (ceramiche fini, in piccola parte dipinte, e pentole di argilla con inclusi di grafite) importati da Manching. Non sembrano documentate importazioni italiche, mentre sono presenti monete relativamente numerose, soprattutto divisionali d'argento. Alarne monetine d'argento trovano confronti a Manching e sono state interpretate come un'ulteriore prova dei legami commerciali con questo centro; per altre, risultate in un primo momento prive di confronti precisi e denominate perciò «tipo Pollanten», è stata ipotizzata una lavorazione in loco (in seguito però ne è stato rinvenuto un esemplare a Manching).
Le monete risultano quindi presenti soprattutto negli oppida, dove sono frequenti in particolare quelle di bronzo e di «potin» (monete di bassa lega di bronzo, contenente anche piombo, sia coniate che fuse), ma anche negli abitati all'aperto, e sembrano essere state prodotte sia negli uni che negli altri; tracce di lavorazione di monete sono state rinvenute in oppida come Manching, ma anche nel sito non fortificato di Aulnat. La diffusione di emissioni di basso valore, accanto a quelle in metalli preziosi, sembra indicare che gli oppida fossero centri di scambio, oltre che di produzione, caratterizzati da un'economia nell'ambito della quale transazioni anche di modesta entità potevano venir effettuate con monete.
Anche se gran parte delle coniazioni è anepigrafa, le monete rappresentano inoltre una delle poche fonti epigrafiche disponibili per il mondo celtico. Nel L. T. Tardo a Ν delle Alpi la conoscenza della scrittura è indubbia, anche se è difficile valutarne la funzione e l'impatto all'interno della società.
L'interesse per il problema della scrittura, che ha fatto seguito negli anni Cinquanta alla scoperta a Port (Svizzera) della spada «di Korisios», con questo nome impresso in caratteri greci, ha portato al progetto di una raccolta sistematica di tutte le iscrizioni celtiche (Recueil des inscriptions celtiques, a cura di P.-M. Duval). A Manching è stata sottolineata la presenza di strumenti che avrebbero potuto essere stili scrittorii, utilizzati per scrivere su tavolette cerate, secondo quanto narrato da Cesare (Bell. Gall., I, 29; VI, 14), oltre che di un piccolo numero di graffiti su ceramica.
Dalla metà del III sec. a.C. i gruppi situati nell'entroterra di Marsiglia avrebbero adottato per primi la scrittura che in seguito, a partire dalla metà del II sec. a.C., si sarebbe diffusa anche più a N, nella Francia centrale e, anche se in misura più limitata, in Svizzera e Germania meridionale. Con il progredire della romanizzazione, poi, all'alfabeto greco si sostituì gradualmente quello latino (M. Lejeune).
Un'articolazione in oppida e abitati di minori dimensioni, in genere non fortificati ma spesso anch'essi sede di attività artigianali, anche se talvolta a carattere più limitato, sembra tipica di tutto il mondo celtico, in Occidente come in Oriente. Relativamente ben conosciuta la situazione in Boemia e in Slovacchia, dove accanto a oppida come Zavist o Staré Hradisko si conoscono abitati minori come Boritov, che dista una ventina di km da quest'ultimo e ha una superficie di ha 1,5 circa; dalle 15 case rettangolari scavate provengono anche materiali d'importazione, quali anfore e manici di bronzo di coppe.
Gli oppida erano anche le sedi del potere politico, verosimilmente al centro di stati tribali a carattere territoriale, di cui però, in mancanza tra l'altro di ricerche di superficie sistematiche, non sempre è possibile stabilire i confini. Un tentativo relativamente dettagliato è stato effettuato per la Francia centro-orientale descritta da Cesare, sede degli Arverni. Negli ultimi tempi si è tentato di analizzare le caratteristiche dell'organizzazione politica interna alle maggiori tribù, in particolare per quel che concerne la sopravvivenza della monarchia, il ruolo dell'aristocrazia riunita in assemblee, il peso e la funzione della clientela.
In Inghilterra il termine oppidum viene usato per abitati di grandi dimensioni, dell'ordine di alcune decine di ettari, centri di produzione e di mercato, verosimilmente anche di potere politico, presenti, a partire dal I sec. a.C., in alcune zone del meridione, in buona parte coincidenti con l'area di diffusione delle sepolture a incinerazione della «cultura di Aylesford-Swarling» (attribuita a Galli Belgi all'epoca della scoperta della necropoli di Aylesford, alla fine dell'Ottocento, e ancor oggi ritenuta da varî autori di origine continentale). Altrove sussiste l'articolazione in hillforts e abitati di pianura, che possono essere o meno circondati da fossato e vallo: Maiden Castle e Danebury, p.es., sono occupati fino a quest'epoca. Attività artigianali sono attestate anche negli abitati di pianura come Gussage All Saints, dove sono stati trovati i resti di un'officina che avrebbe prodotto morsi equini e attrezzature per cavalli, sufficienti per una cinquantina di carri. Sempre a questo periodo sembrerebbero risalire le prime strutture a carattere cultuale riconosciute come tali: p.es. una di queste è stata individuata all'interno di Maiden Castle, un'altra a Heath Row al di sotto del tempio gallo-romano.
Rispetto al mondo celtico d'Oltralpe, nella Gallia cisalpina l'evoluzione verso forme protostatali potrebbe essere precoce, come sembrerebbe indicato dall'antichità e diffusione di monetazioni con stretti legami tipologici e ponderali. Oppida come Mediolanum (del quale sul piano archeologico si inizia solo ora ad avere una documentazione consistente: materiali di V sec. a.C., livelli d'abitato con ceramica a vernice nera e altra dipinta di II e I sec. a.C., dracme padane) potrebbero aver rappresentato un modello per gli analoghi centri transalpini, tanto più se si ammette che la tipica fortificazione ad aggere derivi in ultima analisi da prototipi italici (O.-H. Frey).
La documentazione relativa alla fine del II e al I sec. a.C. è più abbondante ed è concentrata soprattutto nella Transpadana centrale. Negli ultimi anni si sono avute nuove edizioni di scavi ottocenteschi, pubblicazioni di materiali inediti conservati nei musei e ricerche sul terreno riguardanti prevalentemente necropoli. Tutto ciò ha reso possibile lo sviluppo degli studi in diverse direzioni: da quelle più strettamente legate alla raccolta sistematica di alcune classi di materiali (in particolare le monete, le epigrafi, la ceramica a vernice nera e il vasellame bronzeo, ora prodotti in parte localmente e comunque a Ν dell'Appennino) a quella dell'individuazione dei varî gruppi tribali (attraverso la distribuzione di specifici oggetti del costume, ma anche di determinate forme ceramiche e del rituale funerario); si è affrontato infine il problema dell'organizzazione interna delle comunità.
Mentre continua lo studio delle implicazioni giuridico-amministrative della concessione della cittadinanza di diritto latino ai popoli della Cisalpina, i dati archeologici permettono di evidenziare le differenze esistenti nel processo di romanizzazione, rapido nei centri urbani che acquistano presto un aspetto monumentale, a somiglianza di quelli italici (come nel caso di Brixia, capoluogo dei Cenomani), più lento nelle zone periferiche che rimangono legate alle tradizioni celtiche almeno fino all'età cesariana. I corredi tombali testimoniano il perdurare di ornamenti di carattere locale (fibule «pavesi» in Lomellina, fibule tipo «Ornavasso» in area leponzia e fibule «a scorpione» nell'arco alpino centrale), di forme ceramiche (in particolare vasi a trottola, olle e bicchieri a porta-uovo), di monetazione padana a fianco di quella romana, dell'alfabeto «leponzio». La graduale scomparsa delle spade, sostituite da strumenti da lavoro, nelle tombe maschili, prima nelle zone di pianura e poi anche in quelle prealpine e alpine, è stata considerata indicativa di un cambiamento nell'armamento e nel rituale che riflette un profondo mutamento nell'organizzazione sociale (E. A. Arslan). Solo le popolazioni dell'arco alpino, quali quelle sepolte nelle necropoli di Ornavasso, conservano le tradizioni celtiche fino all'età augustea.
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Germania: A. Haffner, Die westliche Hunsrück-Eifel-Kultur, Berlino 1976; Κ. Bittel e altri (ed.), Die Kelten in Baden Württemberg, Stoccarda 1981; W. Kimmig, Das Kleinaspergle, Stoccarda 1988. - Manching: W. Krämer (ed.), Die Ausgrabungen in Manching, voll. 1-15, Wiesbaden 1968-Stoccarda 1992. - Fellbach-Schmiden: D. Plank, Eine neuentdeckte keltische Viereckschanze in Fellbach-Schmiden, Rems-Murr-Kreis. Vorbericht der Grabungen 1977-1980, in Germania, LX, 1982, p. 105 ss. - Berching-Pollanten: T. Fischer e altri, ibid., LXII, 1984, p. 311 ss. - Heidetränk : C. Schlott, D. R. Spennenmann, ibid., LXIII, 1985, p. 439 ss.
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Grecia: F. Maier, Keltische Altertümer in Griechenland, in Germania, LI, 1973, p. 459 ss.
Europa orientale e Anatolia: AA.VV., L'expansion des Celtes de la Gaule vers l'Orient (DossAParis, 77), Parigi 1983; M. Szabó, Archéologie des Celtes continentaux, in K. H. Schmidt (ed.), Geschichte und Kultur..., cit., p. 57 ss. - Ex-Jugoslavia: M. Güstin, Die Kelten in Jugoslawien, in JbZMusMainz, XXXI, 1984, p. 305 ss. - Boemia: J. Meduna, Die Latènezeitlichen Siedlungen und Gräberfeldern in Mähren, Brno 1980; C. H. Gosden, Bohemian Iron Age Chronologies and the Seriation of Radovesice, in Germania, LXII, 1984, p. 289 ss.; J. Waldauser e altri, Keltische Gräberfelder in Böhmen, in BerRGK, LXVIII, 1987, p. 25 ss. - Ungheria: M. Szabó, Sur les traces des Celtes en Hongrie, Budapest 1971. - Romania: W. L. Zirra, La Tène en Romanie, in Dacia, n.s., XV, 1971, p. 171 ss. - Anatolia: A. MüllerKarpe, Neue galatische Funde aus Anatolien, in IstMitt, XXXVIII, 1988, p. 189 ss.
(G. Bergonzi, P. Piana Agostinetti)