La prima letteratura cristiana in latino e la resistenza della poesia profana
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La più antica letteratura cristiana latina si colloca geograficamente nella provincia d’Africa: mentre tra i fedeli si diffondono opere anonime di natura martirologica e agiografica, i primi scrittori cristiani affrontano problemi cruciali come la difesa della nuova religione di fronte al mondo pagano e, sul fronte interno, la lotta contro le eresie. Nell’ambito della letteratura profana la poesia assume invece forme che vanno dal bizzarro tecnicismo al ritorno al classicismo virgiliano.
Rispetto a un cristianesimo che si esprime in greco fin dalle origini, nell’Occidente latino si registra un notevole ritardo. Le prime forme di letteratura cristiana in latino, se si tralasciano le più antiche traduzioni latine della Bibbia, sono legate al contesto delle persecuzioni. La questione è storicamente complessa: per un lungo periodo tolleranza e intolleranza verso i cristiani si alternano e coesistono in un quadro sfumato e diversificato.
Quando però la radicalità del cristianesimo si scontra con il potere imperiale, emergono le figure eroiche dei martiri, che testimoniano la fede con il sacrificio della propria vita. Si diffondono così gli Acta martyrum, un genere che nasce dall’esigenza di fornire un resoconto relativo ai martiri, allo scopo di rafforzare nella fede la comunità di appartenenza e di suscitare in essa uno spirito di emulazione. Tra i più antichi esempi sono da considerare gli Acta martyrum Scilitanorum, che riguardano i martiri di Scili, presso Cartagine. Una forma di letteratura martirologica più elaborata dal punto di vista narrativo sono le Passiones: tra queste si ricorda in particolare la Passio Perpetuae et Felicitatis, che tra suggestive visioni e accenti di semplice, ma intensa devozione, si pone come uno dei primi esempi di letteratura agiografica.
Cartaginese, nato intorno alla metà del II secolo, Tertulliano riceve un’educazione tradizionale nell’alveo di quella cultura pagana che, insieme all’eresia, combatterà alacremente.
Di lui colpiscono l’impetuosità del carattere e lo spirito polemico che pulsa nelle sue opere: tra queste gli scritti apologetici, i primi composti in latino, come l’Ad Nationes e l’Apologeticum (entrambi del 197), l’uno rivolto al mondo pagano in generale, l’altro specificamente alle autorità imperiali. In entrambi gli scritti coesistono difesa della propria religione e attacco contro l’immoralità dei pagani; nell’Apologeticum in particolare è forte la denuncia contro chi perseguita i cristiani non perché colpevoli di un reato specifico, ma per il solo fatto di essere cristiani.
Una parte significativa dell’opera di Tertulliano è dedicata alla dottrina e alla polemica contro le eresie; nel De praescriptione haereticorum l’autore, formatosi nel campo dell’oratoria classica e del diritto, utilizza il procedimento della praescriptio, l’obiezione preliminare che ha lo scopo di privare preventivamente di valore gli argomenti dell’avversario; nel caso degli eretici questa consiste nel negare loro la possibilità di usare a proprio sostegno le Scritture, in quanto solo i cristiani fedeli all’ortodossia sono i depositari della conoscenza di esse.
La radicalità di Tertulliano si esprime con particolare veemenza nelle opere di carattere morale; l’idea di fondo è la totale inconciliabilità tra il modo di vivere dei cristiani e la società pagana, rappresentata come un mondo corrotto in cui i cristiani si trovano a dover vivere, ma con il quale non possono stipulare alcun compromesso. Un filone particolare nell’ambito degli scritti morali è quello dedicato al comportamento che deve essere tenuto dalle donne (De cultu feminarum e De virginibus velandis): i rigidi limiti imposti alle donne riguardo a tutto ciò che concerne il loro aspetto esteriore sono il chiaro sintomo di una visione tutta negativa e oscura della sessualità e del genere femminile, sul quale si concentra l’idea di peccato e che è rappresentato come l’origine di ogni male.
Anche attraverso questi aspetti, così lontani dalla sensibilità moderna, Tertulliano comunica a suo modo l’urgenza di affermare un’identità propria dei cristiani nel rifiuto di tutto ciò che appartiene al mondo e alla società pagana.
Di Minucio Felice, sulla cui vita abbiamo scarsissime notizie, ci resta l’Octavius, unica opera apologetica latina in forma dialogica. Minucio utilizza la forma classica del dialogo filosofico ciceroniano per veicolare il messaggio cristiano: destinatario ideale sono i pagani colti, che devono pertanto essere raggiunti attraverso un linguaggio a loro congeniale.
Nell’Octavius Minucio si ritrova a fare da arbitro nella discussione tra il cristiano Ottavio e il pagano Cecilio che, persuaso dai ragionamenti di Ottavio e dalla sua difesa ferma, ma pacata, del cristianesimo, alla fine si convertirà. Scegliendo la forma del dialogo e ponendosi come “ponte” tra il pagano e il cristiano, Minucio propone una forma di apologetica basata non sulla vis polemica, come era per Tertulliano, ma sulla mitezza, non sull’aspra contrapposizione, ma su toni più sereni e moderati.
Una figura di grande importanza per il cristianesimo delle origini in area africana è quella di Cipriano, un pagano convertito che diviene presbitero e poi vescovo di Cartagine. Morirà martire nel 258 sotto la persecuzione di Valeriano, come narrato negli Acta Sancti Cypriani martyris. Di Cipriano ci è pervenuto un epistolario dal quale si ricavano preziosissime informazioni sulla vita della comunità cristiana cartaginese negli anni più tormentati dalla violenza delle persecuzioni. Di Commodiano sono incerti tanto il luogo di nascita quanto la cronologia, ma sappiamo che anch’egli è un pagano convertito. Ci sono pervenuti due poemetti, le Instructiones e il Carmen apologeticum, rivolti a pagani e giudei con l’intento di convertirli al cristianesimo. Questo genere di poesia ha un andamento vicino alla prosa e un impianto fortemente didascalico: soluzioni formali come l’acrostico e il distico hanno lo scopo di comunicare efficacemente e far memorizzare i principi del cristianesimo.
Nell’epoca in cui il cristianesimo va definendo una propria identità letteraria, il panorama della poesia profana mostra da un lato una tendenza al puro virtuosismo, dall’altro un’ispirazione più classica che recupera la tradizione virgiliana.
È Optaziano Porfirio il maggiore rappresentante della poesia virtuosistica profana, un genere che porta all’estremo il gusto per la forma a scapito dei contenuti. Nella sua produzione troviamo acrostici, calligrammi, versus intexti: si tratta di carmi in cui i versi sono costruiti in modo da formare immagini e disegni.
Molto diffusi in questo ambito anche i centoni, componimenti costruiti utilizzando versi o parti di versi di altri poeti, Virgilio soprattutto, estratti dal loro contesto e ricombinati tra loro. Tra gli esempi più significativi il Cento nuptialis tramandato tra le opere di Ausonio.
Al III secolo, se pure con qualche incertezza, si assegnano una serie di componimenti amorosi, come il De concubitu Martis et Veneris di Reposiano e l’anonimo Pervigilium Veneris (“Veglia di Venere”), un carme in tetrametri che celebra Venere e il ritorno della primavera, esempi di un gusto che domina la tarda latinità: una poesia allusiva e raffinata che pone al centro l’immaginario dell’amore e il suo apparato di simboli.
Con Nemesiano, attivo nella parte finale del III secolo, si ha una forma di classicismo che recupera la dimensione didascalica della poesia virgiliana: Bucolica, Cynegetica e altri poemetti attingono alla tradizione di Virgilio, ma con esiti originali e personali.