La Rivoluzione scientifica: luoghi e forme della conoscenza. I viaggi di scoperta e le osservazioni
I viaggi di scoperta e le osservazioni
L'incisione che orna il frontespizio dell'Instauratio magna (1620) di Francis Bacon raffigura una nave che attraversa le Colonne d'Ercole, poste all'estremità orientale dello stretto di Gibilterra, in direzione degli sconfinati orizzonti del nuovo mondo. Questa efficace immagine dei viaggi d'esplorazione ben illustra l'ottimismo con cui Bacon e altri studiosi europei si preparavano a far oltrepassare alla filosofia naturale i limiti ormai valicabili della tradizione classica. Ma, per i fautori della 'nuova scienza', il viaggio non era solo una metafora dell'audacia intellettuale. Nel Novum organum (1620), Bacon fissa in modo esplicito lo stretto legame esistente tra le esplorazioni geografiche delle epoche precedenti e i viaggi di scoperta da intraprendere nel campo della filosofia, da cui avrebbe potuto scaturire la riforma della filosofia naturale: "E non si deve sottovalutare quel sapere che è venuto dalle navigazioni e dalle esplorazioni geografiche, che nel nostro tempo si sono tanto moltiplicate e dalle quali sono state scoperte e palesate in natura molte cose che possono fornire nuova luce alla filosofia. Anzi, sarebbe vergognoso per gli uomini se, essendo state immensamente aperte e perlustrate nei tempi nostri le regioni del globo materiale, cioè delle terre, dei mari e degli astri, essi lasciassero inalterati i confini del globo intellettuale entro gli angusti limiti del sapere antico" (ed. De Mas, p. 93). Nella New Atlantis (1626), il filosofo ritrae invece l'affascinante quadro di una società scientifica ideale che invia regolarmente i suoi membri in paesi lontani allo scopo di effettuare scoperte e osservazioni che possano perfezionare la filosofia naturale e migliorare le condizioni materiali della vita umana. Le aspettative nei confronti del valore scientifico dei viaggi di scoperta traspaiono chiaramente dal linguaggio e dall'attività delle nuove associazioni scientifiche emerse nel corso del XVII sec., tra le quali si possono annoverare l'Accademia dei Lincei di Roma, la Royal Society di Londra e l'Académie des Sciences di Parigi. Elogiando il potenziale innovativo delle meraviglie del mondo naturale rivelate dall'espansione degli europei nelle altre regioni del globo, i sostenitori più consapevoli della nuova scienza esortarono a compiere viaggi e osservazioni scientifiche nei paesi extraeuropei.
Tuttavia, come molti altri temi baconiani, l'ideale seicentesco del viaggio intrapreso per scopi scientifici non deve essere preso alla lettera. Nel corso del XVIII sec. si iniziarono a organizzare veri e propri viaggi scientifici ‒ dalle spedizioni geodetiche in Lapponia e in Perù alle osservazioni in diversi paesi dei transiti di Venere e dalle esplorazioni del Pacifico alle circumnavigazioni del globo e alle spedizioni cartografiche nel nuovo mondo. Nel XVII sec., invece, solo in rare occasioni l'élite scientifica riuscì a mettere insieme le risorse necessarie a compiere lunghi viaggi o a esercitare un controllo diretto sulle osservazioni effettuate nei territori d'oltremare. Nella maggior parte dei casi, gli uomini di scienza del XVII sec. si limitarono a invidiare e a tentare di trarre vantaggio dalle esperienze compiute dai viaggiatori europei dell'inizio dell'Età moderna, le cui imprese erano finanziate dai governi, dalle compagnie commerciali dei territori d'oltremare, dagli ordini religiosi e da facoltosi collezionisti, per i quali lo studio del mondo naturale doveva servire a facilitare lo sfruttamento delle risorse dei paesi extraeuropei, a consolidare il dominio economico e politico delle potenze coloniali, a garantire la sopravvivenza fisica e la prosperità finanziaria delle imprese d'oltremare o, infine, ad acquistare nuovi esemplari esotici da esibire nelle Wunderkammern. In breve, i viaggi di scoperta del mondo naturale e i lavori d'osservazione compiuti in questo periodo erano associazioni nate dalla convergenza tra interessi di natura istituzionale per i paesi extraeuropei e il fascino culturale esercitato dagli oggetti esotici. In questo capitolo prenderemo in esame i flussi globali delle aspettative, degli osservatori, dei testi e degli esemplari per indicare le principali vie attraverso le quali i viaggi compiuti nel XVII sec. contribuirono all'elaborazione delle concezioni del mondo naturale formulate dai pensatori europei.
Tanto la monarchia spagnola quanto quella portoghese attribuivano alla cosmografia l'importanza di un affare di Stato: questa disciplina, infatti, riguardava da vicino i diritti territoriali rivendicati dai due regni nelle Indie Orientali e Occidentali, così come la loro capacità di amministrare i domini d'oltremare. Con il trattato di Tordesillas (1494) e le convenzioni che ne seguirono, il globo fu diviso in due emisferi uguali, all'interno dei quali il Regno di Spagna e quello del Portogallo potevano espandersi liberamente. La definizione dei confini che dividevano le rispettive zone d'espansione, tuttavia, era oggetto di interminabili dispute, ed entrambe le monarchie, allo scopo di giustificare le proprie rivendicazioni, si basavano sulle indicazioni fornite da cosmografi esperti in questioni astronomiche e da timonieri che avevano una lunga esperienza di navigazione verso le Indie. Nei contesti istituzionali definiti dall'Almazém da Guiné e India di Lisbona e dalla Casa de Contratación di Siviglia, ossia gli organi preposti alla gestione del commercio delle Indie, i viaggi commerciali divennero in parte anche viaggi d'osservazione scientifica. A Lisbona, il cosmógrafo-mor insegnava l'arte della navigazione, rilasciava le licenze di navigazione ai piloti, esaminava gli strumenti e verificava la conformità delle nuove carte con i padroes conservati presso l'Almazém che, a loro volta, erano rivisti sotto la supervisione dello stesso cosmógrafo-mor. Allo stesso modo, il piloto-mayor della Casa de Contratación ‒ in seguito coadiuvato da un cosmógrafo-mayor e dall'istituzione di una cattedra di navigazione e cosmografia ‒ era incaricato della formazione dei piloti, della concessione delle licenze e della compilazione della mappa reale, o padrón real, eseguita a partire dalla documentazione presentata dai naviganti al loro ritorno. Verso la fine del XVI sec., la Corona spagnola promosse nei territori del nuovo mondo sotto la sua giurisdizione una serie di iniziative volte a raccogliere informazioni che avrebbero potuto rivelarsi utili dal punto di vista amministrativo. Nel 1570, Filippo II inviò il cosmografo reale Francisco Domínguez nei territori della Nuova Spagna con il compito di effettuare uno studio geografico approfondito sull'area, indicando la longitudine e la latitudine delle diverse località e descrivendo il territorio e i suoi abitanti, mentre un decennio più tardi Jaime Juan ricevette un incarico analogo per i territori della Nuova Spagna e delle Filippine. Filippo II inoltre affidò al suo medico personale, il dottor Francisco Hernández, l'incarico di recarsi nel nuovo mondo con lo scopo di raccogliere informazioni sulle piante dotate di proprietà medicinali che crescevano in quella regione del globo. Durante i successivi sette anni Hernández compì numerosi viaggi nella Nuova Spagna, nel corso dei quali raccolse esemplari botanici, sperimentò l'efficacia dei preparati medicinali e interrogò i residenti europei e gli abitanti indigeni sulla storia naturale della regione. Dal momento che per i suoi viaggi aveva potuto contare sul sostegno morale e finanziario di Filippo II, Hernández pensò che il sovrano avrebbe sostenuto economicamente anche la pubblicazione dell'imponente studio che aveva dedicato alla storia naturale del nuovo mondo, costituito da numerosi volumi e riccamente illustrato; ma le sue speranze si rivelarono vane: l'opera di Hernández, infatti, fu pubblicata in Spagna due secoli dopo la sua morte.
Nel corso degli anni Settanta del XVI sec., il Real y Supremo Consejo de las Indias ‒ l'organo incaricato dell'amministrazione dei domini spagnoli d'oltremare ‒ intraprese la realizzazione di un altro progetto di raccolta di dati cosmografici. All'interno del Consejo lavorava un cronista-cosmógrafo cui spettava il compito di collazionare i materiali presentati dai naviganti che ritornavano dalle Indie, indicare accuratamente i siti geografici in cui era possibile organizzare insediamenti e compilare le storie naturali e civili delle aree in questione. Il primo titolare di questa carica, Juan López de Velasco (1530 ca.-1598), mise a punto un questionario destinato a essere distribuito tra i funzionari della Nuova Spagna, con il quale si proponeva di raccogliere tra i residenti locali, che conoscevano a fondo gli aspetti fisici dell'ambiente in cui vivevano, dati relativi alle forme di vita animale e vegetale, al clima e alle risorse naturali, così come notizie di carattere etnografico e storico sugli abitanti amerindi e spagnoli del luogo. Nel distribuire il lavoro per la raccolta dei dati necessaria alla realizzazione di uno studio cosmografico globale, la forma del questionario poteva avvalersi delle osservazioni empiriche dei residenti locali che si spostavano quotidianamente da una provincia all'altra della Nuova Spagna. Benché siano sopravvissute più di duecento raccolte di documenti e circa settanta carte, realizzate sulla base del questionario di Velasco, le relaciones geográficas in questione risentono della profonda diversità dei criteri d'osservazione di coloro che le compilarono. Nel XVII sec., i cosmografi e i cronisti reali ricorsero con una certa regolarità alla tecnica del questionario come strumento di raccolta di dati relativi all'ambiente naturale e, sempre più spesso, anche alla storia civile della Nuova Spagna, ma sembra che i materiali così accumulati siano stati scarsamente utilizzati per elaborare studi ufficiali di carattere generale su questi argomenti.
Le indagini svolte dai cosmografi residenti nel nuovo mondo si situano a metà strada tra le ricerche di studiosi come Hernández e Domínguez, che avevano compiuto lunghi viaggi ed effettuato estese osservazioni, e quelle, decisamente più limitate, condotte dagli osservatori locali in risposta ai questionari. Dopo aver collazionato le carte e i materiali prodotti nel corso dell'esplorazione spagnola della costa della California e dell'attuale Nuovo Messico su richiesta dell'amministrazione coloniale, Enrico Martínez pubblicò un Repertorio de los tiempos y historia natural desta Nueva España (1606) in cui descrisse il clima, la situazione astrologica, le malattie endemiche, l'agricoltura, la storia e la geografia della regione, indicando la longitudine delle principali città delle Indie iberiche. Il frate carmelitano Antonio de la Ascensión partecipò ad alcuni viaggi d'esplorazione prendendo nota delle aree che avrebbero potuto ospitare missioni e insediamenti. Nel resoconto del viaggio da lui compiuto nel 1602 in California troviamo indicazioni relative alle latitudini, descrizioni geografiche e analisi dedicate alla flora, alla fauna e alle popolazioni locali. Alcuni missionari non si limitarono a collazionare relazioni e carte realizzate da altri, ma parteciparono personalmente alle spedizioni. Tra essi ricordiamo Carlos de Sigüenza y Góngora (1645-1700) che si recò personalmente alla Baia di Pesancola con l'incarico di disegnare una mappa della regione e di descrivere le caratteristiche degli abitanti, e il gesuita Eusebio Francisco Kino (1645-1711) il quale partecipò in qualità di cosmografo reale a una spedizione ufficiale che dal Messico centrale raggiunse la Bassa California.
Dal momento che gli ordini religiosi cattolici dispensavano cure mediche attraverso una vasta rete di ospedali, lebbrosari e farmacie che si estendeva su tutto il territorio delle Indie iberiche, tra i loro membri non mancavano studiosi esperti in medicina. Dopo aver lavorato nelle infermerie dei collegi di Milano e Roma, nel 1605 il gesuita Augustinus Salumbrino si imbarcò per l'America Meridionale dove si occupò per molti anni della farmacia del collegio dei gesuiti di San Pablo di Lima facendone un centro per lo studio della materia medica peruviana che riforniva di articoli farmaceutici le case, le missioni e i collegi dell'Ordine di tutta l'America Meridionale spagnola. Anche se oggi si esita ad attribuire ai missionari gesuiti attivi in Perù la scoperta delle proprietà medicinali della corteccia dell'albero sudamericano della china, l'uso del rimedio antifebbrile negli istituti peruviani ed europei della Compagnia di Gesù certamente facilitò il suo inserimento nelle farmacopee europee del XVII sec., dove spesso fa la sua comparsa sotto il nome di 'corteccia dei gesuiti'.
Più in generale, i membri degli ordini religiosi attivi nei domini iberici d'oltremare spesso si incaricarono di descrivere gli ambienti naturali che avevano occasione di attraversare. Gli agostiniani Andrés de Urdaneta (1498-1568) e Martín de Rada (1533-1578) parteciparono attivamente alle iniziative della monarchia spagnola volte a porre fine al conflitto con il Portogallo per il controllo delle Filippine, effettuando una serie di osservazioni astronomiche e nautiche estremamente accurate. Basandosi sugli studi di Rada e sulle relazioni di altri missionari che avevano visitato la Cina, Juan González de Mendoza compose, su incarico del papa Gregorio XIII, la Historia de las cosas mas notables, ritos y costumbres del gran Reyno de la China (1585). In quest'opera, destinata a una grande popolarità tanto da essere ristampata fino a ben oltre l'inizio del XVII sec., Mendoza descrisse le pratiche agricole cinesi, così come le risorse naturali, vale a dire la flora, la fauna, le erbe medicinali e i minerali preziosi di questo paese. Il domenicano Ignacio Muñoz (1612-1685) compose alcuni testi dedicati a questioni nautiche e geografiche basandosi sulle esperienze compiute nel corso del suo viaggio nelle Filippine e, una volta rientrato nella Nuova Spagna, fu nominato professore di matematica presso l'Università del Messico.
Grazie alla loro diffusa presenza nelle Indie iberiche, i gesuiti crearono un contesto istituzionale che incoraggiò le attività degli osservatori interessati ai fenomeni naturali nelle aree d'influenza della Spagna e del Portogallo e facilitò la diffusione delle osservazioni così raccolte. Subito dopo aver fondato la Compagnia di Gesù nel 1540, Ignazio di Loyola esortò i suoi confratelli a inviare dalle loro case, dai loro collegi e dalle loro missioni resoconti e notizie edificanti ‒ materiali che in seguito erano trasformati in regole per la direzione dei membri della Compagnia che operavano in paesi lontani e in notiziari con cui ci si proponeva di rinsaldare la morale istituzionale. Non molto tempo prima, Ignazio aveva chiesto ai missionari gesuiti di descrivere nelle loro lettere le stagioni, le piante rare e gli animali straordinari che avevano avuto occasione di vedere, per soddisfare "il gusto di una certa curiosità che non è empia e che si riscontra abitualmente tra uomini" molto influenti nella società che avrebbero potuto decidere di offrire il loro sostegno al nuovo ordine religioso (Correia-Afonso 1969, p. 14).
Le regole concernenti la stesura delle lettere dettate da Ignazio esercitarono una profonda influenza sulle iniziative letterarie intraprese dalla Compagnia di Gesù all'inizio dell'Età moderna. La serie ufficiale Annuae Litterae ‒ pubblicata tra il 1580 e il 1610 e poi di nuovo a partire dal 1650 ‒ rappresenta solo una parte della corrispondenza dei gesuiti attivi che circolò tra le Indie e l'Europa diffondendo un gran numero di informazioni sugli ambienti naturali all'interno dei quali i missionari gesuiti tentavano di espandere i confini della cristianità. Se la Historia general de las Indias (1653) compilata da Bernabé Cobo ‒ uno studio di capitale importanza dedicato agli animali, alle piante e ai minerali dell'America spagnola ‒ rimase a lungo in forma manoscritta, molti materiali che documentavano i viaggi compiuti dai gesuiti nelle Indie iberiche giunsero tempestivamente e in circostanze spettacolari alla pubblicazione. Dopo aver viaggiato per quindici anni in Perù, in Bolivia e in Messico come missionario, insegnante e padre provinciale, José de Acosta ritornò in Spagna e dedicò la sua Historia natural y moral de las Indias (1590) alla figlia di Filippo II nella speranza di ottenere dal re gli aiuti necessari alla sua opera di conversione degli amerindi. In questo testo, basato sulle osservazioni dello stesso Acosta e su altre testimonianze dirette, l'autore riconsidera esplicitamente la filosofia naturale, la geografia e l'antropologia tradizionali alla luce delle scoperte effettuate nel nuovo mondo. Professore di storia naturale (physiologiae professoris) presso il Colegio Imperial di Madrid, Juan Eusebio Nieremberg pubblicò un imponente volume in folio dedicato alla storia naturale del nuovo mondo, l'Historia naturae, maxime peregrinae (1635), in cui descrisse gli sforzi congiunti delle missioni e degli istituti educativi dei gesuiti. Nieremberg, che aveva potuto consultare i manoscritti custoditi nella biblioteca del collegio e all'Escorial, fu uno dei primi a pubblicare in Europa nella sua opera lunghi brani della ricerca condotta da Hernández.
Tuttavia, nel perseguimento dei suoi scopi istituzionali, la Compagnia di Gesù travalicò i confini politici che le monarchie iberiche tentavano di difendere nella ripartizione geografica del mondo moderno. Nel suo diario Matteo Ricci (1552-1610), missionario gesuita attivo in Cina, fa precedere il resoconto dell'attività svolta dalla missione da una serie di considerazioni riguardanti le osservazioni sulla longitudine e sulla latitudine effettuate dai gesuiti nel Regno di Mezzo e da alcune descrizioni sommarie dell'agricoltura, dell'allevamento, delle tecniche di fabbricazione e dei costumi dei cinesi. Il libro uscì postumo con il titolo di De Christiana expeditione apud Sinas (1615) a cura del procuratore della missione cinese Nicolas Trigault nell'ambito di una campagna volta a ottenere il sostegno della laicità colta e dei personaggi più influenti di tutte le regioni d'Europa. Martino Martini, invece, si imbarcò a Lisbona per Goa e poi per Macao; da lì intendeva raggiungere la missione cinese, ma nel 1651 ritornò in Europa passando per le Filippine spagnole, un vero e proprio affronto al padroado, ossia il diritto di patronato ecclesiastico esercitato dalla Corona portoghese nella sua area d'influenza, secondo cui nessun missionario poteva attraversare l'Asia portoghese senza essersi posto sotto la protezione di questo paese. Martini dedicò il Novus atlas Sinensis, uno studio monografico della geografia cinese, all'arciduca Leopoldo Guglielmo, fratello dell'imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando III e governatore dei Paesi Bassi, che promise di elargire ogni anno una somma a favore della missione dei gesuiti in Cina, mentre lo stesso imperatore Ferdinando III si era impegnato a versare annualmente una somma analoga che doveva servire a coprire le spese di viaggio dei missionari gesuiti che si recavano in Cina. Pubblicato dal celebre cartografo olandese Joan Blaeu nelle sue imponenti raccolte di carte geografiche, Theatrum orbis terrarum (1655) e Atlas maior (1662), il Novus atlas Sinensis (1655) di Martini descrive provincia per provincia la geografia civile, storica e fisica della Cina sulla base delle osservazioni compiute dallo stesso Martini e di quelle fornite da fonti europee e cinesi. Il testo, corredato da un gran numero di carte, si chiude con un catalogo di diciannove pagine in cui sono indicate la longitudine e la latitudine delle principali città della Cina e dei Regni confinanti a nord-ovest con questo paese. L'interesse degli Asburgo per le meraviglie e gli oggetti esotici del mondo naturale fu alimentato anche dal missionario Michel Boym che dedicò la sua Flora Sinensis (1656), uno studio della storia naturale cinese, al giovane Leopoldo d'Asburgo, figlio di Ferdinando e futuro imperatore del Sacro Romano Impero.
Nel 1656, il superiore generale della Compagnia, Goswin Nickel, ordinò a Bernard Diestel e a Johann Grueber di partire dall'Italia e raggiungere via terra la Cina, affidando loro l'incarico di prender nota delle longitudini e delle latitudini, delle strade e delle popolazioni che incontravano durante il cammino. I due gesuiti furono costretti a constatare che la strada per la Cina era impraticabile, ma in seguito Grueber riuscì nell'impresa e ritornò in Europa dalla Cina attraversando il Tibet, il Nepal e l'India e poi imbarcandosi su una nave diretta in Persia. Una volta rientrati a Roma, Grueber e i suoi compagni di viaggio raccontarono la loro impresa al professore ordinario di matematica del Collegio Romano Athanasius Kircher il quale, con il suo studio sul magnetismo ‒ Magnes sive de arte magnetica di cui pubblicò tre diverse edizioni (1641, 1643, 1654) dedicandolo dapprima a Ferdinando III e poi al suo erede al trono ‒ aveva fornito una descrizione delle potenzialità per la raccolta di dati di una rete di missionari estesa a tutte le regioni del mondo. Vera e propria ricapitolazione degli sforzi compiuti dalla Compagnia di Gesù, la China illustrata (1667) di Kircher è anche una miniera di resoconti di meraviglie naturali e artificiali dell'Oriente redatti dai membri dell'Ordine, che l'autore inserisce nel contesto dei suoi esperimenti e delle sue osservazioni. Anche se le descrizioni dell'Oriente contenute nell'opera sono profondamente influenzate dalle osservazioni di missionari gesuiti come Martini e Boym, che avevano raggiunto l'Asia viaggiando sotto il padroado portoghese, Kircher dà un grande risalto alle descrizioni dell'Asia centrale fornite da Grueber e dai suoi compagni di viaggio. Benché rappresentasse una violazione dei diritti rivendicati dal Portogallo, la strada che conduceva in Cina evitò ai membri della Compagnia di Gesù di dover affrontare i pericoli naturali e militari che si trovavano sulla rotta Lisbona-Macao, sottraendoli, al tempo stesso, alle restrizioni imposte dai Portoghesi. Nel 1664, l'imperatore Leopoldo I scrisse al superiore generale dell'Ordine, pregandolo di utilizzare il suo contributo finanziario per coprire le spese di viaggio dei missionari che si recavano in Cina via terra, e fino alla fine del secolo i gesuiti seguitarono a esplorare gli itinerari terrestri che dall'Europa conducevano nel paese orientale.
Verso la metà del secolo, i gesuiti che dovevano raggiungere le missioni asiatiche iniziarono a servirsi anche delle navi della Compagnia olandese delle Indie Orientali che aveva creato un impero marittimo a Oriente, sottraendo il controllo dell'area ai Portoghesi. Con il declino dell'egemonia iberica nelle Indie Orientali e Occidentali, i viaggi d'osservazione nel Seicento iniziarono a rispecchiare un insieme più complesso di interessi politici e istituzionali. Grazie ai suoi contatti con la Compagnia olandese delle Indie Orientali, il missionario attivo in Cina Philippe Couplet avviò uno scambio d'opinioni con Andreas Cleyer sulla materia medica e le conoscenze mediche asiatiche, in seguito al quale quest'ultimo decise di curare la pubblicazione di due testi dedicati da Michel Boym alla pratica e alla materia medica cinese: Specimen medicinae Sinicae (1682) e Clavis medica (1686). Non è un caso che Cleyer conoscesse a fondo questi materiali e come direttore del dispensario medico di Batavia, che riforniva di medicine tutte le navi e le sedi della Compagnia olandese delle Indie Orientali, poteva incrementare i propri profitti riducendo l'uso degli ingredienti europei, estremamente costosi. Tuttavia, le indagini di storia naturale esotica ‒ e soprattutto di botanica medica ‒ guidate dall'interesse personale di Cleyer non sono un caso isolato: nel XVII sec., infatti, le imprese commerciali olandesi promossero per motivi economici un gran numero di esplorazioni del mondo naturale. Nel 1648, Johannes de Laet, uno dei direttori della Compagnia olandese delle Indie Orientali, pubblicò la Historia naturalis Brasiliae, nella quale occupavano una posizione di primo piano le descrizioni della flora e della fauna brasiliane di Georg Markgraf e i dibattiti sul clima e sulla geografia, sulle malattie, sui veleni e sulla materia medica di questo paese effettuate dal medico della Compagnia Willem Pies (Piso); entrambi gli studiosi facevano parte della corte di cui si era circondato il conte Giovanni Maurizio di Nassau-Siegen, governatore generale del Brasile olandese tra il 1637 e il 1644. Nonostante l'esperienza di de Laet nel campo della pubblicazione di questi materiali ‒ la seconda edizione del suo Nieuwe Wereldt ofte Beschrijvinghe van West-Indien (Nuova descrizione migliorata delle Indie Occidentali, 1630) è la prima opera data alle stampe in Europa in cui si faccia menzione della storia naturale della Nuova Spagna di Hernández ‒ Pies, insoddisfatto del suo lavoro, decise di pubblicare il De Indiae utriusque re naturali et medica (1658), in cui accostò le sue ricerche sulla medicina e sulla botanica brasiliane alle analoghe indagini condotte nelle Indie Orientali dal suo collega della Compagnia olandese delle Indie Orientali, Jakob de Bondt (Bontius). Nell'insieme questo volume testimonia la grande esperienza accumulata dal personale della Compagnia nel campo dello studio della medicina e delle malattie tropicali, così come la circolazione di questi materiali tra il personale delle compagnie commerciali olandesi d'oltremare della prima Età moderna. Le edizioni olandesi del volume di Pies, pubblicate unitamente a un testo destinato ai chirurghi della marina, seguitarono a circolare ben oltre l'inizio del XVIII secolo.
Lo stesso Cleyer incoraggiò altri dipendenti della Compagnia ad approfittare di ogni occasione per compiere nuove osservazioni di storia naturale: finanziò il viaggio del farmacista Hendrik Claudius che intendeva raggiungere il Capo di Buona Speranza per raccogliere esemplari botanici e portò con sé in Giappone il suo giardiniere George Meister. Ma, soprattutto, la ricerca di sostanze vegetali dotate di proprietà mediche promossa da Cleyer nelle Indie orientali olandesi spinse Hendrik Adriaan van Reede tot Drakestein (1636-1691) a guidare una lunga indagine sulla flora della costa del Malabar, in India. Sottolineando che per la Compagnia sarebbe stato più conveniente da un punto di vista economico fare affidamento su farmaci reperibili sul posto per curare i dipendenti dislocati nelle diverse regioni delle Indie Orientali, van Reede si avvalse degli incarichi sempre più importanti assegnatigli dalla Compagnia per promuovere un vasto studio d'équipe sulla botanica indiana, che in seguito diede alle stampe con il titolo di Hortus Indicus Malabaricus (1678-1703), un'opera costituita da dodici volumi in folio contenenti la descrizione di circa settecento specie vegetali e quasi ottocento incisioni relative alla flora, molte delle quali a grandezza naturale e in formato doppio.
Le reti commerciali olandesi inoltre traevano grandi profitti dal traffico di mirabilia esotici tanto richiesti dai collezionisti della prima Età moderna. Le navi dei mercanti olandesi riportavano in Europa piante, alberi, semi, conchiglie e altri esemplari esotici, destinati ai cabinets di curiosità e ai giardini botanici. Come Cleyer, Georg Everhard Rumpf (Rumphius, 1627-1702) aveva iniziato la sua carriera nella Compagnia olandese delle Indie Orientali come soldato. In seguito, fu inviato nell'isola di Ambon, nelle Molucche ‒ le leggendarie 'isole delle spezie', così chiamate per l'abbondante produzione di chiodi di garofano e noce moscata ‒ dove le sue conoscenze di ingegneria si rivelarono molto utili agli Olandesi per mantenere il controllo della regione. Rumpf perse tuttavia ben presto ogni interesse per le questioni di carattere militare e matematico e chiese di essere trasferito alla sezione civile della Compagnia. In questo periodo, intraprese la realizzazione di un suo progetto personale, una descrizione corredata di immagini della flora e della fauna della regione, basata su estese osservazioni sul campo. Rumpf alla fine vendette la sua collezione di conchiglie ambonesi al granduca di Toscana, Cosimo III de' Medici e dedicò il D'Amboinsche Rariteitkamer (Gabinetto di rarità di Ambon) a Hendrik d'Acquet, medico e sindaco di Delft le cui collezioni e il cui orto botanico erano stati costituiti in gran parte grazie ai contatti commerciali degli Olandesi. Il suo libro fu pubblicato infine ad Amsterdam nel 1705 con un commento del collezionista Simon Schijnvoet, che mise a confronto le descrizioni e le illustrazioni fornite da Rumpf con gli esemplari conservati nei cabinets olandesi, e soprattutto nel suo. Nello stesso anno e nella stessa città, Maria Sibylla Merian pubblicò Metamorphosis insectorum Surinamensium (1705). Già nota per le sue conoscenze del ciclo vitale degli insetti e per il talento di illustratrice, nella prefazione del libro Merian racconta di come avesse esaminato innumerevoli esemplari conservati nelle più celebri collezioni olandesi, come quelle di Nicolaas Witsen, sindaco di Amsterdam e dirigente della Compagnia olandese delle Indie Orientali, di Frederik Ruysch, professore di anatomia e botanica, di Levin Vincent, un ricco mercante, e di altri notabili olandesi. Tuttavia era stata proprio l'incompletezza di queste collezioni, almeno per gli scopi che si era prefissa, a spingere Merian a intraprendere nel 1699 un viaggio nella colonia olandese di Suriname, dove, accompagnata dalla figlia Dorothea Maria, trascorse due anni a studiare la vita degli insetti, delle piante e degli animali della regione. Rientrata ad Amsterdam, Merian acconsentì a collaborare alla preparazione, sulla base degli esemplari disponibili nelle collezioni olandesi, delle illustrazioni per il libro di Rumpf sulla storia naturale di Ambon, in attesa di completare il proprio lavoro sul Suriname. Nel 1705 pubblicò finalmente la Metamorphosis, in una lussuosa edizione in folio corredata da sessanta tavole basate sui disegni dell'autrice.
Questi lavori, benché destinati principalmente a un pubblico europeo, rappresentavano una fusione delle conoscenze naturali europee ed extraeuropee. Van Reede affidò a un gruppo di medici, professori di botanica e direttori di orti botanici olandesi l'incarico di preparare commenti "degni di un botanico, cioè brevi e concisi, sulle orme di Clusius, Bauhin, Alpinus e altri scienziati" (Fournier 1987, p. 135). Tuttavia per ciascuna pianta descritta nell'Hortus Indicus Malabaricus è fornito il nome in malabarico e in konkani e a volte anche in malese, giapponese, portoghese e olandese, grazie soprattutto alle capacità di osservazione degli esperti non europei cui van Reede aveva fatto ricorso. Rumpf fa riferimento alle ricerche contemporanee degli studiosi europei di storia naturale delle Indie Orientali, ma include nella sua opera anche una buona dose di conoscenze indigene. Le piante, le conchiglie e i minerali descritti nel suo libro sono identificati non soltanto con i loro nomi latini e olandesi, ma anche con quelli in malese, ambonese, giavanese, cinese e in altre lingue. Durante le sue ricerche nel Suriname, Merian non ricevette alcun sostegno dai residenti europei ‒ che sembravano interessati solo alla canna da zucchero, come osservò con disappunto l'entomologa ‒ mentre fu molto aiutata dagli schiavi africani e amerindi, che le portavano gli esemplari di insetti di cui aveva bisogno o le spiegavano che i semi di una certa pianta erano utilizzati come abortivo dalle donne che non desideravano mettere al mondo altri schiavi. Merian affidò a un botanico dell'Hortus medicus di Amsterdam il compito di classificare le piante da lei raccolte nel Suriname.
Le condizioni in cui la Compagnia si trovò a operare nelle Indie Orientali non furono sempre propizie all'osservazione del mondo naturale. Dal momento che quasi tutti gli Olandesi che vivevano in Giappone erano costretti a risiedere nell'isola di Deshima, nella Baia di Nagasaki, e non godevano di una grande libertà di movimento, i medici che lavoravano presso la sede giapponese della Compagnia, come, per esempio, Willem ten Rhijne (1647-1700), Andreas Cleyer ed Engelbert Kaempfer, spesso incontravano molte difficoltà nel condurre le loro indagini di storia naturale. Tuttavia, verso la metà del secolo, le visite effettuate alla corte dello shogun a Edo da Caspar Schamberger, un medico della Compagnia, al seguito di due ambascerie olandesi, suscitarono molto interesse; fu proprio la grande curiosità mostrata dai Giapponesi per la medicina europea che offrì ai medici attivi nella sede della Compagnia di Deshima l'opportunità di condurre liberamente le loro ricerche. Rievocando il suo soggiorno a Deshima nei primi anni Novanta del XVII sec., Kaempfer ricorda di aver offerto le proprie conoscenze di medicina, anatomia, astronomia e matematica (oltre a liquori europei e piccole somme di denaro) in cambio delle informazioni di cui aveva bisogno. Nei suoi lunghi viaggi verso Edo, Kaempfer fece ricorso a misure analoghe per indurre i propri compagni di viaggio a collaborare alle sue ricerche botaniche. Egli utilizzò le analisi dei campioni a disposizione, le descrizioni ottenute dai suoi informatori e almeno un testo giapponese, l'enciclopedia illustrata Kinmō zui, del 1666, di Nakamura Tekisai, per comporre la sezione dedicata alle piante giapponesi del suo Amoenitatum exoticarum politico-physico-medicarum fasciculi V (1712), contenente anche i saggi sulla medicina asiatica pubblicati in precedenza.
Rumpf e van Reede, come aveva già fatto Cleyer, sottolinearono il vantaggio economico che la Compagnia avrebbe potuto trarre dalle risorse naturali dell'Asia, concentrandosi non soltanto sul già fiorente commercio olandese delle spezie e dei metalli ma anche su quello delle materie prime vegetali. Ma non sempre gli interessi commerciali della Compagnia si traducevano in un appoggio illimitato alle indagini naturali. Van Reede, per esempio, osserva amaramente che nessuno tra i dipendenti della Compagnia era stato inviato nel Malabar per studiarne la flora, e nel resoconto delle sue ricerche, contenuto nell'Hortus Indicus Malabaricus, non nasconde la propria insoddisfazione per la difficoltà di reperire nelle Indie personale europeo qualificato che fosse disposto a partecipare al suo progetto. L'impresa botanica di van Reede dovette scontrarsi anche con l'accanita opposizione di un altro funzionario della Compagnia, ansioso di sminuire agli occhi dei suoi superiori il potenziale economico del Malabar in favore di quello di Ceylon. Gli Olandesi, inoltre, erano restii a pubblicare informazioni che consideravano segreti commerciali. Nel 1680, i dirigenti della Compagnia decisero che la storia e la descrizione dell'isola di Ambon, opera di Rumpf, fossero troppo preziose per essere rese di pubblico dominio; il manoscritto fu pubblicato solo nel XX secolo. Benché il nucleo principale dell'erbario di Rumpf fosse giunto ad Amsterdam già nel 1697, la Compagnia si rifiutò in un primo momento di pubblicarlo, sostenendo che sarebbe stato 'inopportuno'. Nel 1702, i dirigenti decisero che, se si fosse trovato qualcuno disposto ad assumersi le spese di pubblicazione, la Compagnia avrebbe proceduto a rivedere il testo prima di darlo alle stampe, per espungere le parti su cui preferiva mantenere il segreto. Trascorsero molti decenni prima che l'opera di Rumpf, composta da sette volumi in folio corredati da seicentonovantacinque tavole illustrate, vedesse finalmente la pubblicazione con il titolo Het Amboinsche Kruid-boek (Erbario di Ambon, 1741-1755).
La Compagnia olandese delle Indie Orientali esercitava uno stretto controllo anche sui propri uffici cartografici, che fornivano alle sue navi le carte nautiche e gli strumenti di navigazione necessari a compiere senza troppi pericoli il viaggio di andata e ritorno dalle Indie Orientali. I giornali di bordo, le mappe e le note di navigazione dovevano essere consegnati per contratto alla fine del viaggio ai dirigenti della Compagnia. Il consiglio di Amsterdam della Compagnia incaricava quindi i migliori cartografi di realizzare sulla base di questi materiali carte nautiche sempre più affidabili. Il lavoro dei cartografi ‒ tutti appartenenti, per gran parte del XVII sec., alla celebre famiglia Blaeu ‒ era soggetto a diverse restrizioni; in pratica, non potevano pubblicare nulla senza il permesso della Compagnia.
La ricerca di occasioni di guadagno che aveva spinto gli Inglesi a organizzare spedizioni commerciali e coloniali nei territori del nuovo mondo soggetti al loro controllo favorì anche l'osservazione dell'ambiente naturale di queste regioni.
Durante l'Interregno, il rifugiato politico protestante Samuel Hartlib, coadiuvato da un gruppo di persone che condividevano le sue idee, lanciò una serie di appelli ‒ spesso formulati in un linguaggio esplicitamente baconiano ‒ per richiamare l'attenzione del pubblico sulla necessità di introdurre nuovi metodi in campo agricolo, tecnologico ed educativo, che avrebbero aiutato l'Inghilterra a superare la crisi sociale ed economica in cui versava. Hartlib e i suoi compagni erano ansiosi di esplorare le opportunità offerte dalla colonizzazione inglese, che aveva aperto altri orizzonti all'applicazione pratica delle nuove idee scientifiche e tecnologiche. In seguito alla conquista militare di Oliver Cromwell e all'insediamento dei protestanti inglesi che ne seguì, l'Irlanda sembrava essere un campo di realizzazione facilmente accessibile per questi progetti. Hartlib pubblicò un'introduzione all'Irelands naturall history (1652), redatta dai medici Arnold e Gerhard de Boot, con l'intento di spiegare che tipo di informazioni fosse necessario raccogliere per procedere allo sfruttamento economico del territorio irlandese attraverso un'organizzazione più efficiente dell'agricoltura e delle miniere; un intento del resto condiviso da Benjamin Worsley e William Petty, i quali, nel corso degli anni Cinquanta, diressero il lavoro di misurazione topografica delle terre irlandesi confiscate. Hartlib s'interessò anche a indagini analoghe che avevano come oggetto i territori del nuovo mondo. John Winthrop jr e Robert Child avevano attentamente valutato le risorse minerarie e il potenziale agricolo della Nuova Inghilterra con l'intento di promuovere in questa regione la creazione di officine per la lavorazione del ferro, di miniere e di aziende agricole. Nel 1647, dopo aver fatto ritorno in Inghilterra, Child decise di porre la sua esperienza al servizio di Hartlib scrivendo A large letter concerning the defects and remedies of English husbandry, in cui si richiamava ad alcuni esempi americani, testo pubblicato in Samuel Hartlib his legacie (1651). George Starkey, laureato a Harvard, quando si trasferì in Inghilterra nel 1650 entrò a far parte della cerchia di Hartlib, grazie non soltanto agli interessi per la chimica che aveva coltivato nella Nuova Inghilterra, ma anche alle sue osservazioni degli insetti americani e del loro potenziale valore commerciale. Le osservazioni di Starkey si trovano in una raccolta di lettere inviate a Hartlib, che le pubblicò con il titolo The reformed commonwealth of bees (1655), insieme alla ristampa di un opuscolo del 1652 sulla sericoltura in Virginia, The reformed Virginian silk-worm, in cui aveva annunciato la rara scoperta di un metodo rapido per il nutrimento dei bachi da seta nei boschi, sulle foglie del gelso della Virginia.
Come il circolo di Hartlib nel periodo dell'Interregno, la Royal Society di Londra, fondata subito dopo la restaurazione della monarchia Stuart, vide negli insediamenti e nel commercio d'oltremare un'opportunità per perfezionare lo studio della filosofia della Natura. Giunto a Londra nel 1661 nella veste ufficiale di governatore del Connecticut, Winthrop fu ben presto presentato alla nuova società scientifica che lo accolse tra i suoi membri. Egli fu il primo, fra i pochi coloni inglesi residenti in America nel XVII sec., a ottenere questo privilegio. Winthrop donò alla Society molti documenti basati sulle esperienze effettuate in America, tra cui figuravano alcuni saggi sul mais, sui metodi di preparazione del catrame e del bitume, così come una relazione sull'ingegneria navale nella Nuova Inghilterra, che fu in parte utilizzata per la risposta fornita dalla Society alla richiesta della marina di svolgere un'indagine sulle forniture di legname. Nel 1663, la Royal Society acquistò una collezione privata di oggetti naturali, alla quale si aggiunsero le munifiche raccolte di esemplari americani inviate da Winthrop ‒ piante, conchiglie, minerali, pesci, insetti, braccialetti, borse confezionate con aculei di porcospino ‒, che ben si addicevano alla sua carica di governatore coloniale. Nel 1686, dopo aver trascorso due anni in Virginia, il pastore John Clayton rientrò in Inghilterra, dove iniziò una corrispondenza con Robert Boyle ‒ discutendo con lui temi legati alla pneumatica e agli esperimenti chimici ‒ e lavorò con il medico irlandese Allen Moulen su problemi di dissezione anatomica e su esperimenti che avevano come oggetto la circolazione del sangue. Altri membri della Royal Society si mostrarono maggiormente interessati alle esperienze condotte da Clayton in Virginia, benché quest'ultimo sostenesse di aver perso in mare, mentre viaggiava verso il nuovo mondo, tutti i suoi libri, i suoi apparecchi chimici, i suoi microscopi, i suoi termometri e i suoi barometri. Clayton rispose alle domande formulate dal botanico Nehemiah Grew sulle pratiche mediche degli Indiani d'America, scrisse alcune relazioni sul clima, sulle acque, sul terreno, sull'agricoltura, sugli uccelli e sugli animali della Virginia, e nel 1688 fu nominato membro della Royal Society.
Per collaborare con questa istituzione non era necessario diventarne membro né essere un esperto in campo scientifico. Winthrop ritornò nel Connecticut nel 1663 con una copia delle Directions per gli uomini di mare che intraprendevano lunghi viaggi nelle Indie Orientali e Occidentali, redatte da un altro membro della Royal Society. Queste e altre istruzioni, diffuse in forma manoscritta o nelle pagine delle "Philosophical Transactions", erano destinate a reclutare un'ampia gamma di viaggiatori disposti a dare il loro contributo alla storia naturale. Benché simili nello schema di formulazione al questionario ideato un decennio prima da Arnold de Boot per raccogliere informazioni sulla storia naturale dell'Irlanda, le istruzioni diffuse dalla Royal Society affrontavano argomenti che andavano ben al di là delle questioni di natura prevalentemente pragmatica su cui si erano concentrati Hartlib e i componenti della sua cerchia. Le "Philosophical Transactions" del 1666 concessero un grande rilievo a una lista di temi generali stilata da Boyle e pubblicata postuma nel 1692 con il titolo General heads for the natural history of a country. Tra i temi trattati ricordiamo la longitudine e la latitudine, la temperatura dell'aria e la densità del terreno, la flora, la fauna, i metalli, i costumi e la storia degli abitanti indigeni. Per alcuni siti, come per esempio la Virginia, le Bermude, la Guyana e il Brasile, l'isola di Giamaica e la Baia di Hudson, si approntarono questionari più specifici contenenti domande circostanziate, basate su questioni sollevate da corrispondenti della Royal Society o tratti dalla letteratura di viaggio. Alcuni quesiti erano formulati in base al tipo di conoscenze che i destinatari presumibilmente possedevano: ai cacciatori di balene, per esempio, si domandava non soltanto di descrivere le caratteristiche delle loro prede, ma anche di dire se il ghiaccio che galleggiava sulla superficie del mare fosse dolce o salato; ai marinai si chiedeva di prender nota dei movimenti delle maree, dei venti prevalenti, della declinazione e dell'inclinazione magnetica. Molte domande, tuttavia, non presupponevano il possesso di alcuna competenza specifica da parte di chi doveva dare una risposta.
Benché fossero profondamente radicati nell'ideale baconiano di lavoro scientifico collettivo, gli sforzi della Royal Society per assicurarsi un'ampia cooperazione riflettevano anche problemi di ordine pratico. Per promuovere progetti più vasti, l'istituzione poteva contare soltanto sui contributi volontari che costituivano la parte più consistente del suo budget e questa situazione non migliorò nel corso della seconda metà del secolo, nonostante i ripetuti tentativi di modifica. Inoltre, al contrario di Petty, che nel periodo dell'Interregno aveva realizzato l'opera di misurazione topografica del territorio irlandese ricorrendo al personale militare, la Royal Society non poteva contare su un gruppo di persone cui assegnare lo svolgimento di tali compiti. Per quanto riguardava la conduzione di ricerche scientifiche in paesi lontani, essa nel XVII sec. incoraggiò, sostenne e utilizzò a proprio vantaggio l'iniziativa individuale e fonti alternative di mecenatismo. Il primo viaggio scientifico del giovane Edmond Halley, che aveva come meta l'isola di Sant'Elena situata nell'Atlantico meridionale, fu finanziato dalla Compagnia inglese delle Indie Orientali che procurò anche un alloggio a Halley e al suo assistente, dove i due vissero per un anno dedicandosi all'osservazione dei cieli meridionali. Questa soluzione fu agevolata dai membri della Royal Society che ricoprivano importanti cariche governative e che riuscirono a far approvare dal re il progetto di Halley. Nel 1678, Halley ritornò in Inghilterra e poco dopo divenne membro della Royal Society; venti anni più tardi, intraprese un altro viaggio in mare per misurare la variazione delle forze magnetiche nell'Atlantico e per determinare la posizione dei suoi porti. Benché la paga dell'equipaggio fosse considerata una questione privata ‒ un membro della Royal Society inizialmente si era offerto di finanziare il viaggio e un suo collega alla fine garantì il pagamento ‒, Halley partì, accompagnato da una Commissione della marina, come capitano del Paramore, una nave della marina fatta costruire dal re appositamente per lui. Un altro membro della Royal Society, il farmacista James Petiver, riuscì a far imbarcare un proprio assistente nel primo viaggio del Paramore, affidandogli il compito di reperire esemplari di flora e di fauna e di procurare nuovi corrispondenti in America. Pur essendo già entrato a far parte della Royal Society, Hans Sloane (1660-1753) si recò in Giamaica come medico del nuovo governatore, ma approfittò dell'occasione per studiare le caratteristiche naturali dell'isola. Dopo neanche due anni dalla morte del suo datore di lavoro, Sloane ritornò in Inghilterra dove pubblicò le sue osservazioni relative alla storia naturale dei Caraibi sia sulle pagine delle "Philosophical Transactions", sia nelle opere Catalogus plantarum quae in insula Jamaica sponte proveniunt (1696) e A voyage to the islands Madera, Barbados, Nieves, S. Christophers and Jamaica (1707-1725).
L'interesse degli Inglesi per lo studio dei naturalia dell'America fu alimentato non soltanto da esigenze prosaiche strettamente connesse al benessere dei coloni, o dall'entusiasmo per le conseguenze filosofiche dell'espansione dei confini della storia naturale, ma anche dall'interesse che le curiosità esotiche suscitavano nell'Europa moderna. Il giardiniere John Tradescant il Vecchio si recò nei Paesi Bassi, in Francia e in Russia alla ricerca di esemplari in grado di arricchire i giardini e le collezioni di insigni personaggi, come il primo conte di Salisbury, Robert Cecil e il duca di Buckingham, George Villiers. Tradescant inviò via mare in Inghilterra alberi da frutto, piante di rose, semi e radici e riuscì a trovare il modo di procurarsi alcuni esemplari di piante persino durante l'assedio di Algeri. Inoltre, assecondò gli interessi dei suoi protettori raccogliendo curiosità, naturali e artificiali, e ingaggiò persone disposte ad andare in cerca di rarità. Nel 1625, Tradescant scrisse una lettera al segretario della Marina inglese chiedendogli di aiutarlo, con la collaborazione dei mercanti inglesi, ad acquistare campioni botanici, zoologici, minerali ed etnografici: in breve, "tutto ciò che è strano" (MacGregor 1983, p. 20). Suo figlio, John Tradescant il Giovane, si recò più volte in Virginia alla ricerca di oggetti esotici americani con cui intendeva arricchire i grandi giardini di famiglia. Alla fine, la collezione Tradescant giunse a includere colibrì della Virginia, pesci brasiliani, uova turche, nidi di uccelli cinesi, frutti e radici del Perù, oltre a una raccolta di pipe da tabacco provenienti dalle Indie Orientali e Occidentali. Nel 1683, grazie agli sforzi di un membro della Royal Society, Elias Ashmole, l'Università di Oxford fondò, a partire dalla collezione Tradescant, l'Ashmolean Museum, che diventò parte di quell'istituzione.
Gli scritti del pastore John Banister, trasferitosi nel nuovo mondo nel 1678, rivelano l'esistenza di una vasta rete di mecenati che lo consigliarono e aiutarono nei suoi studi sulla storia naturale della Virginia. Tra questi ultimi figuravano insigni personaggi della società coloniale, come, per esempio, William Byrd I, alcuni dei suoi ex colleghi di Oxford, tra cui il professore di botanica Robert Morison, e molti collezionisti londinesi, di cui soltanto alcuni erano membri della Royal Society, come il vescovo di Londra Henry Compton, il medico Martin Lister, il botanico John Ray e il custode dei giardini di Hampton Court, nonché professore titolare di botanica, Leonard Plukenet. Alla morte di Banister, sopraggiunta nel 1692, gli individui che formavano questa rete iniziarono a cercare una persona in grado di sostituirlo. Su incarico di Compton, a Oxford si svolse un'indagine per individuare un naturalista disposto a recarsi nel Maryland come cappellano personale del governatore Francis Nicholson. I naturalisti di Oxford e di Londra di comune accordo prepararono per questo incarico Hugh Jones, un giovane che allora lavorava come assistente del custode dell'Ashmolean Museum, Edward Lhywd. Nel 1696, dopo aver ricevuto in tutta fretta gli ordini, Jones fu inviato nel Maryland, dove raccolse esemplari da inviare a coloro che lo avevano aiutato a ottenere l'incarico. L'anno seguente, il figlio di Byrd, William Byrd II, che era nato in Virginia, esortò i suoi nuovi colleghi della Royal Society ad approfittare dell'offerta del governatore del Maryland che si era dichiarato disposto a pagare le spese di viaggio e a corrispondere uno stipendio annuale a un ricercatore in grado di dedicarsi allo studio della storia naturale della Virginia. La Royal Society accettò immediatamente l'offerta proponendo per quest'incarico nel nuovo mondo William Vernon. A volte i collezionisti entravano in concorrenza tra loro, una situazione che rifletteva le profonde divisioni e le continue rivalità esistenti all'interno dei circoli scientifici inglesi dell'epoca. Il medico e membro della Royal Society John Woodward, per esempio, si lamentò con il governatore Nicholson e con il vescovo Compton a causa dei rapporti che Jones e Vernon intrattenevano con Sloane, Lhywd e Petiver. Woodward aveva emanato le sue direttive in materia di osservazione dei fenomeni naturali e di raccolta di esemplari nelle sue Brief instructions for making observations in all parts of the world as also, for collecting, preserving and sending over natural things (1696); Petiver fece altrettanto nelle Brief directions for the easie making and preserving collections of all natural curiosities, un foglio a stampa che il farmacista distribuì a tutti i suoi corrispondenti che si trovavano in paesi lontani, insieme a carte per la pressa delle foglie e vasetti per la conservazione degli insetti.
I viaggi di osservazione nella Nuova Francia, come, del resto, quelli effettuati in altre regioni del mondo nella prima Età moderna, ebbero origine da un'ampia gamma di interessi coloniali, mercantili e di evangelizzazione. Il XVII sec. si aprì con una serie di iniziative volte a combinare tra loro il commercio, già molto lucroso, delle pellicce canadesi con l'azione colonizzatrice francese. Dopo aver trascorso un anno a Port-Royal in Acadia, Marc Lescarbot compose la Histoire de la Nouvelle-France (1609) in cui riassunse, oltre alle esperienze personali di vita coloniale, le sue osservazioni sugli animali selvatici, sulle foreste e sulla qualità del terreno della regione, descrisse il metodo di preparazione della pece a partire da abeti locali e mise in guardia i lettori contro la scarsa salubrità dei venti dominanti nel paese.
Anche i missionari cattolici erano pienamente consapevoli del fatto che la creazione di insediamenti francesi avrebbe potuto rivelarsi un fattore decisivo per la loro opera di diffusione del cristianesimo. Pierre Biard, un missionario gesuita salpato nel 1611 per Port-Royal con un confratello, riferisce le sue esperienze in Acadia nella Relation de la Nouvelle France (1616). Il gesuita Paul Le Jeune (1591-1664) descrive la geografia della Nuova Francia, la navigazione del fiume San Lorenzo, la produttività del suolo, la fauna indigena e i prodotti che potevano divenire oggetto di scambi commerciali con la Francia, come, per esempio, alcuni tipi di pesci, l'olio di balena, diversi generi di minerali e il legname da costruzione.
Sia i coloni sia i missionari descrissero gli ambienti naturali che avevano occasione di attraversare e contribuirono all'elaborazione della storia naturale della Nuova Francia per mezzo di studi monografici ‒ come, per esempio, la Description geographique et historique des costes de l'Amerique septentrionale (1672) di Nicolas Denys, un mercante e colono che risiedeva in Acadia, e l'Histoire générale des Antilles (1667) del domenicano Jean-Baptiste Du Tertre ‒, attraverso racconti di viaggi missionari ‒ come Le grand voyage du pays des Hurons (1632) del frate recolletto francescano Gabriel Sagard ‒ nonché con la serie annuale della corrispondenza dei gesuiti residenti in Canada, nota con il nome di Relations des jésuites. Le misure amministrative adottate da Jean-Baptiste Colbert, ministro delle Finanze e della Marina durante il regno di Luigi XIV, tuttavia diedero origine a una serie di osservazioni più sistematiche delle risorse naturali della Nuova Francia. È appena il caso di ricordare che nel 1664 Pierre Boucher, di ritorno da una spedizione in Canada su richiesta di Colbert, diede alle stampe l'Histoire véritable et naturelle des moeurs et productions du pays de la Nouvelle France, una storia naturale del Canada volta a incoraggiarne la colonizzazione. Il rapporto di Boucher, offrendo alcuni suggerimenti sul potenziale valore di diversi prodotti naturali e indicando i principali ostacoli da superare per sfruttare le ricchezze del paese, anticipava le analisi sistematiche dei territori soggetti a Luigi XIV, effettuate dai rappresentanti del re su incarico di Colbert, nell'ottica di una politica economica incentrata sullo sviluppo industriale. Da ricordare, infine, le importanti indagini svolte da Jean Talon (1626-1694) sulle risorse naturali della Nuova Francia nell'ambito di un programma di diversificazione della produzione agricola e di promozione di vari tipi di manifatture, incluse quelle destinate alla produzione di tessuti di canapa e lino. Talon e gli amministratori reali che gli succedettero, infine, dedicarono una particolare attenzione allo sviluppo dell'arte della navigazione e della scienza della cartografia nella colonia, rispettando così l'ordine di migliorare l'istruzione idrografica, emanato da Colbert in tutte le regioni del regno.
Tra i problemi che ostacolavano la navigazione di lungo corso il più grave era ancora quello relativo all'esatta determinazione della longitudine, una questione che impegnò molti viaggiatori del XVII sec. diretti verso i territori francesi d'oltremare. Tra le rare iniziative individuali volte a risolvere tale questione si segnala quella del frate dell'Ordine dei recolletti francescani Leonard Duliris, il quale, nel tentativo di offrire una soluzione al problema, nel 1645 si recò a Gaspé, una località situata nei pressi della foce del San Lorenzo, dove effettuò la misurazione delle altezze del Sole e delle posizioni lunari con strumenti di sua ideazione. Nel 1666, la fondazione dell'Académie des Sciences di Parigi aprì la strada ai viaggi scientifici finanziati dallo Stato, intrapresi sotto l'amministrazione di Colbert e dai ministri che gli succedettero, i quali, alternando gli incarichi di responsabili della Marina francese e dell'Académie, erano doppiamente interessati alla risoluzione dei problemi idrografici. Gli studenti e gli assistenti legati all'Académie iniziarono ben presto a intraprendere viaggi verso i territori d'oltremare per studiare il problema della longitudine, così come un'ampia gamma di temi relativi all'idrografia, all'astronomia e alla cartografia. Nel 1670, Jean Richer, un allievo dell'Académie, effettuò in compagnia di un assistente un viaggio verso la Nuova Francia portando con sé alcuni orologi a pendolo, ideati dall'accademico Christiaan Huygens, in grado di funzionare anche durante la navigazione e quindi di consentire un'accurata determinazione del tempo locale. Nonostante nel corso del viaggio gli orologi si danneggiassero progressivamente, Richer eseguì una serie di osservazioni delle maree e stabilì le posizioni di latitudine di alcune località situate lungo le coste della Nuova Inghilterra e dell'Acadia. Due anni più tardi, raggiunse l'isola della Caienna, situata a largo della costa nordorientale del Brasile, con il proposito di realizzare un più vasto piano scientifico. Il suo programma di osservazioni comprendeva molte delle questioni che in quel momento erano oggetto di studio degli astronomi dell'Académie, come la rifrazione atmosferica, la parallasse e la lunghezza del pendolo a secondi. Richer tentò anche di perfezionare la determinazione della latitudine e della longitudine. Secondo l'accademico Gian Domenico Cassini (1625-1712), era preferibile ricorrere alle eclissi lunari per determinare la longitudine, un metodo proposto all'inizio del secolo da Galilei, ma reso praticabile soltanto in seguito alla pubblicazione delle effemeridi del moto dei satelliti, a opera dello stesso Cassini. Benché la difficoltà delle operazioni per determinare la longitudine durante la navigazione rendesse disagevole questo metodo, esso consentiva di raggiungere nei lavori di mappatura un grado di precisione molto più elevato di quello conseguibile con il consueto sistema di osservazione delle eclissi lunari.
Nel 1681, l'Académie incaricò un gruppo di non accademici di raggiungere le isole di Capo Verde e le Antille, fornendo loro insegnamenti, istruzioni e strumenti necessari a portare a termine una campagna di osservazioni simile a quella effettuata da Richer alla Caienna. Il loro lavoro e quello svolto da Richer furono pubblicati insieme ai resoconti di viaggio di alcuni accademici europei nel Recueil d'observations faites en plusieurs voyages par ordre de Sa Majesté (1693). Uno dei membri della spedizione del 1681 aveva insegnato idrografia a Honfleur e un altro ritornò in Francia per dedicarsi all'insegnamento dell'idrografia a Rochefort. Il terzo componente della spedizione, Jean Deshayes, alcuni anni più tardi fu inviato nella Nuova Francia per eseguire la misurazione topografica del fiume San Lorenzo. Nella Histoire relativa all'anno 1699, l'Académie des Sciences definì la sua mappa precisa e di grande utilità per la navigazione del San Lorenzo. Dopo aver intrapreso nel 1699 un altro viaggio verso la Caienna e le Antille francesi, dove effettuò diverse osservazioni utili per la navigazione, nel 1702 Deshayes tornò in Canada come idrografo reale. L'Académie riuscì a organizzare anche alcuni viaggi di osservazione in Asia orientale. Nel corso del XVII sec., i missionari gesuiti avevano a poco a poco iniziato a fare affidamento sulla scienza europea per estendere le frontiere orientali del cristianesimo, basandosi in particolare sulla filosofia della Natura europea per attrarre l'interesse dell'élite cinese, in particolare sull'astronomia e sulla matematica per ottenere riconoscimenti ufficiali come esperti di scienza calendaristica. Verso la fine degli anni Settanta del XVII sec., l'astronomo imperiale Ferdinand Verbiest esortò i confratelli gesuiti a collaborare all'attività scientifica che egli svolgeva presso la missione in Cina. Quando Jean de Fontenay, professore di matematica presso il collegio dei gesuiti di Parigi, e i suoi confratelli partirono per la Cina nel 1685, rivestivano il ruolo di mathématicien du roi e membri dell'Académie e portavano con loro tecniche, libri e strumenti rappresentativi della scienza accademica francese: una memoria sulla vita delle piante di Denis Dodart, alcuni orologi calibrati all'Observatoire di Parigi e le effemeridi di Cassini per i satelliti di Giove, corrette a mano dopo la pubblicazione, avvenuta nel 1668. Durante le tappe del viaggio ‒ al Capo di Buona Speranza e in Siam ‒ e poi in Cina, i gesuiti francesi svolsero per conto dell'Académie diversi tipi di indagine, dalla registrazione delle variazioni della declinazione magnetica, all'osservazione dei satelliti di Giove e di altri fenomeni celesti. I resoconti delle loro osservazioni raggiunsero il pubblico europeo non solo attraverso i racconti di viaggio scritti dai componenti della spedizione, come, per esempio, il Voyage de Siam (1686) di Guy Tachard e i Nouveaux mémoires sur l'état présent de la Chine (1696) di Louis Lecomte, ma anche grazie alle raccolte pubblicate dal professore di matematica del collegio dei gesuiti di Parigi, Thomas Gouye. Le raccolte di Gouye segnarono la nascita di un nuovo genere di pubblicazione scientifica, cui in seguito i gesuiti attivi in Cina fecero ricorso per descrivere ai lettori europei le proprie osservazioni astronomiche, incluse quelle che avevano effettuato nell'adempimento dei loro doveri di astronomi imperiali.
Verso la fine del secolo, in seguito a una serie di iniziative metropolitane, la storia naturale dei territori americani soggetti al dominio dei Francesi iniziò ad assumere un carattere diverso. Alcuni missionari itineranti studiosi di storia naturale come, per esempio, i minimi Charles Plumier e Louis Feuillée e il gesuita Antoine-François Laval, realizzarono studi dedicati alla flora e alla fauna americane che, discostandosi nettamente dalle prolisse opere di storia naturale fino ad allora scritte dai missionari residenti nella Nuova Francia, riflettevano le preoccupazioni degli uffici governativi e delle comunità scientifiche francesi. Su invito del medico Joseph Surian, Plumier partecipò a una spedizione botanica nelle Antille promossa da Michel Bégon, allora sovrintendente della flotta di galee ancorate nel porto di Marsiglia ed ex sovrintendente delle Antille. La parte principale del suo lavoro sulla flora e la fauna delle Antille rimase in forma manoscritta, tuttavia Plumier pubblicò la Description des plantes de l'Amerique avec leurs figures (1693), un volume in folio corredato da più di cento tavole e stampato a spese del re. I Nova plantarum Americanarum genera (1703) valsero a Plumier il titolo di botanico del re e il suo ultimo libro ‒ interamente dedicato alle felci americane ‒ uscì postumo nel 1705 per la stamperia reale. Michel Sarrazin attraversò per la prima volta l'Atlantico nel 1685, come chirurgo di bordo. Poco dopo il suo arrivo nella Nuova Francia fu nominato maggiore-chirurgo delle truppe di stanza nella colonia, ma meno di un decennio più tardi ritornò in Francia, dove conseguì il dottorato in medicina. Nel 1697, Sarrazin tornò in Canada portando con sé qualcosa di più di un titolo di studio. In Francia, egli aveva conosciuto Guy-Crescent Fagon, primario medico del re e sovrintendente del Jardin royal des plantes di Parigi, e Joseph Pitton de Tournefort, assistente del corso di botanica tenuto da Fagon al Jardin Royal e membro dell'Académie des Sciences. Fagon aveva chiesto a Sarrazin di occuparsi della raccolta di esemplari da inviare al Jardin Royal e in seguito alla riorganizzazione dell'Académie des Sciences, avvenuta nel 1699, egli fu nominato membro corrispondente dell'Académie, un privilegio accordato solo a un ristretto numero di francesi residenti in America. Tenendosi in contatto con gli accademici Tournefort e René-Antoine Ferchault de Réaumur, Sarrazin seguitò a fornire al Jardin Royal e all'Académie studi dedicati alla storia naturale del Canada ed esemplari fino a ben oltre l'inizio del secolo seguente. Secondo alcuni, questo lavoro non era del tutto compatibile con i suoi doveri di medico. Alle soglie del nuovo secolo, il consiglio governativo di Québec guardò con sospetto al fervore con cui Sarrazin si dedicava "alla dissezione di animali rari che vivono in questo paese e alla ricerca di piante sconosciute" (Vallée 1927, p. 43); si temeva, infatti, che il medico decidesse di far ritorno in Francia per porsi sotto la protezione di coloro che finanziavano le sue ricerche. Indubbiamente lo stesso Sarrazin sentiva che la paga di medico del re negli ospedali della colonia era al di sotto delle sue esigenze. Nel corso del XVIII sec., tuttavia, i funzionari coloniali chiesero ripetutamente ai loro superiori di corrispondere al medico un più adeguato compenso per le sue 'curiose ricerche' e cercarono di aiutarlo, fornendogli guide per le spedizioni botaniche e assicurandosi che i suoi materiali giungessero integri in Francia.
Nei Nova plantarum Americanarum genera, Plumier si servì del sistema di classificazione ideato da Tournefort per ordinare secondo nuovi generi i vegetali che aveva osservato nel corso dei tre viaggi compiuti nelle Americhe. Nel battezzare i nuovi generi, il naturalista volle rendere omaggio agli antichi (Dioscorea, Plinia) e ai grandi erboristi del Rinascimento che lo avevano preceduto (Fuchsia, Dodonaea, Matthiola), e esprimere la propria riconoscenza ai suoi mentori e mecenati come, per esempio, il frate minimo Philippe Sergeant ‒ che per primo aveva incoraggiato il suo interesse per la botanica (Serjania) ‒ e il suo compagno di viaggio nelle Antille Joseph Surian (Suriana). Plumier approfittò di questa occasione anche per ricordare i nomi e le opere sia dei viaggiatori europei che avevano esplorato prima di lui le Indie alla ricerca di tesori botanici, sia dei numerosi mecenati che avevano finanziato le loro imprese. Tra questi meritano di essere segnalati: il frate domenicano Francisco Ximénez (Ximenia), che aveva integrato con le sue indagini sulla materia medica messicana le osservazioni di Francisco Hernández, medico incaricato da Filippo II di raccogliere informazioni sulle piante dotate di proprietà medicinali, reperibili nel territorio della Nuova Spagna (anch'egli omaggiato con il nome Hernandia); Willem Pies e Georg Markgraf che svolsero la loro ricerca nel periodo in cui Giovanni Maurizio di Nassau-Siegen rivestiva la carica di governatore generale del Brasile olandese (Pisonia e Marcgravia); van Reede, il funzionario della Compagnia olandese delle Indie Orientali che aveva diretto la compilazione e la pubblicazione dell'Hortus Indicus Malabaricus (1678-1693; Vanrheedia); Hans Sloane, che aveva studiato la storia naturale dei Caraibi nel periodo in cui lavorava come medico del governatore della Giamaica (Sloana); Tournefort e Fagon, in quanto rappresentanti degli interessi metropolitani francesi per i viaggi di esplorazione (Pittonia e Guidonia); infine Ray e Petiver, due membri della Royal Society che, come Sloane, avevano promosso i viaggi di osservazione e dato alle stampe i loro risultati (Ian-Raia e Petiveria). La nomenclatura astratta e universale imposta da Plumier alle specie vegetali americane non è espressione di una semplice sovrapposizione delle prospettive scientifiche del vecchio mondo ai fenomeni naturali del nuovo, ma riflette la diversità dei contesti istituzionali e delle aspettative culturali che diedero origine ai viaggi di osservazione compiuti nel XVII sec. nei vasti orizzonti dei paesi extraeuropei.
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