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La nuit américaine

di Jean Douchet - Enciclopedia del Cinema (2004)
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La nuit américaine

Jean Douchet

(Francia/Italia 1973, Effetto notte, colore, 115m); regia: François Truffaut; produzione: Marcel Berbert per Les Films du Carrosse/PECF/PIC; sceneggiatura: Suzanne Schiffman, Jean-Louis Richard, François Truffaut; fotografia: Pierre-William Glenn; montaggio: Yann Dedet; scenografia: Damien Lanfranchi; costumi: Monique Dury; musica: Georges Delerue.

"La nuit américaine ha per soggetto la lavorazione di un film, dal primo giro di manovella fino all'ultimo giorno delle riprese, allorché l'intera équipe si separa. L'azione si svolge interamente negli studi della Victorine, a Nizza, in un grande scenario all'aperto riproducente una piazza parigina e all'interno del camerino degli attori, delle sale di abbigliamento, di trucco, di proiezione e di montaggio. Il film comporta due storie: a) la storia personale che racconta le avventure della troupe di un film (cinque attori e attrici, il regista, il produttore e alcuni tecnici): le loro dispute, le riconciliazioni, i loro problemi intimi, tutto ciò mescolato a un lavoro comune limitato nel tempo e nello spazio: le riprese di un film intitolato Je vous présente Paméla; b) la storia del film di finzione: il soggetto del 'film nel film' è ispirato a un fatto di cronaca inglese: un giovane (Alphonse), da poco sposato con una ragazza inglese (Paméla/Julie Baker), giunge sulla Costa Azzurra per presentare la moglie ai propri genitori (Séverine e Alexandre). Il padre del giovane si innamora della nuora e fugge con lei. Il figlio lo ritrova e lo uccide" (F. Truffaut).

Visto che si tratta del soggetto di La nuit américaine, parliamo di cinema. Quello di François Truffaut, in modo quanto mai evidente, essenzialmente alla ricerca di una giusta tonalità e di uno stile sempre più raffinato. Come tutti i cineasti che si pongono molte domande, Truffaut aveva più chiaro cosa voleva evitare rispetto a ciò che voleva ottenere. Detestava quella forma di cinema che potremmo definire 'abusivo': l'enfasi, lo sfruttamento dell'erotismo, la violenza, la sistematica accentuazione dei toni. Nell'accingersi a girare La nuit américaine, Truffaut non è tanto interessato all'idea di fare un film sulla creazione demiurgica come 81/2 di Fellini, quanto piuttosto a cercare il giusto tono per descrivere la vita reale che anima il set di un film. A Truffaut piace sviluppare questa arte dell'aneddotica che ammirava nel cinema di Jacques Becker e che fa somigliare La nuit américaine a una sorta di equivalente cinematografico della canzone di Charles Trenet Moi, j'aime le music-hall, nella quale il cantante ricorda in modo raffinato e divertente gli artisti in voga e il piacere leggero dello spettacolo. Nel film assistiamo quindi a una successione di scenette, come quella del gatto che si rifiuta di bere il latte, o dell'attrice che accetta di girare solo a patto che a colazione le venga servito un intero panetto di burro, o quella dell'apertura della porta, che Valentina Cortese, troppo stressata, sbaglia ogni volta; tutti questi 'aneddoti', per Truffaut, contano molto più dei tormenti creativi del regista Ferrand, interpretato da lui stesso. Come accade sempre nei suoi film, ci troviamo di fronte a un personaggio (Ferrand) che deve raggiungere uno scopo (finire il film). Ma in questo caso la meta è un po' come il trasporto delle mandrie in Red River (Il fiume rosso, Howard Hawks 1948): un pretesto per elencare tutte le difficoltà che sopraggiungono prima di arrivare a destinazione. L'accumularsi di imprevisti durante le riprese rende La nuit américaine un film completamene costruito sull'arte della narrazione, ma privo di veri punti di forza. Un racconto che si sviluppa attraverso un susseguirsi di colpi di scena, di colpi di testa dei personaggi, senza alcuna preoccupazione psicologica. Presa separatamente, ogni sequenza sembrerebbe gratuita, priva di interesse. L'arte di Truffaut si basa sul legame tra gli elementi, non sugli elementi stessi.

Da qui l'aspetto di 'film corale' di La nuit américaine, la mancanza di gerarchia tra la star e la segretaria di edizione. Truffaut struttura il suo racconto e la sua regia secondo il sistema della gravitazione tanto caro a Jean Renoir. Per poter esistere, ogni personaggio deve costantemente girare intorno agli altri. Questo movimento gravitazionale genera il tono leggero e piacevole proprio della commedia; ma le scene in albergo, che evocano irresistibilmente quelle recitate nei corridoi del castello della Colinière in La règle du jeu, assumono di colpo un tono grave, serio, persino sofferente. È per questo che il film è così emozionante: possiede il ritmo segreto della gravitazione perpetua e dei movimenti della vita. Truffaut si concentra sulla verità di un attore o di un personaggio, che può essere completamente diversa dalla verità dell'istante seguente. Questo spiega il gusto del cineasta per i personaggi contraddittori (Jean-Pierre Léaud), animati da riflessi imprevedibili. Le riprese descritte nel film sono dunque sistematicamente messe in pericolo dalle pulsioni degli attori che vi recitano. Le inquadrature di Truffaut sono aperte, non pongono limiti. Profondità di campo, ampiezza, spazio aperto a destra come a sinistra: tutto ciò che può generare aneddoti e difficoltà durante le riprese del film sembra sempre esistere ai margini o fuori del campo. Tuttavia anche ciò che è presente in campo può uscirne in qualsiasi momento, come il gatto che l'attrezzista cerca in tutti i modi di trattenere all'interno dell'inquadratura e che continua ad andarsene.

Rimane il fatto che la discontinuità dei comportamenti che disturba le riprese di Je vous présente Paméla è attribuita, come spesso accade in Truffaut, a problemi di identità e di 'paternità' che i personaggi si trovano ad affrontare: la segretaria di edizione è incinta, l'attrice Julie Baker ha sposato (nella vita) un medico che potrebbe essere suo padre, Valentina Cortese si dà all'alcol a causa della leucemia del figlio, e così via. E come sempre nei film di Truffaut, i personaggi inseguono le promesse della scrittura (qui, della sceneggiatura). Se la lavorazione di un film rappresentava per Truffaut un soggetto ideale, tutto doveva avvenire in fretta, precipitosamente, in modo che il tono di insolita inquietudine che caratterizza il suo cinema potesse trovare piena espressione nello stato di panico e di finta calma che caratterizza la vita di un set.

Interpreti e personaggi: Jacqueline Bisset (Julie Baker/Paméla), Valentina Cortese (Séverine), Alexandra Stewart (Stacey), Jean-Pierre Aumont (Alexandre), Jean-Pierre Léaud (Alphonse), François Truffaut (Ferrand), Jean Champion (Bertrand), Nathalie Baye (Joëlle), Dani (Liliane), Bernard Menez (trovarobe), Nike Arrighi (Odile), Gaston Joly (Gaston Lajoie), Zénaide Rossi (moglie di Gaston), Jean-François Stévenin (assistente alla regia), Pierre Zucca (fotografo).

Bibliografia

F. Chevassu, La nuit américaine, in "La revue du cinéma", n. 273, juin 1973.

F. Perez, La nuit au jour le jour, in "Positif", n. 152-153, juillet-août 1973.

F. La Polla, G. Turroni, A. Cappabianca et al., La nuit américaine, in "Filmcritica", n. 237, settembre 1973.

G. Cremonini, Effetto notte, in "Cinema nuovo", n. 225, settembre-ottobre 1973.

J. Dawson, Truffaut's Starry Night, in "Sight & Sound", n. 1, Winter 1973/74.

V. Giacci, Effetto notte, in "Cineforum", n. 130, febbraio-marzo 1974.

W.J. Douglass, Homage to Howard Hawks: François Truffaut's 'Day for Night', in "Literature/Film quarterly", n. 2, April 1980.

J. Card, More than meets the eye in 'Singin' in the Rain' and 'Day for Night', in "Literature/Film Quarterly", n. 2, April 1984.

J. Sparks, Truffaut's forgotten masterpiece, in "Film comment", n. 4, July-August 1998.

Sceneggiatura: La nuit américaine, Paris 1974.

Vedi anche
Jean-Pierre Léaud Léaud ‹leó›, Jean-Pierre. - Attore cinematografico francese (n. Parigi 1944). Rivelatosi giovanissimo in Les quatre cents coups (1959) di F. Truffaut, divenne uno dei volti più noti ed emblematici del cinema francese ed europeo negli anni Sessanta e Settanta. Interprete di varî film di Truffaut (Baisers ... François Truffaut Truffaut ‹trüfo'›, François. - Regista cinematografico (Parigi 1932 - Neuilly-sur-Seine 1984); critico cinematografico dal 1950, fu tra gli animatori di quel processo di rinnovamento del linguaggio cinematografico che prese il nome di Nouvelle Vague. Esordì nella regia con Les quatrecents coups (1959), ... Jacqueline Bisset Nome d'arte dell'attrice britannicaWinifred Jacqueline Fraser Bisset (n. Weybridge, Surrey 1944). Nel 1967 si mise in evidenza in James Bond 007 - Casino Royale. Giunta a Hollywood, recitò in numerose produzioni tra cui The sweet ride (L'onda lunga, 1968), ma fu con La nuit americaine (Effetto notte, ... Federico Fellini Regista cinematografico italiano (Rimini 1920 - Roma 1993). Regista tra i più significativi della storia del cinema, che ha attraversato con tratti di indiscutibile ed esemplare leggerezza, grandissimo orchestratore di immagini, di visioni e di ritmi narrativi, si è rivelato maestro nel dare corpo alla ...
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pér la quale
per la quale pér la quale locuz. agg. e avv., invar. – Espressione usata, nel linguaggio fam. o scherz. con varî sign. (v. quale, n. 6).
Dio me l’ha data, guài a chi la tócca!
Dio me l'ha data, guai a chi la tocca! Dio me l’ha data, guài a chi la tócca! – Frase che si ritiene pronunciata da Napoleone I nel cingere la Corona ferrea, il 26 maggio 1805.
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