La riforma della disciplina del condominio
La recente riforma della disciplina del condominio, pur con contraddizioni ed esiti spesso poco convincenti, determinati soprattutto dall’incerto iter parlamentare, tenta di ricomporre organicamente la materia sulle tracce dell’esperienza giurisprudenziale maturata negli ultimi decenni e di colmare lacune in parte provocate dallo sviluppo del fenomeno e dal progresso tecnologico. In queste pagine si segnalano i tratti essenziali e le novità della nuova disciplina e, per alcuni nodi problematici, si profilano sinteticamente soluzioni interpretative che dovranno essere verificate in sede applicativa.
1.1 Lo statuto della proprietà condominiale
La riforma cerca di prevenire o attenuare conflittualità. Il tentativo, per diversi aspetti, risulta riuscito; per altri, invece, risulta approssimativo e contraddittorio, così da lasciare immutato il pregresso quadro di incertezza o, per alcune questioni, da renderlo ancor più problematico.
3.1 L’amministratore, tra rinnovo e proroga dell’incarico
La nuova disciplina dispone che, qualora non siano intervenute le dimissioni o la revoca, l’incarico dell’amministratore «si intende rinnovato per eguale durata» (art. 1129, co. 10, c.c.).
Si potrebbe essere indotti a concludere che la previsione contempli un’ipotesi di rinnovo tacito. In realtà, se si considerano altri riferimenti testuali, la conclusione è da scartare. Per un verso, anche in occasione del rinnovo dell’incarico l’amministratore è tenuto ad effettuare la comunicazione dei dati di cui al co. 2 dell’art. 1129 c.c. e a specificare l'importo dovuto a titolo di compenso (art. 1129, co. 14, c.c.), adempimenti difficilmente conciliabili con un rinnovo tacito. Per altro verso, l’amministratore è pur sempre obbligato a convocare l’assemblea in prossimità della scadenza del suo incarico affinché si determini sull’affidamento della successiva gestione, tanto che «il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea» per la nomina del nuovo amministratore configura un’ipotesi di grave irregolarità (art. 1129, co. 12, n. 1, c.c.).
La previsione di cui all’art. 1129, co. 10, c.c. non trova dunque la sua ragion d’essere nel semplice spirare del termine, ma nella circostanza che l’assemblea, ritualmente convocata, non abbia voluto o potuto determinarsi su un eventuale rinnovo o sulla nomina di un nuovo professionista. Senza questo passaggio procedimentale, la scadenza del termine può determinare solo quella situazione, comunemente indicata, di prorogatio imperii, a cui ora fa espresso riferimento l’art. 1129, co. 8, c.c., disponendo che alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto «ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi». Il mancato riconoscimento di un ulteriore compenso costituisce peraltro una misura finalizzata a dare impulso all’iniziativa dell’amministratore in scadenza, tenuto a convocare l’assemblea per le necessarie determinazioni sulla successiva gestione.
3.2 La nuova disciplina delle obbligazioni del condominio
Il nuovo quadro normativo impone una riconsiderazione della questione relativa alla natura delle obbligazioni del condominio, segnata in questi anni da un vivace dibattito e dalla decisione delle Sezioni Unite che hanno aderito alla tesi della parziarietà8.
Le nuove regole liberano finalmente l’argomento dalla ristretta e inappagante alternativa, solidarietà o parziarietà. Verso l’esterno viene certamente in rilievo una pluralità di soggetti (i condomini), ma questa è caratterizzata da un’organizzazione unitaria che piega inevitabilmente anche la disciplina del rapporto obbligatorio; in particolare, la presenza di un fondo condominiale non può non incidere sulle modalità della sua attuazione.
Questo dato, con la riforma, diventa ineludibile. Sebbene il legislatore si sia tenuto giustamente alla larga da un disegno di entificazione del condominio e di conseguente segregazione del patrimonio, numerosi sono i riferimenti normativi9 che depongono per una specifica considerazione del fondo condominiale in ordine al quale si dispiega, da un lato, l’interesse dei singoli partecipanti alla corretta gestione, dall’altro, l’interesse dei creditori del condominio, ai quali, non a caso, si riconosce la possibilità di conoscere i dati dei morosi che, con la loro condotta, hanno compromesso l’efficienza (per finalità solutorie) del fondo (art. 63, co. 1, disp. att. c.c.). La riforma introduce misure dirette sia a scongiurare interferenze tra le disponibilità economiche personali dell’amministratore e quelle condominiali (art. 1129, co. 11 e 12, n. 4, c.c.), sia a preservare ed evidenziare presenza e consistenza delle risorse destinate alle esigenze del condominio (artt. 1129, co. 12, nn. 5-6; 1130, n. 9; 1130 bis, co. 1; 1135, co. 1, n. 4, c.c.).
La pretesa del creditore non può che essere indirizzata verso il condominio, nella persona dell’amministratore; il creditore si precostituirà un titolo nei confronti del condominio, quindi aggredirà le risorse accantonate. Qualora la pretesa restasse insoddisfatta, al creditore si aprono due scenari, completamente differenti.
Nel primo, il creditore si inserisce nelle dinamiche interne al condominio, in cui le posizioni dei singoli rilevano solo in quanto obbligati nei confronti del condominio per le rispettive quote. Potrà intervenire nei procedimenti di riscossione attivati dall’amministratore o attenderne gli esiti. In caso di inerzia dell’amministratore, il creditore potrà anche agire nei confronti dei singoli condomini morosi, ma solo in via surrogatoria (avvalendosi altresì del procedimento monitorio di cui all’art. 63, co. 1, disp. att. c.c.), così facendo valere la pretesa che il condominio vanta nei loro confronti10. Il creditore agisce per il recupero della quota in quanto funzionale a garantire la provvista necessaria al soddisfacimento del suo credito.
Nel secondo scenario, il creditore agisce dal versante esterno al condominio. Il co. 2 dell’art. 63 disp. att. c.c. ammette il creditore, una volta accertata l’incapienza delle risorse condominiali, ad agire in via diretta nei confronti dei singoli condomini, ma, a differenza dell’ipotesi precedente, il creditore esercita la propria pretesa, quindi agisce per l’intero credito insoddisfatto (e non per la quota). I condomini, chiamati a rispondere per la parte di credito rimasta insoluta, rispondono in via sussidiaria. Tra costoro, in applicazione del principio generale dettato dall’art. 1294 c.c., sussiste un vincolo di solidarietà, in cui si inserisce, segnando la vera novità della riforma, la previsione del beneficio di escussione a favore dei condomini in regola con i pagamenti. Questa peculiare fattispecie di responsabilità si sviluppa dunque per tappe progressive, cumulando sussidiarietà e solidarietà. La prima tappa investe il fondo costituito con le somme a disposizione dell’amministratore. Se questo risulta incapiente, il creditore dovrà chiamare a rispondere per l’intero i condomini morosi, tra loro obbligati solidalmente. Escusso senza esito o con parziale esito il loro patrimonio, il creditore potrà agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, anch’essi tra loro vincolati solidalmente. In altri termini, la legge definisce due livelli successivi di solidarietà: quella dei condomini morosi e quella dei condomini in regola. Questa “solidarietà disuguale” si giustifica perché è la mora nei pagamenti dei contributi condominiali ad aver determinato l’insolvenza del condominio. Implica peraltro un’ulteriore conseguenza: il condomino risponde pur sempre di un debito del condominio, quindi non sarà costretto, come avviene nelle obbligazioni solidali semplici, ad agire in regresso, pro quota, nei confronti di tutti gli altri condebitori, ma potrà ripetere dal condominio la somma per l’intero (ovviamente, se moroso, al netto della propria quota e degli oneri accessori che la mora ha determinato).
3.3 Il fondo speciale
L’art. 1135, n. 4, c.c. stabilisce che l’assemblea, quando provvede alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, deve costituire obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. In tal senso, la costituzione del fondo speciale diviene condizione di rispondenza alla legge della deliberazione assembleare di approvazione dell’intervento manutentivo o innovativo, la cui sussistenza potrà essere sindacata dal giudice in sede di impugnazione ex art. 1137 c.c.
Ma cosa occorre per poter dire costituito tale fondo? Serve l’effettivo versamento dei contributi da parte dei condomini, o basta un atto di destinazione assembleare delle spese ripartite a far fronte ai bisogni derivanti dall’esecuzione dei lavori?
Il fondo speciale non è, in realtà, inquadrabile fra i patrimoni separati, in quanto la stessa previsione normativa non imprime ad esso alcun vincolo di destinazione; esso non è, cioè, per legge legato allo scopo per cui è stato costituito, potendo essere distratto dall’assemblea, la quale ne conserva la disponibilità. Tale fondo può formare, così, oggetto di esecuzione da parte di tutti i creditori del condominio, trattandosi di somme non facenti più parte del patrimonio dei singoli condomini che le hanno versate, ma che neppure possono essere considerate a garanzia delle sole obbligazioni assunte per la realizzazione di quei lavori che hanno imposto la costituzione del fondo stesso. I contributi che valgono a costituire il fondo speciale devono transitare sul conto corrente intestato al condominio, confondendosi con le altre somme già ivi esistenti, e andando perciò ad integrare quel saldo che è ad immediata disposizione del correntista, secondo l’art. 1852 c.c., senza che mantenga alcun rilievo lo specifico titolo dell’annotazione a credito. Quando, così, un creditore del condominio sottoponga a pignoramento le somme risultanti presso l’istituto bancario ove il condominio intrattiene il rapporto di conto corrente e sul quale affluiscono anche le rate del fondo per la manutenzione straordinaria e le innovazioni, il credito del debitore che viene pignorato è il credito alla restituzione delle medesime somme depositate, il quale trova causa nel rapporto di conto corrente, rimanendo del tutto prive di significato le ragioni per le quali le singole rimesse siano state effettuate.
È dunque perfettamente inutile pure che l’amministratore apra un autonomo conto corrente su cui far confluire i contributi afferenti al fondo speciale per la manutenzione straordinaria. Ciò, anzi, appare addirittura inopportuno, perché il menzionato art. 1129, co. 7, c.c., come l’art. 1129, co. 12, n. 3, c.c. suppongono un unico conto corrente condominiale.
Bisogna quindi decisamente escludersi che il fondo speciale per la manutenzione straordinaria e le innovazioni possa intendersi costituito mediante mera destinazione delle somme, mancando un esplicito intervento normativo in tal senso: i creditori della gestione condominiale confidano nella responsabilità generale del loro debitore, e perciò l’assemblea, ove decidesse di vincolare parte delle somme versate a titolo di contributi, contrasterebbe sia il principio generale di cui all'art. 2740 c.c., sia il principio della par condicio creditorum, di cui al successivo art. 2741 c.c.
Da quanto finora affermato discende inevitabilmente che il fondo speciale di cui all’art. 1135, n. 4, c.c., non possa dirsi “costituito”, e perciò non possa dirsi adempiuto il correlato obbligo, posto quale condizione di legittimità della delibera, finché non siano stati versati dai condomini contributi di importo pari all’ammontare dei lavori.
Poiché la legge postula che la preventiva costituzione del fondo speciale per gli indicati lavori soddisfi l’interesse anche del singolo condomino a veder escluso il proprio rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, secondo il meccanismo fissato dai co. 1 e 2 dell’art. 63 disp. att. c.c., l’assemblea non può deliberare a maggioranza di soprassedere dall’allestimento del fondo stesso, pur ove abbia ricevuto il consenso dell’appaltatore, altrimenti modificando il criterio legale posto dall’art. 1135, n. 4, c.c., nel senso di ampliare l’esposizione sussidiaria di coloro che si pongano in regola coi pagamenti.
Vincenzo Colonna: §§ 1.2, 2.2., 2.3, 3.1, 3.2.
Antonio Scarpa: §§ 1.1, 2.1, 2.4, 3.3.
==Note==
1 Per un organico esame della riforma, Celeste, A.-Scarpa, A., Riforma del condominio, Milano, 2012; Sub artt. 1117-1139, in Comm. c.c. Gabrielli, III, Della proprietà, a cura di A. Jannarelli e F. Macario, Torino, 2013, 151-547; Scarpa, A., Condominio (riforma del), in Dig. civ., Aggiornamento, VI, Torino, 2013; Triola, R., a cura di, Il nuovo condominio, Torino, 2013; Monegat, M., La riforma del condominio, Milano, 2013.
2 Basile, M., Condominio negli edifici: I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 8; Cianci, A.G., L’amministratore, in Il condominio, a cura di C.M. Bianca, Torino, 2007, 564.
3 Bianca, C.M., Nozione di condominio, in Il condominio, cit., 17, con la precisazione che «riconoscere al condominio soggettività giuridica non vuol dire considerarlo persona giuridica».
4 Amagliani, R., L’amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano, 1992, 134; Colonna, V., Sub art. 1129, in Comm. c.c. Gabrielli, cit., 323; Id., Amministrazione condominiale, in Contratti. Formulario commentato, a cura di F. Macario, Milano, 2011, 131.
5 Costantino, M., L’istituto della proprietà condominiale nella riforma della gestione dei conflitti, in L’evoluzione del condominio, a cura del Centro studi nazionale Anaci, Milano, 2008, 5.
6 Cass., 24.10.2006, n. 22840, il precedente più autorevole.
7 Sul punto, v. Colonna, V.,-Carrino, P., Sub art. 1130-bis, in Comm. c.c. Gabrielli, cit., 426.
8 Cass., S.U., 8.4.2008, n. 9148. La tesi è ampiamente sviluppata da Corona, R., Le obbligazioni dei condomini, Milano, 2013, secondo cui l’assunto resta ancora valido, in quanto «la riforma sostanzialmente non modifica la disciplina vigente».
9 In merito, Scarpa, A., L’amministratore fa il “pieno” di responsabilità, in Guida dir., 2013, fasc. 3, 86; Colonna, V., sub art. 1129, in Comm. c.c. Gabrielli, cit., 376.
10 Si tratta di una legittimazione derivativa o secondaria, rileva Scarpa, A., op. ult. cit., 106. Sul punto, v. anche Colonna, V., Sulla natura delle obbligazioni del condominio, in Foro it., 1997, I, 872.