La riforma della magistratura onoraria
La riforma della magistratura onoraria ha avuto attuazione con il d.lgs. n. 116/2017 che contiene una serie di disposizioni che, partendo dalla scelta di fondo della legge delega dell’istituzione di un’unica figura di giudice e dalla conferma dei vice procuratori onorari, recano una complessa disciplina transitoria seguita gradualmente dall’entrata a regime delle nuove norme. Il decreto, oltre a regolare lo status ordinamentale dei nuovi onorari, i loro compiti e funzioni, riempie di contenuti il nuovo ufficio unico dei giudici onorari di pace, regolando le modalità di distribuzione dei giudici onorari tra uffici del giudice di pace e tribunali mentre con ulteriori decreti il Ministero dovrà determinare le dotazioni organiche degli uffici.
Con d.lgs. 13.7.2017, n. 116 (G.U. 31 luglio 2017, entrato in vigore il 15 agosto 2017), si è completata a livello primario1 la riforma della magistratura onoraria iniziata con la l. delega 28.4.2016, n. 57, il cui art. 1 aveva fissato in un anno il termine per il varo da parte del Governo delle norme attuative.
Con leggero ritardo, dopo i prescritti pareri di C.S.M., Camera e Senato contenenti proposte di modifica solo parzialmente accolte dal legislatore delegato, è stato così approvato il testo definitivo nella sostanza riproduttivo dello schema provvisorio presentato dal Governo.
Ciò posto, non si può sottacere il fatto che il testo è stato alla fine varato tra le critiche e proteste non solo di tutte le organizzazioni associative sindacali dei magistrati onorari ma anche degli stessi organi istituzionali che hanno reso i pareri prescritti dalla legge, della (poca) dottrina che si è occupata della questione e, per finire, di molti uffici giudiziari che hanno seguito con maggior apprensione l’iter di una riforma che, ad onta del dichiarato obiettivo di migliorare l’efficienza degli uffici, rischia obiettivamente, allorquando andrà a pieno regime dopo il primo quadriennio transitorio, di diminuirla pesantemente.
L’esame dei principali aspetti delle norme delegate cercherà di evidenziare anche il perché di alcune delle critiche e proteste di cui s’è detto.
Il decreto delegato nel confermare la scelta legislativa di unificare le figure onorarie giudicanti nello stesso ufficio denominato «giudice onorario di pace» (g.o.p.), ha in primo luogo risolto la questione dei criteri di futura ripartizione dei giudici onorari da assegnare presso il nuovo ufficio e presso l’ufficio del processo del tribunale2. L’art. 3, co. 2 e 7, d.lgs. n. 116/2017, infatti, stabilisce in primo luogo che «in sede di prima applicazione del presente decreto»3 l’organico dei giudici e vice procuratori onorari (v.p.o.) non potrà essere, in ogni ufficio, superiore a quello dei «magistrati professionali che svolgono funzioni giudicanti di merito» (da intendersi nello stesso ufficio).
La norma prevede poi che con il d.m. di fissazione degli organici «è individuato per ogni ufficio del giudice di pace il numero dei giudici onorari di pace che esercitano la giurisdizione civile e penale presso il medesimo ufficio nonché il numero dei giudici onorari di pace addetti all’ufficio per il processo del tribunale nel cui circondario ha sede l’ufficio del giudice di pace» (art. 3, co. 7).
Questa disposizione, limitata ovviamente ai soli giudici onorari, dato che negli uffici requirenti tutti i v.p.o. sono inseriti nell’ufficio di collaborazione del procuratore della Repubblica (corrispondente all’ufficio per il processo degli uffici giudicanti), istituito dall’art. 2, colma un vuoto della legge delega che non prevedeva alcun criterio in ordine alle modalità di distribuzione dei giudici onorari tra tribunale e giudice di pace, lasciando in tal modo aperto il rischio di scelte troppo discrezionali in ogni ufficio. La normativa delegata ha evitato questo esito stabilendo che sia lo stesso decreto ministeriale sulle piante organiche a individuare il numero dei giudici onorari da destinare ai due uffici. In tal modo la distribuzione sarà fissata rigidamente dal Ministero e non rimessa alla discrezionalità dei presidenti dei tribunali che, viceversa, restano titolari del successivo potere organizzativo di assegnazione disciplinato dall’art. 10. Il C.S.M. detterà con apposita circolare i criteri direttivi e gli obiettivi relativi al procedimento che sarà regolato come una normale procedura tabellare ai sensi dell’art. 7 bis ord. giud.
Due volte all’anno il presidente individuerà i posti da coprire nell’ufficio per il processo e la copertura avverrà o mediante assegnazione d’ufficio dei g.o.p. che si trovino nelle condizioni di cui all’art. 9, co. 4 (nel corso, cioè, dei primi due anni dal conferimento dell’incarico), o per concorso. Questo riguarderà «le posizioni residue» (rispetto a quelle oggetto di assegnazioni d’ufficio), previa valutazione, in caso di più aspiranti, dei parametri delle attitudini, del tempo trascorso nello svolgimento dei compiti ed attività inerenti all’ufficio, nonché della collocazione nella graduatoria di ammissione al tirocinio.
Nel caso di assenza di aspiranti, la scelta cadrà d’ufficio sui g.o.p. con minore anzianità.
Infine, per sopravvenute esigenze di funzionalità dell’ufficio del giudice di pace al quale il giudice onorario è addetto, l’assegnazione all’ufficio per il processo potrà essere revocata, con procedura disciplinata dall’art. 10, co. 10. Concludendo quindi sul punto, appare chiara la scelta del legislatore nel senso di riconoscere come attività principale del nuovo giudice onorario quella nell’ambito dell’ufficio del giudice di pace, tra l’altro destinato a vedere incrementata notevolmente la sua competenza in materia civile, mentre la destinazione in tribunale appare recessiva, non fosse altro per effetto della parallela diminuzione di competenze proprio nella fascia di affari solitamente affidati ai giudici onorari di tribunale (g.o.t.). Solo così, del resto, si spiega la disposizione sulla revoca dell’assegnazione all’ufficio per il processo, per sopravvenute esigenze di funzionalità del primo ufficio. Vedremo se, anche a livello di piante organiche questa precisa opzione si tradurrà in un riparto che privilegerà l’ufficio del giudice di pace rispetto al tribunale.
Attesa la scelta di fondo della riforma nel senso di puntare maggiormente sulla nuova figura di giudice onorario di pace e di ridimensionare le funzioni svolte dai g.o.t., il tutto nell’ambito di un’attività ridotta a non più di due giorni alla settimana4, provvida risulta la normativa transitoria varata che dovrebbe garantire un impatto più morbido per gli uffici ed un graduale passaggio, insieme al riparto delle nuove competenze che avverrà nel 2021 e 20255, verso la piena applicazione della disciplina a regime. Tale normativa consente, nella sostanza, a tutti i giudici onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto delegato (15 agosto 2017), di continuare a svolgere la precedente attività con pochi cambiamenti di cui si dirà.
Il principio generale fissato dall’art. 32, co. 1, è che la nuova disciplina degli artt. 1-26 si applichi immediatamente solo ai magistrati onorari immessi nel servizio onorario successivamente a tale data, mentre ai magistrati in servizio a tale data e fino alla «scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata di entrata in vigore» del d.lgs. n. 116/2017 (15 agosto 2021), «si applicano le disposizioni del capo XI», cioè gli artt. 2931, e solo per quanto non previsto in esse, quelle dei capi IIX del decreto. Vediamo cosa ne consegue:
A) Livello quantitativo d’impegno esigibile. Ai sensi dell’art. 31, co. 5, non vale il limite quantitativo massimo di due giorni alla settimana stabilito a regime dall’art. 1, co. 3, la cui evidente ratio è quella di evitare in futuro che l’attività di magistrato onorario possa diventare il suo lavoro principale. Quindi, per quattro anni agli attuali v.p.o. e g.o.t. si potrà continuare a richiedere un impegno superiore. Il passaggio al tetto dei due giorni è del resto graduale posto che l’art. 31, co. 2, prevede la possibilità per essi, nel secondo quadriennio a decorrere dall’entrata in vigore del decreto (20212025), di poter lavorare per tre anziché due giorni alla settimana, ove optino per un regime indennitario annuo superiore (24.210 euro anziché 16.140).
Certo è che la scelta in oggetto consentirà che non si verifichino nell’immediato conseguenze devastanti sul piano dell’organizzazione degli uffici, con calendari di udienze già fissate per magistrati togati ed onorari. Si vedrà poi a regime come potrà funzionare la drastica diminuzione dell’apporto esigibile dagli onorari e se sarà sufficiente ovviarvi con un reclutamento più ampio di persone, come sembra essere nelle strategie ministeriali tese a stroncare qualsiasi prospettiva di stabilizzazione anche sotto il profilo del trattamento economico dell’attività onoraria.
B) Funzioni e compiti dei magistrati onorari in servizio. Relativamente alle tipologie di cause e processi assegnabili, l’art. 30, co. 1, lett. b), per il primo quadriennio, fa riferimento a nuovi procedimenti civili e penali «anche se non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 11, comma 1». Tale norma, invero, dettata per la disciplina a regime pone, in un crescendo “rossiniano”, come presupposti per l’assegnazione pesanti vincoli: esistenza di vacanze d’organico tali da «ridurre oltre il 30% l’attività dei giudici professionali assegnati al tribunale o alla sezione»; numero di procedimenti pendenti nell’ufficio di durata irragionevole superiore al 50% rispetto al numero complessivo delle pendenze nel tribunale o sezione; carico procapite di fascicoli superiore almeno del 70% o del 50% di quello medio nazionale nel settore civile o penale.
Come si vede, si tratta di parametri talmente elevati da apparire concretamente quasi impraticabili. In realtà sono stati inseriti non a caso al fine, anche sotto il profilo delle attività assegnabili ai magistrati onorari, di limitarne coerentemente l’uso. Trattandosi, poi, di vincoli non operativi solo per il primo quadriennio, la stessa possibilità, nel secondo quadriennio dal varo della riforma, di fornire il proprio impegno per tre anziché due giorni alla settimana rischia di rivelarsi vuota di contenuto se, parallelamente, nella maggior parte degli uffici, in cui non si supereranno prevedibilmente i citati tetti di malfunzionamento, non si potranno più assegnare ai giudici onorari “nuovi” procedimenti civili e penali, come chiaramente disposto dalla norma in esame.
La disposizione transitoria, pertanto, consente agli uffici, ancora per quattro anni, di continuare ad utilizzare gli attuali g.o.t. con le modalità in vigore, inseriti o no che siano nell’ufficio del processo.
C) Divieti di assegnazione. Operano invece sicuramente da subito, oltre ai vecchi e generali6, nuovi divieti di assegnazione di determinate tipologie di affari fissati dall’art. 11, co. 6, lett. a) e b), che quindi, neppure in via transitoria, possono ancora essere assegnati ai giudici onorari: materie del lavoro e previdenza e della famiglia, che sono sempre state di incerta attribuibilità ai g.o.t., con direttive oscillanti impartite dallo stesso C.S.M., a seconda del prevalere o meno delle pressioni e criticità degli uffici.
I nuovi divieti, tuttavia, appaiono in realtà meno drastici e tassativi di quanto non si creda, se la norma qui in esame si legge contestualmente ai co. 10, 11 e 12 dell’art. 10 del decreto. Per i procedimenti in tali materie, invero, il divieto di assegnazione non è assoluto perché resta salva la possibilità di utilizzo degli onorari secondo le modalità ivi previste che consentono, da adesso in avanti, la delega a certe condizioni di “segmenti” di tali procedimenti e di alcuni provvedimenti definitori più semplici così come la delega, più in generale, è consentita per tutte le controversie di valore non superiore a 50.000 euro (in materia di beni mobili o di cause di pagamento) o 100.000 euro (in materia di risarcimento danni da circolazione stradale o di natanti).
In sostanza, la vera preclusione attiene all’assegnazione dell’intero procedimento, compresa la decisione finale, così come condizione indefettibile per praticare il “ritaglio” delle materie in oggetto (lavoro e famiglia) mediante l’enucleazione di sub-materie delegabili agli onorari è, qui sì, la necessaria costituzione a monte dell’ufficio per il processo, per cui, in forza dell’art. 30, co. 1, lett. a), ove non costituito, i g.o.p. in servizio non si potranno impiegare per tutte queste attività.
D) Procedimenti assegnati agli ex g.o.t. alla data del 15 agosto 2017. In base all’art. 30, co. 2, restano, invece, ferme le assegnazioni effettuate prima del 15 agosto 2017 in materia civile e penale e solo nella materia del lavoro e previdenza prima del 30 giugno 2017, dal che consegue che quelle effettuate eventualmente dopo tale data debbono essere riassegnate a giudici professionali. In caso contrario è da ritenere che la violazione di un tale inderogabile divieto di legge, rilevi sul piano della costituzione del giudice rendendo così il giudice onorario “incapace” con conseguente invalidità degli atti compiuti ai sensi dell’art. 158 c.p.c.
E) Assegnazione dei g.o.t. ai collegi. Altre specifiche disposizioni transitorie sono dettate con riferimento all’inserimento nei collegi. L’art. 30, co. 5, prevede in via generale che i magistrati onorari già in servizio possano continuare per il primo quadriennio a comporre i collegi civili e penali secondo le vecchie regole, fermi restando unicamente i divieti relativi alle materie elencate dall’art. 11, co. 7. Da queste disposizioni sembra comunque ricavarsi una distinzione tra partecipazione del giudice onorario ai collegi e possibilità di assegnargli anche la trattazione di affari nell’ambito degli stessi: mentre quest’ultima rimane chiaramente vietata dall’art. 11, co. 6, la prima attività risulta vietata dall’art. 12 solamente per i procedimenti in materia fallimentare e di competenza delle sezioni specializzate (come l’immigrazione che è a decisione collegiale) e non anche per quelli in materia di famiglia, dove pertanto i g.o.p. possono comporre i collegi senza però essere assegnatari di cause quale giudice istruttore e quindi relatore davanti al collegio.
F) La gestione di ruoli autonomi. Nelle prassi degli uffici, afflitti da croniche emergenze quanto a mezzi e carichi di lavoro, la gestione di ruoli autonomi è certamente il modulo più diffuso, cresciuto negli anni sulla base di una interpretazione estensiva, sempre avallata dal C.S.M., della nozione di “impedimento” prevista dall’art. 43 bis, co. 2, ord. giud. sulla supplenza dei g.o.t.
Il legislatore delegato ha sicuramente inteso imprimere uno stop a tale fenomeno che nella realtà si è anche prestato ad abusi e straripamenti, disciplinando, a regime, nell’art. 11 i nuovi presupposti restrittivi per l’assegnazione di ruoli autonomi.
Oltre a questo, l’utilizzabilità in supplenza dei giudici onorari viene riportata, con l’art. 13, a fisiologia nel momento in cui viene consentita, anche in assenza dei presupposti dell’art. 11, solo «nei casi di assenza o impedimento temporaneo del magistrato professionale», «in presenza di specifiche esigenze di servizio» e comunque mai «per ragioni relative al complessivo carico di lavoro ovvero alle vacanze nell’organico dei giudici professionali». Evidente sconfessione delle prassi tradizionali basate sull’interpretazione estensiva della nozione di impedimento di cui s’è detto, che non avrebbe più diritto di cittadinanza nell’organizzazione degli uffici. Ma da quando? La nuova disciplina della supplenza sembrerebbe a prima vista applicabile immediatamente anche ai magistrati onorari in servizio al 15 agosto 2017, dato che l’art. 13 non è richiamato negli artt. 29-31 che dettano disposizioni specifiche e transitorie su tali g.o.t. in servizio. Ma l’immediata applicabilità ricavabile dalla regola generale dell’art. 32, co. 1, va coordinata con le disposizioni, che ne riducono la portata, dell’art. 30, co. 1 e, specie co. 2, sulle funzioni attribuibili ai magistrati onorari in servizio: «Resta ferma l’assegnazione dei procedimenti civili e penali ai giudici onorari di pace in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto come giudici onorari di tribunale effettuata in conformità alle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura prima della predetta data». Evidente traspare anche qui la volontà del legislatore delegato di assicurare un passaggio soft al nuovo regime, salvando per i primi quattro anni i vecchi assetti consolidatisi all’interno degli uffici purché adottati «in conformità» alla normativa secondaria consiliare ante riforma. Conseguentemente le tabelle dei tribunali potranno continuare a prevedere sino al 2021 moduli implicanti la gestione da parte dei g.o.t. di ruoli di controversie o processi autonomi o in affiancamento al togato (poco cambia nella sostanza), mentre il ricorso alla supplenza, per il resto, è già praticabile solo nei casi tassativi previsti dalla nuova norma.
G) Le supplenze e le applicazioni presso gli uffici del giudice di pace. L’art. 14 stabilisce a regime che in caso di vacanza dell’ufficio del giudice di pace o di assenza o impedimento temporanei di uno o più g.o.p., il presidente del tribunale può destinare in supplenza uno o più g.o.p. di altro ufficio del circondario. Nel caso invece ricorrano particolari esigenze di servizio, lo stesso presidente può destinare in applicazione uno o più g.o.p. di altro ufficio del circondario, sulla base dei criteri indicati dall’art. 10 per l’assegnazione all’ufficio per il processo e con la durata massima di un anno, rinnovabile di un altro anno. Unico problema interpretativo che la norma pone è se nell’ambito della nozione di «giudici onorari di pace di altro ufficio del circondario» rientrino anche quelli inseriti nell’ufficio del processo in tribunale, e la risposta dev’essere positiva stante l’ampia dizione della norma stessa. In tal modo si supera altresì l’apparente preclusione dell’art. 9, co. 3 («I giudici onorari di pace assegnati all’ufficio per il processo non possono esercitare la giurisdizione civile e penale presso l’ufficio del giudice di pace»), che va invece letta ragionevolmente nel senso di riguardare l’esercizio contemporaneo delle due funzioni, ma non di impedire una supplenza, anche a tempo pieno, consentita dall’art. 14.
Ciò precisato per la disciplina a regime, la normativa transitoria contiene espressamente la possibilità, in base all’art. 32, co. 9, che g.o.t. e giudici di pace in servizio alla solita data del 15 agosto 2017, siano destinati in supplenza o in applicazione anche parziale in un ufficio del giudice di pace del circondario ove prestano servizio.
I presupposti sono gli stessi dell’art. 14 con le modalità ivi previste. Infine, circa la durata del periodo transitorio, in mancanza in questo caso del solito riferimento al primo quadriennio di attuazione della riforma, si deve ritenere che questa disposizione transitoria coincida con l’intero periodo in cui resteranno in servizio i g.o.t. che lo erano già all’entrata in vigore del decreto.
Esaurita la disamina della complessa e centrale disciplina transitoria, si tratta di analizzare quella a regime e che si applicherà da subito a tutti i nuovi magistrati onorari.
Nulla di significativo emerge dalle disposizioni sui requisiti di accesso, incompatibilità, tirocinio e, infine, formazione. Da segnalare soltanto più come fatto di politica giudiziaria come tra le preclusioni all’accesso si preveda l’essere pensionato: ciò rappresenta il punto terminale di un lungo processo di erosione del principio opposto della riforma del 1991 sul giudice di pace, la cui opzione di fondo era per un modello di giudice della “terza età” che privilegiava proprio il fatto di essere pensionato7.
Questo capovolgimento di prospettiva, del resto, lo si coglie in tutta la riforma da cui emerge una figura di professionista giovane, che svolge altre attività nel mondo giuridico in via prioritaria e che, per una ricompensa assolutamente modesta, stante anche l’impegno temporale a sua volta modesto, svolge funzioni ausiliarie o giurisdizionali a tempo determinato (quattro anni prorogabili solo una volta) e senza quindi alcuna prospettiva di stabilizzazione o possibilità che tale lavoro possa diventare quello principale.
Resta a questo punto, tuttavia, solo una domanda di fondo: qual è il significato e l’utilità sociopolitica, ammesso che ce l’abbia, di questo nuovo modello di magistrato onorario?
Riguardo poi alle funzioni e compiti esercitabili dai nuovi g.o.p., l’art. 9 distingue tra l’attività giurisdizionale svolta presso l’ufficio del giudice di pace e l’assegnazione alla struttura ufficio per il processo presso il tribunale del circondario cui appartiene l’ufficio del giudice di pace cui sono addetti. Tale assegnazione è obbligatoria «nel corso dei primi due anni dal conferimento dell’incarico» e l’attività esercitabile è circoscritta ai compiti inerenti a detto ufficio che il successivo art. 10, co. 10, così disciplina: «atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale», «studio dei fascicoli, approfondimento giurisprudenziale e dottrinale, predisposizione di minute dei provvedimenti». Come si vede, compiti non giurisdizionali ma di supporto, tipici di una funzione di staff, analoghi a quelli che può svolgere un magistrato professionale di prima nomina nel corso dell’uditorato o uno stagista nell’ambito delle diverse tipologie di tirocinio introdotte negli ultimi anni.
L’art. 10, co. 11, tuttavia, prevede che il giudice professionale, al fine di assicurare la durata ragionevole del processo, possa delegare nel solo settore civile al g.o.p. operante all’interno dell’ufficio per il processo, indipendentemente dalla sua anzianità (e quindi anche nei primi due anni di servizio onorario), compiti e attività di natura semplice, in procedimenti anche collegiali ma non di particolare complessità quali assunzione di prove testimoniali, tentativi di conciliazione, emissione di ordinanze anticipatorie ex art. 186 bis e 423 c.p.c., liquidazione compensi agli ausiliari, pronuncia di provvedimenti definitori in materia di volontaria giurisdizione (anche del giudice tutelare ma non in materia di famiglia), di previdenza ed assistenza obbligatoria, di opposizione avverso provvedimenti amministrativi, cause relative a beni mobili ed espropriazione presso terzi con assegnazione di crediti di valore non superiore a 50.000 euro e di risarcimento danni da circolazione non superiore a 100.000 euro. Tutte le attività delegate devono poi essere svolte «attenendosi alle direttive concordate con il giudice professionale titolare del procedimento» ed anche alla luce «dei criteri generali definiti all’esito delle riunioni di cui all’articolo 22», vale a dire quelle periodiche tenute nell’ufficio o nella sezione in base alla norma generale dell’art. 47 quater ord. giud.
Da ultimo, solo ai g.o.p. inseriti nell’ufficio per il processo non rientranti nella categoria di cui all’art. 9, co. 4 (quelli nel primo biennio di attività), è prevista l’assegnazione di veri e propri ruoli autonomi di controversie civili e penali di competenza dl tribunale, purché ricorrano i presupposti già in precedenza ricordati relativamente a scoperture d’organico, entità dell’arretrato, e così via.
In assenza di tali presupposti, la nuova disciplina a regime prevede dunque una figura di giudice onorario che svolgerà attività giurisdizionale piena nell’ambito dell’ufficio del giudice di pace mentre in tribunale svolgerà solo attività ausiliarie o giurisdizionali minori presso l’ufficio del processo, esclusivamente nel settore civile, su delega, sotto le direttive e lo stretto controllo del giudice professionale. La gestione di ruoli autonomi resta come ipotesi residuale ed eccezionale in quanto dipendente dai presupposti capestro dell’art. 11: l’effetto pratico principale sarà dunque la scomparsa di giudici onorari dal settore penale monocratico e la loro eventuale presenza nei collegi solo in funzione integrativa.
A conclusione coerente di un tale assetto, ogni prevalente ragione di funzionalità dell’ufficio del giudice di pace, infine, giustificherà sempre la revoca dell’assegnazione presso l’ufficio per il processo da parte del presidente del tribunale (art. 10, co. 9).
Riassunto così per sommi capi il nuovo assetto della magistratura onoraria resta un interrogativo di fondo: se la riforma sarà destinata a migliorare l’efficienza del servizio giudiziario ovvero a sgravare solo il lavoro dei giudici professionali8. Tutta la disciplina delle funzioni attribuibili ai giudici onorari in tribunale è infatti tesa univocamente ad alleggerire tale lavoro, frustrando parallelamente tutte le aspettative che erano maturate all’interno della magistratura onoraria: l’importo delle indennità, dopo un quadriennio in cui continueranno ad essere quelle vecchie e sperequate, a regime si ridurranno ad un’entità irrisoria; si prevede una misura variabile “di risultato” (fino al 30% di quella fissa) pericolosa perché a discrezione del capo dell’ufficio che assegna obiettivi a cui si commisura; si può essere chiamati a lavorare anche durante il periodo feriale; in caso di gravidanza, malattia e infortunio non esiste alcun diritto, rimanendo i rischi dell’assenza tutti a carico del prestatore d’opera; la tutela previdenziale è rimessa ai soli versamenti degli onorari quali lavoratori autonomi. La domanda che viene spontanea è allora: ma alla fine del primo quadriennio, chi si troverà ancora disposto ad essere reclutato come magistrato onorario con questa disciplina? E quanti dei vecchi onorari saranno disposti a rimanere alle nuove condizioni?
Per non parlare poi delle permanenti criticità di tipo ordinamentale, che riguardano sicuramente molto più il settore giudicante che quello requirente, relative alla scelta discutibile di prevedere un ufficio unico con i giudici addetti anche ad un altro ufficio ad opera dello stesso dirigente che li dirige entrambi.
Qui si apre anche il discorso sui profili di possibile incostituzionalità. È razionale che un ufficio giudiziario a competenze civili e penali sia diretto dallo stesso soggetto che dirige anche l’ufficio che è giudice d’appello del primo? È compatibile con l’art. 101 Cost. che in materia di espropriazione mobiliare e presso terzi – materie attribuite alla nuova competenza del giudice di pace – sia prevista la vigilanza del presidente del tribunale e il potere di fissare direttive e prassi applicative in materia? È accettabile un giudice sotto tutela?
L’estensione dell’oggetto delle riunioni ex art. 47 quater ord. giud. anche alla «discussione delle decisioni adottate» dai giudici onorari, confligge o no con l’art. 101 Cost.?
La previsione dell’indennità variabile condizionata a risultati fissati dal dirigente, certo illegittima se fosse prevista per i magistrati professionali, per quale ragione dovrebbe essere legittima se destinatari sono gli onorari?
L’ampia delega di compiti e funzioni che riducono il ruolo del giudice professionale allontanandolo dalla conoscenza della causa e dalla stessa decisione, è a sua volta conforme ai principi del giusto processo? E sono legittime le direttive quando il soggetto “diretto” sta esercitando funzioni giurisdizionali? Infine, quale razionalità supporta la scelta di far dipendere l’attribuzione di ruoli autonomi agli onorari in tribunale dal grado di inefficienza e crisi dell’ufficio? Conviene allora, paradossalmente, rimanere in tale stato per potersi avvantaggiare di tale ausilio? Forse tutti questi interrogativi appaiono eccessivi o troppo pessimistici, ma non si può negare che si tratta di scelte fatte dal legislatore delegante e delegato nel totale disinteresse di certi valori costituzionali. L’assillo di trovare una soluzione al grande problema di disinnescare la bomba del precariato creatosi negli uffici evitando gli strali dell’Europa, sembra aver fatto aggio su tutto il resto, il che pone una domanda: ma la riforma cosa pensa che farà, in futuro, il giudice professionale con tutti questi aiuti e supporti esterni? L’inserimento dei magistrati onorari nella nuova struttura dell’ufficio del processo avrà infatti un senso sociale e istituzionale solo se produrrà l’effetto di una maggiore produttività e qualità del lavoro dei giudici e p.m. professionali. Questo però la riforma non lo dice. Spetterà, lo speriamo, alla magistratura realizzarlo.
1 Restano ancora da emanare i decreti ministeriali relativi alle piante organiche e la normativa secondaria del C.S.M.
2 Questione lasciata del tutto irrisolta nella legge delega.
3 La norma è criptica in quanto non è dato sapersi o immaginarsi quando scatterà la “seconda applicazione” della normativa delegata.
4 Art. 1, co. 3, d.lgs. n. 116/2017.
5 Art. 27, co. 3, e art. 32, co. 3, d.lgs. n. 116/2017.
6 Art. 43 bis, lett. a)e b), ord. giud.
7 Art. 5, lett. g), l. 21.11.1991, n. 374.
8 È la domanda che si pone Scarselli, G., Note critiche sullo schema di decreto legislativo recante la riforma organica della magistratura onoraria, in Questione giust., 10 luglio 2017, 10 ss.