LA SALLE, Bernardone de (Bertrand de La Salle)
Appartenente a una famiglia della piccola nobiltà feudale, nacque nella prima metà del secolo XIV nella diocesi di Agen in Aquitania. Iniziò la carriera di uomo d'arme in Francia, dove la guerra dei Cent'anni offriva un vasto campo di azione per un avventuriero spregiudicato e abile.
Le prime notizie sicure sulla sua attività risalgono al 1359 quando, come ricorda Froissart, il L. si distinse per il suo ardimento durante la presa di Clermont-de-l'Oise nel Beuvaisis, militando al soldo di Carlo II il Malo, re di Navarra. Compare poi fra i capitani della compagnia di ventura che, formatasi nel 1360 dopo la conclusione del trattato di Brétigny che pose temporaneamente fine alle ostilità tra Inglesi e Francesi, si diresse alla fine di quell'anno verso la valle del Rodano, con il proposito di catturare il papa Innocenzo VI e i cardinali presenti ad Avignone. La grave minaccia fu all'ultimo momento scongiurata dal pontefice con un pressante appello ai principi della Cristianità a prendere la croce contro i mercenari. Pare che poi il L. si unisse, come altri suoi colleghi, alle truppe assoldate dal marchese Giovanni II Paleologo del Monferrato, accorso in aiuto del papa; la notizia tuttavia non è attestata con certezza.
Il L. fece sicuramente parte delle bande mercenarie che, nei primi mesi del 1362, saccheggiarono sistematicamente la Borgogna, finché la battaglia di Brignais (6 apr. 1362) mise fine alle loro scorrerie. In seguito si unì nuovamente alle truppe navarresi che, sotto il comando del principe Luigi di Navarra, devastarono nel 1363 il territorio tra la Loire e il Vallier. Nell'ottobre dello stesso anno il L., al comando di pochi mercenari, conquistò con un abilissimo assalto Charité-sur-Loire, città che rimase per molto tempo, e soprattutto dopo la sconfitta di Clocherel del maggio del 1364, la roccaforte della fazione navarrese in Francia. Il L. vi tenne il comando finché il duca di Borgogna, Filippo l'Ardito, non riuscì a riconquistarla. In tale occasione il L. dovette impegnarsi a non riprendere le armi per i Navarresi almeno per un periodo di tre anni. Libero da ogni impegno, il L. si mise in marcia per unirsi alla spedizione spagn0la di Bertrand Du Guesclin, intrapresa per sostenere Enrico di Trastamare contro il fratello, Pietro il Crudele, re di Castiglia. Questi però ottenne l'aiuto del principe di Galles, Edoardo, detto il Principe Nero, che invitò tutti i condottieri favorevoli alla causa inglese, fra cui il L., ad abbandonare Du Guesclin. Passato quindi al servizio del principe di Galles, il L. partecipò alle operazioni che condussero, alla fine del 1367, alla sconfitta di Du Guesclin. Dopo la vittoria il principe Edoardo congedò le sue truppe, che si dispersero in tutta la Francia; il L., di nuovo libero, si trasferì con altre bande nella Contea di Mâcon e più tardi nel Ducato di Borgogna, che i mercenari abbandonarono solo dopo un saccheggio sistematico.
Alla ripresa delle lotte anglo-francesi, nel 1369, il L. si trovava nel Quercy.
Fu a questo punto che gli riuscì uno dei colpi più sensazionali di tutta la sua fortunata carriera di uomo d'arme, un'impresa che suscitò grande scalpore in tutta la Francia del tempo. Nel mese di agosto, insieme con Hortingo de La Salle, suo parente, Bernardo de Vesc e con solo 300 uomini, con uno stratagemma si impadronì della cittadina di Belleperche nel Borbonnais, allora residenza di Isabella di Valois, duchessa di Borbone e suocera del re di Francia, Carlo V.
La duchessa fu liberata alcuni mesi dopo per intervento del figlio, il duca di Borbone, che dovette però dare in cambio al principe di Galles uno dei suoi cavalieri fatto prigioniero dai Francesi.
Dopo questa impresa, nel 1370 il L. seguì con i suoi compagni il Principe Nero all'assedio di Limoges; un anno dopo, associatosi nel frattempo con il capitano Bertucat d'Albret, conquistò per il re d'Inghilterra la città di Figeac, il 14 ott. 1371. Nel corso delle lotte che condussero alla presa della città, il L. fu investito cavaliere e nominato subito dopo "capitaneus ville Figiaci pro dominis rege Anglie et principe Aquitanie" (Durrieu, p. 123). Tuttavia la sua fedeltà all'Inghilterra non resistette alle tentazioni del denaro: l'inviato del re di Francia, il conte Giovanni (I) d'Armagnac, ottenne da lui, contro pagamento di una grossa somma, la restituzione della città.
Alla fine del 1374, il L. si trasferì in Italia, dove restò quasi ininterrottamente fino alla morte. Negli ultimi mesi dell'anno risulta nel Regno di Napoli, dove è ricordato tra i capitani del duca d'Andria, Francesco Del Balzo, che il L. aveva probabilmente conosciuto in Francia.
Del Balzo infatti, ribellatosi a sua cognata, la regina Giovanna I d'Angiò, e quindi condannato per lesa maestà, intendeva rientrare in possesso dei suoi feudi, sequestrati nell'aprile del 1374. Dopo il fallimento dell'iniziativa e la fuga del duca d'Andria le compagnie, fra le quali anche quella del L., si abbandonarono ai consueti saccheggi, in particolare nel territorio di Andria, e solo il pagamento di 60.000 fiorini permise a Giovanna di liberarsi dei pericolosi mercenari.
Nel 1375 il L. è attestato a Perugia, città che, al pari di altri centri dello Stato della Chiesa, si era ribellata all'autorità papale, approfittando del conflitto, passato alla storia come guerra degli Otto santi, che opponeva Gregorio XI a Firenze. Il L., alla guida, sembra, di 1500 mercenari, era al servizio del governatore pontificio Géraud Dupuy, quando questi, a dicembre, si trovò costretto, in seguito alla rivolta dei Perugini, ad asserragliarsi nella cittadella di Porta Sole. Solo all'inizio del 1376 il L., insieme con le sue schiere, poté uscire dalla città; a giugno era nei dintorni di Viterbo, impegnato in una campagna militare contro il prefetto Francesco di Vico; nello stesso anno il L. compare a fianco di Jean de Malestroit, ingaggiato dal pontefice Gregorio XI per assoggettare Firenze e i centri urbani dello Stato della Chiesa ribellatisi all'autorità del papa. Al seguito del Malestroit il L. partecipò, nel febbraio del 1377, al furioso saccheggio di Cesena, voluto dal cardinale legato Roberto di Ginevra per punire i cittadini colpevoli di aver assalito i bretoni in forza nella guarnigione pontificia e di averne massacrato la maggior parte.
Nel 1378 Urbano VI, subito dopo la sua elezione al pontificato, avvenuta ad aprile, lo incaricò di nuovo della repressione del prefetto di Vico. Nel corso di queste operazioni militari lo raggiunse l'invito della fazione cardinalizia che, dopo essersi opposta all'elezione di Urbano VI, si era riunita ad Anagni per eleggere un nuovo pontefice da contrapporgli. I cardinali di Anagni lo incaricarono della protezione del Sacro Collegio, cosicché il L. sospese le operazioni e, abbandonata definitivamente la fazione di Urbano VI, si rimise in marcia verso Anagni al comando di 200 lance.
Nei pressi di Roma il L. si trovò davanti alla resistenza dei Romani (battaglia di ponte Salario) e solo dopo un violento scontro riuscì, il 16 luglio 1378, a proseguire per Anagni; qui le sue truppe, unitamente a quelle del conte Onorato Caetani, protessero i cardinali ribelli che si trasferirono a Fondi dove, il 20 settembre, elessero papa il cardinale Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII. Questi, il 28 dicembre, conferì al L., in riconoscimento dei suoi servizi, i castelli di Mornas e di Caderousse, nel Contado Venassino.
Sempre al servizio di Clemente VII, impegnato nella dura lotta contro Urbano VI, il L. subì una cocente sconfitta a Marino il 30 apr. 1379, a opera della compagnia di S. Giorgio, comandata da Alberico da Barbiano, in quel momento al soldo di Urbano VI. La maggior parte dei mercenari del L. fu uccisa o dispersa, mentre i principali capitani, fra i quali oltre lo stesso L. anche Jean de Malestroit e Silvestre Budes, caddero prigionieri del Barbiano. Le sorti di questa battaglia indussero Clemente VII, dopo una breve permanenza a Napoli, a ritirarsi ad Avignone.
Ritornato in libertà subito dopo la battaglia di Marino, il L. continuò comunque a servire l'antipapa Clemente VII sui diversi fronti che opponevano il papa d'Avignone ai suoi avversari italiani. Già alla fine del 1379 il L. raggiunse le truppe di Rinaldo Orsini, conte di Tagliacozzo, che, nel maggio 1380, anche con il suo sostegno entrò in Orvieto sanzionando in tal modo il diretto controllo esercitato dall'Orsini sul territorio settentrionale del Patrimonium. Nell'estate del 1380 sostenne, inoltre, Onorato Caetani nella lotta per il controllo di Ninfa. Un anno dopo il L. si trovava di nuovo nel Patrimonio, nei dintorni di Bolsena e Orvieto da dove, in veste di luogotenente di Rinaldo Orsini, minacciava con continue scorrerie Siena e il suo contado. I Senesi si videro costretti, nel luglio di quell'anno, a sottoscrivere un accordo che li liberasse dalla minaccia. In quel periodo il L. e le sue truppe si mossero anche nel Meridione e con tutta probabilità si congiunsero con quelle di Ottone di Brunswick, marito della regina Giovanna I d'Angiò, che tentarono invano, come alleati di Clemente VII, di impedire al pretendente al trono Carlo III d'Angiò Durazz0, sostenuto da Urbano VI, di invadere il Regno di Napoli. Dopo la sc0nfitta di Ottone di Brunswick, caduto nelle mani dei Durazzeschi nell'agosto 1381, e l'assassinio di Giovanna nel luglio 1382, il L. - che due documenti rispettivamente di marzo e dicembre del 1381 qualificano come capitano delle truppe pontificie in Italia - si mise a disposizione di Luigi I d'Angiò, erede di Giovanna, venuto nel Regno per rivendicare i suoi diritti al trono. Il 14 ott. 1382 il L., insieme con Rinaldo Orsini, risulta infatti presente nel campo di Luigi I d'Angiò nei pressi di Maddaloni, prima che questi, nell'impossibilità di attaccare Napoli, retrocedesse nel Molise e poi in Puglia. Sempre nel corso di queste ostilità tra Angioini e Durazzeschi, il L. compare di nuovo anche al fianco di Francesco Del Balzo e, insieme con il duca d'Andria, anch'egli sostenitore di Luigi I d'Angiò, fu catturato nell'ottobre del 1383 da Carlo III d'Angiò Durazzo nel castello di Campagnano, presso Telese. In seguito il L. fu trasferito a Napoli e, riacquistata la libertà di lì a poco, riprese subito le consuete attività, saccheggiando i dintorni di Napoli insieme con i conti di Caserta e di Altavilla.
Dopo la prematura morte di Luigi I d'Angiò, avvenuta il 20 sett. 1384, il L. si unì ancora a Ottone di Brunswick, liberato poco tempo prima e intenzionato a recarsi ad Avignone allo scopo di offrire i propri servigi alla vedova di Luigi, Maria di Blois, e a Clemente VII. Partito da Napoli il giorno di Natale, il L. si diresse in Italia centrale e anche in questa occasione al suo passaggio la Comunità senese sottoscrisse accordi con lui, affinché le truppe al suo comando, acquartierate nel Patrimonium, non minacciassero la città e il contado. Dopo una breve permanenza a Pisa e a Milano, il L. raggiunse Clemente VII e il Brunswick ad Avignone. Qui il giorno di Pentecoste (21 maggio) del 1385 presenziò all'incoronazione del piccolo Luigi II d'Angiò, re di Sicilia; designato dalla regina Maria e dal pontefice a comandare il corpo di spedizione in corso di allestimento, per la riconquista del Regno di Napoli, il L. condusse anche a nome del Brunswick le trattative relative al finanziamento dell'impresa, per la quale chiese 40.000 franchi. Le gravi difficoltà finanziarie della corte angioina e di quella di Avignone ritardarono lungamente la spedizione e solo il 23 giugno 1386 il L. si congedò dalla regina Maria di Blois.
Al suo rientro in Italia il L., nonostante i finanziamenti ottenuti, non si recò nel Regno di Napoli e dovette dirigersi nel Lazio, dove aveva ripreso vigore il tentativo di Urbano VI di conquistare le città del Patrimonio rette da esponenti della fazione clementista; nella primavera del 1387 le schiere al suo comando si trovavano nei pressi di Viterbo, il cui territorio era in subbuglio in seguito all'uccisione, avvenuta l'8 maggio, del prefetto Francesco di Vico. Nel mese di giugno, insieme con le truppe guidate da Rinaldo Orsini, il L. sconfisse, nei pressi di Orvieto, i sostenitori di Urbano VI.
Imbaldanzito da questo successo, si recò verso Perugia, dove in quel momento risiedeva Urbano VI e, dal vicino castello di Cannara conquistato dai suoi uomini, iniziò nel settembre dello stesso anno a spingersi fin sotto le mura della città. Nel frattempo si erano unite al L. le compagnie di ventura capitanate da Eberhard di Landau (noto anche con il nome di Averardo della Campana) e da Guido d'Ascanio con i quali avviò una sistematica attività di saccheggio e intimidazione.
Con loro il L., dopo aver messo a sacco le campagne dell'Umbria, si diresse verso la Toscana, minacciando il contado pisano; nel dicembre del 1387 si presentò di nuovo davanti alle mura di Siena e la città dovette pagare 9000 fiorini per liberarsi della sua presenza. Allo stesso mezzo dovettero ricorrere subito Pisa e Lucca che pagarono rispettivamente 7000 e 4000 fiorini. Firenze, più fortunata o probabilmente in segreto accordo con il L. e i suoi colleghi a danno delle città rivali, strinse un trattato di tregua della durata di quattordici mesi e versò la somma di 3000 fiorini.
Incurante della parola data, il L., insieme con il Landau e Giovanni di Beltoft che aveva sostituito con la sua compagnia quella di Guido d'Ascanio, si presentò di nuovo nel giugno 1388 ai Senesi, ottenendo con le consuete minacce il pagamento di ben 12.000 fiorini. Incassata la somma, si rivolse ancora verso Pisa, e, sfruttando abilmente la presenza fra i suoi mercenari di molti fuoriusciti pisani fautori di Iacopo d'Appiano, riuscì a strappare a Pietro Gambacorta, signore della città, 15.000 fiorini. I Lucchesi, senza aspettare l'arrivo del L., preferirono inviargli direttamente 9000 fiorini, ottenendo le solite assicurazioni di pace.
Alla fine dell'estate di quell'anno anche il castello di Cannara, tenuto fino a quel momento dalle schiere del L., fu restituito ai Perugini dietro il versamento di 17.000 fiorini. L'accordo costituiva il corollario dell'armistizio siglato poco tempo prima da Rinaldo Orsini con Perugia, dove si trovava ancora Urbano VI. In tal modo lo stesso Orsini si vide esonerato, grazie al consistente pagamento offerto dalla città al L., dal saldo dei debiti che lo stesso conte di Tagliacozzo aveva contratto con il capitano guascone.
Verso la fine del 1388 il L. svolse funzione di intermediario fra l'Orsini e Firenze; per conto di questa città si recò presso il conte Amedeo VII di Savoia, al fine di sondarne la disponibilità per un sostegno militare in vista della coalizione antiviscontea che Firenze andava organizzando fra le principali signorie e città italiane. In quel periodo il L., insieme con il cardinale Pileo da Prata, si recò ad Asti, dove si trovava in esilio Francesco Novello da Carrara; sempre in nome della città di Firenze, essi proposero all'ex signore di Padova di sostenere l'azione politica e militare condotta contro Gian Galeazzo Visconti. Poco dopo il L. riprese l'attività militare: alla fine di marzo 1389 si trovava alla guida di un migliaio di soldati nel Regno di Napoli, ingaggiato nuovamente da Clemente VII e Luigi II d'Angiò per difendere la capitale dagli assalti compiuti dai Durazzeschi, questi ultimi guidati da Ottone di Brunswick, che aveva nel frattempo cambiato campo, e da John Hawkwood.
Nell'estate del 1389 il L. era di nuovo in Toscana, dove minacciava ancora i Senesi; questi, disperati, invocarono l'aiuto di Gian Galeazzo Visconti, che già da tempo aveva cercato l'occasione adatta per intervenire in Toscana a danno di Firenze. All'arrivo delle truppe viscontee, il L. si ritirò di nuovo nel Patrimonio dove poteva contare sempre sull'appoggio di Rinaldo Orsini.
Le fonti non sono particolarmente ricche di notizie sul suo operato per l'anno 1390. A febbraio il L. era ad Avignone, dove dovette raggiungerlo la notizia della morte del conte di Tagliacozzo, avvenuta ad aprile, la cui scomparsa minava la rete di rapporti che il L. aveva costruito nell'Italia centrale. Nel mese di agosto si trovava ancora presso la corte di Clemente VII e dalla Camera apostolica riscuoteva alcune somme che gli erano dovute. Proprio in Francia il L. fu convinto a passare al soldo di Gian Galeazzo Visconti, impegnato a contrastare i Fiorentini e la coalizione organizzata contro di lui. In sostegno del Visconti il L. si apprestò a varcare le Alpi alla guida di 1500 lance, ma nel Delfinato, pare nei pressi di Gap o di Embrun, si scontrò con il conte di Armagnac, Giovanni (III), anch'egli diretto verso l'Italia in sostegno dell'alleata Firenze e, dopo aver inutilmente tentato di convincerlo a passare alle proprie dipendenze, l'Armagnac si decise a uccidere il La Salle. Non è nota con precisione la data della morte del L., che dovette avvenire nella primavera del 1391 se in un documento di Clemente VII in data 28 maggio il L. risulta già morto (Durrieu, p. 267).
Intorno al 1386 il L. aveva sposato Ricciarda, figlia naturale di Bernabò Visconti.
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