La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. Manovre della guerra fredda
Manovre della guerra fredda
Dopo la Prima guerra mondiale, gli scienziati dei paesi sconfitti furono ritenuti responsabili di gravi colpe e puniti con anni di boicottaggio internazionale. Successivamente alla Seconda guerra mondiale prevalse invece la tendenza di considerare scienziati e ingegneri dei paesi sconfitti come preziosi 'trofei di guerra'.
La preoccupazione suscitata dalla presunta superiorità della Germania in campo scientifico costituì per gli Alleati un forte incentivo a sostenere la ricerca per la costruzione della bomba atomica. Il generale Leslie Groves autorizzò l'unità speciale Alsos a operare nelle zone liberate dell'Europa occidentale e a raccogliere tutte le informazioni relative agli studi tedeschi sull'uranio. Alla fine del 1944 fu evidente che tali studi erano meno estesi di quelli del Manhattan Project e che il loro massimo risultato era stata la costruzione di un reattore ad acqua pesante, non ancora funzionante. Dieci scienziati coinvolti nel progetto ‒ tra cui vi erano alcuni dei più importanti fisici tedeschi, come lo scopritore della fissione Otto Hahn e il teorico Werner Heisenberg ‒ furono trasferiti in Inghilterra in segreto e trattenuti in stato di detenzione durante la seconda metà del 1945. Dalle conversazioni private dei prigionieri, ascoltate a loro insaputa dagli inglesi, e dallo stupore con il quale accolsero la notizia della bomba di Hiroshima, Groves giunse alla conclusione che non erano affatto vicini alla costruzione della bomba atomica e non avevano intenzione di porsi al servizio dei russi. Gli scienziati tedeschi ottennero in questo modo il permesso di tornare nella Germania Ovest, ancora occupata dalle truppe alleate, dove promossero una serie di iniziative volte alla ricostruzione della scienza tedesca.
La Germania nazista era però molto più progredita degli Alleati nel campo della propulsione a reazione e in particolare della tecnologia missilistica. Per trarre vantaggio dall'esperienza tedesca, l'esercito degli Stati Uniti trasferì Wernher von Braun, insieme a 120 dei migliori ingegneri aeronautici tedeschi ‒ ideatori del più avanzato missile guidato dell'epoca, il V2 ‒ a Fort Bliss, nel Texas, e poi a Huntsville, in Alabama. L'azione di coordinamento tra i diversi organismi militari interessati a usufruire dell'esperienza tedesca fu affidata al Combined Intelligence Objectives Subcommittee (CIOS). Per organizzare il trasferimento negli Stati Uniti di esperti tedeschi da utilizzare nella ricerca di nuove tecnologie militari furono varati l'Overcast Project e poi il Paperclip Project. Gli inglesi avevano un organismo analogo al CIOS, il British Intelligence Objectives Subcommittee (BIOS), e si assicurarono un gruppo più ristretto di esperti missilistici tedeschi e un certo numero di V2 funzionanti. Il gruppo guidato da von Braun, composto prevalentemente da tecnici tedeschi, svolse un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'industria missilistica statunitense. Essi progettarono i missili Redstone a testata nucleare, Jupiter ‒ ai quali si deve tra l'altro la messa in orbita dei primi satelliti spaziali statunitensi ‒ nonché, infine, i razzi vettore Saturno, uno dei quali, nel 1969, portò i cosmonauti dell'Apollo sulla Luna.
Nella Germania occupata si recarono a raccogliere 'trofei di guerra' anche gruppi di scienziati e ingegneri sovietici. Durante gli ultimi mesi del conflitto, i tedeschi avevano trasferito sempre più a ovest i loro progetti più importanti, per sottrarli all'avanzata dell'Armata rossa, ma anche le normali apparecchiature e gli esperti di medio livello rappresentavano un'importante risorsa per la dissestata economia sovietica. La cruciale scoperta di 100 t di ossido di uranio, per esempio, permise a Igor Kurčatov di costruire a Mosca nel 1946 il primo reattore nucleare sovietico. Circa 110 scienziati e ingegneri tedeschi, e quasi altrettanti operai e tecnici specializzati, furono trasferiti in Unione Sovietica per partecipare a progetti di ricerca sulla bomba atomica. Il risultato più significativo fu ottenuto dal gruppo guidato da Nikolaus Riehl (1901-1990) che, nei laboratori di Elektrostal, presso Mosca, organizzò la produzione e la purificazione chimica del minerale di uranio destinato ad alimentare i reattori nucleari e fu per questo nominato eroe del lavoro socialista. Quando, verso la metà degli anni Cinquanta, Riehl e altri esperti tedeschi ottennero il permesso di tornare nel loro paese, soltanto alcuni scelsero di fermarsi a lavorare nella Germania orientale.
Nella zona della Germania che avevano occupato, i sovietici trovarono basi missilistiche bombardate, parti di V2 e una certa quantità di documenti. Riuscirono inoltre a convincere Helmut Gröttrup, uno dei principali esponenti del team missilistico tedesco, a stabilirsi nella Germania orientale, dove crearono l'Institut RABE (Raketenbau und Entwicklung), in cui gli ingegneri sovietici si recavano per studiare la scienza missilistica tedesca. In questo modo si formò una nuova squadra di esperti, della quale facevano parte, tra gli altri, Sergej Korolev e Valentin Glushko, che avrebbero svolto successivamente un ruolo fondamentale nel programma spaziale sovietico. L'anno successivo l'istituto fu trasferito a Kaliningrad, presso Mosca, e fu battezzato con il nome in codice NII-88.
Anche Gröttrup e un gruppo di esperti tedeschi furono condotti in Unione Sovietica, ma il loro contributo al successivo sviluppo dell'industria missilistica fu marginale.
Il Giappone era all'avanguardia riguardo sia alla produzione sia al collaudo delle armi biologiche. Nel centro sperimentale nei pressi di Harbin, in Manciuria, la famigerata Unità 731 dell'esercito giapponese del Kwantung, diretta dal microbiologo Ishii Shiro (1890-1959), effettuò approfondite ricerche sulla guerra batteriologica, e in particolare sull'utilizzazione dell'antrace e della peste, servendosi per i suoi esperimenti di prigionieri di guerra e di civili cinesi. Nel 1949 alcuni membri furono processati e condannati in Unione Sovietica come criminali di guerra; tuttavia, quasi tutti i ricercatori del centro, compreso Ishii, furono presi in custodia dagli statunitensi, che garantirono loro l'immunità processuale in cambio delle loro conoscenze, utilizzate in seguito dagli esperti di armi biologiche del centro di Fort Detrick, nel Maryland.
La Seconda guerra mondiale trasformò i rapporti tra mondo scientifico e pubblica amministrazione, indirizzandoli prevalentemente verso obiettivi militari. Anche se la maggior parte degli scienziati statunitensi lasciò Los Alamos e altri centri di ricerca militari al termine del conflitto, questo non significò un ritorno allo status quo ante bellum. Dopo la scoperta della bomba atomica, i militari avevano imparato ad apprezzare l'importanza della ricerca scientifica ed erano decisi a proseguire anche in tempo di pace a collaborare sempre più strettamente con gli scienziati. Se uno scienziato non era disposto a lavorare in un laboratorio militare, l'esercito poteva finanziarne le ricerche presso l'università dove insegnava. Le principali università si dotarono così di laboratori esterni ai campus per proseguire i programmi di ricerca avviati durante la guerra, come il Jet Propulsion Laboratory della Caltech e l'Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University. Le ricerche erano finanziate direttamente dai militari, che si riservavano di stabilirne l'orientamento, e le università accettavano di trasformarsi in fornitori delle Forze armate, cui assicuravano l'organizzazione amministrativa e la gestione scientifica.
Questa tendenza era in contraddizione con l'ideologia, prevalente prima della guerra, secondo cui la scienza era un bene comune soltanto se indipendente. Il fisico Isidor Isaac Rabi (1898-1988) manifestò il timore che, se il principale obiettivo della ricerca fosse divenuto quello di "fare in modo che la guerra produca distruzioni sempre più vaste e complete", gli scienziati avrebbero potuto essere visti come "servi dei fabbricanti di armi, semplici tecnici e non cittadini coscienziosi e pronti a sacrificarsi per il bene della comunità, come noi sentiamo di essere". Tuttavia la maggior parte degli scienziati, abituati durante la guerra a lavorare disponendo di risorse prima inimmaginabili e a dirigere vasti progetti collettivi di ricerca, non esitò ad accettare le offerte di collaborazione dei militari. Nel 1944, Ernest O. Lawrence (1901-1958) prevedeva che il laboratorio sulle radiazioni di Berkeley, che dirigeva, avrebbe potuto contare negli anni successivi su un budget annuale di 85.000 dollari per le ricerche sui ciclotroni. L'anno successivo rivide la sua previsione, aumentando di oltre cento volte la stima del budget annuale e portandolo a una cifra compresa tra i 7 e i 10 milioni di dollari per il primo anno di lavoro dopo la guerra.
Per venire incontro agli interessi dei ricercatori, i fondi stanziati dall'esercito includevano una piccola percentuale di sostegno alla ricerca 'pura' o 'di base', che gli scienziati potevano impiegare a loro discrezione. J. Robert Oppenheimer (1904-1967) diede un importante contributo al funzionamento del sistema nel campo dell'energia atomica: dopo aver diretto il laboratorio di Los Alamos durante la guerra, Oppenheimer entrò a far parte del mondo accademico, assumendo la guida del Princeton Institute for Advanced Study, senza per questo rinunciare a collaborare come consulente scientifico con la Commissione sull'energia atomica (AEC), l'erede del Manhattan Project e uno dei principali finanziatori militari della ricerca scientifica.
L'ufficio ricerche della Marina militare sovvenzionò laboratori all'interno delle università e progetti spesso solo indirettamente collegati a un possibile uso militare, come il piano di mobilitazione del personale scientifico in caso di emergenza nazionale, applicato durante la guerra di Corea. Tale compromesso permetteva agli esperti accademici di sostenere, spesso in buona fede, di essere impegnati nel campo della 'scienza pura', in modo del tutto autonomo, anche quando le fonti di finanziamento, citate nelle loro pubblicazioni, erano istituzioni militari. Era comunemente accettato che uno scienziato si muovesse nell'ambito della ricerca accademica e di quella militare, portando avanti progetti paralleli, spesso con le stesse persone, negli stessi spazi e con gli stessi strumenti. Mentre faceva la spola tra il suo laboratorio alla Columbia University e il Millimeter Wave Committee della Marina militare, Charles H. Townes concepì l'idea del maser.
Anche lo stile della ricerca differiva da quello del periodo precedente il conflitto. Le grandi rivoluzioni concettuali che investivano i fondamenti stessi della scienza, predilette dai fisici della vecchia generazione, non erano più in voga; una nuova tendenza, più conservatrice, privilegiava invece il virtuosismo tecnico nei calcoli e la creazione di congegni sbalorditivi. L'immagine dei fisici non era più "quella di un modello di virtù disinteressata, ma piuttosto quella di un 'virtuoso'[...] dotato di un talento fuori della norma, dal cui esercizio ricavava un piacere personale. I fisici americani cominciarono a considerarsi non più come masochisti disposti a sacrificarsi, ma come raffinati edonisti. Improvvisamente, la fisica divenne divertente". La scienza diventò una merce pregiata e la posizione sociale degli scienziati e, di conseguenza, il loro tenore di vita, si elevarono notevolmente.
Nel mondo sovietico, i generosi finanziamenti pubblici e il varo di progetti su vasta scala erano già iniziati negli anni Venti, con l'abbandono dell'ideologia della scienza pura e dell'indipendenza degli scienziati. La professione dello scienziato era vista prevalentemente come un servizio reso alla scienza e al proprio paese, come un'attività privilegiata e al contempo contrassegnata da una devozione quasi religiosa. I cambiamenti del dopoguerra comportarono un notevole aumento sia dei privilegi sia delle responsabilità degli scienziati in termini di lealtà ideologica e del contributo alla ricerca in campo militare. Come negli Stati Uniti, il processo di militarizzazione della scienza seguì due strade parallele, quella della partecipazione degli scienziati a centri di ricerca controllati dall'esercito e quella dell'introduzione del finanziamento militare e dei programmi segreti di ricerca nelle istituzioni accademiche esistenti. La prima tendenza fu particolarmente accentuata nell'immediato dopoguerra, con il varo di giganteschi progetti di ricerca nei settori della tecnologia atomica, radaristica, aeronautica e missilistica, allo scopo di raggiungere e superare gli Stati Uniti.
Durante la guerra molti scienziati accademici abbandonarono volontariamente i progetti di ricerca in corso per dedicarsi alla realizzazione di applicazioni immediatamente utilizzabili; un analogo sacrificio fu loro richiesto all'inizio della guerra fredda. Sin dal 1943, Kurčatov dirigeva il piccolo laboratorio segreto n. 2, alla periferia di Mosca, dove si studiava la possibilità di produrre armi nucleari.
Due settimane dopo il bombardamento di Hiroshima nell'agosto del 1945, il governo sovietico riorganizzò il progetto atomico su scala industriale e lo dotò di un sostegno politico incondizionato, di fondi illimitati e di un'organizzazione di tipo militare. Kurčatov, confermato direttore scientifico del progetto, era soprannominato 'il generale' dai suoi colleghi, tuttavia considerava un semplice 'soldato', incaricato della missione di proteggere il suo paese dalle minacce di un avversario più potente, in una prosecuzione dello stato di emergenza degli anni della guerra che, come allora, richiedeva passione e capacità di sacrificio.
Gli scienziati più attivi in questo ambito di ricerca furono trasferiti in laboratori segreti situati a grande distanza dalle principali città, come quello chiamato Arzamas-16, creato nel 1947 nella regione del Volga. Alcuni di loro, come Julij Chariton (1904-1996) e Jakov Borisovič Zeldovič (1914-1987), vi restarono per decenni, lavorando alla progettazione di bombe atomiche e all'idrogeno, ma anche quanti vi rimasero per periodi più brevi, come Igor Tamm (1895-1971) o Nikolaj Nikolaevič Bogoljubov (1909-1992), impararono a lavorare in completo isolamento, senza contatti con il mondo esterno, sotto stretta sorveglianza dei militari e degli apparati di sicurezza. Altri importanti esponenti del mondo scientifico lavoravano, a tempo pieno o parziale, a progetti di ricerca segreti presso dipartimenti appositamente costituiti nelle principali sedi universitarie. Alcuni ingegneri e scienziati arrestati nel corso delle epurazioni staliniane furono invece costretti a lavorare all'interno di un'istituzione unica nel suo genere, chiamata sharashka, a metà strada tra il carcere, seppure relativamente confortevole, e l'istituto di ricerca. Molto probabilmente, durante la loro carriera la maggior parte dei fisici, sia negli Stati Uniti sia nell'Unione Sovietica, fece ricerca militare.
Consapevoli dell'influenza che la scoperta delle armi atomiche assicurava alla propria categoria, non pochi scienziati sperarono di incidere in modo significativo nel mondo della politica, per introdurre quei cambiamenti che giudicavano auspicabili. Niels Bohr (1885-1962) si cimentò in questa impresa ancora prima della fine della guerra. Dopo essere fuggito dalla Danimarca occupata dai nazisti e aver fornito un contributo non particolarmente rilevante al Manhattan Project, egli si recò a Londra e a Washington per incontrare Churchill e Roosevelt e cercare di convertirli alla sua visione della futura politica internazionale. La tesi di Bohr, che riteneva si dovesse far conoscere all'alleato russo il progetto per la costruzione della bomba atomica, per creare un clima di fiducia reciproca e gettare le basi di un dopoguerra pacifico, irritò profondamente Churchill: "Bohr dovrebbe essere isolato o comunque avvisato che si trova sull'orlo del baratro".
Deluso da questa reazione, Bohr tornò in Danimarca, dove sperava di diventare un mediatore nel ristabilire un clima di collaborazione internazionale nel campo scientifico, come aveva fatto dopo la Prima guerra mondiale, ma le tensioni della guerra fredda frustrarono ancora i suoi tentativi.
In Unione Sovietica, Pëtr Leonidovič Kapitsa (1894-1984) inviò a Stalin alla fine del 1945 due memoranda in cui si sosteneva che gli scienziati avrebbero dovuto avere maggior peso non soltanto nei piani di sviluppo degli armamenti, ma anche nella politica sovietica in generale. Stalin non rispose al suggerimento di "elevare gli scienziati al rango di patriarchi" e accettò la conseguente offerta di dimissioni dal Comitato speciale sulla bomba atomica da parte dello scienziato. Alcuni mesi più tardi Kapitsa fu rimosso da tutti i suoi incarichi ufficiali e trascorse i pochi anni che gli rimanevano in uno stato di isolamento quasi totale nella sua dacia. Stalin, pur rifiutandosi di concedere maggiori poteri politici agli scienziati, ne accrebbe i privilegi, gli stipendi e la posizione sociale, oltre a promettere un generoso sostegno alla ricerca e all'espansione istituzionale della loro categoria.
In Francia, Frédéric Joliot-Curie (1900-1958) tentò di conciliare la sua carica di alto commissario per l'energia atomica con l'appartenenza al partito comunista e con il suo ruolo di scienziato indipendente. Egli svolse un ruolo di primo piano nel movimento pacifista internazionale e affermò che gli scienziati francesi avrebbero dovuto rifiutarsi di costruire armi nucleari. L'internazionalismo e il pacifismo di Joliot, affiancati alla svolta anticomunista verificatasi nella politica francese, lo costrinsero nel 1950 a dimettersi dai suoi incarichi governativi. L'attaccamento ai propri principî gli costò una posizione di rilievo nell'establishment politico e la possibilità di entrare a far parte del governo, costringendolo a operare tra le fila dell'opposizione comunista. La Francia, ovviamente, proseguì il suo progetto di costruzione della bomba atomica.
Nella Germania occidentale, Heisenberg cercò di influire sulle decisioni del governo adottando un atteggiamento da esperto 'apolitico'. Il governo però, si dimostrò scarsamente interessato all'offerta di collaborazione di un sedicente Consiglio tedesco sulla ricerca, che si sciolse nel 1951 dopo soli due anni di esistenza. Abbandonata la speranza di introdursi nel mondo della politica, nel 1957 Heisenberg decise di appellarsi all'opinione pubblica con il cosiddetto manifesto di Gottinga, firmato da altri sette tra i più noti scienziati tedeschi. Il documento criticava apertamente la decisione del governo tedesco di dotare la Germania di armamenti nucleari, all'interno della strategia militare della NATO. Malgrado i suoi autori si sforzassero di far apparire la propria posizione come al disopra delle parti, la loro azione contribuì alla crescita del movimento che si opponeva alla guerra.
Benché Oppenheimer avesse dimostrato di essere perfettamente disponibile ad abbandonare le sue vecchie simpatie per la sinistra in cambio di una posizione politica di rilievo all'interno dell'amministrazione statunitense, il suo atteggiamento da scienziato-intellettuale risultò ugualmente inaccettabile per l'establishment politico. Sotto la sua presidenza, nel 1949 il Comitato di consulenza generale dell'AEC prese posizione contro lo sviluppo immediato della bomba a idrogeno, sottolineando l'esistenza di difficoltà tecniche ancora irrisolte, ma anche di riserve di ordine etico di fronte a "un'arma in grado di produrre un genocidio". Tre mesi dopo Oppenheimer accettò la decisione di Truman di intraprendere proprio quel programma che in precedenza aveva condannato, ma ciò non bastò a mettere a tacere i dubbi sulla sua lealtà che avevano già iniziato a circolare. Nel 1952 non fu confermato nel suo incarico; l'anno seguente fu privato dell'autorizzazione dei servizi di sicurezza, una decisione confermata più tardi nel corso delle udienze presso l'AEC. Avendo perso così ogni prestigio e ogni capacità di influenza politica, a Oppenheimer non rimase che rifugiarsi nella vita accademica.
La guerra aveva condotto molti scienziati a entrare in contatto con i servizi segreti e a partecipare ad attività clandestine: Max von Laue (1879-1960) e altri scienziati aiutarono i loro colleghi ebrei a fuggire dalla Germania; Joliot-Curie svolse un ruolo di primo piano nella resistenza francese; Bohr collaborò con i servizi segreti inglesi attraverso la rete clandestina danese; Paul Scherrer (1890-1970) fornì dalla Svizzera informazioni riservate agli agenti statunitensi; Samuel Goudsmit (1902-1978) diresse l'organizzazione scientifica della missione Alsos; Jakov Terletskij (1912-1993) alla fine del conflitto si recò in Danimarca su incarico dei servizi segreti sovietici, nella speranza di ottenere informazioni riservate da Bohr.
Il più significativo caso di spionaggio fu quello di Klaus Fuchs (1911-1988). Scienziato di fede comunista, rifugiatosi in Inghilterra dalla Germania nazista, nel periodo in cui lavorava al progetto per la costruzione della bomba atomica britannica, Fuchs passò informazioni riservate all'ambasciata sovietica a Londra. Nel 1943 entrò a far parte, come membro del team britannico, del Manhattan Project, prima a Oak Ridge e poi a Los Alamos, mantenendo, anche mentre si trovava negli Stati Uniti, i contatti con gli agenti sovietici. Tra le informazioni trasmesse da Fuchs vi era anche l'idea del meccanismo di implosione della bomba al plutonio, di cui era uno dei principali progettisti.
Quello di Fuchs non era però un caso isolato: molti altri membri del Manhattan Project non esitarono a trasmettere informazioni riservate all'Unione Sovietica, spinti dal desiderio di aiutare la nazione alleata a sconfiggere il comune nemico nazista. Con la legge McMahon emanata nel 1946, che privava la Gran Bretagna dei frutti della sua collaborazione con gli Stati Uniti in campo atomico, Fuchs fu nominato direttore della divisione teorica del centro nucleare di Harwell, fornendo un contributo decisivo alla realizzazione della bomba atomica britannica. Nel 1950 fu arrestato dalla polizia britannica con l'accusa di spionaggio e condannato a 14 anni di carcere; rilasciato nel 1959, si trasferì nella Germania orientale, dove divenne direttore di un istituto di ricerca nucleare.
Le false accuse di spionaggio, che coinvolsero molti scienziati, produssero danni più gravi di quelle reali. Prima ancora che fossero emerse le prove degli episodi di spionaggio del periodo bellico, gli Stati Uniti furono travolti dall'ossessione dello spionaggio, utilizzato come arma politica nella campagna diretta a diffamare e distruggere ogni opposizione interna alla guerra fredda. Le organizzazioni e i militanti di sinistra, non solo comunisti, nonché tutti coloro che desideravano semplicemente mantenere i rapporti tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica a un livello accettabile, furono accusati di slealtà, intimiditi e perseguitati. La propaganda politica diffuse l'immagine degli scienziati come individui potenzialmente pericolosi per la sicurezza del paese, anche se nel complesso la repressione del dissenso politico causò al mondo scientifico danni più limitati di quelli subiti da altri gruppi professionali. Alcuni, come Linus C. Pauling (1901-1994) del Caltech, non ottennero il permesso di recarsi all'estero per partecipare a convegni internazionali. Altri, come il rifugiato italiano Gian Carlo Wick (1909-1992) che insegnava a Berkeley, persero il lavoro dopo essersi rifiutati di prestare un giuramento di fedeltà o in seguito al ritiro del nullaosta da parte dei servizi di sicurezza. Edward Condon (1902-1974), un liberale che aveva aderito all'American-Soviet Science Society, fu oggetto di una campagna di accuse e indagato dall'House's Un-american Activities Committee (HUAC) e costretto a dimettersi dalla direzione del National Bureau of Standards nel 1951. David Bohm (1917-1992), già iscritto al partito comunista, si rifiutò di testimoniare di fronte all'HUAC riguardo alle opinioni politiche proprie o di altre persone. Arrestato nel 1951 per oltraggio al Congresso, fu assolto in tribunale, ma gli fu tolta la cattedra a Princeton; dovette emigrare e perse la cittadinanza americana. In seguito lavorò in Brasile, Israele e in Gran Bretagna.
Il susseguirsi di misure repressive e la violazione dei diritti civili inibirono per sempre lo sviluppo delle organizzazioni e dei partiti di sinistra, alterando in modo permanente l'equilibrio politico della società americana. Anche in Unione Sovietica non mancarono i casi di spionaggio, veri o presunti. Nel 1947, un autorevole esperto dell'industria aeronautica, Grigorij Tokaev (1909-2003) si rifugiò in Gran Bretagna portando con sé una dettagliata documentazione del programma aeronautico di Stalin. Nello stesso anno, l'interesse dell'ambasciatore degli Stati Uniti per un farmaco potenzialmente efficace contro il cancro e la visita negli Stati Uniti di una delegazione sovietica allo scopo di discutere di un rapporto di collaborazione nella ricerca medica, costituirono il pretesto per l'arresto di molti medici accusati di spionaggio. Gli scopritori del nuovo farmaco, Nina Kliueva (1899-1971) e Grigorij Roskin (1892-1964) furono sottoposti a un'umiliante reprimenda, con la quale si intendeva dare un avvertimento agli altri scienziati sul rispetto delle nuove, più rigide regole di 'comunicazione' con il nemico, in vigore durante la guerra fredda.
I direttori dei vari istituti accademici dovevano ora fare i conti, per le questioni riguardanti il personale, con i funzionari dei servizi di sicurezza che, negando il proprio benestare, potevano impedire loro di assumere ricercatori di cui avevano bisogno o costringerli a licenziarli. In assenza di aperto dissenso politico, i servizi di sicurezza facevano ricorso a dettagliati questionari biografici e a una stretta sorveglianza per cogliere anche il minimo atteggiamento sospetto. Lev Al′tšuler (1913-2003), un ricercatore attivo ad Arzamas-16, rischiò di perdere il lavoro per aver ammesso durante un'ispezione di controllo di disapprovare la decisione del Partito di mettere al bando la genetica mendeliana. Nel 1948 Andrej Sacharov (1921-1989) e Vitalij Lazarevič Ginzburg suggerirono le due idee che avrebbero dato il via al programma sovietico termonucleare: ma, mentre Sacharov fu invitato ad Arzamas-16 per partecipare alla sua realizzazione, Ginzburg si vide negare dai servizi segreti il nullaosta di massima sicurezza, in quanto la moglie, tempo prima, era stata arrestata per motivi politici. Reali o immaginarie, le accuse di dissenso politico o di attentato alla sicurezza nazionale influirono sulla carriera di molti scienziati e sulle loro destinazioni lavorative, istituzionali, geografiche e occupazionali.
Nel gennaio del 1946, giunto nel Giappone occupato dagli Stati Uniti con il compito di occuparsi dei problemi scientifici del paese, il fisico Harry Kelly (1908-1976) cercò prima di tutto di porre rimedio al danno causato dalla decisione, assunta dai funzionari che lo avevano preceduto, di gettare a mare i cinque ciclotroni di cui il Giappone era in possesso prima della guerra. Kelly si presentò agli scienziati giapponesi come un collega, proteggendoli dalle misure più vessatorie della politica del governo di occupazione. Con l'aiuto di alcuni esponenti del mondo accademico giapponese, contribuì a una radicale riorganizzazione dell'establishment scientifico giapponese. I due più prestigiosi teorici delle particelle del paese, Hideki Yukawa (1907-1981) e Sin-Itiro Tomonaga (1906-1979) si recarono negli Stati Uniti per riallacciare i rapporti di collaborazione con i colleghi statunitensi, ma al loro ritorno in patria dovettero constatare che il Riken, il principale centro statale di ricerca scientifica del Giappone ‒ fondato dopo la Prima guerra mondiale ‒ rischiava di essere messo al bando insieme ai 'monopoli industriali' del vecchio regime. Kelly aiutò Yoshio Nishina (1890-1951) a salvare il Riken, anche se in una versione molto ridimensionata e a condizione che rinunciasse ‒ come gli altri istituti scientifici del paese ‒ alla realizzazione di progetti in campo militare o, comunque, di ricerca nell'ambito della cosiddetta Big science. Secondo la politica del governo di occupazione, la ricerca scientifica nel Giappone del dopoguerra avrebbe dovuto infatti essere decentralizzata e rigorosamente applicata a obiettivi civili e alle esigenze dell'industria locale.
In Cina, intorno al 1945, gran parte dei più illustri scienziati si era specializzata all'estero, in Giappone, in Europa o negli Stati Uniti. Dopo la fine del conflitto questa tradizione si ristabilì e centinaia di giovani laureati tornarono a studiare nelle stesse università già frequentate dai loro maestri, a esclusione di quelle giapponesi. A differenza di coloro che li avevano preceduti, tuttavia, molti di loro non fecero più ritorno in Cina. Nel 1943, il Chinese esclusion act, la legge che impediva ai cinesi di acquisire la cittadinanza americana, fu finalmente abrogato, malgrado il perdurare di pregiudizi razziali nei loro confronti; la vittoria riportata dai comunisti nel 1949 e il timore degli Stati Uniti che preziose informazioni scientifiche potessero cadere nelle mani dei nuovi nemici costituirono un contributo determinante a favore dell'abrogazione. Tra gli scienziati che rimasero negli Stati Uniti, figuravano i futuri premi Nobel Tsung-Dao Lee, Chien-Shiug Wu (1912-1997) e Chen Ning Yang. Altri scelsero invece di tornare in Cina; tra questi, alcuni illustri studiosi come Wang Ganchang (1907-1998), che si era specializzato a Berlino nel 1933 e a quel tempo era visitor a Berkeley, e Hua Loo-Keng (1910-1985), professore all'Università dell'Illinois che in seguito fu nominato direttore della facoltà di Matematica dell'Accademia cinese. Tsien Hsue-Shen, esperto di missilistica del Jet Propulsion Laboratory, nel 1950 fu accusato di essere un simpatizzante della causa comunista, perse il nullaosta di sicurezza e fu temporaneamente messo agli arresti. Dopo un periodo di totale incertezza, nel 1955 gli fu infine permesso di fare ritorno nella Cina continentale, dove guidò lo sviluppo del programma missilistico cinese.
Le notizie dei primi test atomici e termonucleari da parte dell'Unione Sovietica convinsero Eisenhower ad abbandonare la difesa del monopolio nucleare statunitense a favore di una linea di moderata cooperazione internazionale. Il lancio, nel dicembre 1953, dell'iniziativa del presidente americano, denominata 'Atomi per la pace', diede luogo alla Conferenza delle Nazioni Unite sugli usi pacifici dell'energia atomica, tenuta a Ginevra nel 1955. Nel corso della conferenza, presieduta dal fisico indiano Homi Jehangir Bhabha (1909-1966), scienziati provenienti da diversi paesi illustrarono le loro ricerche sulla fisica atomica e sui reattori nucleari, molte delle quali fino a quel momento erano considerate segreto militare per ragioni di sicurezza nazionale. L'anno successivo Kurčatov si recò in Gran Bretagna, dove rese noti i risultati ottenuti dagli scienziati sovietici in un altro programma di ricerca destinato in seguito a divenire oggetto della cooperazione internazionale, quello della fusione controllata.
Nel 1945, al ritorno da un viaggio in Unione Sovietica, il biochimico ungherese Albert Szent-Györgyi (1893-1986) premio Nobel nel 1937 per la medicina o la fisiologia, avviò la transizione della scienza magiara verso il modello sovietico, che prevedeva la fondazione di istituti di ricerca indipendenti dalle università. Altri paesi dell'Europa Orientale adottarono riforme analoghe. Dopo la morte di Stalin nel 1953, l'Unione Sovietica iniziò gradualmente ad aprirsi ai contatti internazionali, soprattutto in campo scientifico. La leadership sovietica sperava, in questo modo, di ridurre la conflittualità con l'Occidente e promuovere la cooperazione tra i paesi dell'area socialista.
Il numero delle visite all'estero delle delegazioni sovietiche iniziò ad aumentare, malgrado le restrizioni e i controlli burocratici rimanessero piuttosto rigidi anche per quanto riguardava i viaggi all'interno dell'Europa Orientale. Organizzare visite di delegazioni straniere era invece più semplice, soprattutto dopo la creazione nel 1956 a Dubna, nei pressi di Mosca, dell'Istituto internazionale per la ricerca nucleare che seguiva programmi analoghi a quelli del CERN. In precedenza sito segreto, destinato a ospitare il più grande acceleratore di particelle del paese, il centro fu riconvertito in istituto di ricerca internazionale dei paesi dell'area socialista. La Repubblica popolare cinese era, dopo l'Unione Sovietica, lo Stato membro più importante dell'Istituto, per i contributi finanziari versati e per il numero di scienziati inviati sul posto.
Nel 1949 Mao aveva avviato una politica di collaborazione scientifica esclusiva con l'Unione Sovietica e riorganizzato le istituzioni accademiche cinesi sul modello di quelle sovietiche. Nel decennio successivo, circa diecimila studenti e scienziati cinesi completarono la loro formazione in Unione Sovietica e un analogo numero di esperti sovietici operò in Cina in qualità di insegnanti e consulenti, collaborando a centinaia di progetti scientifici e industriali. La fase più delicata della collaborazione tra i due paesi ebbe inizio nel 1957, con l'accordo in base al quale l'Unione Sovietica si impegnava ad aiutare la Cina a dotarsi di armi nucleari. Alcuni specialisti sovietici parteciparono alla progettazione del primo reattore nucleare cinese, fornendo alcuni dei componenti di questo dispositivo, insieme a un ciclotrone e all'attrezzatura necessaria per la separazione degli isotopi. Nel 1958 Evgenij Negin (1921-1998), che lavorava ad Arzamas-16, guidò una delegazione di scienziati nucleari in Cina e tenne per i suoi colleghi cinesi una serie di conferenze sulla prima bomba sovietica al plutonio, realizzata nel 1949. L'anno seguente, però, il governo sovietico rifiutò di rendere nota ai cinesi la serie completa dei progetti e un prototipo della bomba, a causa dell'emergere di divergenze ideologiche con Mao e del tentativo ridurre il rischio di una guerra nucleare globale attraverso l'avvio di negoziati con gli USA.
In risposta alle accuse di 'revisionismo' (di anteporre cioè la pace con gli imperialisti alla rivoluzione mondiale) da parte dei cinesi, Chruščëv ordinò nel 1960 il ritiro degli esperti sovietici dalla Cina; così la collaborazione tra i due paesi si deteriorò, trasformandosi ben presto in aperta ostilità. Ganchang, rimasto fino al 1960 vicedirettore dell'Istituto di ricerca di Dubna, rientrò in Cina, dove assunse la guida del gruppo che nel 1964 effettuò il test della prima bomba atomica cinese.
Nel corso dei dodici anni successivi al 1945, l'immagine della bomba atomica dominò il dibattito scientifico mondiale. Il decennio successivo trascorse all'insegna di un altro evento epocale, la vittoria sovietica nella corsa allo spazio, simboleggiata, nella percezione degli americani, dal lancio dello Sputnik nell'ottobre del 1957; per i sovietici, invece, l'emblema della propria superiorità fu costituito piuttosto dal volo orbitale di Jurij Gagarin nell'aprile del 1961. Al di là di questo, la conquista dello spazio ebbe profonde conseguenze per i successivi sviluppi della ricerca scientifica e per gli stessi scienziati. I politici e l'opinione pubblica degli Stati Uniti cercavano una ragione della perdita del primato scientifico e tecnologico del paese: se nel 1945 l'Unione Sovietica era considerata un paese profondamente arretrato dal punto di vista tecnologico, quindici anni più tardi, con i primi test nucleari e termonucleari, la tecnologia dei due paesi era di pari livello e, nella progettazione missilistica, quella sovietica era ormai più avanzata.
Da tale situazione emerse una serie di contromisure, non sempre semplici da accettare o da realizzare. Il flusso dei finanziamenti governativi alla ricerca scientifica divenne ancora più consistente, non solo passando attraverso i soliti canali militari, ma anche grazie ai contributi di istituzioni civili, come la National Science Foundation (NSF) o almeno formalmente tali, come la National Aeronautics and Space Administration (NASA). Gli organismi preposti alla gestione dei finanziamenti abbandonarono la distinzione tra ricerca 'pura' e 'applicata', così come avevano fatto i sovietici trent'anni prima. Conseguentemente si modificò la mentalità degli scienziati statunitensi, che a poco a poco abolirono dal proprio vocabolario il termine 'scienza pura'. Il vecchio principio etico, che considerava scorretto, per uno scienziato, brevettare scoperte effettuate nell'ambito della ricerca universitaria, iniziò a divenire obsoleto, aprendo la strada alla commercializzazione della scienza.
L'aspetto più complesso del problema era costituito dal reclutamento del personale scientifico: già prima dell'ultimo aumento degli stanziamenti, il numero di ricercatori qualificati era infatti molto basso rispetto ai fondi disponibili. Diverso tempo prima della crisi conseguente al lancio dello Sputnik, il National Manpower Council e la Commission on Human Resources and Advanced Training avevano messo in guardia il governo, affermando che la Russia aveva intrapreso un programma di educazione di massa, e attraverso la selezione a tutti i livelli scolastici degli allievi più validi formava un numero sempre maggiore di studenti negli istituti tecnici, nei collegi e nelle università.
Fin dagli anni Trenta, la soluzione sovietica alla carenza di tecnici specializzati era stata quella di aumentare il sostegno statale a tutti i livelli del sistema scolastico, rimuovere ogni barriera etnica, di classe o di sesso, di rendere gratuita l'istruzione superiore e di aumentare il numero di scuole tecniche specializzate. Nel 1960, in Unione Sovietica il problema del personale tecnico e scientifico specializzato era risolto ‒ il numero di scienziati e di ingegneri cresceva anzi a un ritmo sempre più veloce ‒ al contrario di quello relativo alla mancanza di fondi e di risorse materiali.
La crisi aperta dal lancio dello Sputnik contribuì a richiamare l'attenzione sulle proposte di riforma del sistema educativo statunitense, fino ad allora trascurate, mediante l'aumento del finanziamento federale. Nonostante una serie di resistenze politiche, ideologiche e legali, nel 1958 si riuscì a raggiungere un compromesso attraverso l'approvazione del National Defense Education Act. Tuttavia, il compito di colmare le lacune e le inadeguatezze del sistema scolastico nazionale si rivelò molto più arduo che limitarsi a importare personale già formato dall'estero. Il ricordo del ruolo cruciale svolto dagli scienziati stranieri emigrati nell'ambito del Manhattan Project era ancora molto vivo. La tendenza a modificare la politica di immigrazione statunitense in modo da facilitare l'ingresso di specialisti qualificati, introdotta negli anni Cinquanta, fu confermata nel 1965 dall'emanazione dell'Immigration Act.
La percentuale di tecnici e di professionisti tra i nuovi immigrati salì dal 17,9% nel 1960 al 29,4% nel 1970, vale a dire più del doppio della percentuale di queste categorie professionali sul totale della popolazione degli Stati Uniti. Secondo i dati dell'NSF, il numero assoluto dei laureati tra i nuovi immigrati ammontava, intorno al 1950, a circa 600 scienziati e 1100 ingegneri l'anno. Tra il 1956 e il 1960, si passò a circa 1300 scienziati e 3700 ingegneri, mentre tra il 1966 e il 1970 si giunse, rispettivamente, a 3350 e 7900. Nel 1966, la percentuale di individui nati all'estero tra i detentori di un titolo di specializzazione in una materia scientifica costituiva circa il 12% del totale e continuava a crescere.
La scienza sovietica seguì un percorso totalmente diverso. Il completamento del progetto atomico nel 1955 diede agli scienziati russi e ai loro supervisori un senso di relativa sicurezza e di soddisfazione per il dovere compiuto. La destalinizzazione ridusse la pressione politica e molti importanti scienziati, come Igor Tamm e Zeldovič, iniziarono a lasciare i laboratori segreti, situati in località remote, e la ricerca militare. Nel loro nuovo ruolo di eroi pubblici, gli scienziati sentivano di meritare una ricompensa per i servizi resi al paese, sotto forma di generosi finanziamenti per progetti di ricerca di loro scelta. L'espansione istituzionale ancora in corso comportò tra l'altro la realizzazione di un importante centro accademico in Siberia, nei pressi di Novosibirsk.
Nel momento in cui la definizione di 'scienza pura' andava scomparendo negli Stati Uniti, gli scienziati sovietici convinsero le autorità del loro paese a riconoscerne l'importanza, con il nuovo nome di 'scienza di base'. La ricerca in questo campo iniziò a godere di grande prestigio e divenne il principale interesse dell'Accademia sovietica delle scienze, che nel 1961 rinunciò alla maggior parte dei suoi istituti 'tecnici'. Questa separazione recise il trentennale legame tra ricerca d'avanguardia e modernizzazione economica e fu una delle cause della successiva stagnazione dell'economia sovietica. Tra le scienze applicate, l'ingegneria missilistica mantenne un notevole prestigio, tuttavia dopo il trionfo di Gagarin il programma spaziale sovietico si frammentò in diverse direzioni e i suoi dirigenti non riuscirono a trovare un accordo su un altro progetto. I loro supervisori militari decisero di colmare il divario con gli Stati Uniti nel numero complessivo delle testate nucleari e nel decennio seguente la maggior parte delle risorse disponibili fu destinata al raggiungimento di tale equilibrio strategico.
Nel loro relativo isolamento, gli scienziati dei paesi socialisti consideravano i rari e sorvegliatissimi viaggi all'estero come il più prezioso dei loro privilegi. Il resto del mondo risentì in modo più diretto gli effetti della generosità dei finanziamenti statunitensi. Nel 1960, il President's Committee on Scientists stilò un importante rapporto sulla situazione del personale scientifico e tecnico in Gran Bretagna, nel quadro di "una periodica valutazione delle necessità e delle risorse del mondo libero", in competizione con il blocco comunista.
Due anni più tardi, un rapporto della Royal Society denunciava i rischi legati all'emigrazione di scienziati britannici negli Stati Uniti, coniando in questa occasione l'espressione 'fuga di cervelli'. Il fenomeno aveva raggiunto proporzioni tali da mettere in pericolo la sopravvivenza stessa del programma spaziale britannico, che aveva visto molti dei suoi partecipanti passare alla NASA. In quegli anni, quasi la metà del personale scientifico immigrato negli Stati Uniti proveniva dall'Europa, soprattutto dalla Gran Bretagna e dalla Germania.
La Gran Bretagna era tuttavia l'anello centrale della catena: questo paese perse infatti un certo numero di scienziati, ma ne acquisì altri da diversi paesi, in particolare dalle sue ex colonie. Uno dei primi ad arrivare fu Abdus Salam (1926-1996), giunto a Cambridge nel 1946 con una borsa di studio del governo dell'India britannica, che fece ritorno in Pakistan dopo il dottorato. Costretto dopo qualche anno a tornare in Gran Bretagna, nel 1957 gli fu assegnata una cattedra all'Imperial College.
Seguace di una piccola setta musulmana, Salam si identificava anche in una serie di identità più vaste, come cittadino del Pakistan, come musulmano e come esponente della scienza del Terzo mondo. Con l'aiuto dei paesi in via di sviluppo, sollecitò, attraverso l'International Atomic Energy Agency (IAEA) il progetto per la realizzazione di un Centro internazionale di fisica teorica, inaugurato nel 1964 a Trieste. L'istituto dava agli scienziati provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto dai paesi in via di sviluppo, la possibilità di lavorare insieme, nella speranza di combattere in questo modo una delle principali cause dell'emigrazione permanente. Nonostante l'impegno di Salam, la fuga dei cervelli continuò ad aumentare, anche se con diverse dinamiche. Un maggior numero di scienziati si trasferiva negli Stati Uniti subito dopo aver conseguito la laurea, ancora privo di un titolo di specializzazione (a differenza di altri settori del sistema educativo americano, le scuole di specializzazione postuniversitaria beneficiarono enormemente della legge sull'educazione del 1958).
La percentuale di europei diminuì, mentre aumentò quella degli scienziati provenienti dall'India, da Taiwan, dalla Corea del Sud, e poi anche da altri paesi in via di sviluppo, sfidando gli stereotipi razzisti sugli scienziati, ancora molto diffusi. L'americanizzazione della scienza mondiale procedette dunque di pari passo con la deamericanizzazione della scienza americana.