La seconda rivoluzione scientifica: scienze biologiche e medicina. La biologia agricola
La biologia agricola
Lo sviluppo dell'agricoltura tra il XIX e il XX sec. è strettamente legato alla nascita delle due teorie chiave della biologia contemporanea: la teoria dell'evoluzione e la genetica. Nel suo On the origin of species (1859) Charles Darwin attinse largamente alla propria esperienza nel campo dell'allevamento e dell'agricoltura. Pochi decenni più tardi, il tentativo di dare una base scientifica alla riproduzione controllata ‒ allo scopo di migliorarne l'efficienza ‒ ebbe un ruolo decisivo nella fondazione della genetica. Una concezione dell'ereditarietà biologica così dettagliata e 'rigida', caratterizzata da sporadiche mutazioni, spiegava nel modo più efficace i fallimenti e i successi registrati nella riproduzione controllata e negli esperimenti scientifici. A sua volta, la teoria mendeliana dell'ereditarietà, nota anche come genetica classica, rivoluzionò la teoria darwiniana dell'evoluzione per selezione naturale, gettando le basi del neodarwinismo, o teoria sintetica dell'evoluzione. Anche la fisiologia e la biochimica conobbero un rapido sviluppo a partire dalla fine del XIX sec., ed ebbero un forte impatto sull'agricoltura, poiché chiarivano come i processi fisici e chimici degli organismi viventi dipendessero dall'ambiente circostante. Oltre alle conquiste nel campo della riproduzione e della nutrizione, anche l'entomologia, il controllo delle erbe nocive e l'amministrazione dei suoli e delle acque contribuirono all'aumento clamoroso della produzione agricola avvenuto tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo.
Già tra Settecento e Ottocento si era fatto appello alla scienza e alla tecnologia per far fronte alle nuove sfide dell'agricoltura. La rapida crescita della popolazione e delle città che si verificò durante la prima rivoluzione industriale richiese aumenti della produzione alimentare altrettanto rapidi. In Europa centrale e nordoccidentale nacquero i primi istituti di ricerca e formazione professionale basati sulla moderna conoscenza scientifica. Gli sviluppi scientifici e tecnologici, teorici e pratici, andavano di pari passo. Un esempio significativo è la Mährische Gesellschaft für die Verbesserung von Landwirtschaft, Naturwissenschaft und Landeskunde (Società morava per il miglioramento dell'agricolutra, della scienza della Natura e dello studio della Terra), le cui attività dedicate soprattutto all'allevamento ovino fecero da sfondo ai pionieristici esperimenti di Gregor Mendel sull'ibridazione dei piselli. Mendel non era un monaco che sperimentava in solitudine e che era casualmente venuto a conoscenza dei principî della genetica, ma faceva parte di un più ampio sforzo scientifico e tecnologico volto a migliorare l'agricoltura.
Nonostante i notevoli progressi compiuti dall'agricoltura europea, le prospettive per l'alimentazione umana rimanevano grame. Thomas R. Malthus, nel suo Essay on the principle of population, pubblicato per la prima volta nel 1798, enunciò il suo pessimistico principio secondo il quale la popolazione tenderebbe sempre ad aumentare più velocemente del cibo disponibile. La crescita demografica futura sarebbe stata quindi necessariamente limitata da carestie, malattie, guerra e così via.
Alla fine dell'Ottocento, il neomalthusianesimo era diventato una questione politica di primo piano, e le crescenti industrializzazione e urbanizzazione rappresentarono un'ulteriore sfida all'agricoltura. Per affrontare l'emergenza, si tentò di nuovo di scongiurare la minaccia delle carestie per mezzo della scienza e della tecnologia. Questo tentativo ebbe uno sbocco istituzionale nella costruzione, negli ultimi decenni del XIX sec., di una rete internazionale di stazioni sperimentali per l'agricoltura sia nell'Europa centrale e settentrionale sia nell'America Settentrionale. Questo sistema internazionale di ricerca rese possibile il notevole aumento nella produzione agricola mondiale iniziato negli anni Trenta e Quaranta dell'Ottocento. Tuttavia, il timore malthusiano della cosiddetta esplosione della popolazione rimase una questione politica aperta fino alla seconda metà del Novecento. Soltanto con la 'rivoluzione verde', iniziata negli anni Sessanta, tale paura scomparve gradualmente dal panorama politico.
L'aumento della produzione agricola iniziò in Europa tra il XVII e il XVIII sec. e subì un'accelerazione a partire dalla fine dell'Ottocento. Per quanto riguarda l'Inghilterra, le statistiche della produzione di grano, ovvero il prodotto per unità di superficie, sono disponibili sin dal 1250. Nei quattro secoli successivi ci furono poche variazioni, ma dal 1650 in poi si verificò un'accelerazione della crescita prolungatasi fin quasi alla fine del XX sec.: tra il 1650 e il 1980, infatti, la produzione di grano è aumentata complessivamente di dieci volte. Anche per altre colture vi sono stati forti incrementi, sebbene in misura minore.
La produttività animale aumentò nella stessa misura. In Norvegia, per esempio, la produzione annuale di latte vaccino si è decuplicata dal 1550 alla fine del XX sec., passando da 500 kg a 5800 kg. Nello stesso periodo, il peso delle mucche è più che raddoppiato, da 200 kg ca. a 500 kg circa. Come per i cereali, gran parte dell'incremento si è avuto nell'ultimo secolo. Un altro indicatore, il numero di agnelli nati per ogni pecora, è aumentato da 0,39 nel 1900 a 1,46 nel 1997 (Lunden 2002). Aumenti simili, alla metà del Novecento, sono stati dimostrati, per esempio, per il contenuto di grasso del latte, per il peso della lana per pecora e per il numero di uova per gallina. Nei primi quattro decenni del XX sec. il contenuto di grasso del latte di mucche frisone nei Paesi Bassi è aumentato del 20%, e dal 1920 al 1950 l'aumento di produttività per unità di bestiame è stato stimato, negli Stati Uniti, intorno al 50% (Lush 1951).
Durante la prima metà del XX sec., l'aumento della produzione è stato determinato da metodi di coltivazione più efficaci ‒ una migliore gestione dei suoli, della nutrizione delle piante, del controllo delle erbe infestanti e delle malattie ‒ piuttosto che dalla coltivazione di sementi più produttive. Per il periodo compreso tra il 1950 e il 1990, tuttavia, si stima che più del 50% dell'aumento della produzione possa essere ricondotto all'utilizzazione di sementi migliori.
Questo mutamento ha caratterizzato i paesi dotati di un'avanzata scienza agraria come l'Inghilterra, il Canada e la Norvegia, ma è stato persino più evidente nei paesi in via di sviluppo. è difficile stimare sul piano metodologico il contributo fornito dalla riproduzione controllata all'aumento della produzione, a causa della complessa interazione tra diversi fattori. L'introduzione di nuove tecniche contro gli insetti si può basare, per esempio, su nuove varietà vegetali, e per realizzarne interamente il potenziale produttivo è necessario introdurre nuovi metodi di coltivazione. Il mutamento coordinato di numerosi fattori di produzione, che riguarda anche l'organizzazione sociale ed economica, ha caratterizzato la cosiddetta 'rivoluzione verde' del Novecento. Inoltre, non va considerata solamente la quantità dal momento che il miglioramento della qualità del prodotto, come per esempio il contenuto nutrizionale o la qualità del pane, può essere altrettanto importante per il progresso dell'agricoltura.
Per valutare pienamente l'incremento della produttività agricola e il suo impatto sociale è necessario ricordare che l'efficienza del lavoro è aumentata più della crescita della produzione: mentre la produzione complessiva dell'agricoltura in Inghilterra è triplicata dal 1930 ai primi anni Ottanta, la produttività del lavoro è aumentata di dieci volte (Thirtle 1991).
Questi dati, nel loro insieme, descrivono la rapida e radicale trasformazione della società rurale che l'innovazione tecnologica ha provocato nel corso del XX secolo. L'incremento dell'efficienza del lavoro è dovuto allo sviluppo tecnologico generale, all'introduzione di nuovi macchinari e di nuove fonti di energia, oltre che alla nuova organizzazione della società. La conseguenza, com'è noto, è stata la riduzione drastica della percentuale della popolazione impegnata nel settore agricolo.
Questa radicale trasformazione della produzione alimentare e della società rurale, iniziata nei paesi dell'Europa centrale e settentrionale e nell'America Settentrionale alla fine dell'Ottocento, coinvolge ora anche le società agricole tradizionali dell'Asia, in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale. La riproduzione controllata di piante e animali ha giocato un ruolo cruciale in tale sviluppo, tanto da acquisire un significato simbolico. Nell'immaginario collettivo, essa illustra chiaramente come, grazie a scienza e tecnologia, l'uomo abbia assunto il potere sulla Natura, ivi compresa la Natura vivente.
La soluzione dei problemi della medicina, della sanità e dell'ambiente dipende, tanto quanto lo sviluppo dell'agricoltura, dalla conoscenza scientifica di base e dalle scoperte della chimica, della biologia, dell'ecologia e così via.
La selezione di individui con caratteristiche particolari è un metodo antico quanto l'agricoltura e l'allevamento. L'ibridazione ha giocato naturalmente un ruolo nella variazione ereditaria alla base di una selezione efficace e, per ovvie ragioni, come i meccanismi e il numero di fecondazioni, era molto più controllata negli animali che nelle piante. A partire dal Settecento sono stati sviluppati metodi piuttosto sofisticati di allevamento. Uno dei primi esempi fu il successo dell'incrocio tra l'ottima qualità della lana merino degli allevamenti della Spagna meridionale e la robustezza delle pecore svedesi, effettuato da Jonas Alströmer (1685-1761). Nel 1723, Alströmer importò le pecore merino dalla Spagna, incrociandole ripetutamente con una popolazione di pecore svedesi, gettando le basi per la fiorente industria laniera svedese. Più avanti nello stesso secolo, Robert Bakewell (1725-1795) ebbe in Inghilterra un grande successo commerciale con l'uso oculato e sofisticato degli incroci negli ovini e in altri animali domestici.
La nascita della moderna genetica mendeliana fu strettamente legata agli sforzi per l'incremento della produzione agricola, e in particolare dei cereali. Nella seconda metà del XIX sec. lo sviluppo della produzione commerciale di sementi su vasta scala stimolò lo studio scientifico della riproduzione controllata delle piante. Uno dei tre riscopritori delle leggi di Mendel nel 1900 era un selezionatore di piante, l'austriaco Erich Tschermak von Seysenegg (1871-1962); gli altri due, il tedesco Carl Erich Correns (1864-1933) e l'olandese Hugo De Vries (1848-1935), erano botanici interessati al problema teorico della formazione delle specie.
La ricerca di nuovi metodi e tecniche era spesso basata sulla teoria dell'evoluzione delle specie di Darwin, le cui idee sulla variazione si rivelarono invece errate. Storicamente, i selezionatori di piante e animali si erano basati sui cosiddetti 'sports', ovvero sulla comparsa occasionale di esemplari con proprietà speciali e più o meno trasmissibili ereditariamente, che Darwin descrisse in modo esauriente nel suo The variation of animals and plants under domestication del 1875. La sua ipotesi sull'ereditarietà prediligeva una trasformazione graduale, piuttosto che discontinua, e secondo la sua teoria della pangenesi, ogni componente dell'organismo genitore contribuiva alla cellula germinale sotto forma di minute particelle, che egli chiamò pangeni. Tale teoria accettava l'ereditarietà dei caratteri acquisiti, un aspetto, questo, che venne evidenziato ancora di più nelle edizioni successive di On the origin of species.
La teoria di Darwin implicava la variazione continua dell'eredità, con l'unico limite rappresentato dalla funzionalità dell'organismo. Perciò, accoppiando individui caratterizzati da una specifica proprietà si sarebbe potuto aumentare gradualmente il livello medio di quella proprietà nell'intera popolazione. Tale metodo andava sotto il nome di selezione di massa, in opposizione alla riproduzione controllata effettuata a partire da singoli individui, denominata selezione genealogica. Si osservò che, inaspettatamente, la selezione di massa spesso falliva e i discendenti ereditavano il carattere medio dell'intera popolazione genitrice invece di quello dei genitori selezionati; la popolazione si rifiutava di migliorare secondo la teoria ortodossa del darwinismo.
L'Istituto di selezione vegetale di Svalöf, sorto alla fine del XIX sec. nella Svezia meridionale, può essere considerato come modello. Fondato nel 1886 come società cooperativa di produttori di sementi, presto divenne un riferimento mondiale nello sviluppo di nuove metodologie di selezione vegetale. L'attività dell'Istituto di Svalöf fu inizialmente ispirata ai metodi di uno dei più importanti selezionatori di piante, il tedesco Kurt von Rümker (1859-1940). A sua volta, Rümker descriveva il primo direttore di Svalöf come un pioniere nello sviluppo di metodi scientifici sistematici ed esatti nella selezione vegetale, grazie all'introduzione di "misura, numero e peso" (von Rümker 1889).
Tuttavia, i primi risultati ottenuti a Svalöf furono deludenti. La selezione di massa di proprietà come la rigidità del culmo dell'orzo e la resistenza all'inverno da parte delle piante di frumento diede risultati deludenti. Soltanto con l'introduzione della selezione genealogica si ottennero miglioramenti importanti; la selezione di massa fu quindi riservata a casi specifici. Fu, invece, la selezione di singole piante e l'incrocio separato della loro discendenza a rivelarsi la chiave del successo (Roll-Hansen 1990).
Il botanico danese Wilhelm Johannsen (1857-1927), come De Vries, aveva osservato gli scarsi effetti della selezione di massa. Johannsen conosceva bene il lavoro svolto a Svalöf, quando introdusse la distinzione tra genotipo e fenotipo nella teoria genetica che egli espose nel suo classico trattato del 1909, Elemente de Exakten Erblichkeitslehre (Elementi di una teoria esatta dell'eredità). Secondo Johannsen, il genotipo rappresentava la forma ereditaria sottostante che poteva rimanere invariata per generazioni, a parte rare mutazioni; il fenotipo era l'organismo concreto, che risultava dall'interazione tra eredità e ambiente. Lo stesso genotipo potrebbe produrre diversi fenotipi in differenti condizioni ambientali, dal livello del mare alle quote più elevate, con alta o bassa umidità.
La distinzione tra genotipo e fenotipo è un elemento essenziale della genetica mendeliana classica. Insieme all'idea dei fattori ereditari indipendenti, è divenuta il cuore di una concezione dell'eredità biologica fondata su elementi stabili che variano per salti sporadici grazie alle mutazioni. Sul breve periodo, la variazione del genotipo era dovuta soprattutto alla ricombinazione degli elementi attraverso la riproduzione sessuata. Sul lungo periodo, anche le mutazioni negli elementi ereditari diventavano importanti. Per la selezione di piante e animali, l'informazione essenziale era che le varietà nuove possono nascere solamente sulla base di variazioni del genotipo.
Quando Johannsen realizzò il suo classico esperimento di selezione sui fagioli, fu sorpreso dal grado di stabilità ereditaria. Sebbene sapesse da De Vries che la stabilità era molto più elevata di quanto ritenessero i darwiniani ortodossi, egli si aspettava che almeno una parte della variazione ereditaria continua fosse dovuta all'influenza dell'ambiente; ma così non fu. Prima di allora, era stata dimostrata l'esistenza di fattori ereditari stabili soprattutto per caratteri qualitativi come il colore dei fiori e dei semi, la forma delle foglie e così via. Johannsen mostrò che anche caratteri quantitativi come il peso dei semi erano determinati da un genotipo stabile. Queste erano le proprietà che interessavano maggiormente i selezionatori agricoli di cereali, barbabietole da zucchero, polli, vacche e simili. I risultati di Johannsen furono presto confermati da altre osservazioni sia nelle piante sia negli animali. Tali risultati furono estesi dalle piante autofecondanti, cui si riferiva il primo studio di Johannsen da cui mosse la sua teoria della linea pura, all'ibridazione di piante e animali, come il granturco e i polli.
La nuova teoria genetica si affermò in modo particolarmente rapido negli Stati Uniti e in breve tempo furono evidenti le sue numerose applicazioni nel campo della selezione di piante e animali. Lo studio dell'ibridazione del mais da parte di Edward M. East, George H. Shull e Donald F. Jones intorno al 1910 permise l'aumento sbalorditivo dei raccolti di mais ibrido a partire dagli anni Trenta. Analogamente, Raymond Pearl (1879-1940) dimostrò la validità della nuova teoria nei polli e gettò le basi per incrementarne l'allevamento.
Le basi della genetica di popolazioni e della teoria neo-darwiniana dell'evoluzione furono gettate parallelamente dai genetisti americani menzionati in precedenza e da studiosi europei come Herman Nilsson-Ehle (1873-1949) a Svalöf e il suo collega e amico tedesco Erwin Baur (1875-1933). Negli anni Trenta, tali idee ricevettero una formulazione matematica molto più precisa grazie al lavoro, tra gli altri, di John B.S. Haldane, Sewall Wright e Ronald A. Fisher. La genetica di popolazioni divenne uno strumento importante nell'applicazione della genetica classica alla riproduzione di piante e animali e nello sviluppo di una convincente teoria neodarwiniana dell'evoluzione delle specie, la 'nuova sintesi'.
Intorno al 1910 il ruolo di guida della genetica era stato in gran parte assunto dagli zoologi universitari che sperimentavano sul moscerino della frutta Drosophila. Il loro importante risultato fu il chiarimento delle basi citologiche dell'eredità, in particolare con la localizzazione cromosomica dei fattori ereditari, i geni. Tuttavia, l'apporto della pratica agricola alla genetica di popolazioni era ancora molto forte. Nella Bussey Institution presso la Harvard University, la ricerca di genetica teorica e di allevamento e agricoltura era condotta sotto la supervisione di East e William E. Castle, che fornirono alcuni contributi fondamentali rispettivamente alla genetica delle piante e degli animali. East dimostrò l'esistenza degli alleli multipli contemporaneamente a Nilsson-Ehle a Svälof, mentre Castle dimostrò come i complessi effetti della selezione sui colori degli animali potessero essere spiegati in termini mendeliani per mezzo di geni multipli.
L'effetto dell'endogamia rappresentava un tema centrale con importanti implicazioni teoriche e pratiche. Sewall Wright (1889-1988) conseguì il dottorato insieme a Castle nel 1915. Nel decennio successivo lavorò per il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti, sviluppando idee fondamentali per la genetica di popolazioni. Per esempio, il suo metodo di analisi per la stima dell'effetto causale dei fattori genetici nelle popolazioni animali fu un'innovazione fondamentale.
L'endogamia è essenziale per stabilizzare e diffondere le caratteristiche desiderate, ma può essere rischiosa, perché può far emergere fattori recessivi nocivi. L'esogamia, cioè l'incrocio con individui di razze differenti, è essenziale per introdurre geni vantaggiosi in una popolazione. Questi principî erano stati vagamente compresi per molto tempo, ma la nuova genetica mendeliana dava agli allevatori una visione più precisa ed efficace dei metodi pratici. Idee fuorvianti vennero abbandonate, i risultati diventarono più prevedibili e fu possibile un'utilizzazione più efficiente delle risorse (Lush 1951).
Ispirato dal lavoro teorico di Wright, Jay L. Lush (1896-1982) dell'Iowa State College sviluppò negli anni Venti e Trenta il suo classico manuale Animal breeding plans (1937), che definì uno standard mondiale per i decenni successivi, andando incontro a numerose edizioni. Lo Iowa State College ebbe un ruolo per l'allevamento degli animali domestici simile a quello giocato dall'Istituto di Svälof per l'agricoltura nei primi decenni del secolo. Gli impressionanti risultati che la cura sistematica dell'allevamento ebbe sugli animali domestici, sia in America Settentrionale sia in Europa, nei successivi decenni del XX sec. si basavano sulle applicazioni di Lush delle teorie di Wright. Negli anni Settanta, gli allevatori norvegesi estesero gli stessi principî ai pesci, dando vita al moderno allevamento di trote e salmoni.
L'efficienza dei metodi di Wright e di Lush aumentò notevolmente con lo sviluppo delle tecniche di fecondazione artificiale, che resero possibile fecondare grandi popolazioni con un ristretto numero di maschi selezionati. Questo metodo fu oggetto di studio in Unione Sovietica nel periodo tra le due guerre, ma divenne d'uso comune in Europa e in America soltanto dopo la Seconda guerra mondiale.
Sia sul piano della teoria generale sia su quello della riproduzione controllata, vi fu una continua opposizione alla genetica mendeliana classica, fondata su variazioni continue della base ereditaria (il genotipo) e non solo del fenotipo dell'organismo. Spesso, si attribuiva un ruolo fondamentale all'ambiente come causa di mutazioni genetiche dirette. Mentre alcuni mendeliani tendevano ad attribuire ai soli geni la determinazione dei tratti fenotipici, altri, più radicali, sottolineavano che l'ereditarietà e l'ambiente sono ugualmente importanti nella formazione dell'organismo.
I sostenitori della teoria biometrica dell'eredità, ispirata dal darwinismo classico e propugnata dallo statistico Karl Pearson (1857-1936), non avrebbero accettato l'esistenza di un genotipo stabile soggiacente. Il genotipo avrebbe potuto essere una promettente ipotesi in alcune analisi di dati sperimentali, ma l'idea che esso descrivesse un'importante realtà microscopica era contraria alla loro radicale epistemologia empiristica. I biometrici come Pearson sostenevano variazioni continue dell'eredità, come era possibile osservare in Natura. I critici neolamarckiani si distinguevano in quanto convinti che l'ambiente avesse un effetto diretto sui geni. Secondo loro, l'ambiente non soltanto selezionava le variazioni ereditarie, ma contribuiva attivamente alla loro formazione. La biometrica era abbastanza compatibile e facilmente integrabile con una posizione neolamarckiana. Soltanto negli anni Quaranta la nuova sintesi, che univa l'evoluzione per selezione naturale e i geni stabili mendeliani, fu universalmente accettata dalla biologia.
Mentre la teoria mendeliana rappresentava il risultato di ricerche scientifiche specialistiche, quella lamarckiana corrispondeva a una visione popolare tradizionale dell'eredità biologica nell'uomo e negli altri organismi viventi. Essa affascinava i selezionatori dotati di una scarsa preparazione teorica in biologia; l'americano Luther Burbank (1949-1926) e il russo Ivan V. Michurin (1855-1935) ne sono tipici esempi. Nell'allevamento, la resistenza alle idee della genetica classica era ancora maggiore. Una chiara distinzione tra l'eredità genetica (il genotipo) e l'aspetto degli individui (il fenotipo) era essenziale per sbrogliare il coacervo di regole oscure nonché contraddittorie dell'allevamento tradizionale. In combinazione con le intuizioni della segregazione mendeliana, questa distinzione rese più chiaro l'uso tanto del pedigree quanto della progenie per valutare il valore d'allevamento degli individui, rendendo possibile gestire i geni recessivi letali o nocivi.
Ancora negli anni Venti e Trenta molti genetisti di primo piano, soprattutto in Europa, dubitavano della validità generale della genetica mendeliana classica e della teoria cromosomica, a essa strettamente associata. Secondo loro, il nucleo cellulare non possedeva quel ruolo determinante nell'eredità che i teorici dei cromosomi gli attribuivano; era piuttosto il citoplasma, oppure l'intera cellula, la sede di importanti fattori ereditari, come quelli che determinano le differenze tra le specie.
Alcuni biologi, fino agli anni Trenta e Quaranta del Novecento, sostennero che la genetica mendeliana fosse incompatibile sia con l'evoluzione delle specie sia con lo sviluppo degli organismi individuali. Il concetto dei geni stabili fu semplicemente una versione moderna del preformismo, secondo il quale nella cellula germinale si trovava un modello in miniatura o una copia dell'organismo adulto. Questi studiosi respingevano l'approccio 'meccanicistico' alla biologia in favore di una visione 'organismica', secondo la quale gli organismi viventi devono essere considerati nella loro interezza e il loro comportamento non può essere spiegato a partire dalle proprietà e dalle relazioni tra le sue sole componenti chimiche (Woodger 1948).
Date le premesse scientifiche e culturali, non sorprende che molti selezionatori diffidassero della validità generale della genetica mendeliana e dei principî della selezione che ne discendevano. Questa fu la posizione dominante sia in Germania sia in Inghilterra. La riproduzione controllata delle piante era considerata più un'arte che una scienza, come sostenne Frank Engledow (1890-1985), professore di riproduzione vegetale alla Cambridge University, nel 1931. Secondo Engledow la genetica aveva stimolato il selezionatore e modificato il suo atteggiamento, tuttavia non aveva ancora prodotto alcun metodo sostanzialmente nuovo. Egli, mettendo in discussione la stabilità delle linee pure e dei geni, suggeriva che questi potevano essere influenzabili dall'ambiente esterno più di quanto prevedeva la genetica classica.
Lo scetticismo anglosassone nei confronti della genetica mendeliana era in parte dovuto ai deludenti tentativi di riproduzione scientifica delle piante. Le speranze di ottenere varietà sensibilmente migliori, che qualcuno coltivava dopo la riscoperta nel 1900 delle leggi di Mendel, non si erano mai realizzate. I principali selezionatori europei, per esempio in Svezia e Germania, giudicavano in maniera più benevola il ruolo della genetica mendeliana. Probabilmente questo si spiega con i migliori risultati ottenuti in Europa continentale dalla selezione per ibridazione e da quella genealogica rispetto all'Inghilterra.
In Svezia, per esempio, l'ibridazione produsse rapidamente nuove varietà di cereali di pregio; questo metodo fu sviluppato intorno al 1910 all'Istituto di Svalöf da Nilsson-Ehle in stretta collaborazione con Baur in Germania. Si potrebbe ritenere che nel nord dell'Europa continentale si siano ottenuti risultati migliori, dal momento che in Inghilterra il potenziale di ricombinazione era stato in gran parte esaurito dai selezionatori del XIX sec. con metodi meno sofisticati sul piano teorico ma efficaci nel lungo periodo.
Nel 1840, Justus von Liebig pubblicava il suo importante trattato intitolato Die Chemie in ihrer Anwendung auf Agrikultur und Physiologie (La chimica organica e le sue applicazioni all'agricoltura e alla fisiologia). Si trattava di un grandioso lavoro di sintesi, basato sulle scoperte realizzate nell'ambito della ricerca agraria e chimica nei decenni precedenti, che includeva la conoscenza dei meccanismi chimici e fisiologici negli organismi viventi come, per esempio, la composizione chimica di vari tessuti organici, il trasporto interno degli zuccheri nell'organismo, la trasformazione di tali sostanze organiche attraverso la fermentazione e altri processi chimici, il ruolo nutritivo di carbonio, acqua, azoto, fosforo, potassio e così via. In poche parole, era una versione primitiva della chimica biologica, destinata nel secolo seguente ad avere una profonda influenza su agricoltura, medicina e altre branche applicate della biologia. L'impatto immediato del trattato di Liebig fu dovuto però alle sue teorie sui nutrienti delle piante, tra i quali l'azoto occupava una posizione centrale; l'ammoniaca ne era la fonte, ma costituiva solo una frazione del fabbisogno totale. Non era chiaro, tuttavia, quali fossero le altre fonti e come potessero essere potenziate. Nel 1842, pubblicò una seconda opera dedicata specificamente ai processi chimici negli animali, Die Tierchemìe oder organische Chemie in ihrer Anwendung auf Physiologie und Pathologie (La chimica animale o chimica organica nelle sue applicazioni alla fisiologia e alla patologia).
Liebig incontrò diversi problemi nel tentativo di introdurre fertilizzanti minerali artificiali per integrare o sostituire il letame e altri fertilizzanti naturali. Occorrevano metodi efficaci per applicare il fertilizzante al suolo, e il costo di tali prodotti era troppo elevato rispetto all'incremento della produzione che riuscivano a garantire. Nel 1862, Liebig pubblicò la settima e ultima edizione del suo trattato, che raccoglieva i progressi teorici e pratici realizzati in due decenni di lavoro intenso nella chimica agricola. Le sue teorie erano ancora molto discusse e contraddette da numerosi risultati sperimentali. Tuttavia, a posteriori, è evidente che Liebig riuscì a trasformare con successo la teoria sulla nutrizione delle piante. Prima del 1840 era dominante l'idea che sia le piante sia gli animali si nutrissero di materiale organico disponibile in Natura. Dopo questa data, la teoria della nutrizione inorganica, che identifica i nutrienti nel biossido di carbonio presente nell'aria, nell'acqua e nei minerali del suolo, fu generalmente accettata dalla comunità scientifica.
Alla fine del secolo, i fertilizzanti minerali più o meno artificiali erano impiegati in abbondanza. La fonte di fosforo più importante era il perfosfato, ottenuto solubilizzando il fosfato con acido solforico; il potassio proveniva da diversi sottoprodotti dell'industria chimica. L'azoto, tuttavia, era l'elemento più importante e il maggior limite alla produzione vegetale. Le fonti principali di azoto erano il guano e il salnitro, abbondanti nelle regioni desertiche del Cile; era dunque necessario un metodo economicamente conveniente per estrarre azoto dall'aria e migliorare i sistemi agricoli ad alta produttività con l'uso intensivo di fertilizzanti artificiali; tale obiettivo fu realizzato soltanto intorno al 1910.
A cavallo tra Ottocento e Novecento, lo studio del ciclo biologico dell'azoto era l'oggetto principale della ricerca biologica e agricola. Furono scoperti e misurati diversi sistemi per estrarre l'azoto gassoso atmosferico e renderlo disponibile per le piante; si trattava di una questione cruciale per le future disponibilità alimentari dell'umanità. Si ebbero parziali progressi nella manipolazione e nella stimolazione dell'attività di batteri e funghi nel terreno e nelle radici delle piante, per esempio attraverso la rotazione delle colture utilizzando le leguminose. Oltre al fabbisogno legato ai fertilizzanti, vi era una forte richiesta di azoto per gli esplosivi. Il patrimonio che Alfred Nobel (1833-1896) stanziò nel 1885 per il premio Nobel proveniva dall'invenzione della dinamite, il cui componente attivo era la nitroglicerina.
Nel 1905, il chimico tedesco Fritz Haber con la pubblicazione di Thermodynamik technischer Gasreaktionen (Termodinamica delle reazioni gassose di importanza tecnica) rendeva nota la sua scoperta di un processo di sintesi per la produzione di ammoniaca a partire dai suoi costituenti di base, azoto e idrogeno. Negli anni immediatamente precedenti la Prima guerra mondiale, tale scoperta si tradusse in un procedimento industriale di produzione di ammoniaca. Secondo alcuni, tale metodo prolungò considerevolmente la guerra, poiché fornì nuove fonti di azoto all'industria militare tedesca. Tuttavia, esso rappresentava anche una fonte di azoto utilizzabile per i fertilizzanti e presto divenne il metodo impiegato abitualmente nella produzione dei fertilizzanti artificiali, in rapida crescita.
Nel 1918 gli fu assegnato il premio Nobel per la chimica per aver contribuito, grazie al suo metodo di estrazione dell'azoto atmosferico, all'incremento della produzione agricola. Ciò andava nella direzione indicata da Nobel stesso, secondo cui i riconoscimenti scientifici dovevano premiare le scoperte e le invenzioni che recavano beneficio all'umanità. Sebbene anche l'industria delle armi ne traesse evidente vantaggio, il contributo potenziale alla futura produzione agricola era grande. Ciò fu ampiamente sottolineato nel discorso di presentazione del presidente dell'Accademia delle Scienze svedese il quale, premettendo che l'esperienza aveva dimostrato che l'agricoltura intensiva non poteva essere mantenuta senza fertilizzanti artificiali a base di azoto e prevedendo che il salnitro cileno si sarebbe presto esaurito, definì quello di Haber come il metodo industriale più promettente per estrarre l'azoto dall'atmosfera.
Dopo la Prima guerra mondiale, l'uso di fertilizzanti artificiali aumentò rapidamente nei paesi industrializzati, contribuendo notevolmente alla crescita della produzione soprattutto nell'agricoltura intensiva tipica dell'Europa nordoccidentale. Soltanto con la rivoluzione verde, dopo la Seconda guerra mondiale, l'uso estensivo dei fertilizzanti chimici si diffuse nei paesi asiatici in via di sviluppo.
La scoperta di diverse vitamine suscitò un grande interesse nei primi decenni del XX secolo. Queste sostanze ebbero un ruolo molto importante nella medicina umana ‒ poiché permisero di prevenire o curare piaghe antiche come lo scorbuto o il più recente beri-beri ‒ e contribuirono a migliorare l'alimentazione animale. Le nuove conoscenze riguardo le vitamine e altri componenti nutritivi essenziali ebbero invece uno scarso impatto diretto sulla produttività delle piante poiché, perlopiù, esse erano in grado di produrre tutte le sostanze chimiche necessarie a partire dai minerali. Tuttavia, indirettamente, la conoscenza del fabbisogno degli animali e degli esseri umani fu importante nell'individuazione delle proprietà chimiche da selezionare nelle sementi.
Un altro aspetto dei grandi progressi compiuti dalla biochimica dell'inizio del XX sec. fu la scoperta degli ormoni, sostanze chimiche che regolano lo sviluppo e le funzioni individuali, come per esempio la crescita e lo sviluppo dei caratteri sessuali. Negli anni Venti e Trenta gli ormoni suscitarono molto interesse negli studiosi di piante e animali. Attualmente, l'impiego di ormoni specifici nell'allevamento, per esempio per stimolare la produzione di latte e carne, è oggetto di discussione.
L'applicazione esterna di ormoni per controllare la crescita e lo sviluppo ha avuto una scarsa influenza sulla produzione agricola su larga scala. In generale, alle piante è dedicata una minore attenzione rispetto agli animali, a causa dell'estensione delle piantagioni e del costo necessario alla somministrazione dei trattamenti. Ciò vale per le colture alimentari dominanti come il grano, il riso, il mais, la canapa, i semi per la produzione di olio e così via. L'orticoltura, ossia la produzione di fiori e di verdura, è più intensiva e le problematiche sono conseguentemente diverse.
La conoscenza sempre più sofisticata e precisa degli ormoni, del fabbisogno nutrizionale e del metabolismo di piante, animali ed esseri umani rese evidente la natura olistica dello sviluppo agricolo. Le piante, gli animali, i suoli e i consumatori umani, così come il raccolto, la conservazione e la lavorazione del cibo, dovevano essere interpretati come un sistema strettamente interconnesso. Il miglioramento di un fattore non poteva essere valutato senza considerare gli effetti sul resto del sistema. Più aumentava la conoscenza delle parti, più occorreva considerare i legami causali e le interazioni; la teoria economica ha rappresentato un'importante cornice per la gestione dell'intero sistema.
Il potere delle idee economiche e di quelle politiche non è una novità in agricoltura. La teoria economica fisiocratica del XVIII sec. rifletteva lo sforzo parallelo di applicare la biologia e altre scienze naturali allo sviluppo della scienza agricola e della tecnologia. Non a caso, nella seconda metà del Settecento molte cattedre universitarie di economia e storia naturale furono istituite nel nord Europa. La storia naturale di interesse economico comprendeva la geologia e lo studio di piante e animali.
Lo stretto legame tra scienze naturali ed economia è illustrato, per esempio, dal fondatore della sistematica e tassonomia biologica moderna, Linneo (Carl von Linné, 1707-1778), molto interessato alle problematiche legate all'agricoltura. Il suo Systema naturae (1735) mirava proprio a rendere le risorse naturali più facilmente accessibili allo sfruttamento economico. Albrecht Daniel Thaer (1752-1828), il fondatore della scienza agricola in Germania, univa le teorie fisiocratiche sull'importanza delle risorse naturali e l'accento posto da Adam Smith (1723-1790) sul lavoro umano come fonte del reddito. Le idee di Thaer furono presentate nel suo importante trattato Grundsätze der rationellen Landwirtschaft (Fondamenti dell'agricoltura razionale), pubblicato in quattro volumi negli anni 1809-1812.
Un secolo dopo, la teoria è ancora fortemente ispirata da moventi economici; la voce 'Agricoltura' nell'edizione del 1911 dell'Encyclopaedia Britannica è impostata sull'economia del commercio e della produzione. Le questioni legate alle risorse naturali, alla crescita delle piante e all'allevamento, all'ereditarietà e alla selezione di nuove varietà e razze hanno un ruolo secondario e più o meno strumentale. Le scienze naturali soddisfacevano obiettivi stabiliti in termini economici e culturali e avevano poca influenza sulla loro formazione.
Nei primi due decenni del Novecento si è tuttavia verificato un notevole mutamento; l'influenza culturale di una visione del mondo fondata sulle scienze naturali è aumentata, favorendo la diffusione di utopie ‒ e distopie ‒ biologiche basate sulle nuove teorie dell'evoluzione e dell'ereditarietà. Le idee delle scienze naturali d'avanguardia divengono i principî guida per le politiche di modernizzazione di importanti settori della società, come l'industria, la sanità e l'agricoltura.
La tendenza verso un maggior intervento dello Stato e una pianificazione centralizzata in favore della popolazione, intrapresi da governi nazionali forti, caratterizzeranno la successiva metà del secolo, insieme alla forte fiducia nella scienza basata sui recenti successi delle scienze naturali, considerata capace di guidare gli obiettivi politici e di fornire anche i mezzi per raggiungerli. Il XX sec. fu così un periodo di violenti conflitti politici ispirati da ideologie ma, anche, di radicale innovazione sociale e tecnologica. Il progresso più spettacolare della tecnologia si dispiegò durante le grandi guerre, ma creò anche le premesse per un miglioramento del benessere materiale dell'umanità senza precedenti.
Il sistema sociale ed economico sviluppato in Unione Sovietica dopo la rivoluzione del 1917 rappresentò un ambizioso tentativo di costruire una nuova società basata sulla scienza. Tuttavia, l'Unione Sovietica era un paese rurale sottosviluppato rispetto all'Europa occidentale e all'America Settentrionale. La generale modernizzazione del paese dipendeva dalla trasformazione della sua agricoltura e il nuovo regime bolscevico dedicò ingenti risorse alla scienza agricola; tale processo era già iniziato prima della Grande guerra. Il regime zarista aveva già costruito un sistema di stazioni sperimentali e altre istituzioni agrarie per la ricerca e l'istruzione superiore, sulla stessa linea dell'Europa occidentale e dell'America Settentrionale. I bolscevichi ereditarono dal vecchio regime una rete alquanto avanzata di istituzioni scientifiche e un buon numero di scienziati ben istruiti che erano all'avanguardia nella scienza agricola contemporanea di livello internazionale; esistevano inoltre progetti ambiziosi per lo sviluppo futuro di tale sistema di ricerca.
Il regime bolscevico attribuiva alla ricerca scientifica un ruolo centrale nell'aumento della produzione e nel miglioramento del prodotto, considerandola lo strumento per incrementare la forza lavoro, mettendo a disposizione più risorse per l'industria. L'America era di grande esempio e i bolscevichi puntavano a ottenere di più attraverso la pianificazione centrale e il supporto pubblico su larga scala alla ricerca scientifica e allo sviluppo tecnologico.
Lo sviluppo impressionante della scienza agricola nei primi due decenni del regime bolscevico provocò ammirazione e notevole invidia tra i colleghi occidentali. Tuttavia negli anni Trenta gli effetti della standardizzazione culturale ed economica e della normalizzazione forzata mediante il terrore politico stavano indebolendo la creatività. A causa di particolari conflitti ideologici e degli effetti sociali catastrofici della collettivizzazione, l'agricoltura fu colpita più duramente rispetto ad altri settori della ricerca e dello sviluppo.
Verso la metà degli anni Trenta, l'Unione Sovietica aveva costruito un impero di ricerca agricola che superava America ed Europa occidentale per numero di scienziati e di stazioni sperimentali; lo stesso Lenin fu tra gli entusiasti promotori di tale espansione e, dopo la sua morte, l'Accademia delle scienze agricole, l'istituzione organizzativa centrale, portò il suo nome.
Nel 1920 Nikolaj Vavilov (1887-1943) era stato reclutato per dirigere l'introduzione di nuove piante importate da altri paesi e la selezione di nuove varietà. Egli costruì il famoso Istituto per l'industria vegetale (VIR) di San Pietroburgo e presto emerse come il dirigente e il promotore principale della ricerca agricola generale, con eccellenti contatti con il governo. Nel 1929 divenne presidente dell'Accademia Lenin. Vavilov era uno esperto di sistematica, genetica e storia delle piante coltivate; il suo contributo teorico più noto è probabilmente la teoria dei centri geografici per l'origine delle piante coltivate. Egli guidò numerose spedizioni in varie regioni del mondo per raccogliere piante coltivate e specie selvatiche per selezionarle. La cosiddetta Collezione mondiale di piante fu un suo progetto personale e rappresentò il cuore delle attività dell'Istituto per l'industria vegetale. Fu un'innovazione di primaria importanza: si trattava della prima banca genetica su scala mondiale e rappresentò un modello per le banche genetiche successive. Vavilov fu anche uno scienziato dalla conoscenza enciclopedica di ogni branca della biologia ed ebbe grande influenza come maestro, fonte di ispirazione e organizzatore di un grandioso sistema di ricerca agricola.
Lo sfruttamento pratico del materiale genetico raccolto richiese più tempo del previsto ai pionieri della selezione delle piante. La stessa esperienza toccò non solo a Vavilov, ma anche ai selezionatori di piante nella maggior parte dei paesi. L'Unione Sovietica sentiva la pressione di un'imminente guerra contro fascismo e capitalismo. I dirigenti politici, stanchi delle promesse di Vavilov e dei suoi colleghi, appoggiarono altri progetti scientifici che in apparenza sembravano più promettenti. Nella turbolenta situazione sociale e politica, politici e amministratori si rendevano difficilmente conto che alcune di quelle promesse erano piuttosto frutto di propaganda mediatica e che i progetti non erano scientificamente solidi.
L'esempio più celebre di tali illusorie promesse fu la scuola di agrobiologia capeggiata da Trofim Denisovič Lysenko (1898-1976), un agronomo dotato di scarsa istruzione e di una formazione scientifica approssimativa, ma con un atteggiamento e un passato contadini politicamente corretti. Nel 1927, la "Pravda" lo presentò come un vero 'scienziato proletario'. Non v'è ragione di dubitare della sua originale buona fede; la sua colpa non fu l'opportunismo, ma piuttosto l'eccessiva e ingenua fede nella scienza e nelle proprie teorie. Qualche esperimento riuscito fu considerato sufficiente per dimostrare la correttezza della teoria. Non era molto coinvolto ideologicamente o politicamente e non divenne mai membro del partito comunista. Tuttavia, la scarsa base teorica e la mancanza di quello scetticismo professionale che si può essere appreso soltanto attraverso un rigoroso addestramento e apprendistato scientifico, lo resero facile preda della corruzione della celebrità e della politica.
Tra le più note teorie di Lysenko figurava una posizione neolamarckiana sull'ereditarietà che implicava la mutazione diretta grazie all'adattamento dell'organismo all'ambiente. La sua teoria portò alla messa al bando ufficiale dell'insegnamento e della ricerca in genetica classica, che durò dal 1948 fino alla metà degli anni Sessanta. Fu proprio in quel periodo che la genetica classica maturò e divenne efficace nella riproduzione controllata di piante e animali. Fu anche il periodo in cui si mossero i primi passi verso la nuova era della genetica molecolare.
Le autorità sovietiche tentarono però di vincolare la teoria biologica a determinate idee in nome del progresso sociale e politico; molti scienziati importanti, sia sovietici sia stranieri, protestarono. Stalin e la sua classe dirigente, come Lysenko, si fidavano del proprio giudizio scientifico. Secondo la loro opinione, le prove disponibili erano in favore di Lysenko. La decisione trovava un sostegno nel pragmatico principio epistemico marxiano secondo il quale la verità di una teoria è dimostrata dal successo nell'applicazione pratica, il cosiddetto criterio pratico di verità. La preferenza sovietica per il lysenkoismo nei confronti della genetica classica fu quindi una sorta di superstizione scientifica, e non una reazione contro la razionalità della scienza, che è più comprensibile se la si considera un effetto della cieca fiducia nella razionalità scientifica, piuttosto che una reazione contro di essa. In ogni caso, la conseguenza fu un grave fallimento della biologia e della scienza agricola in Unione Sovietica con effetti negativi a lungo termine sulle pratiche agricole, sulla medicina e su altri campi della tecnologia biologica.
La storia del lysenkoismo viene spesso raccontata come una lotta tra la politica, considerata come il male, e la scienza, ovvero il bene. La biografia di Vavilov invece descrive un'interazione più complessa tra scienza e politica. Tra la fine degli anni Venti e l'inizio dei Trenta, Vavilov fu il capo di Lysenko. Altri importanti scienziati sovietici giudicarono interessanti e fecondi gli esperimenti e le idee di Lysenko, sebbene spesso li ritenessero deboli dal punto di vista teorico. In particolare, il lavoro di Lysenko riguardante gli effetti delle basse temperature sullo sviluppo e sulla fioritura nel grano e in altre piante attirò interesse oltre i confini nazionali. Il termine vernalizzazione fu coniato da Lysenko ed è tuttora centrale in quest'area della fisiologia vegetale. Vavilov fu lo scienziato anziano che appoggiò Lysenko presso il ministero dell'Agricoltura in favore della sua nomina nelle accademie scientifiche e fino al 1936 lo difese contro i suoi oppositori nella comunità scientifica sovietica. Tuttavia in quel periodo divenne chiaro che il principale avversario di Lysenko era proprio Vavilov, che probabilmente avrebbe potuto fermarlo prima che fosse troppo tardi. Il terrore della metà degli anni Trenta eliminò numerosi moderati e spianò a Lysenko la strada verso la posizione più alta di presidente dell'Accademia Lenin, nel 1938. Vavilov e i suoi istituti furono ostacolati. Nel 1940 egli fu arrestato con l'accusa di spionaggio al servizio di paesi stranieri e morì in prigione nel 1943, martire simbolo della genetica e vittima di un processo che egli stesso aveva appoggiato senza prevedere che il sostegno al giovane entusiasta ma poco preparato Lysenko avrebbe avuto simili conseguenze.
Come ricordato in precedenza, a partire dal XVII sec. la produzione agricola mondiale è aumentata in modo considerevole, grazie all'uso di nuove tecniche per migliorare l'agricoltura. Dalla fine dell'Ottocento, questa crescita ha subito un'accelerazione ed è culminata in un sorprendente incremento della produzione alimentare mondiale durante la seconda metà del XX secolo. Fino al 1950 ca. i progressi erano stati irregolari; tuttavia, alcuni successi suggerivano grandi speranze per il futuro. Gli scienziati dell'Istituto di Svalöf calcolarono che tra il 1890 e il 1950 la produzione di frumento svedese era aumentata del 50 %, ed era raddoppiata quella di grano invernale, la varietà di grano selezionata nel modo più intensivo. La metà dell'aumento, si stimò, era dovuta alla migliore materia prima vegetale.
Mentre le nuove varietà dell'inizio del XX sec. erano soprattutto il risultato della selezione a partire da individui promettenti provenienti dalle cosiddette 'razze di terra', l'ibridazione pianificata per combinare o aumentare le qualità richieste stava lentamente iniziando a dare i suoi frutti. Tale ricombinazione genetica pianificata per mezzo dell'ibridazione era un obiettivo sin dalla riscoperta delle leggi di Mendel nel 1900. Nilsson-Ehle aveva annunciato qualche successo a Svalöf nei primi due decenni del XX sec., mentre il decano della selezione del grano inglese, il professor Engledow, si scontrò con la difficoltà dell'impresa fino agli anni Trenta. Nel 1931 Engledow dichiarò rassegnato che la necessaria determinazione dei fattori genetici superava ciò che era in quel momento concepibile e mancava di ogni valore pratico, tenendo conto che le piante devono essere coltivate su suoli che sono troppo variabili persino in una sola fattoria, soggetti stagionalmente a condizioni diverse.
Tuttavia, dall'inizio degli anni Trenta un particolare metodo basato sulla cosiddetta eterosi degli ibridi stava dando risultati positivi negli Stati Uniti. L'eterosi è un fenomeno osservato talvolta quando varietà o specie strettamente correlate vengono incrociate: gli ibridi sono più vigorosi, resistenti e produttivi rispetto alle razze da cui derivano. Come già detto, intorno al 1910 Shull aveva dimostrato che selezionando e incrociando linee pure di mais si potevano ottenere produzioni superiori alle migliori varietà in uso. L'idea fu trasformata in un metodo di doppio incrocio, cioè di incrocio di due diversi ibridi primari, che conferiva una maggiore robustezza ed era anche molto più efficace nella produzione di sementi di grano. Nel 1933 il granturco ibrido fu introdotto in agricoltura su larga scala e i raccolti medi e la produzione totale aumentarono velocemente. Il mais ibrido veniva pubblicizzato come esempio del fondamentale contributo della selezione delle piante alla produzione alimentare. Grazie al rapido aumento della produzione americana di mais, fu possibile mettere al sicuro l'Europa, se non l'intera popolazione mondiale, nel corso della Seconda guerra mondiale e nel difficile dopoguerra (Dunn 1951). La rapida crescita dei raccolti di mais ibrido continuava; negli Stati Uniti, nei cinquant'anni che vanno dal 1930 al 1980, la produzione quadruplicò.
Gli storici hanno evidenziato il grande impatto della nuova tecnologia sulle condizioni economiche e sociali della popolazione rurale. Con le varietà tradizionali, i coltivatori potevano produrre le proprie sementi semplicemente usando una parte della produzione convenzionale. Ora, invece, i semi dovevano essere prodotti attraverso una speciale procedura, che consisteva dapprima in una complicata selezione per varie generazioni e poi in un'ibridazione tecnologicamente controllata delle piante che altrimenti si sarebbero riprodotte in maniera promiscua. Il coltivatore da solo non avrebbe potuto fare ciò e le società di sementi acquisirono un ruolo determinante nell'economia rurale. Insieme ad altre tecnologie di produzione e trattamento dei prodotti agricoli, tale mutamento nella produzione di sementi, causato dalla ricerca nella selezione delle piante, creò le premesse per l'estinzione della piccola agricoltura e la nascita del capitalismo agricolo. Questo cambiamento nella società rurale si diffuse dagli Stati Uniti ad altre parti del mondo; attualmente rappresenta un aspetto aspramente dibattuto della cosiddetta 'rivoluzione verde' nei paesi in via di sviluppo.
L'eterosi è stata osservata sia nelle piante sia negli animali. Un esempio interessante per il settore animale è l'industria americana del pollo. Questi animali sono utilizzati per esperimenti controllati e per una produzione industriale fortemente pianificata. Come si è ricordato, la prima dimostrazione della validità della teoria del genotipo fu fornita da Pearl presso la stazione agricola sperimentale di Maine intorno al 1910. L'allevamento dei polli era diventato un mercato importante già negli anni Ottanta del XIX sec., con una produzione in aumento. L'eterosi è stata poco sfruttata dagli allevatori fino agli anni Quaranta del Novecento e solamente nel decennio successivo i polli ibridi furono introdotti su larga scala. L'industria del pollo, delle uova e della carne, è divenuta presto dipendente dallo sfruttamento degli ibridi.
A partire dalla Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno guidato la scienza agricola internazionale, nonché lo sviluppo tecnologico ed economico dell'agricoltura mondiale, giocando un ruolo dominante nella rete di progetti scientifici, tecnologici e commerciali bilaterali e multilaterali che hanno contribuito allo sviluppo generale. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) fu istituita nel 1945 e l'insigne scienziato dell'alimentazione inglese lord John Boyd Orr (1880-1971) ne fu nominato segretario generale.
Sotto gli auspici della FAO, fu gradualmente costruita una rete efficiente di istituti di ricerca per sostenere l'introduzione della selezione e la coltivazione avanzata delle piante nei paesi in via di sviluppo. Boyd Orr si impegnò per la futura pace mondiale, ritenendo che una disponibilità di cibo equa fosse essenziale nella prevenzione di nuovi grandi conflitti. Nel 1946, sotto l'egida FAO, egli organizzò il Consiglio internazionale per l'emergenza alimentare allo scopo di affrontare la crisi alimentare postbellica. Il suo progetto di un piano mondiale permanente per l'alimentazione, gestito da un Comitato mondiale per l'alimentazione, fallì nel 1947 per il mancato supporto di Inghilterra e Stati Uniti. Deluso, abbandonò la FAO nel 1948, ma l'anno seguente ricevette il premio Nobel per la pace.
Le istituzioni filantropiche americane avevano rappresentato un motore importante per la diffusione di scienza e tecnologia agricole nei paesi in via di sviluppo. Nel 1942, la Rockefeller Foundation intraprese un programma di cooperazione agricola con il governo messicano, avviando un progetto di ricerca per migliorare le tecniche di coltivazione di mais, grano, fagioli e patate. Superato lo scetticismo iniziale, esso si rivelò essenziale per il raggiungimento dell'autosufficienza nella produzione di grano che il Messico conseguì alla fine degli anni Cinquanta. Tale risultato positivo fu ottenuto con grandi quantità di fertilizzanti, il cui impiego intensivo aumentò la tendenza delle piante a indebolirsi e decadere. La soluzione consisteva nell'utilizzazione di semi corti e robusti, per cui fu avviata la ricerca di un opportuno gene nano a livello mondiale. Usando una varietà nana proveniente dal Giappone, nel 1961 il grano nano fu creato e introdotto in Messico; questo tipo di coltivazione si diffuse in breve tempo nei paesi asiatici, come Pakistan, India e Irak.
Il genetista vegetale Norman E. Borlaug a partire dal 1944, in Messico, collaborò con la Rockefeller Foundation, giocando un ruolo importante nel programma sul grano, in particolare per lo sviluppo dei grani nani e per il trasferimento di queste tecnologie in Asia. Per questi contributi, Borlaug ricevette nel 1970 il premio Nobel per la pace; per la prima volta questo tipo di riconoscimento fu assegnato per i contributi di natura scientifica e tecnologica. Anche Boyd Orr fu uno scienziato di primo piano dotato di un'ottima conoscenza degli aspetti tecnici del proprio campo di ricerca, tuttavia divenne famoso come figura pubblica attiva nella politica internazionale contro la fame e per la pace. Più di Borlaug, egli incarnava la tradizione umanitaria; si potrebbe forse dire che Borlaug ricevette il premio Nobel per la pace per l'impossibilità di attribuirgli premi scientifici. In ogni caso, questo tipo di riconoscimento dimostra il prestigio di cui godevano le scienze naturali alla metà del XX secolo. Negli ultimi decenni il prestigio della biologia agricola è molto diminuito probabilmente perché il problema dell'alimentazione e la minaccia di carestie estese dovute a un crescente gap malthusiano sono stati apparentemente scongiurati, almeno per il momento. Attualmente, la capacità di distribuire cibo sembra un problema maggiore della possibilità di produrlo. Di conseguenza, l'interesse si è spostato dalle scienze naturali a quelle sociali; tuttavia la povertà e l'alimentazione rimangono un tema politico così importante da meritare l'assegnazione di premi Nobel.
Nel 1979, il premio Nobel per l'economia fu assegnato a Theodore W. Schultz per le sue ricerche pionieristiche sullo sviluppo economico, basato sull'agricoltura, nei paesi poveri. Il ruolo del capitale intellettuale e della ricerca scientifica è stato uno dei principali temi da lui trattati. Nel discorso tenuto in occasione della sua premiazione sottolineò l'importanza della ricerca nella trasformazione dell'agricoltura tradizionale. Egli pensava soprattutto all'India, in cui le spese per la ricerca agricola nel periodo compreso tra il 1950 e il 1968 erano più che triplicate. Allo stesso tempo l'analisi economica mostrava che il guadagno assicurato da tale investimento era del 40 % ca. (Evenson 1975), un livello difficilmente eguagliabile.
Non c'è ragione di credere che gli elevati guadagni della ricerca biologica e agricola della seconda metà del XX sec. possano essere proiettati nel futuro. Probabilmente, i rapidi progressi della biologia del secolo precedente, mai applicati nella maggior parte dell'agricoltura mondiale, costituirono un'occasione irripetibile. La selezione basata sulla genetica classica ha ormai espresso quasi del tutto il suo potenziale di miglioramento, compatibilmente con la sostenibilità di organismi e sistemi agricoli. Tuttavia, è mutata anche la situazione economica e politica. Per il prossimo futuro, il problema più urgente non è l'aumento della produzione, quanto una sua più equa distribuzione. È significativo che il premio Nobel per l'economia del 1998 sia stato attribuito all'indiano Amartya Sen per i suoi contributi ai principî dello stato sociale. In un suo importante lavoro, Poverty and famines: an essay on entitlement and deprivation (1981), ha messo in discussione l'opinione tradizionale secondo la quale la scarsità di cibo rappresenta la spiegazione più importante delle carestie. Sen sostiene l'importanza dell'analisi di come i vari fattori sociali ed economici determinino le opportunità di diversi gruppi; è probabile che la situazione sia mutata radicalmente nell'ultimo quarto di secolo. La rivoluzione verde ha introdotto nuove sfide nel mirino dei politici; rimane da vedere se le scienze sociali saranno in grado di raccogliere la sfida come la biologia agricola ha fatto in passato. È una valutazione dubbiosa: cambiare il mondo è, dopo tutto, una questione politica più che scientifica e, forse, è molto più facile focalizzare l'interesse pubblico sull'aumento della produzione piuttosto che su una distribuzione più equa.
La minaccia della fame mondiale che già sembrava imminente a metà del XX sec, per il momento è stata allontanata. Ciò appare, a posteriori, come una delle maggiori imprese della scienza e della tecnologia moderna, resa possibile dall'avanzamento teorico dovuto alla nascita della genetica classica nel primo decennio del secolo. Il cuore di questa teoria era una chiara interpretazione dei geni, ossia dei rigidi e dettagliati fattori ereditari; e questo concetto di gene, come fu chiamato da Johannsen nel suo classico trattato del 1909, dipendeva dalla separazione sperimentale tra la mutazione dovuta all'eredità e quella dovuta all'influenza dell'ambiente, corrispondente alla distinzione fra genotipo e fenotipo.
Le nuove tecniche utilizzate nella riproduzione delle piante trovarono il loro fondamento nell'individuazione della struttura chimica di base del materiale ereditario, la doppia elica del DNA, avvenuta nel 1953. Fu necessario un altro mezzo secolo perché tale potenziale avesse una ricaduta pratica nella produzione di nuove piante e varietà. Soltanto alla fine del Novecento la nuova tecnologia genetica ha prodotto un gran numero di nuove varietà largamente utilizzate in agricoltura. Attualmente, l'introduzione di alimenti geneticamente modificati incontra una forte resistenza. In un discorso tenuto nel 2000 in occasione del trentesimo anniversario del suo premio Nobel per la pace, Borlaug ha espresso la sua preoccupazione che le campagne d'opinione ostili agli alimenti modificati geneticamente potrebbero soffocare lo sviluppo agricolo e ancora una volta rievocare lo spettro malthusiano. Se la popolazione mondiale continuasse ad aumentare, la produzione di alimenti potrebbe scontrarsi con le limitazioni dell'uso della tecnologia genica, ossia le barriere contro la sostenibilità di organismi ed ecosistemi rischierebbero di portarci alla catastrofe.