La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. Le istituzioni e l'organizzazione militare
Le istituzioni e l'organizzazione militare
Il principale fattore politico del processo d'innovazione militare dopo il 1920 va ricercato soprattutto nel turbamento suscitato dal conflitto mondiale appena terminato. Nella società occidentale la Grande guerra era stata vissuta come una vera e propria tragedia non soltanto dai militari ma anche dal resto della popolazione. Gli orrori della guerra di trincea erano ben presenti a tutti: le mitragliatrici e l'artiglieria pesante moderne avevano impedito agli eserciti di sfruttare le loro capacità di manovra, causando spesso gravi perdite di uomini senza consentire alcuna conquista territoriale. Dal 1914 al 1917 il fronte occidentale era retrocesso e avanzato più volte, causando milioni di morti e di mutilati, senza spostarsi mai più di cento chilometri. Un altro fattore di inquietudine era costituito dalla natura del conflitto che, imponendo ai soldati di vivere per settimane e settimane nelle trincee a stretto contatto con diversi tipi di macchinari, lo aveva trasformato in una sorta di lavoro industriale. Agli occhi dei militari di professione la guerra moderna, che lasciava tanto poco spazio al valore, al cameratismo e persino alla devozione al proprio re e al proprio paese, costituiva una minaccia per l'essenza stessa dell'arte bellica.
Per alcuni giovani ufficiali, divenuti maggiorenni nel corso del conflitto e poi entrati a far parte, in posizioni subalterne, degli Stati maggiori tra gli anni Venti e gli anni Trenta, il modo più adatto per evitare gli sconvolgenti effetti della tecnologia era quello di metterne a punto una migliore, tale da consentire ai soldati di farsi onore sul campo di battaglia, a differenza di quanto era accaduto con le mitragliatrici e l'artiglieria pesante. Nel tentativo di superare la situazione di stallo creatasi negli ultimi, disperati anni del conflitto, tutte le maggiori potenze avevano sperimentato nuovi aeroplani, veicoli blindati, gas velenosi e altri strumenti bellici. Il perfezionamento di queste tecnologie e lo sviluppo di teorie militari in grado di individuarne tutte le potenzialità avrebbero in futuro potuto evitare altri 'bagni di sangue' e, al tempo stesso, favorire la riscoperta dei valori della professionalità militare. Era questa, nel periodo tra le due guerre, la speranza di molti ufficiali superiori.
Su diversi fronti tecnologici, gli esperti di strategia e i teorici speravano di riuscire a sfruttare la lezione della Grande guerra e le prospettive aperte dalle nuove tecnologie per trasformare in modo sostanziale, se non addirittura rivoluzionario, la pratica militare. I tentativi in tal senso furono coronati da diversi gradi di successo. Nel corso della prima fase del conflitto il sommergibile era apparso un mezzo molto promettente. Nella primavera del 1917, i tedeschi avevano iniziato a solcare le acque dell'Atlantico settentrionale a bordo degli Unterseeboote, mandando a picco più di 800 t di naviglio alleato al mese; essi speravano di conseguire, con l'interruzione del flusso dei rifornimenti via mare, obiettivi irraggiungibili attraverso lo spiegamento della fanteria sui campi di battaglia. Tale speranza, tuttavia, venne meno quando gli inglesi e gli americani iniziarono a impiegare rudimentali dispositivi di rivelazione acustica e, soprattutto, a scortare in diversi modi i convogli per respingere gli attacchi sottomarini. Nell'autunno del 1917 gli U-boote riuscirono ad affondare appena 200 t di naviglio alleato al mese e i materiali bellici provenienti dall'America iniziarono ad attraversare l'Atlantico a un ritmo sempre più rapido.
Nonostante quanto stabilito dal Trattato di Versailles, che proibiva alla Germania di proseguire nell'attività di sviluppo di tecnologie sottomarine, il nuovo governo tedesco cominciò, sin dalla fine del conflitto, a finanziare le ricerche in questo campo. Verso la metà degli anni Venti la Marina tedesca ‒ con il concorso di gruppi industriali come Krupp Germaniawerft, AG Weser e Vulkanwerft ‒ occultò gli investimenti effettuati per lo sviluppo di tecnologie navali e, in particolare, sottomarine, dietro una serie di società estere. Al tempo stesso, creò un ufficio per la guerra antisottomarina, che si occupava soprattutto di studiare ed elaborare nuove tattiche offensive. Tali attività clandestine furono abbandonate nel 1935, quando il governo presieduto da Adolf Hitler riuscì a ottenere un nuovo trattato navale che consentiva alla Germania di possedere una flotta di U-boote grande quanto quella della Gran Bretagna. La flotta sottomarina tedesca si ampliò molto rapidamente, tanto che nel 1938 contava già 72 sommergibili, e quasi ogni mese erano introdotti nuovi perfezionamenti relativi a torpedini, navi per il rifornimento di combustibile e motori. Il disegnatore di missili Hellmuth Walter (1900-1980) mise a punto un progetto sperimentale basato sull'uso di un motore a perossido d'idrogeno che permetteva di viaggiare in immersione alla velocità di 28 nodi ‒ tre volte maggiore di quella dei sommergibili convenzionali dell'epoca ‒ e di non tornare in superficie per ricaricare le batterie con motori diesel, che avevano bisogno d'aria per funzionare. Il progetto di Walter, tuttavia, non venne sfruttato durante la Seconda guerra mondiale.
Queste conquiste tecniche non furono però accompagnate da uno sviluppo parallelo della teoria strategica operativa. Persino il comandante della flotta sottomarina, Karl Dönitz, che più apertamente di qualsiasi altro ufficiale della Marina tedesca aveva proposto di usare gli U-boote contro il commercio britannico, non espose alcun piano dettagliato relativo al modo in cui condurre una campagna sottomarina contro l'economia di quel paese. I comandanti della flotta subacquea tedesca si mostrarono nel complesso più interessati alle dimensioni delle loro squadre, a considerazioni tattiche di basso livello e a perfezionamenti tecnici di carattere marginale. Di conseguenza, nella fase iniziale della Seconda guerra mondiale lo Stato maggiore della Marina tedesca si mostrò scettico sulla possibilità di usare la flotta sottomarina contro i mercantili; anche in seguito, la teoria non andò al di là dell'enunciazione dell'idea secondo cui i 'branchi di lupi' degli U-boote dovevano affondare tutte le navi da carico alleate che avrebbero incontrato. Con l'avanzare della guerra, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti adottarono un numero sempre crescente di misure antisommergibile (perfezionando, in particolare, la protezione dei convogli e l'uso del potenziale aereo). I comandanti degli U-boote si trovarono perciò a dover operare a distanze molto maggiori di quelle per le quali i loro sommergibili erano stati progettati e in condizioni di minore sicurezza, a causa dell'aumento del traffico radio necessario a coordinare campagne belliche tra loro tanto lontane.
In un primo momento, lo Stato maggiore della Marina britannica si rifiutò di prendere atto della vulnerabilità del paese rispetto agli attacchi sottomarini che miravano a interrompere il flusso dei rifornimenti. Sul piano diplomatico gli inglesi premevano per il disarmo sottomarino e per l'abolizione
di questo tipo di azioni militari; in circostanze che imponevano un maggiore realismo, Londra chiese severe misure restrittive sulla conduzione degli attacchi sottomarini ai mercantili. Dal punto di vista teorico gli esperti britannici erano convinti, non senza ragione, che il successo degli U-boote nel corso della Prima guerra mondiale fosse stato sopravvalutato e che, nelle future guerre navali, il perfezionamento delle tecniche di protezione avrebbe finito per neutralizzare questa minaccia.
Inoltre, gli analisti antisommergibile britannici, che nel periodo tra le due guerre dovettero attenersi a budget molto limitati, facevano un enorme affidamento su un singolo ritrovato tecnologico: l'asdic (acronimo dell'organo burocratico da cui il dispositivo aveva avuto origine, l'Anti-Submarine Detection Investigation Committee). Sviluppato da alcuni insigni fisici verso la fine della Prima guerra mondiale, l'asdic era una prima forma di ecogoniometro ‒ con raggio d'azione di 1 km ca. ‒ il quale, benché non fosse stato sostanzialmente sottoposto ad adeguamenti in funzione dello sviluppo della tecnologia sottomarina, seguitava a essere considerato dagli ufficiali della Marina britannica una soluzione perfetta. In quella che a posteriori può essere valutata come una illusoria campagna informativa, i ministri della Marina dichiararono ripetutamente che l'asdic avrebbe effettivamente impedito ai tedeschi di condurre impunemente un'altra vasta offensiva sottomarina. Il ministero stese inoltre un velo di segretezza, impenetrabile ma pubblico, su tutto ciò che riguardava l'asdic; ordinò di fare riferimento al dispositivo chiamandolo 'asdevite' per confondere le spie straniere e, fino al 1929, ne tenne segreto il vero nome.
Nella migliore delle ipotesi, l'asdic era un grandioso bluff, in quanto presentava un gran numero di problemi tecnici; in particolare, l'impulso di trasmissione spesso sovrastava l'eco durante i 500 m critici dell'avvicinamento del sottomarino al suo obiettivo. Nelle esercitazioni, nove volte su dieci esso non riusciva a impedire ai sommergibili di passare tra i cacciatorpediniere di scorta senza essere avvistati. I pochi ufficiali delle unità antisommergibile che erano al corrente dei suoi limiti furono costretti a fare affidamento su altre 'panacee' tecniche, la più popolare delle quali era costituita dal potenziale aereo. I rappresentanti dell'Aeronautica britannica rilasciavano continuamente dichiarazioni altisonanti sulla capacità della propria arma di neutralizzare la minaccia sottomarina, mentre la Marina era ben lieta di potere affidare a un'altra forza la soluzione di questo problema. Sfortunatamente, la Royal Air Force (RAF) era maggiormente interessata ai bombardamenti strategici che alla caccia ai sommergibili. Come risultato, nessuna delle due armi dedicò sufficienti risorse alla ricerca di tecnologie antisottomarine né alla formazione di esperti in grado di affrontare questa missione, di importanza vitale anche se poco affascinante. Di conseguenza, le capacità antisottomarine britanniche non si svilupparono fino ai primi anni della Seconda guerra mondiale.
Sorte diversa ebbe invece un'altra tecnologia destinata a rivelare la presenza di forze nemiche. Se un infondato ottimismo aveva impedito di riconoscere la necessità di perfezionare il sonar antisottomarino, la presa di coscienza della vulnerabilità del paese nei confronti dei bombardieri nemici fu al contrario determinante per lo sviluppo del radar. Negli anni Venti le preoccupazioni relative ai bombardamenti aerei si erano trasformate in una vera e propria paranoia collettiva; le notizie secondo le quali la flotta francese di bombardieri era più grande di quella della Gran Bretagna scatenarono nel 1922 una crisi politica e, in seguito, condussero alla costruzione di uno specchio acustico fisso di 70 m di lunghezza sulle rive della Manica (rivolto verso la Francia) destinato a rivelare l'arrivo dei bombardieri.
Dopo l'ascesa al potere di Hitler, l'Aeronautica britannica rivalutò la propria capacità di localizzare i bombardieri nemici, giungendo rapidamente alla conclusione che il sistema del muro acustico non lasciava molte speranze. In cerca di un'alternativa, il direttore del Consiglio per la ricerca scientifica del ministero dell'Aeronautica, Herbert E. Wimperis, ottenne dal comandante in capo del comando caccia della Royal Air Force, il vicemaresciallo d'aviazione Hugh Dowding (1882-1970), l'autorizzazione a creare un piccolo comitato esterno di esperti per lo studio delle possibilità tecnologiche di difesa dai bombardieri. Istituito nel gennaio 1935, il comitato era presieduto dal chimico Henry T. Tizard (1885-1959), che in precedenza aveva lavorato come consulente del ministero dell'Aeronautica e in stretta collaborazione con il mondo dell'industria e con quello accademico. Del cosiddetto 'comitato Tizard' facevano parte anche il premio Nobel per la biologia Archibald V. Hill (1886-1977), in possesso di una certa esperienza nel campo dell'artiglieria antiaerea, e il futuro premio Nobel per la fisica Patrick M.S. Blackett (1897-1974), che aveva prestato servizio nella Marina britannica.
Poco dopo la costituzione del comitato, Wimperis si consultò con Hill riguardo all'idea di usare le onde elettromagnetiche come 'raggio della morte' contro gli aeroplani; si chiedeva se fosse possibile impiegare un fascio di onde radio per portare a ebollizione il sangue di un pilota. Wimperis sottopose la questione anche al fisico esperto di onde radio Robert Watson-Watt (in seguito Sir Watson-Watt, 1892-1973) il quale, con l'aiuto dell'assistente Arnold F. Wilkins, scoprì ben presto che l'energia necessaria a determinare l'aumento della temperatura corporea di un pilota nemico con tale mezzo era di gran lunga superiore a quella effettivamente producibile. Tuttavia, Watson-Watt e Wilkins ricordarono a Wimperis gli esperimenti effettuati in precedenza dai fisici americani Gregory Breit (1899-1981) e Merle A. Tuve (1901-1982) per giungere all'utilizzazione di fasci di onde radio quale strumento di esplorazione dell'atmosfera superiore, che erano stati ostacolati dall'interferenza d'eco degli aeroplani di passaggio. Watson-Watt, quindi, consigliò al comitato Tizard di concentrare gli studi sull'utilizzazione delle onde radio come strumento di rivelazione dell'arrivo degli aeroplani, accludendo alla sua relazione una ricerca dettagliata e un piano di sviluppo.
All'inizio della Seconda guerra mondiale, dunque, le capacità di rivelazione radar britanniche erano le più avanzate del mondo. Due innovazioni erano state di fondamentale importanza. La prima era lo sviluppo del magnetron a cavità, un tubo elettronico che operava come spia acustica e poteva generare onde ad altissima frequenza con un consumo energetico molto contenuto; questo componente svolse un ruolo di primo piano per i pratici radar a microonde (di lunghezza d'onda inferiore al metro), capaci di rivelare oggetti molto piccoli più precisamente di quanto avvenisse con onde di maggiore lunghezza. La seconda era un'innovazione di tipo istituzionale che ampliò l'efficacia delle difese radar britanniche: invece di limitarsi ad aggiungere la tecnologia radar alle tradizionali operazioni di localizzazione aerea, si pensò di collegare la catena delle stazioni radar a un centro di controllo, quello di Bentley Priory, che valutava i rapporti ‒ spesso fuorvianti ‒ delle singole stazioni e coordinava in modo conseguente le operazioni di difesa. Questa centralizzazione e questa integrazione operativa si sarebbero dimostrate di importanza vitale per l'esito della battaglia d'Inghilterra, svoltasi nell'autunno 1940.
In Germania, invece, alcune importanti conquiste tecniche non furono sfruttate a fondo. La Marina tedesca aveva iniziato a esplorare le capacità degli strumenti radar sin dagli anni Trenta, creando un'organizzazione industriale, la Gesellschaft für Elektroakustische Mechanische Apparate (GEMA), destinata a coordinare la ricerca in questo campo. All'inizio della guerra, nonostante le erogazioni relativamente limitate di fondi, l'esercito tedesco disponeva in basi terrestri e marine di ottimi radar che operavano a lunghezze d'onda maggiori rispetto a quelli britannici. Tali mezzi tecnicamente avanzati furono però usati in generale per ridurre il numero delle postazioni convenzionali dei corpi d'osservazione; il radar fu innestato su una rete d'osservazione preesistente, inadatta ad affrontare la velocità e il volume di questo tipo di traffico.
Sebbene l'integrazione del radar nel più vasto quadro delle operazioni di difesa aerea fosse stata mal condotta, la Luftwaffe riuscì a integrare con maggiore accortezza il potenziale aereo nel quadro generale delle sue operazioni militari. Nel periodo tra le due guerre lo sviluppo dell'Aeronautica tedesca era stato profondamente condizionato da un'industria civile che comprendeva soltanto due aziende in grado di fabbricare aeroplani su vasta scala (Junkers e Heinkel), che utilizzava perlopiù motori progettati all'estero e che, nel 1933, impiegava solamente quattromila addetti. Ciononostante, sotto la spinta dei programmi strategici offensivi elaborati a partire dalla metà degli anni Trenta, nel corso delle prime fasi del conflitto la Luftwaffe riuscì a inglobare il potenziale aereo tattico e strategico nei suoi piani operativi in modo indubbiamente efficace. In quanto tale, tuttavia, il potenziale aereo tedesco continuava perlopiù a essere usato come supporto nel corso delle operazioni terrestri e marine. Persino i bombardamenti strategici erano programmati soprattutto per facilitare la riuscita di altre operazioni e non per tentare di danneggiare irrimediabilmente la struttura industriale dei paesi nemici.
Se gli strateghi britannici della guerra aerea erano liberi, dal punto di vista istituzionale, di indagare sulle prospettive del bombardamento strategico come forma autonoma di guerra, sotto l'aspetto tecnologico il comando dei bombardieri della RAF era afflitto da quella sorta di eccessiva fiducia che aveva impedito di mettere a punto un efficace sonar antisommergibile. Convinta che il bombardamento strategico delle città avrebbe 'messo in ginocchio' l'economia industriale dei paesi nemici, sino alla fine degli anni Trenta la RAF investì molto poco nella formazione o nella tecnologia destinata a perfezionare l'identificazione del bersaglio, l'esattezza della navigazione e la precisione dei bombardamenti. Durante la Seconda guerra mondiale il comando dei bombardieri si limitò a ordinare lo sgancio di bombe incendiarie su vaste aree, soprattutto perché non era preparato per altri tipi di operazioni.
Nel 1900 il sistema industriale statunitense era ormai decisamente caratterizzato da uno sviluppo fondato sull'innovazione tecnologica. Fino a cinquant'anni prima dell'inizio della grande guerra, il paese aveva svolto nell'industria internazionale un ruolo importante ma non decisivo e il suo prodotto interno lordo stentava a uguagliare quelli delle grandi potenze industriali europee. Al volgere del secolo, invece, gli Stati Uniti dominavano la scena, tanto che il loro prodotto interno lordo era arrivato a equivalere alla somma di quelli della Germania, della Gran Bretagna e della Francia. Il decennio seguente vide l'economia di questo paese subire un'espansione ancora più spettacolare, in gran parte basata sulle nuove tecnologie. Insieme alle vecchie industrie ‒ come quelle dell'acciaio e del petrolio, che alla fine del XIX sec. avevano alimentato la crescita economica statunitense ‒ quelle che producevano automobili, telefoni, apparecchi radiofonici e beni e servizi elettrici, trasformarono gli Stati Uniti in un colosso industriale.
L'inclinazione per lo sviluppo di nuove tecnologie interessò anche la sfera del pensiero militare: i successi americani si basavano sull'uso di forze armate tecnologicamente modernizzate, tra le quali si distingueva la Marina. Grazie all'impiego di una tecnologia di maggiore efficacia, nel 1898 gli statunitensi avevano avuto la meglio sugli spagnoli, che disponevano di un esercito più grande ma obsoleto, e avevano iniziato a costruire un impero coloniale nel Pacifico e nel Mar dei Caraibi.
Nel periodo tra le due guerre, però, il processo di innovazione militare fu ostacolato da un contesto politico sfavorevole. Benché il primo conflitto mondiale, breve e poco dispendioso per gli USA, si fosse risolto in un relativo successo (essi vi avevano partecipato soltanto per 19 mesi subendo perdite insignificanti rispetto a quelle registrate dai loro alleati europei), le circostanze politiche dell'intervento avevano indebolito la posizione dei militari. Al contrario delle potenze europee, gli Stati Uniti non dovevano riscattare un territorio né onorare alleanze militari e, per essi, l'azione bellica non poteva rappresentare la disperata battaglia per la sopravvivenza nazionale.
Seguì dunque una fase di radicale disimpegno rispetto agli affari militari e politici mondiali: gli Stati Uniti non sottoscrissero il Trattato di Versailles e non entrarono a far parte della Lega delle Nazioni. Nella letteratura popolare e negli articoli delle riviste gli americani leggevano che la guerra era stata un'impresa superflua, nella quale erano stati trascinati dagli intrighi orchestrati dagli inglesi e dalla bramosia di profitti dei produttori di armi. In questo periodo gli USA conclusero una serie di accordi per la limitazione degli armamenti con le altre potenze navali, sottoscrivendo il Trattato navale di Washington nel 1921 e il Trattato navale di Londra nel 1930; furono inoltre tra i paesi promotori del Patto Kellogg-Briand, stretto nel 1928, per il rifiuto della guerra nelle controversie internazionali. I presidenti eletti dopo la fine del conflitto erano contrari a ulteriori interventi militari all'estero e, in aperta contrapposizione all'internazionalismo del presidente del periodo bellico Woodrow Wilson (1856-1924), parlavano di un 'ritorno alla normalità'.
Come i loro colleghi europei, quindi, gli esperti militari statunitensi si trovarono fortemente condizionati da budget limitati e da un'opinione pubblica avversa agli interventi militari. Verso la metà degli anni Trenta, quando nubi di guerra si addensarono ancora una volta nel cielo europeo, l'isolamento geografico degli USA permise tuttavia ai suoi strateghi di esplorare nuove possibilità, senza subire l'enorme pressione derivante dall'imminenza di un nuovo conflitto. Inoltre, nonostante la crisi provocata dalla depressione economica globale degli anni Trenta, grazie alla loro gigantesca base industriale gli USA registrarono una rapida ripresa; questa consentì di mettere a disposizione della ricerca e dello sviluppo di nuovi strumenti bellici capitali e risorse tecniche di gran lunga superiori a quelli di cui disponevano i paesi europei. Di conseguenza, gli sviluppi operativi e tecnologici nei campi della guerra sottomarina, del radar e del bombardamento strategico trasformarono l'American way of war più ampiamente e profondamente che in Europa.
Per esempio, prima del 1942 gli strateghi della Marina statunitense ebbero il tempo e lo spazio necessari all'elaborazione di una visione dettagliata del modo in cui i sommergibili potevano contribuire a stroncare il commercio giapponese in un'eventuale guerra nel Pacifico. Le frequenti e dettagliate simulazioni effettuate presso il Naval War College di Rhode Island dimostravano come una guerra navale con il Giappone, chiamata in codice War Plan Orange, potesse utilizzare contemporaneamente gli attacchi di corazzate e di portaerei, gli sbarchi anfibi dell'esercito e dei marine e le incursioni sottomarine contro il naviglio mercantile, per consentire agli USA di avanzare dalle Hawaii alle Filippine in vista dell'attacco finale alle isole giapponesi. Forti di una base industriale senza pari nel campo dello sviluppo dei motori marini, gli Stati Uniti erano in grado di sviluppare sommergibili a lungo raggio e, subito dopo Pearl Harbor, diedero inizio a una guerra sottomarina devastante e senza quartiere contro il Giappone.
Del relativo isolamento del paese beneficiarono anche le ricerche sul radar. La grande distanza dall'Europa (e lo scarso sviluppo degli apparati di intelligence) faceva sì che i ricercatori americani che si occupavano del radar fossero poco informati sull'avanzamento delle ricerche in Germania e in Gran Bretagna, ma li portava anche a non considerare questo dispositivo in termini essenzialmente offensivi (come gli strateghi tedeschi) o essenzialmente difensivi (come quelli inglesi). Pure in questo caso la ricerca sul radar e i relativi progetti, benché relativamente limitati e non coordinati tra loro, si avvalsero dell'esistenza di industrie elettrotecniche e radiotecniche avanzate, come, per esempio, la Radio Corporation of America (RCA), la Westinghouse e la General Electric. Nel 1940, quando una missione segreta di Tizard mise a disposizione degli americani i risultati della ricerca scientifica e tecnologica britannica ‒ tra le altre si ricordano le informazioni sulla fissione atomica, i motori aerei e il magnetron a cavità ‒ gli Stati Uniti lanciarono un vasto programma di sviluppo radar. Le operazioni furono guidate dai fisici formatisi negli anni Trenta in questo ramo dell'elettronica e nel corso delle ricerche di gruppo condotte nei laboratori del ciclotrone. Diretto dal nuovo Radiation Laboratory (così chiamato per dissimularne gli scopi), situato presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), il programma radar statunitense fu avviato con un finanziamento iniziale di 600.000 dollari (455.000 dollari devoluti al MIT e il resto alle industrie); alla fine della guerra, si calcolò che il Radiation Laboratory aveva speso 43 milioni di dollari l'anno e impiegato quasi 4000 lavoratori. Grazie a questo grande sforzo, gli Stati Uniti e i loro alleati riuscirono a costruire il radar a microonde di bordo, il radar di intercettazione aerea, il radar di puntamento e a generare fasci radar, utilizzabili sia come strumenti di assistenza alla navigazione, sia come contromisura per la difesa dai radar tedeschi.
Il più importante esempio verificatosi in questo periodo di passaggio d'egemonia tra opzioni strategiche di guerra è costituito da un'evoluzione che richiese una serie di grandi e complessi sforzi nella ricerca e nello sviluppo e che riguardò l'aviazione militare, in particolare il bombardamento strategico. La dottrina e la tecnologia del bombardamento strategico, affermatesi negli Stati Uniti negli anni Venti e Trenta, avrebbero trasformato la natura della guerra nel corso del secondo conflitto mondiale e contribuito in larga misura a definire la 'cornice' della guerra fredda, che avrebbe dominato la seconda metà del XX secolo.
Al contrario del resto delle forze armate statunitensi, gli Air Corps non avevano subito alcun 'trauma professionale' durante la Prima guerra mondiale. Se la guerra di trincea era universalmente considerata disumana e ignobile, i guerrieri dell'aria statunitensi avevano mantenuto un'aura quasi cavalleresca. Gli scontri aerei erano dominati da professionisti, da membri di un'élite, cavalieri del cielo che si affrontavano in veri e propri duelli, dove la vittoria apparteneva al contendente più valoroso e coraggioso. Dopo l'armistizio, i soldati dell'aviazione continuarono a considerare gli Air Corps e la stessa guerra aerea come la forma più professionale di servizio militare, soprattutto rispetto all'indiscriminata carneficina degli scontri di trincea.
Molti comandanti dell'esercito, ai quali gli Air Corps erano soggetti dal punto di vista istituzionale, non condividevano questa opinione. Il colonnello William Mitchell (1879-1936) difese l'idea secondo cui le forze aeree dovevano essere indipendenti. Comandante della piccola forza aerea americana nel corso della Prima guerra mondiale, Mitchell era rimasto affascinato dalle concezioni dei comandanti delle forze aeree europee, come il generale inglese Hugh Trenchard (1873-1956) e il generale italiano Giulio Douhet (1869-1939), secondo i quali in futuro i conflitti sarebbero stati dominati dai bombardamenti aerei delle città. Le aperte critiche rivolte da Mitchell ad alcuni comandanti dell'Esercito e della Marina diedero luogo a una condanna per insubordinazione del colonnello che, nel 1926, lasciò l'Esercito. I suoi seguaci Carl Spaaz, Haywood Hansell e Henry 'Hap' Arnold, in seguito divenuti alti ufficiali degli Air Corps, seguitarono a rivendicare una maggiore indipendenza e libertà d'innovazione per la forza aerea.
I membri del centro di innovazione teorica dell'aviazione militare, l'Air Corps Tactical School (ACTS), in generale condividevano l'importanza accordata da Mitchell al bombardamento strategico, pur interpretandolo in modo completamente diverso. Rendendosi conto che l'idea, difesa da Mitchell, di bombardare le città (creando il panico tra i civili) sarebbe stata inaccettabile per l'opinione pubblica e per il Congresso, gli strateghi dell'ACTS si schierarono per il bombardamento di precisione delle strutture industriali. Bombardamenti massicci ma ben studiati sulle forze aeree nemiche e sulle fabbriche di munizioni avrebbero inevitabilmente e materialmente (ossia non soltanto psicologicamente) distrutto la capacità bellica dei paesi nemici. In seguito, i teorici dell'ACTS sostennero anche l'idea che i bombardamenti avrebbero dovuto essere effettuati soprattutto di giorno, in quanto la luce solare avrebbe consentito di operare con una precisione maggiore.
Per rendere tecnicamente possibile il bombardamento strategico, gli Air Corps svilupparono una rete diversificata di organizzazioni di ricerca e sviluppo che formarono il nucleo di quello che più tardi divenne un grande complesso accademico, industriale e militare. Pur non potendo fare a meno dell'esperienza tecnica degli organismi governativi civili, dell'industria privata e delle istituzioni accademiche, gli Air Corps rivestirono un ruolo di primo piano nella direzione di tale programma. La maggior parte del lavoro si svolse presso la loro Divisione equipaggiamento, che fu poi trasferita a Wright Field, in Ohio, nel cuore della nascente industria aeronautica. Gli impianti di Wright Field, che impiegavano circa 2000 addetti nel 1939, includevano diverse gallerie del vento di livello internazionale, il banco di prova per propulsori più grande del mondo e laboratori specifici per aerei, apparati motori, propulsori, armamenti, operazioni fotografiche, equipaggiamento di volo, materiali, medicina aerea e radio di bordo.
Se la Divisione equipaggiamento si occupava della ricerca applicata, quella di base era di competenza del National Advisory Committee for Aeronautics (NACA), un organismo creato nel 1915. Benché avesse il compito di orientare e coordinare la ricerca aeronautica per conto di tutto il governo federale, il NACA era strettamente legato agli Air Corps, ai quali, durante gli anni Venti e Trenta, richiese regolarmente elenchi di progetti di ricerca in ordine di importanza; in seguito, avrebbe realizzato a sue spese molti dei loro progetti. Gli Air Corps poterono così avvalersi della ricerca di base condotta attraverso il NACA, che includeva indagini sugli effetti prodotti dai diversi combustibili sugli isolanti delle candele d'accensione, sul comportamento aerodinamico delle carlinghe per motori, sugli schemi di eliminazione del ghiaccio dalle ali e dalla fusoliera e sul rapporto teorico ed empirico esistente tra la velocità periferica della girante e il rendimento. Verso la metà degli anni Trenta i test effettuati nella galleria del vento del NACA fornirono agli Air Corps dati molto importanti relativi alle caratteristiche di volo di grandi prototipi di bombardieri.
Le conoscenze acquisite attraverso la ricerca di base e applicata erano combinate tra loro nell'industria aeronautica. Dai suoi esordi sino alla fine della Seconda guerra mondiale essa operò, per quanto di positivo e di negativo ciò potesse significare, in simbiosi con l'esercito; sin dall'inizio, non vi fu in pratica una netta linea di demarcazione tra queste due realtà. Società aeronautiche private gestivano scuole di volo che formavano piloti destinati ad arruolarsi nell'aviazione militare e i piloti militari spesso facevano la spola tra le società private e le forze aeree. Molti piloti degli Air Corps lasciavano l'esercito per divenire dirigenti di società aeronautiche private e alcuni ne fondarono di proprie. Per gli Air Corps l'industria privata era una preziosa fonte di innovazioni tecniche. Fu facile, per esempio, ridisegnare il grande e ben riuscito aeroplano Boeing da trasporto Monomail per trasformarlo in bombardiere e, verso la fine degli anni Trenta, il famoso DC-2 da trasporto della Douglas Aircraft diede origine al bombardiere B-18. Già molto prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, la Divisione equipaggiamento aveva ceduto il compito di progettare nuovi modelli all'industria privata.
Gli sforzi degli USA nell'area della ricerca e dello sviluppo del potenziale aeronautico furono rafforzati da alcune iniziative filantropiche. Nel 1922 cinque università offrivano corsi di ingegneria aeronautica e soltanto due di esse potevano rilasciare diplomi di laurea. Nel 1926 il Daniel Guggenheim Fund per la promozione dell'aeronautica, una fondazione filantropica privata creata soprattutto grazie all'entusiasmo dei due figli aviatori di Guggenheim, decise di attivarsi per cambiare tale stato di cose: disponendo per questa impresa di quasi 3 milioni di dollari, esso dotò di scuole di aeronautica Stanford, il California Institute of Technology (Caltech), la University of Michigan, il MIT, la University of Washington e molte altre, creando un polo di formazione che svolse un ruolo fondamentale sino alla fine della Seconda guerra mondiale. I fondi messi a disposizione dal Guggenheim Fund attrassero al Caltech uno dei migliori allievi di Ludwig Prandtl, l'ungherese Theodore von Kármán (1881-1963); il suo gruppo guidò la ricerca di base nel campo della dinamica dei fluidi e dell'aeronautica e, negli anni Trenta, ebbe una posizione di primo piano nello sviluppo di diversi grandi aerei da trasporto militari. La ricerca sui propulsori condotta a Stanford divenne un elemento basilare del lavoro svolto dal NACA in questo ambito. La scuola di aeronautica della University of Washington strinse forti legami con la Boeing Corporation di Seattle; praticamente tutti i modelli Boeing erano sottoposti a verifica nella galleria del vento di quella università. Il MIT e la University of Michigan si concentrarono sulla formazione di ingegneri destinati a lavorare per l'industria e il governo; nel 1942, la maggior parte dei senior researchers aeronautici si era laureata presso le scuole create dal Guggenheim Fund.
In questo periodo l'uso di una simile rete decentralizzata di istituzioni impegnate in attività di ricerca e sviluppo per le forze aeree e il bombardamento strategico fu adottato anche in altri settori. Nel corpo dei marine, per esempio, gli ufficiali iniziarono ad avvalersi della Marine Corps School (omologa dell'Air Corps Tactical School) per elaborare un nuovo tipo di operazioni militari ‒ gli interventi anfibi ‒ e lavorarono a stretto contatto con i progettisti e gli ingegneri della Marina e dell'industria privata per creare la motozattera e altre tecnologie necessarie a rendere possibili tali operazioni. Dinamiche analoghe favorirono l'evoluzione di mezzi corazzati, di aerei da trasporto e di sommergibili. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale l'esercito statunitense aveva già sviluppato la maggior parte delle strategie e delle macchine che avrebbero definito i caratteri del conflitto.
Durante il conflitto le potenzialità tecniche della Germania continuarono a essere profondamente influenzate da fattori istituzionali. Nel 1939, pochi mesi dopo la scoperta della fissione dell'uranio, il Centro direttivo per gli armamenti dell'Esercito tedesco (Heereswaffenamt) avviò un progetto segreto sull'uranio, allo scopo di esplorare le potenzialità dell'energia e delle armi atomiche; l'iniziativa fu presto trasferita al ministero dell'Educazione, rimanendo tuttavia sotto la stretta supervisione dell'Esercito. Diretto dai fisici Walter Gerlach (1889-1979) e Werner Karl Heisenberg (1901-1976), il progetto risentì pesantemente dell'interferenza delle autorità militari; inoltre, l'emigrazione forzata, causata dalle leggi naziste antisemite, aveva indebolito fortemente la comunità dei fisici tedeschi. Gravi furono anche le conseguenze di scelte tecniche sbagliate, come la decisione, da parte di alcuni capiprogetto, di escludere l'uso della grafite quale moderatore di neutroni; ciò rese necessario il tentativo di impiegare allo scopo acqua pesante, molto più difficile da utilizzare e da ottenere. Il gruppo di lavoro del progetto sull'uranio, tenuto costantemente sotto pressione dalle autorità militari che richiedevano risultati in breve tempo, non riuscì mai ad acquisire quella conoscenza pratica dell'attività tecnica e industriale necessaria per la realizzazione di una bomba o di un reattore nucleare.
L'Esercito tedesco sovrintendeva, inoltre, a tutte le attività di ricerca finalizzate alla realizzazione delle bombe volanti (una prima versione dei moderni missili cruise) e dei missili balistici, che gli Alleati denominarono, rispettivamente, V1 e V2. La V1 era una bomba senza pilota, azionata da un pulsoreattore; non essendo guidata, non era possibile dirigerla sul bersaglio in modo preciso, ma aveva sufficiente portata e stabilità da riuscire a colpire Londra da una base di lancio situata sulle coste della Francia. La V2, chiamata A4 dai tedeschi, era stata realizzata da Wernher von Braun (1912-1977) per il Heereswaffenamt. Si trattava di un missile a propellente liquido, in grado di trasportare una notevole quantità di esplosivo e di viaggiare a velocità supersonica lungo una traiettoria che attraversava la Manica. Ambedue i progetti subirono ritardi organizzativi, causati sia dalla concorrenza ‒ dovuta alle scarse risorse destinate ai diversi programmi militari di ricerca ‒ sia dalle capricciose intromissioni di Hitler. Durante l'intero corso della guerra, la personale valutazione di Hitler sulla situazione militare si tramutò di volta in volta in accelerazioni drastiche o in frustranti ritardi, a seconda che i programmi per la V1 e la V2 si portassero ai primi posti o precipitassero agli ultimi nella graduatoria delle priorità. Di conseguenza, la V1 fu disponibile, in piccole quantità, soltanto a partire dall'aprile del 1944, troppo tardi per sconvolgere i preparativi di invasione dell'Europa in giugno da parte degli Alleati; la V2 non fu operativa fino al settembre del 1944, quando gli eserciti alleati già si muovevano attraverso la Francia.
Negli USA la dinamica avviata nel campo della ricerca e dello sviluppo sin dagli anni Venti, subì dopo il 1939 un processo di accelerazione. Quando l'intervento statunitense iniziò ad apparire inevitabile le esigenze della guerra moderna imposero di accordare una maggiore attenzione e di destinare più ingenti risorse all'ingegneria della produzione. Nel 1940 il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt (1882-1945) dichiarò che al paese occorreva un'industria aeronautica in grado di produrre 10.000 aeroplani l'anno e, più tardi, fissò l'obiettivo a 50.000. L'industria militare e quella privata organizzarono quindi una mobilitazione che finì per trasformare la capacità del paese di produrre automobili, frigoriferi e trattori in un gigantesco dispositivo per la realizzazione di navi, aeroplani, carri armati e artiglieria. Alla fine della guerra una fabbrica Ford, convertita alla produzione di aeroplani, impiegava 20.000 dipendenti e produceva un bombardiere quadrimotore pesante l'ora. La velocità e l'efficacia sorprendenti di questa conversione industriale consentirono agli USA, più di qualsiasi conquista tecnica, di assumere una posizione dominante nel corso del conflitto.
In questo contesto le università rivestirono un ruolo di primo piano. In linea con l'imperativo professionale di dimostrare la propria utilità al pubblico statunitense, notoriamente utilitarista, la comunità degli scienziati accademici iniziò a mobilitarsi per dare un più ampio contributo alla ricerca bellica. Durante la Prima guerra mondiale un tentativo analogo ‒ da cui ebbe origine il National Research Council ‒ era già stato intrapreso con limitato successo sotto la guida di universitari quali il fisico Robert A. Millikan (1868-1953) e l'astronomo George Ellery Hale (1868-1938), incontrando scarso successo. Per la Seconda guerra mondiale il presidente del MIT, il fisico Karl T. Compton (1887-1954), il rettore della Harvard University, il chimico James Bryant Conant (1893-1978), e il preside del MIT, l'ingegnere Vannervar Bush (1890-1974), svolsero un lavoro istituzionale di più vasto respiro.
Il primo motore di tale iniziativa fu Bush. Figura di primo piano del MIT, egli poteva contare su solide relazioni a Washington, dove aveva operato come presidente del NACA e della Carnegie Institution, un ente filantropico privato attivo nel finanziamento della ricerca scientifica. Poco dopo l'inizio della guerra Bush si rese conto che, per esplorare lo spettro delle applicazioni militari della scienza e della tecnologia, il governo federale doveva avvalersi di un organismo bene organizzato e ben diretto, in grado di impiegare scienziati e ingegneri di formazione accademica. Grazie alle sue relazioni a Washington, nel giugno 1940 egli poté sottoporre personalmente la propria idea a Roosevelt che, poco dopo, approvò la creazione del National Defense Research Committee (NDRC), del quale Bush assunse la presidenza.
Nel corso dell'anno seguente Bush inglobò il NDRC nel lavoro del NACA e degli organismi militari di ricerca e sviluppo. Ben presto egli si rese conto che il principio militare di territorialità istituzionale avrebbe potuto ostacolare la circolazione di idee di fondamentale importanza; pertanto il NDRC, oltre a condurre indagini su nuove tecnologie militari, doveva poter approvare l'elaborazione di prototipi anche per una produzione in serie. A tal fine, nel maggio 1941 Bush collaborò alla stesura di un ordine presidenziale che stabiliva la creazione dell'Office of Scientific Research and Development (OSRD). Disponendo di un budget e di un potere decisionale molto ampi, l'OSDR assorbì il NDRC e divenne l'organismo guida delle attività di ricerca e sviluppo; diresse lo studio e la realizzazione del radar militare (soprattutto attraverso il Radiation Laboratory del MIT), della spoletta di prossimità (in cooperazione con la Marina e la Johns Hopkins University), dei carri anfibi, dei cercamine magnetici, dei lanciafiamme e dei bazooka, dei razzi di sbarramento e dei missili aerotrasportati, così come dei processi di produzione su larga scala di farmaci contro la malaria e della penicillina, spendendo circa 500 milioni di dollari, in gran parte destinati alle università.
Bush smussò sapientemente i motivi d'attrito esistenti tra gli organismi militari e civili, creando un certo equilibrio tra il desiderio di segretezza dei militari e l'aspirazione degli scienziati alla libertà di comunicazione. Egli diede prova di grande abilità soprattutto nel corso del più arduo sforzo bellico di ricerca, il Manhattan Project. Le indagini relative alla possibilità di costruire una bomba atomica furono intraprese negli USA inizialmente sotto la spinta di alcuni fisici civili (molti dei quali provenienti dalle regioni dell'Europa centrale e orientale occupate dai tedeschi); a questo proposito si ricorda la celebre lettera scritta da Leo Szilard e Albert Einstein nell'agosto 1939 al presidente Roosevelt ma, soprattutto, il rapporto redatto nell'estate del 1940 da alcuni fisici rifugiati in Gran Bretagna, secondo i quali la massa critica dell'uranio era abbastanza piccola da rendere la costruzione della bomba possibile dal punto di vista tecnico. Date le sue origini civili, il progetto fu dapprima avviato nel quadro di un organismo civile, il NDRC (e più tardi in quello dell'OSRD) ma, quando arrivò il momento di passare dai calcoli teorici alla progettazione e alla produzione, Bush riconobbe che le dimensioni dell'impresa e il bisogno di segretezza richiedevano il controllo militare. Nell'estate del 1942, quindi, il progetto della bomba atomica passò sotto il controllo dell'Army Corps of Engineers e, sotto il nome di Manhattan Engineer District, fu diretto dal generale Leslie Groves per tutta la durata del conflitto. Bush, Conant e Compton rimasero strettamente legati al progetto ma la ricerca sulle armi nucleari tornò a essere assoggettata al controllo di un organismo civile soltanto dopo la fine della guerra.
Al termine del conflitto, il quadro istituzionale del settore ricerca e sviluppo militare degli USA era profondamente mutato rispetto a quello del periodo tra le due guerre. Se alla fine degli anni Trenta il governo investiva non più di 50 milioni di dollari l'anno nel settore, il Manhattan Engineer District da solo richiese 2 miliardi di dollari in tre anni. Fatto ancor più rilevante, il possente e aggressivo complesso accademico, industriale e militare delle istituzioni impegnate in questo ambito aveva dimostrato di essere indispensabile per il successo delle operazioni militari, conferendo così alla ricerca scientifica una nuova importanza politica. Dopo la guerra il settore ricerca e sviluppo divenne un dispositivo permanente della politica per la sicurezza nazionale degli USA. Attraverso l'Atomic Energy Commission (poi Department of Energy), il Department of Defense (in particolare l'Office of Naval Research) e altri organismi federali, il governo attivò generosi stanziamenti a favore di una moltitudine di laboratori operanti nel campo della ricerca militare, alcuni creati e gestiti dal governo stesso, altri diretti per conto del governo da imprenditori privati e molti altri ancora attivi nelle industrie private e associati alle università. Nel corso della guerra fredda circa la metà di tutti gli scienziati e ingegneri attivi negli USA furono impegnati nella ricerca in ambito militare. Oggi, il budget del quale usufruiscono i programmi di ricerca e sviluppo statunitensi supera l'insieme delle spese militari della maggior parte delle altre nazioni. Alla fine del XX sec. le forze armate altamente tecnologizzate che sono state il risultato di tale processo hanno consentito agli USA di assumere una posizione di primo piano sulla scena mondiale, trasformando profondamente sia la natura dei conflitti bellici e il modo in cui questa è percepita dalla popolazione sia i giudizi politici relativi alla liceità dell'uso della guerra come strumento della volontà nazionale.