La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. La fisica dello stato solido
La fisica dello stato solido
La nascita della fisica dello stato solido, destinata a rivestire un ruolo di primaria importanza nello sviluppo del mondo moderno, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale passò sostanzialmente inosservata. La definizione stessa di 'fisica dello stato solido' era ancora sconosciuta nel 1920, né esisteva alcun settore di studi o gruppo di ricercatori cui potesse essere riferita. Il problema di maggior interesse per i fisici di quel periodo era la spiegazione delle proprietà dei singoli atomi (ossia la 'fisica atomica'); altri campi ‒ come le ricerche sul magnetismo, sulle proprietà elettriche dei metalli o la cristallografia ‒ tendevano ad avere un legame più stretto con le applicazioni pratiche e inoltre gli scambi di informazioni tra i vari settori erano di entità modesta.
Un considerevole numero di fisici sperimentali proseguiva programmi di ricerca inaugurati nel XIX sec., sottoponendo i materiali solidi a tutte le forze e le radiazioni note nella speranza di acquisire conoscenze importanti. A Harvard, per esempio, Percy W. Bridgman (1882-1961) scelse volontariamente di lavorare nel solco della tradizione americana del pragmatismo e continuò il programma di studi da lui stesso avviato alcuni decenni prima, mirante a individuare tecniche ingegnose per riuscire ad applicare pressioni estremamente alte ai solidi, con l'intento di studiarne gli effetti sulla loro struttura cristallina e sulle loro proprietà elettriche, magnetiche e termiche. Allo stesso modo, Pierre Ernest Weiss (1865-1940), a Strasburgo, continuò le sue ricerche di vecchia data sul magnetismo. In base ai propri esperimenti e a quelli di altri ricercatori, sin dal 1926 egli fu in grado di spiegare molti fenomeni descrivendo un materiale magnetizzabile come costituito da un mosaico di piccole aree, denominate per l'appunto 'domini di Weiss', ognuna delle quali costituisce un'unità cristallina in cui tutti gli atomi sono allineati parallelamente tra loro secondo uno stesso orientamento locale. Magnetizzare un materiale non significa cambiare l'orientamento di tutti gli atomi, spiegò Weiss, bensì implica lo slittamento delle pareti tra i domini, in modo tale che alcune unità cristalline aumentino le proprie dimensioni a spese delle altre. Questi studi furono proseguiti da Bridgman. L'attività di Weiss e di altri scienziati del settore ispirò ulteriori ricerche di grande interesse pratico, ma era ormai evidente che queste indagini non erano in grado di offrire una chiave di lettura che potesse spiegare i misteri fondamentali dell'atomo.
Maggiori speranze aveva suscitato la cristallografia, dal momento che gli scienziati potevano ora osservare come l'interazione fra atomi di elementi differenti si riflette sulla loro disposizione finale nella struttura cristallina. Inviando raggi X attraverso i cristalli si producevano su una lastra fotografica spettri di diffrazione, che potevano essere analizzati per rivelare tutti i dettagli della struttura cristallina. Gli studi con i raggi X avevano fornito già alla fine degli anni Venti informazioni molto importanti sugli allineamenti degli atomi nei reticoli dei principali tipi di cristalli semplici. L'elaborazione teorica più interessante si deve a Ludwig Prandtl (1875-1953), un pioniere della meccanica dei fluidi, che a Gottinga aveva sviluppato anche un modello secondo il quale un cristallo perfetto sarebbe dovuto risultare straordinariamente resistente alle sollecitazioni meccaniche, contribuendo in tal modo ad attirare l'attenzione dei fisici verso la problematica della resistenza dei materiali. Si fece più concreto il sospetto che, come per la magnetizzazione di Weiss, eventi interessanti quali la fratturazione e la deformazione avessero luogo proprio in corrispondenza degli strati che delimitavano le superfici di piccoli grani cristallini. Nel 1934 il fisico di Cambridge Geoffrey I. Taylor (1886-1975), insieme ad altri ricercatori, cominciò a rappresentare tali eventi attraverso 'dislocazioni' di file di atomi. Nel frattempo i cristallografi utilizzavano i raggi X per studiare come si deformavano i cristalli sottoposti a sollecitazione e anche per rilevare come si allocavano le impurezze tra i grani di un metallo, suggerendo il modo per controllare scientificamente le proprietà delle leghe. In tutti questi settori gli studi svolti promossero un grande sviluppo di ricerche applicate ma non ebbero come risultato alcuna scoperta di carattere realmente fondamentale. In effetti la strada maestra per riuscire a spiegare le proprietà atomiche non passava per lo studio dei solidi bensì, come risultò, per la spettroscopia.
I fondamenti per un nuovo approccio allo studio dei materiali, che si sarebbe presto consolidato nella disciplina della fisica dello stato solido, furono tracciati nel 1925 e nel 1926. La meccanica quantistica, elaborata da Erwin Schrödinger (1887-1961) e Werner Heisenberg (1901-1976) per spiegare gli spettri atomici, era in linea di principio in grado di interpretare tutte le interazioni tra gli atomi. Alcuni fisici proseguirono le ricerche in questa direzione, con la finalità di mostrare come la meccanica quantistica potesse descrivere il legame tra una coppia di atomi in molecole semplici, altri invece applicarono immediatamente la teoria ai solidi nella loro interezza.
Il loro primo intento fu quello di risolvere un problema che aveva impegnato i fisici a lungo ma senza risultati. Un modello sviluppato prima della Prima guerra mondiale da Paul Drude (1863-1906) e da altri descriveva gli elettroni in un metallo come un gas di particelle non interagenti, il cui movimento veniva ostacolato solo dagli urti con il reticolo degli atomi. Tale modello era in grado di spiegare abbastanza bene importanti proprietà dei metalli ma, inesplicabilmente, risultava inadeguato rispetto ad alcuni punti essenziali. In particolare, un gas di elettroni liberi avrebbe dovuto avere una capacità termica molto elevata, che i metalli reali si ostinavano a non mostrare.
Una nuova teoria dei metalli fu sviluppata nell'ambito di un ristretto circolo di fisici di lingua tedesca che si conoscevano bene tra loro. Molti di essi avevano studiato presso l'Istituto di fisica di Arnold Sommerfeld (1893-1951) a Monaco e si tenevano in stretto contatto attraverso un efficiente sistema postale, quasi fossero riuniti intorno alla stessa lavagna. Wolfgang Pauli (1900-1958) era uno dei capostipiti di questo gruppo, poiché aveva scoperto il fondamentale principio di esclusione, che spiegava molte caratteristiche degli spettri atomici: secondo questo principio, due particelle con una funzione d'onda quantomeccanica antisimmetrica non possono occupare lo stesso stato quantico. La derivazione della statistica cui obbediscono tali particelle risale al 1926 e si deve a Enrico Fermi e a P.A.M. Dirac. Tuttavia, altri tipi di particelle possono avere funzioni d'onda simmetriche, e sono soggette quindi a un tipo di statistica completamente diverso, sviluppato da Satyendranath Bose e Albert Einstein.
Pauli elaborò una teoria del paramagnetismo per il sistema di elettroni non interagenti nei metalli introdotto per la schematizzazione dei metalli e, nel 1927, annunciò che le particelle nei solidi obbedivano alla statistica di Fermi-Dirac. A temperature ordinarie gli elettroni tendono a occupare, uno per stato, i livelli elettronici disponibili a energie via via crescenti. Soltanto una piccola frazione degli elettroni con energie prossime a quella dell'ultimo livello energetico occupato (caratterizzato dal massimo valore di energia, detta energia di Fermi) è libera di rispondere alla sollecitazione di un campo magnetico spostandosi negli stati vuoti vicini. Questo spiegava perché un metallo presentasse un paramagnetismo molto più basso di quello che ci si aspetterebbe da un gas di elettroni completamente liberi. Pauli non andò oltre, perché il suo principale interesse era la meccanica quantistica in quanto tale, e fu Sommerfeld che, lavorando a stretto contatto con i suoi allievi a Monaco, s'impegnò nell'intento di costruire un teoria quantomeccanica completa degli elettroni liberi dei metalli, dei quali, nel 1928, era già in grado di spiegare la bassa capacità termica: anche in tal caso, potevano contribuire soltanto i pochi elettroni che occupavano i livelli più alti. Questo e altri risultati straordinari catturarono l'attenzione di diversi fisici teorici, i quali cominciarono a sperare di disporre finalmente degli strumenti per comprendere i solidi. Tuttavia, tale entusiasmo fu presto ridimensionato perché la formulazione di Sommerfeld non riusciva a superare importanti test teorici. Alcuni, ancora più critici, iniziarono a dubitare dei risultati stessi della teoria: dal momento che i cristalli sono sostanzialmente costituiti da ioni, con i quali gli elettroni avrebbero dovuto essere incessantemente in collisione, appariva difficile giustificare un modello in cui gli elettroni si muovessero liberamente.
La risposta venne dall'Università di Lipsia, dove Heisenberg trasportò lo stile di Monaco, basato sulla formulazione di teorie ardite in un ambito di discussione informale. Egli era vivamente interessato ad applicare la meccanica quantistica ai solidi e in modo particolare al ferromagnetismo. Heisenberg assegnò il problema dei metalli come argomento per la tesi di dottorato a Felix Bloch (1905-1983), che nel 1928 trovò il punto di partenza per una soluzione: la funzione d'onda di un elettrone in un reticolo monodimensionale di ioni perfettamente regolare si poteva scrivere come il prodotto di una semplice funzione periodica per un'onda libera. Ciò consentiva di comprendere immediatamente perché il modello di Sommerfeld degli elettroni liberi funzionasse e anche dove avrebbe invece fallito, vale a dire dove il reticolo presentava imperfezioni.
Queste idee, ancora non del tutto coerenti, furono sviluppate ulteriormente da Rudolf E. Peierls a Lipsia e da Hans Bethe a Monaco e, in seguito, da altri ricercatori al di fuori del circolo di Sommerfeld.
Basandosi su nuovi studi di chimica quantistica, i fisici compresero che gli stati discreti degli elettroni, rappresentati con precisione dalle nitide righe della spettroscopia, si sarebbero suddivisi in molti stati quasi identici nel caso di atomi contigui (come in una molecola). In un reticolo cristallino di dimensioni finite vi sarebbe stato un gran numero di stati quasi identici, che si sarebbero fusi in larghe bande, e tra le bande dello spettro energetico si sarebbero formate zone proibite ('gap') nelle quali nessun elettrone sarebbe potuto venire a trovarsi. All'Università di Parigi Léon Brillouin (1889-1969) trasferì questi concetti unidimensionali altamente teorici al caso reale dei solidi tridimensionali. Nel 1930 egli mostrò come calcolare le zone geometriche dove gli stati elettronici potevano esistere in uno spazio astratto che corrispondeva a una data struttura cristallina. Questi risultati alquanto criptici furono integrati da una stravagante idea, proposta da Peierls e completamente spiegata da Heisenberg nel 1931: in prossimità della sommità di una banda quasi completa, il movimento degli elettroni produrrebbe effetti identici a quelli del movimento opposto di una 'lacuna' nella banda stessa; la lacuna si comporterebbe a tutti gli effetti come una particella con la massa dell'elettrone ma con carica positiva.
Progressi teorici e nuovi risultati sperimentali
Nello stesso periodo i programmi a lungo termine di sperimentazione pura continuavano a fornire significativi suggerimenti. In particolare, un gruppo di ricerca di Gottinga, guidato da Robert W. Pohl (1884-1976), dimostrò che sorprendentemente piccolissime impurità e altre irregolarità in un reticolo cristallino potevano avere effetti di grande portata: in modo assai spettacolare, una piccola quantità di 'centri di colore' originerebbe nei cristalli una tinta equivalente a quella del sale da cucina (vale a dire del cloruro di sodio).
Il fisico di Cambridge Alan H. Wilson riunì queste varie ipotesi in una sintesi dopo aver lavorato con Heisenberg e Bloch a Lipsia. Nel 1931 egli mise in luce come la conducibilità elettrica dipenda dalla struttura delle bande e dei 'gap' negli spettri energetici della sostanza esaminata e, in modo ancora più rilevante, come potessero spiegarsi le proprietà dei semiconduttori: le impurità determinavano la comparsa di un piccolo numero di stati elettronici (o di lacuna) all'interno del 'gap', come fossero pietre affioranti in un guado di un fiume. I lavori di Wilson furono i primi a fornire un percorso chiaro che conduceva dalla meccanica quantistica alle applicazioni pratiche. In questa prospettiva svolsero un lavoro pionieristico a Princeton il fisico ungherese, naturalizzato statunitense, Eugene Wigner e il suo allievo Frederick Seitz, i quali nel 1933 pubblicarono un semplice metodo approssimato per il calcolo delle bande di energia del sodio puro e di altre sostanze. Nel 1934 alcune delle più evidenti proprietà dei solidi, come il magnetismo, avevano già ricevuto spiegazioni qualitative; tuttavia, i modelli erano idealizzazioni e i risultati quantitativi per i materiali reali, con tutte le loro impurità e imperfezioni fisiche, rimanevano fuori della portata degli studi teorici
I successi della nuova meccanica quantistica incrementavano nel frattempo le speranze che essa potesse risolvere un altro vecchio enigma: la superconduttività, ossia la scomparsa della resistenza elettrica in alcuni metalli a temperature estremamente basse. I risultati sperimentali fornivano via via altre informazioni; è rimarchevole, per esempio, la scoperta di Walther Meissner, nel 1933, che un superconduttore espelle un campo magnetico. I fisici teorici, guidati da Fritz London e da suo fratello Heinz, ebbero alcune intuizioni relativamente a questo e ad altri fenomeni caratteristici dei superconduttori e tuttavia, come osservava Bloch, la principale conclusione delle ricerche degli anni Trenta fu che nessuna teoria della superconduttività funzionava perfettamente.
Gli studi sull'elio liquido, in primo luogo quelli di Pëtr Leonidovič Kapitsa (1894-1984), effettuati prima a Cambridge e poi a Mosca ‒ dove lo scienziato era trattenuto contro la sua volontà ‒ suggerivano una soluzione per elaborare una teoria migliore. Egli rilevò che al di sotto della temperatura di 2,2 K l'elio diventa un superfluido con viscosità zero; il liquido mostrava effetti stupefacenti, per esempio poteva fluire spontaneamente al di fuori di un contenitore. Nel 1938 London comprese la chiave del problema: gli atomi di elio obbedivano alla statistica di Bose-Einstein e perciò se ne potevano trovare in buon numero condensati nel più basso degli stati energetici, con identiche funzioni d'onda. Lev Davidovič Landau (1908-1968), collega di Kapitsa, spiegò i fenomeni dei superfluidi come manifestazioni dell'azione collettiva di particelle a interazione debole. Allo stesso modo di una 'lacuna' in un semiconduttore, un gruppo di atomi di elio interagenti si comportava come una singola particella estesa. Di conseguenza questi fenomeni ricevettero nomi analoghi a quelli delle particelle: per esempio si iniziò a indicare un'onda sonora quantizzata con il termine di 'fonone'.
Alla fine degli anni Trenta pochi erano i teorici di spicco impegnati a studiare i solidi; dal momento che i modelli perfezionati erano stati sviluppati il più possibile, molti fisici avevano indirizzato i propri interessi agli enigmi della fisica nucleare. Essi consideravano i solidi reali non appartenenti alla fisica 'fondamentale' bensì, come messo in evidenza da Pauli, occasioni di ricerca per la fisica 'sporca'. Inoltre, il regime nazista aveva distrutto la fisica teorica tedesca e i teorici emigrati si trovarono spesso inseriti in un contesto angloamericano nel quale la teoria giocava un ruolo secondario rispetto al pragmatismo della sperimentazione. L'associazione dei due tipi di approccio ebbe esiti felici nell'attività di gruppi come quello inglese di Nevill F. Mott (1905-1996), presso la Bristol University, dove gli esperimenti erano coniugati con approssimazioni di teoria quantistica. In Gran Bretagna, e ancor più negli Stati Uniti, i teorici accademici e gli scienziati dell'industria impegnati nello studio delle leghe scoprirono i notevoli vantaggi derivanti dallo scambio reciproco di conoscenze.
Con la Seconda guerra mondiale gli scienziati accademici dovettero in maggioranza operare a stretto contatto con l'industria; si favorì in tal modo una loro diversa collocazione sul piano sociale, determinando però nello stesso tempo l'interruzione delle attività di ricerca fondamentale. L'obiettivo dello sviluppo delle leghe e delle ceramiche fu perseguito con insistenza mentre il lavoro teorico sui solidi praticamente cessò; molti fisici di primo piano si dedicarono infatti a ricerche di tutt'altro tipo, specie nel campo dell'energia nucleare e dei sistemi radar, nel quale si elaborarono tecniche destinate ad assumere valore inestimabile per la ricerca sui solidi, ma soltanto nel periodo successivo alla guerra.
In un particolare settore della fisica dello stato solido, quello dei semiconduttori, le ricerche condotte durante il conflitto registrarono progressi di grande portata. Alla Purdue University, in Indiana, un gruppo guidato dal fisico austriaco Karl Lark-Horovitz (1893-1958) era impegnato a migliorare la localizzazione radar studiando raddrizzatori a cristallo al solfuro di piombo, che un'intera generazione di radioamatori aveva utilizzato per rilevare segnali radio, senza la minima idea di come funzionassero. Comprendendo che il germanio avrebbe potuto funzionare meglio, i ricercatori escogitarono il modo di produrne cristalli molto puri o comunque con livelli di impurità controllati. Studi empirici sulle sorprendenti proprietà delle giunzioni germanio-metallo portarono all'impressionante risultato del rivelatore radar, scoperta che avrebbe aperto la strada all'invenzione postbellica del transistor. Ricerche empiriche sistematiche sul silicone e su altri materiali, condotte sia ai Bell Telephone Laboratories sia altrove, dopo la fine della guerra avrebbero avuto conseguenze di ampia portata.
Durante gli anni Trenta si era cominciato a parlare della fisica dello stato solido come di una disciplina a sé stante. Essendo vaghi i confini di tale ambito, molti gruppi che lavoravano sui solidi si dedicavano anche ad altri oggetti di studio, come le molecole, e molti temi che in seguito sarebbero stati incorporati nella fisica dello stato solido come sottodiscipline ‒ per esempio le ceramiche ‒ avevano ridotte connessioni tra di loro. Tuttavia stava prendendo forma un'entità incentrata sulla meccanica quantistica, come mostrava chiaramente la comparsa di testi canonici: nel 1933, una rassegna della teoria elettronica dei metalli scritta da Bethe (firmata anche da Sommerfeld) nello Handbuch der Physik (Manuale di fisica), che diventò rapidamente un classico; nel 1936, un manuale dal titolo Theory of the properties of metals and alloys, a cura di Mott e Harry Jones; nel 1940, il libro di Seitz Modern theory of solids. Nel 1943 alcuni tra i più autorevoli fisici ed esperti nella lavorazione dei metalli cominciarono a organizzare la prima associazione corrispondente alla nuova disciplina e, nel 1947, il loro gruppo prese il nome di Solid-State Physics Division dell'American Physical Society: era nato il nuovo campo della fisica dello stato solido che, alla fine del secolo, avrebbe trasformato l'industria e lo stile di vita dell'uomo.