Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il Quattrocento si caratterizza come il secolo dell’umanesimo e della riscoperta dei classici, tuttavia non va dimenticato che vi è una parallela riscoperta degli scritti dei Padri della Chiesa. Gli ordini religiosi, e primi fra tutti quelli mendicanti, sono percorsi in questo periodo da un grande movimento di riforma, noto col nome di Osservanza, che vede tra i suoi protagonisti il francescano Bernardino da Siena e il domenicano Girolamo Savonarola.
L’umanesimo cristiano
Il Quattrocento, soprattutto in Italia, si caratterizza come il secolo dell’umanesimo e della riscoperta dei classici, ma sin dall’inizio questo interesse suscita una discussione sull’inconciliabilità tra pensiero pagano e cristiano, come appare dal dibattito che vede coinvolti il noto umanista Coluccio Salutati e il cardinale Giovanni Dominici. Tuttavia, fin dalle sue origini – come ben si vede in un “preumanista” come Francesco Petrarca, diviso tra l’amore per Cicerone e Seneca da un lato e sant’Agostino dall’altro –, lo studio degli autori pagani non è mai disgiunto da quello della Bibbia e dei grandi scrittori cristiani.
I Padri della Chiesa orientale e occidentale sono ora preferiti ai grandi dotti del Duecento come Tommaso d’Aquino e Alberto Magno, e tornano a essere letti nella loro veste originale senza essere più semplicemente fruiti attraverso opere enciclopediche o florilegi. Nasce una nuova figura di intellettuale e anche di predicatore: al teologo si sostituisce l’umanista e dunque non stupisce che laici letterati si dedichino alla composizione di sermoni. È il caso in particolare degli umanisti appartenenti alla Compagnia dei Magi di Firenze come Marsilio Ficino, filosofo e sacerdote, ma anche di laici quali Giovanni Nesi, Niccolò Machiavelli e Filippo Carducci. Questa partecipazione più attiva e personale alla vita religiosa confluirà poi nella devotio moderna, una corrente di approfondimento spirituale di origine fiamminga che sottolinea la centralità della lettura diretta delle sacre scritture ed esalta la via dell’imitazione di Cristo, secondo quanto affermato nel noto libretto De imitatione Christi attribuito a Tommaso da Kempis.
Il movimento delle Osservanze
Il XV secolo è inoltre caratterizzato da un vasto movimento di riforma che coinvolge i principali ordini religiosi, e in particolare quelli mendicanti, noto col nome di Osservanza. Nel caso dei Minoriti sono soprattutto Alberto da Sarteano, Bernardino degli Albizzeschi da Siena, Giovanni da Capistrano e Giacomo della Marca a diffonderlo, mentre per l’ordine dei predicatori è fondamentale l’azione del ferrarese Girolamo Savonarola.
Sono questi del resto i nomi dei grandi predicatori itineranti che le confraternite e le cattedrali si disputano e dei quali gli ascoltatori si preoccupano di raccogliere la parola sia in vere e proprie reportationes, come nel caso di san Bernardino, sia in zibaldoni dove le prediche sono unite a opere di devozione. Nasce così quella letteratura devozionale e catechetica di fattura laica nella quale le norme della vita cristiana sono spesso tradotte in termini mercantili e utilitaristici, tanto da far parlare di religion tarifée o di “contabilità della vita spirituale”.
Nel caso di san Bernardino, oltre alle reportationes in volgare compiute dagli ascoltatori, possediamo per alcuni cicli di prediche il testo latino redatto da lui stesso, come per il quaresimale De christiana religione (1429-1436) e per quello De Evangelio aeterno (1436-1440): questa duplice testimonianza è particolarmente significativa poiché permette di comprendere lo iato esistente tra predicatore e ascoltatori. I temi centrali della predicazione bernardiniana, e in generale di quella quattrocentesca, sono l’usura, la pacificazione sociale e l’etica matrimoniale con particolare attenzione per le abitudini sessuali. L’azione martellante dei frati non fu inutile se si pensa che proprio grazie a essi si arriverà nella seconda metà del secolo alla fondazione dei Monti di Pietà.
Per persuadere l’uditorio Albizzeschi fa ricorso a tecniche teatrali e a elementi concreti come la tavoletta col nome di Gesù, spesso mostrata al pubblico, e il rogo delle “vanità” al termine della predica. Egli fa spesso riferimento alle attività artigianali e alla concreta esperienza degli ascoltatori e anche quando tratta di argomenti elevati si preoccupa di aiutare l’uditorio rimandando a immagini reali o allegoriche che facilitino l’apprendimento del proprio insegnamento e la memoria degli ascoltatori.
Se la prima metà del Quattrocento è caratterizzata dall’azione di questi famosi predicatori che sviluppano al massimo le potenzialità mimico-teatrali insite nell’evento predicatorio, nella seconda metà del secolo prevale nella predicazione un orientamento didattico-catechetico che porta all’edizione dei sermonari latini dei più noti predicatori del tempo. In tali scritti si nota una semplificazione della complessa struttura del sermone medievale a favore dello svolgimento di temi etici anche scollegati dalla liturgia. In questa direzione va anche la predicazione del Savonarola, fortemente caratterizzata dalla profezia e dall’impegno politico. Soprattutto a partire dal 1494 egli costituisce un punto di riferimento nella difficile situazione politica e sociale venutasi a creare a Firenze dopo la fuga dei Medici: in particolare con i cicli su alcuni libri biblici, quali Aggeo, i Salmi e Giobbe, egli esorta alla riforma dello Stato che deve fondarsi su un principio di legittimità. La predicazione di Savonarola è caratterizzata da uno stile profetico e apocalittico assolutamente peculiare e anche per il frate ferrarese risulta fondamentale l’opera di alcuni ascoltatori, il più noto dei quali è il notaio fiorentino ser Lorenzo Violi, tachigrafo ed editore dei maggiori cicli di prediche.
Il movimento dell’Osservanza coinvolge ben presto anche i rami femminili degli ordini attraverso un rapporto di predicazione e direzione spirituale condotto per lettera. Continua quella tradizione di “madri spirituali” iniziata nel XII secolo con le dotte benedettine tedesche, proseguita nel Trecento italiano con Angela da Foligno e Caterina da Siena, ma che ora si allarga sino a comprendere un numero sempre maggiore di monache, quali santa Caterina da Bologna (Caterina Vigri) o Tommasina Fieschi, e terziarie, come Domenica Narducci da Paradiso.
Se per la predicazione della prima possediamo solo testimonianze indirette, nel caso delle altre due ci sono giunti alcuni testi che mostrano come esse rappresentino due volti dell’esperienza femminile domenicana. La prima, claustrale, unisce le tecniche del sermo modernus alla tradizione monastica della lectio divina, mentre la seconda, seguace di Savonarola, è autrice di sermoni visionari che risentono delle immagini pittoriche e del teatro sacro contemporaneo. Tuttavia, mentre nei sermoni delle due domenicane è centrale il ruolo della Bibbia, il sermone tenuto dalla Vigri il giovedì santo prima di morire trae spunto dall’incipit di una lauda iacoponica per trattare della nobiltà dell’anima. Al di là di queste differenze, va notato che ciò che caratterizza maggiormente la predicazione femminile è il tipo di uditorio: nella maggior parte dei casi infatti essa si svolge all’interno dei monasteri ed è diretta all’istruzione delle consorelle e solo eccezionalmente è rivolta anche all’esterno.
I sermoni mescidati e semidrammatici
Degni di nota sono i sermoni “mescidati”, caratteristici del XV secolo, benché affondino le proprie radici nella tradizione della predicazione macaronica tardo-medievale, a partire dal famoso Giovanni da Vicenza ricordato nella Cronica di fra’Salimbene, il quale aveva sviluppato una lingua tutta sua. Si distinguono in questo tipo di predicazione espressionistica soprattutto il domenicano Gabriele Barletta e il francescano Bernardino da Feltre, mentre per altri predicatori come Bernardino da Siena, Giacomo della Marca o Roberto Caracciolo da Lecce, le reportationes in latinus grossus sono da addebitare ai tachigrafi e non a una scelta consapevole da parte del predicatore.
Comuni a buona parte dei grandi predicatori itineranti del secolo, e caratteristici di Caracciolo – forse il più noto imitatore dello stile bernardiniano – sono i cosiddetti “sermoni semidrammatici”, nei quali il predicatore modifica la propria voce per drammatizzare gli episodi biblici. Strettamente connesso a quest’uso si può considerare lo sviluppo che la sacra rappresentazione fiorentina subisce per impulso di Antonino Pierozzi, tanto da divenire una vera e propria predicazione in forma di teatro.
Il contesto europeo
Le figure di maggiore spicco in ambito europeo sono quelle del domenicano Vincenzo Ferrer e di Jean Gerson (1363-1429), teologo e cancelliere dell’Università di Parigi. Il Ferrer è uno dei maggiori predicatori itineranti e la sua attività coinvolge diversi Paesi tra i quali la Spagna, dove svolge anche un’importante azione politica, la Francia, l’Italia, la Svizzera e i Paesi Bassi. Pare che egli abbia sempre predicato nella sua lingua materna di Valencia, anche se alcuni sermoni saranno poi tradotti in latino: proprio per questo, dato che spesso l’uditorio non comprendeva la sua lingua, era fondamentale la capacità che egli possedeva di combinare voce e gesti facendo del sermone una performance drammatica. Come per gli altri grandi predicatori italiani sopra ricordati, la sua parola veniva raccolta dagli ascoltatori mediante reportationes, ma nel suo caso possediamo una testimonianza straordinaria nel retablo del monastero di Santo Domingo a Valencia, ora al Museo de Belias Artes di quella città. Qui Ferrer è rappresentato mentre predica in chiesa con ai piedi due tachigrafi, uno in riposo e uno che scrive, secondo l’usanza che allora si aveva di scrivere a turno. L’opera del quasi contemporaneo Gerson ha un carattere ben diverso: egli non è infatti un predicatore popolare, ma si caratterizza come direttore spirituale. Non per nulla infatti i suoi scritti sulla discretio spirituum sono alla base della cosiddetta “scienza dei santi”, che si svilupperà pienamente tra Cinquecento e Seicento.
I caratteri della predicazione pretridentina
La predicazione quattrocentesca si sviluppa tra i due poli del sermone medievale e dell’oratoria umanistica senza tuttavia arrivare alla formulazione di un nuovo modello di eloquenza sacra, che si avrà solo nel Cinquecento. I grandi predicatori del XV secolo infatti si limitano a rimaneggiare il sermone medievale rendendolo più semplice e popolare e non si preoccupano di approfondire sul piano teorico i rapporti tra la propria eloquenza e la nuova oratoria umanistica. Si hanno così, soprattutto nella seconda metà del secolo, casi ibridi nei quali le strutture del sermone tematico sono rivestite da una patina umanistica – costituita essenzialmente da citazioni di autori classici – che si affiancano all’oratoria sacra di gusto umanistico praticata nelle confraternite e nella Cappella Pontificia coram Papam o al concilio di Costanza e Basilea.