La Rivoluzione scientifica: i protagonisti. Christiaan Huygens
Christiaan Huygens
Christiaan Huygens, appartenente a un'importante famiglia olandese da lungo tempo calvinista e fedele alla casa d'Orange, nasce all'Aia il 14 aprile 1629. Il padre Constantijn, oltre che diplomatico, è poeta tra i maggiori del suo paese, musicista, cultore delle scienze e delle arti; in amichevole relazione con Descartes, affida l'educazione dei figli anche a seguaci della nuova filosofia, che allora si andava affermando nelle Province Unite. A differenza del fratello maggiore, segretario dello statolder e poi re d'Inghilterra Guglielmo III d'Orange-Nassau, Christiaan non ricoprirà mai incarichi politici o diplomatici: libero da problemi economici e dalla necessità di esercitare una professione, egli dedica l'intera esistenza alle scienze, per le quali mostra precocemente una straordinaria disposizione. Studente a Leida e a Breda, già all'età di 17 anni è in grado di dimostrare a Mersenne la validità della legge galileiana di caduta dei gravi con un procedimento indipendente da quello adottato dallo scienziato pisano; proprio la lettura dei Discorsi e dimostrazioni galileiani indirizza definitivamente il giovane Christiaan verso ricerche di carattere fisico-matematico, quali la determinazione della curva catenaria (che egli dimostra differire dalla parabola) e la dinamica dei fluidi, affrontata in un trattato del 1650-1652 (poi ripudiato) che rivela la conoscenza di Archimede, Stevin e Torricelli.
Negli stessi anni, sotto la guida del cartesiano Frans van Schooten, Huygens s'impadronisce dei procedimenti della nuova geometria analitica, alla quale apporta anche contributi originali; la fisica di Descartes, invece, inizia a perdere ai suoi occhi il valore di scienza per apparirgli piuttosto, come avrebbe scritto più avanti, un insieme di "conjectures et fictions" (OC, X, p. 403). Il primo aperto conflitto con le dottrine cartesiane riguarda il problema dell'urto: nei Principia philosophiae le sette regole della trasmissione del movimento sono esempio tra i più limpidi di leggi quantitativamente precise; alcune di esse, tuttavia, sono manifestamente contraddette dall'esperienza, circostanza che induce Huygens a riesaminare l'intera teoria. L'importanza della questione è ovviamente grandissima, dal momento che, nella concezione meccanicistica della Natura proposta da Descartes, e alla quale l'olandese aderisce senza riserve, la trasmissione del moto nell'urto è la sola forma possibile di azione tra corpi.
Tra il 1652 e il 1656 egli scopre che soltanto la prima delle regole cartesiane è corretta (due corpi eguali e perfettamente duri, che si muovano in linea retta l'uno contro l'altro con eguale velocità, dopo l'urto rimbalzano con la medesima velocità); nel riformulare le altre, Huygens si avvale innanzitutto del principio d'inerzia e di quello d'ininfluenza del moto comune, o di relatività, illustrato da Galilei con la celebre esperienza del "gran navilio" e successivamente accolto anche da Gassendi. Questo principio, secondo il quale ogni movimento rettilineo e uniforme comune a più corpi non altera l'esito della riflessione, consente di considerare come unico dato essenziale dell'urto la velocità relativa di avvicinamento, indipendentemente dalla sua attribuzione all'uno o all'altro corpo; per corpi di eguale grandezza, perciò, tutti i casi possono essere agevolmente ricondotti a quello della prima regola, con una drastica semplificazione della casistica cartesiana. Per l'urto tra corpi di differente grandezza egli introduce nuove ipotesi, che, associate all'assunto relativistico sopra ricordato, portano alla confutazione del principio cartesiano di conservazione della quantità di moto‒ mv (utilizziamo per semplicità m per indicare ciò che Huygens designa in realtà con il termine "grandezza"): il colpo così inferto al sistema cartesiano è durissimo, dal momento che quel principio veniva fatto discendere direttamente dall'immutabilità dell'azione divina. Risolvendo correttamente il problema dell'urto tra corpi duri, da lui intesi come perfettamente elastici, Huygens perviene inoltre alla scoperta di nuovi principî di conservazione: quello del moto inerziale del centro comune di gravità di più corpi e quello di mv2; resi noti nel 1669, essi saranno a fondamento dei successivi sviluppi della dinamica in Leibniz.
Analogamente a Galilei, anche Huygens è spesso impegnato, sia pure con l'aiuto di artigiani, nell'attività manuale di costruzione di strumenti scientifici di ogni genere; sin dal 1655 egli appronta lenti di ottima qualità per microscopi e telescopi (entrando per questo motivo anche in contatto con Spinoza). Le osservazioni astronomiche compiute con la nuova strumentazione gli consentono, tra l'altro, di scoprire il primo satellite di Saturno, Titano, e di formulare, nel 1655-1656, l'ipotesi che il pianeta sia circondato da un anello.
Un altro problema affrontato in quei fruttuosissimi anni, e poi continuamente approfondito, è quello della misurazione del tempo, la cui soluzione avrebbe fornito non solo uno strumento fondamentale per la pratica scientifica, ma anche la possibilità di determinare la longitudine in mare. Su tale questione, cruciale per la navigazione, Huygens viene interpellato già nel 1655 dagli Stati Generali delle Province Unite; il metodo da lui esplorato è quello della costruzione di un orologio preciso e sufficientemente leggero e stabile da poter essere trasportato su una nave. La ricerca, che congiunge problemi matematici, fisici e ingegneristici, ha come primo risultato l'orologio a pendolo fabbricato nel 1657, nel quale l'isocronia delle oscillazioni è ottenuta grazie all'apposizione, ai lati del filo, di due ali metalliche curvate che alterano la traiettoria, altrimenti circolare e dunque non isocrona, del peso; la forma delle ali era però determinata in modo empirico, perciò il trattato Horologium del 1658, che pure introduce numerosi miglioramenti rispetto al primo esemplare e ne fornisce la teoria di funzionamento, non contempla tale accorgimento: un'isocronia approssimata è ottenuta soltanto limitando l'ampiezza dell'arco di cerchio percorso dal peso. La soluzione teorica al problema è proposta da Huygens alla fine del 1659, dopo che la sfida lanciata da Pascal ai matematici sulle proprietà della cicloide aveva attirato la sua attenzione sulle proprietà di questa curva; grazie a un'ardua serie di passaggi geometrici, che dimostrano la padronanza di procedimenti con grandezze infinitesime, Huygens scopre la natura isocrona della cicloide, che gli permetterà di definire l'esatta curvatura delle ali del pendolo. Questi risultati, ai quali si deve aggiungere almeno la teoria del pendolo conico, si inseriscono nel contesto di uno studio approfondito del movimento circolare, inizialmente intrapreso da Huygens nell'intento di determinare la costante di accelerazione gravitazionale: il peso di un corpo, infatti, equivale al suo sforzo di allontanamento da un centro di rotazione. Tanto la caduta dei gravi, quanto la forza centrifuga, qualunque sia la loro causa, seguono infatti la legge del moto uniformemente accelerato, per la quale gli spazi percorsi stanno ai tempi come i quadrati dei numeri interi; egli giunge così a determinare in mv2/r la misura della forza centrifuga e a individuare in 9,79 m/s2 il valore di g.
I teoremi sull'urto e quelli sul moto circolare rimangono per diversi anni inediti, a causa della riluttanza di Huygens a pubblicare trattati non perfettamente rifiniti nell'apparato dimostrativo; tuttavia le pubblicazioni sul calcolo delle probabilità (Tractatus de ratiociniis in aleae ludo, 1657), la quadratura del cerchio e di altre coniche (Theoremata de quadratura hyperboles, ellipsis et circuli ex dato portionum gravitatis centro, 1651; De circuli magnitudine inventa, 1654), il pendolo (Horologium, 1658) e il pianeta Saturno (Systema Saturnium, 1659; Brevis assertio systematis Saturnii sui, 1660) sono sufficienti a diffondere la fama dell'olandese nel mondo scientifico europeo, che egli conosce nei suoi viaggi a Parigi (1655, 1660-1661 e 1663-1664), dove frequenta le accademie private, e a Londra (1661 e 1663). Già dagli anni Cinquanta, inoltre, Huygens è in contatto con gli ambienti fiorentini dell'Accademia del Cimento e nel 1663 diviene fellow della Royal Society. Il massimo riconoscimento giunge, però, nel 1666, allorché il ministro Colbert lo nomina, unico straniero, membro della nascente Académie des Sciences, conferendogli anche una sorta di preminenza nella compagnia. Si stabilisce a Parigi, presso la Bibliothèque du Roi, e gode in questi anni della fama di massimo scienziato del Continente, entrando in rapporto con tutti i protagonisti della vita scientifica del tempo; per fare un esempio, Leibniz è introdotto da Huygens alla matematica superiore negli anni 1672-1676. A essere ammirata è in particolare l'elegante classicità dei suoi procedimenti geometrici, ispirati allo stile dei matematici antichi, che egli predilige per l'apoditticità dei metodi dimostrativi; benché infatti padroneggi anche i nuovi strumenti matematici che si stanno diffondendo, e se ne avvalga a volte nel contesto della scoperta, la sua esigenza di rigore fa sì che egli guardi con sospetto agli sviluppi del calcolo infinitesimale, giudicato negativamente per le "descrizioni ingarbugliate e del tutto impraticabili che comporta" (OC, X, p. 579). Questo estremo 'classicismo' può essere considerato anche una delle ragioni del relativo isolamento nel quale viene a trovarsi Huygens verso la fine degli anni Ottanta e certo costituisce la causa principale della mancata pubblicazione tempestiva di molte sue scoperte.
Pur continuando a occuparsi intensamente di matematica pura, negli anni parigini approfondisce in modo particolare le indagini fisiche, che intende sviluppare in conformità ai progetti baconiani, ma con un ben più accentuato spirito matematizzante. Tra i principali argomenti affrontati vi è la determinazione della causa della gravità; in un dibattito del 1669 all'Académie espone con chiarezza la propria visione meccanicistica della Natura, nella quale, afferma, non si devono supporre che "corpi fatti di un'identica materia, nei quali non si considera alcuna qualità o inclinazione ad avvicinarsi gli uni agli altri, ma soltanto differenti grandezze, figure e movimenti" (ibidem, XIX, p. 631). Huygens mantiene l'idea cartesiana di ridurre la gravità al movimento di una materia sottile ma respinge i vortici unilaterali del filosofo francese e introduce, piuttosto, il movimento circolare in tutte le direzioni di una materia sottile diffusa nell'intero Universo. Nel 1669 pubblica finalmente le leggi dell'urto (sia pure senza le dimostrazioni), intorno alle quali nasce una disputa sulla priorità con gli inglesi John Wallis e Christopher Wren. Indaga inoltre ulteriormente sulla natura del moto circolare e, in contrasto con il relativismo cinematico sostenuto negli studi sull'urto, concepisce l'idea della natura assoluta della rotazione, molto tempo prima di conoscere le analoghe riflessioni di Newton.
Nel 1670 Huygens è afflitto per la prima volta da una grave malattia, che un medico diagnostica come "Melancholia hypochondrica vera et mera" (ibidem, VII, p. 22); tornato in Olanda per riprendersi, mette a punto la teoria del pendolo composto e completa l'Horologium oscillatorium, pubblicato nel 1673 e dedicato, nonostante la guerra allora in corso tra Francia e Province Unite, a Luigi XIV. Il titolo non inganni: in questo trattato, senz'altro l'opera sua più illustre, i conseguimenti geometrici legati alla definizione delle evolventi e delle evolute e quelli fisico-teorici, relativi alla caduta dei gravi, alla determinazione del centro d'oscillazione e al moto circolare, vanno ben oltre lo scopo di spiegare il funzionamento dell'orologio e delineano anzi una completa trattazione della meccanica in forma assiomatico-deduttiva.
Sempre in Olanda egli inizia a trattare in modo organico il tema della luce, a cui si era già accostato in precedenza per i problemi relativi alla costruzione di lenti. Due elementi nuovi, nel frattempo, sono intervenuti a modificare il quadro teorico: nel 1672 appare la lettera di Newton sulla luce e i colori, della quale Huygens accetta la spiegazione dell'aberrazione cromatica ma che non lo soddisfa appieno perché non interpreta i differenti gradi di rifrangibilità secondo un modello meccanico; nel 1676 Ole Christensen Rømer divulga la sua misurazione della velocità della luce, confortando così il precedente giudizio negativo di Huygens sull'assunto cartesiano della sua propagazione istantanea. Proprio la conferma della velocità finita della luce costituisce il punto d'avvio del Traité de la lumière, completato nel 1678, ma pubblicato solo nel 1690. Egli respinge innanzitutto l'idea che la luce consista nel trasporto di materia, impossibile sia per la sua grandissima velocità, sia perché i raggi si intersecano senza ostacolarsi; in analogia con la propagazione del suono, Huygens propone l'ipotesi che la luce sia il movimento ondulatorio, secondo superfici sferiche concentriche, di una materia sottilissima e invisibile dotata di eccezionali qualità elastiche: l'etere. Egli immagina una serie di sferette di materia eterea, poste in linea retta e in contatto tra di loro: secondo la sua teoria dell'urto, le sfere A e D, urtando con pari velocità la fila da parti opposte, rimbalzano con la medesima velocità, mentre la fila resta in quiete; appare dunque evidente che una sfera interna, per esempio B o C, è attraversata da due movimenti contrastanti, ai quali si oppone in egual misura. Una stessa particella d'etere può così appartenere a più onde, le quali si intersecano senza che la trasmissione abbia a soffrirne; la velocità di propagazione, poi, dipende unicamente dalla durezza delle particelle stesse, risultando perciò costante nell'etere. La difficoltà del modello risiede piuttosto nel fatto che, nella realtà, le particelle non sono schierate in linea retta e, anzi, il moto di ognuna si trasmette a tutte quelle che la circondano. Il cosiddetto 'principio di Huygens' risolve appunto questa difficoltà: la particella luminosa A produce un'agitazione che si diffonde in tutte le direzioni, dando origine all'onda sferica primaria DCF; ognuna delle particelle sollecitate da quest'onda, per esempio B, genera a sua volta un'onda secondaria KCL, veloce quanto quella principale. L'onda secondaria prodotta da B è assai più debole di quella primaria ma viene a coincidere con essa in C; lo stesso si può dire delle onde prodotte da b, G, ecc., che hanno tutte come unico luogo comune l'onda primaria DCF e ne rafforzano perciò l'intensità, risultando invece pressoché nulle altrove; si spiega così la capacità della luce di estendersi a distanze immense. Quanto alla propagazione rettilinea della luce, essa si spiega con il fatto che l'apertura BG, limitata dai corpi opachi BH e GI, può essere assunta piccola quanto si voglia, così che ogni parte dell'onda avanza lungo una semiretta avente come origine il punto luminoso A. Il trattato spiega poi i principali fenomeni della luce, omettendo tuttavia quello della causa dei colori.
Nella Francia di Luigi XIV il calvinista Huygens gode di grandi favori, ma il crescente bigottismo della corte rende via via più difficile la sua posizione, che gli appare ben presto molto precaria in quanto l'Académie dipende completamente "dall'umore di un Principe e dal favore di un ministro" (ibidem, VII, p. 12). Egli si trova in Olanda nel corso del terzo attacco della sua malattia; le manovre per la revoca dell'editto di Nantes e, nel 1683, la morte di Colbert modificano definitivamente il suo status. François-Michel Louvois, nuovo patrono dell'Académie, manifesta ostilità verso di lui. Per tali ragioni Huygens, stimando impossibile un onorevole ritorno a Parigi, decide di stabilirsi definitivamente nel proprio paese.
Gli ultimi anni della vita di Huygens trascorrono nella casa paterna dell'Aia e nella vicina residenza di Voorburg (lo Hofwijck, ora adibito a museo in memoria di lui e del padre); tra i progetti di questi anni vi è quello della costruzione di un planetario, ossia di uno strumento meccanico, da azionarsi con una manovella, che fornisca un modello di facile comprensione del sistema copernicano, al quale egli aderisce da sempre e che tuttavia era ancora osteggiato nei paesi cattolici.
Nel 1686, grazie alle sue riflessioni sulla forza centrifuga e la causa della gravità, Huygens elabora l'ipotesi dello schiacciamento della Terra, da ascriversi alla maggiore velocità lineare presso l'equatore. Con la spedizione verso i mari del Sud di una nave equipaggiata con il suo pendolo egli vorrebbe fornirne la prova sperimentale e, insieme, valutare la praticabilità del metodo di determinazione della longitudine. I viaggi del 1686-1687 e del 1690-1692, se confermano la diminuzione della gravità terrestre alle latitudini inferiori (dove il pendolo oscilla più lentamente), non hanno però successo riguardo alla questione della longitudine, soprattutto per alterazioni causate dagli sbalzi di temperatura e di umidità nei materiali usati per la costruzione dell'orologio.
Nel 1687, anno della morte del padre, Huygens riceve e immediatamente legge i Principia di Newton; le sue reazioni sono assai contrastanti: le straordinarie qualità dell'opera gli sono subito chiare, ma alcuni aspetti gli appaiono inaccettabili. Proprio il confronto con lo scienziato inglese, che Huygens conosce personalmente nel 1689, in occasione di una visita al fratello Constantijn in Inghilterra, e con il quale ha almeno due lunghe conversazioni, sembra essere il tratto dominante degli ultimi anni della sua vita. Su almeno tre grandi questioni Huygens e Newton sono in profondo disaccordo: la teoria dei colori e della luce, la causa della gravità e la natura assoluta o relativa dello spazio e del movimento.
Circa la luce, Huygens si attiene al modello ondulatorio e, benché quest'ultimo sia privo di una spiegazione dei colori, respinge la tesi newtoniana perché la considera irriducibile alla "vera e sana filosofia" (OC, XXI, p. 446), ossia al meccanicismo. Riguardo alla causa della gravità, critica innanzitutto la teoria della gravitazione universale, che sembra postulare un'azione a distanza e contrasta dunque anch'essa in modo irrimediabile con le sue convinzioni meccanicistiche: come può un corpo agire su di un altro, se non tramite il contatto? La teoria newtoniana, che gli ricorda le screditate fantasie di Gilles Personne de Roberval e di Edme Mariotte, appare a lui (come a molti altri) erronea non certo perché in contrasto con la filosofia cartesiana, della cui difesa egli non si è mai curato, quanto piuttosto perché incompatibile con la visione del mondo dei moderni nel suo complesso, a partire naturalmente da Galilei (che aveva analogamente respinto la spiegazione kepleriana delle maree). Huygens decide così di pubblicare congiuntamente nel 1690 il Traité de la lumière e il Discours de la cause de la pesanteur, aggiungendo a quest'ultimo una sezione riguardante la tesi newtoniana. Di questa vengono accolte senza riserve la diminuzione della gravità in ragione del quadrato della distanza e la dimostrazione della figura ellittica delle orbite celesti, che comportano la definitiva distruzione dei vortici cartesiani; da respingersi totalmente è invece, a suo parere, il principio dell'attrazione. Sul terzo punto di divergenza, la natura dello spazio e del movimento, egli non pubblica nulla ma redige molte pagine di appunti, raccolte dopo la sua morte nel Codex Hugeniorum 7A: nei Principia Newton espone la tesi della natura assoluta della rotazione, alla quale Huygens era già pervenuto nel 1669. Nel frattempo ha però riconsiderato quella posizione e, poco prima del 1687, l'ha addirittura capovolta, formulando una tesi radicalmente relativistica fondata sull'impossibilità di reperire punti fissi di riferimento nello spazio, che considera infinito e del quale reputa perciò assurdo chiedersi se sia in moto o in quiete, predicati attribuibili soltanto a corpi; la difficoltà relativa alle forze che si ingenerano nel moto rotatorio è risolta mostrando come esse siano sì reali, ma soltanto rispetto a corpi precedentemente considerati, in modo arbitrario, in quiete rispetto ai corpi rotanti. In altre parole, lo stato di vera quiete di un corpo, rilevato grazie al criterio della rotazione, non può essere considerato assoluto, ossia valido per ogni altro corpo in quiete rispetto a esso.
Il tema della relatività è affrontato anche nell'epistolario con Leibniz; questi, pur dissentendo da Newton circa la natura assoluta dello spazio, argomenta contro Huygens a favore dell'esistenza di un quid absolutum nel movimento, ossia precisamente la forza. Ma tale assunto è respinto da Huygens, in quanto fondato su concetti che esulano dal campo della scienza per rientrare piuttosto in quello della metafisica. Nelle stesse lettere si discute anche della costituzione ultima della materia, che Huygens considera formata di atomi perfettamente duri che si muovono nel vuoto. A Leibniz, che sostiene la tesi della divisibilità all'infinito della materia e ritiene che solo un inspiegabile miracolo perpetuo potrebbe fondare l'esistenza di particelle ultime dotate di impenetrabilità, egli replica che, senza tale impenetrabilità originaria, non sarebbe possibile spiegare la durezza e l'elasticità dei corpi composti. Anche circa il vuoto e la causa della coesione, dunque, Huygens si schiera apertamente contro la fisica cartesiana.
Nel 1691 pubblica un breve saggio di teoria musicale, nel quale propone la divisione dell'ottava in 31 intervalli identici, calcolati per via logaritmica. Nel 1694, infine, redige il Kosmotheoros, opera che intende dedicare al fratello Constantijn, anch'egli appassionato cultore di astronomia, e che uscirà postuma nel 1698. Contrapponendosi alle recenti opere di Athanasius Kircher (Iter extaticum coeleste) e Bernard Le Bovier de Fontenelle (Entretiens sur la pluralité des mondes), Huygens propone congetture sugli abitanti di altri mondi, basandosi, però, su precise osservazioni telescopiche e sulle caratteristiche fisiche dei vari pianeti. L'opera, unica a essere definita 'filosofica' dallo stesso autore, consente di far luce sulle convinzioni religiose di Huygens che, pur essendo sempre rimasto esteriormente fedele all'ortodossia calvinista, dà qui chiara prova di un'inclinazione verso posizioni blandamente libertine, che si manifestano nella relativizzazione delle credenze e dei costumi (ma non della matematica, che è necessariamente identica nell'intero Universo) e nel rifiuto di conferire alla Terra e all'uomo un ruolo privilegiato nella Creazione. L'esistenza di un artefice divino è certo provata dalla mirabile organizzazione degli animali, ma ciò non autorizza alcuna teologia positiva, poiché la natura di Dio resta per noi del tutto incomprensibile; quanto al divenire naturale e agli stessi pensieri e atti umani, essi non dimostrano l'intervento di alcuna provvidenza, sviluppandosi piuttosto in modo assolutamente deterministico, "come nelle macchine" (OC, XXI, p. 515).
Nel 1694 Huygens si ammala nuovamente e, con disperazione dei parenti, manifesta la sua incredulità religiosa e la sua sfiducia nell'immortalità dell'anima, rifiutando anche il conforto di un pastore; muore l'8 luglio 1695 all'Aia, lasciando numerosi inediti (tra gli altri Dioptrica, De motu corporum ex percussione, De vi centrifuga) che saranno parzialmente pubblicati postumi. Il suo lascito manoscritto, conservato presso la biblioteca della Rijksuniversiteit di Leida, è stato pubblicato quasi integralmente, a partire dal 1888, nell'edizione nazionale curata dalla Società delle Scienze olandese.
Blay 1984: Blay, Michel, Christiaan Huygens et les phénomènes de la couleur, "Revue d'histoire des sciences", 37, 1984, pp. 127-150.
Bos 1972: Bos, Henk J.M., Christiaan Huygens, in: Dictionary of scientific biography, Charles C. Gillespie editor in chief, New York, Scribner's Sons, 1970-1980, 18 v.; v. VI, 1972, pp. 597-613.
‒ 1980: Studies on Christiaan Huygens, edited by Henk J.M. Bos [et al.], Lisse, Swets & Zeitlinger, 1980.
‒ 1996: Bos, Henk J.M., Christiaan Huygens, "De zeventiende eeuw. Cultuur in de Nederlanden in interdisciplinair perspectief", 12, 1996 (numero monografico).
Costabel 1956: Costabel, Pierre, La 'loi admirable' de Christiaan Huygens, "Revue d'histoire des sciences", 9, 1956, pp. 208-220.
‒ 1978: Costabel, Pierre, La propagation de la lumière sans transport de matière de Descartes à Huygens, in: Roemer et la vitesse de la lumière, avant-propos de René Taton, Paris, Vrin, 1978, pp. 83-91.
D'Elia 1985: D'Elia, Alfonsina, Christiaan Huygens. Una biografia intellettuale, Milano, Angeli, 1985.
Frankfurt 1962: Frankfurt, Usher I. - Frenk, Aleksandr M., Christiaan Huygens 1629-1695, Moskvà, Akademii Nauk SSSR, 1962 (trad. fr.: Christiaan Huygens, 1629-1695, Moscou, Éditions Mir, 1976).
Hess 1980: Hess, Heinz-Jürgen, Bücher aus dem Besitz von Christiaan Huygens (1629-1695) in der Niedersächsischen Landesbibliothek Hannover, "Studia Leibnitiana", 12, 1980, pp. 1-51.
Hofmann 1966: Hofmann, Joseph E., Über die Kreismessung von Chr. Huygens, ihre Vorgeschichte, ihren Inhalt, ihre Bedeutung und ihr Nachwirken, "Archive for history of exact sciences", 3, 1966, pp. 102-136.
Hooykaas 1979: Hooykaas, Reyer, Experientia ac ratione. Huygens tussen Descartes en Newton, Leiden, Museum Boerhaave, 1979.
Huygens et la France, Paris, Vrin, 1982.
Mormino 1993: Mormino, Gianfranco, 'Penetralia Motus'. La fondazione relativistica della meccanica in Christiaan Huygens, con l'edizione del 'Codex Hugeniorum' 7A, Firenze, La Nuova Italia, 1993.
‒ 1996: Mormino, Gianfranco, Atomismo e meccanicismo nel pensiero di Christiaan Huygens, "Rivista di storia della filosofia", 51, 1996, pp. 829-863.
‒ 1998: Mormino, Gianfranco, Christiaan Huygens e il problema della comunicazione scientifica, in: Le forme della comunicazione scientifica, a cura di Massimo Galuzzi, Gianni Micheli e Maria Teresa Monti, Milano, Angeli, 1998, pp. 167-189.
‒ 2000: Mormino, Gianfranco, Ammirare e comprendere: la concezione del sapere di Christiaan Huygens, in: Potentia Dei. L'onnipotenza divina nel pensiero dei secoli XVI e XVII, a cura di Guido Canziani, Milano, Angeli, 2000, pp. 495-511.
Vilain 1996: Vilain, Christiane, La mécanique de Christian Huygens. La relativité du mouvement au XVIIe siècle, Paris, Blanchard, 1996.
Vollgraff 1950: Vollgraff, Johan A., Biographie de Christiaan Huygens, in: Huygens, Christiaan, Oeuvres complètes, publiées par la Société hollandaise des sciences, Den Haag, Nijhoff, 1888-1950, 23 v.; v. XXII, 1950, pp. 383-771.
Westfall 1984: Westfall, Richard S., The problem of force. Huygens, Newton, Leibniz, in: Leibniz' Dynamica, hrsg. von Albert Heinekamp, Wiesbaden, Steiner, 1984, pp. 71-84.
Yoder 1988: Yoder, Joella G., Unrolling time. Christiaan Huygens and the mathematization of nature, Cambridge-New York, Cambridge University Press, 1988.
‒ 1991: Yoder, Joella G., Christiaan Huygens' great treasure, "Tractrix", 3, 1991, pp. 1-13.
‒ 1998: Yoder, Joella G., The archives of Christiaan Huygens and his editors, in: Archives of the scientific revolution and exchange of ideas in seventeenth-century Europe, edited by Michael Hunter, Woodbridge-Rochester (N.Y.), Boydell, 1998, pp. 91-107.