La notifica mezzo p.e.c. del ricorso nel processo di primo grado
Nel corso del 2013 alcune decisioni di TAR hanno affrontato il problema della notificazione a mezzo posta elettronica certificata nel processo amministrativo. Sempre nel 2013 è stato adottato un d.m. che ha adeguato le regole tecniche per la notificazione telematica effettuata dagli avvocati. Il contributo, che segue delinea l’evoluzione normativa in materia, si sofferma sulle regole dettate per le notificazioni effettuate direttamente dagli avvocati mediante p.e.c., analizza, anche alla luce della primissima giurisprudenza, i problemi sorti sulla applicazione nel processo amministrativo di istituti forgiati da norme pensate per il processo civile. Si pone in particolare il problema della applicabilità dell’istituto in relazione alle peculiarità del processo amministrativo ed alla mancanza di norme tecniche di immediata applicazione.
L’art. 39 del d.lgs. 2.7.2010, n. 104 (d’ora in avanti c.p.a.) dispone un rinvio esterno alle disposizioni del codice di procedura civile (che si applicano per quanto non espressamente disciplinato dal c.p.a.) in quanto compatibili o espressione di principi generali (co. 1). La disposizione del secondo comma, prevede invece che «le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile». La dottrina1 ha correttamente ritenuto cha la disposizione richiamata, a differenza di quella contenuta nel comma precedente che comporta una previa verifica della astratta compatibilità delle norme processuali civilistiche con quelle del modello del c.p.a., ovvero della loro ascrizione a principi generali del processo (sempre fatta salva la specialità della disciplina processuale propria del codice in materia), integri un rinvio pieno e completo all’intero sistema delle notificazioni come disciplinato dal c.p.c. e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari2 in materia civile.
Il rinvio alle disposizioni richiamate riguarda quindi tanto le norme contenute nella sezione quarta del Titolo terzo del libro primo c.p.c. (artt. 136 – 152)3, quanto le disposizioni di cui alla l. 20.11.1982, n. 890, concernente le notificazioni di atti a mezzo posta, alla l. 21.1.1994, n. 53, e ss.mm.ii. recante facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati, nonché alla l. 7.6.1993, n. 183, concernente l’utilizzazione dei mezzi di telecomunicazione per la trasmissione degli atti relativi a procedimenti giurisdizionali4.
Il mezzo attraverso il quale le notificazioni telematiche sono penetrate nel sistema del processo amministrativo è quindi quello del rinvio complessivo della disciplina in materia di notificazioni al sistema delineato dal legislatore con riferimento al processo civile5. In particolare, rispetto al quadro normativo sopra delineato, le norme che riguardano espressamente l’uso della posta elettronica certificata (d’ora in avanti p.e.c.) sono:
- l’art. 137 c.p.c. (modificato dalla l. 18.6.2009, n. 69), in particolare nella parte in cui prevede (co. 3) che se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di p.e.c., l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile;
- l’art. 149 bis c.p.c. (inserito dall’art. 4, co. 8, d.l. 29.12.2009, n. 193, conv. in l. 22.2.2010, n. 24) che contiene la disciplina primaria in materia di notificazione a mezzo p.e.c. effettuata dall’ufficiale giudiziario;
- gli artt. 1 (come modificato dall’art. 25, co. 3, lett. a) della l. 12.11.2011, n. 183, che consente l’esecuzione della notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale agli avvocati muniti di procura alle liti ai sensi dell’art. 83 c.p.c., ed autorizzati dal Consiglio dell’ordine, a mezzo del servizio postale ovvero p.e.c.), 3 bis (inserito dall’art. 16 quater, co. 1, lett. d), d.l. 18.10.2012, n. 179, modificato dall’art. 1, co. 19, l. 24.12.2012, n. 228), 6 e 9 della l. n. 53/1994.
Quanto alla disciplina secondaria rilevano (con i caveat di cui appresso, infra, §. 3) le disposizioni contenute nel d.m. Giustizia del 21.2.2011, n. 44, regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con particolare riferimento agli artt. 17 (come modificato dal successivo d.m. 15.10.2012, n. 209, che riguarda le notificazioni per via telematica effettuate tramite UNEP) e 18 (sostituito dall’art.1, co. 1, del d.m. 3.4.2013, n. 48, che riguarda le notificazioni per via telematica effettuate dagli avvocati).
Non appartengono, dal punto di vista sistematico, al complesso delle fonti regolatrici della materia delle notificazioni a mezzo p.e.c. le disposizioni contemplate dal codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7.3.2005, n. 82 e ss.mm.ii.) e quelle contenute nel Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della p.e.c.6 (d.P.R. 11.2.2005, n. 68): ciò in quanto non si tratta di disposizioni che contengono norme processuali (anzi, l’art. 16, d.P.R. n. 68/2005 espressamente esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di p.e.c. ai processi civili, penali o amministrativi). Tuttavia la disciplina delle notificazioni telematiche, come si è venuta delineando in base ai recenti interventi normativi e regolamentari, presuppone da un lato il richiamo alle norme che riguardano la disciplina generale della p.e.c. (si pensi ad esempio alla recente disposizione regolamentare che impone la cd. ricevuta “completa” della consegna del messaggio di posta elettronica in luogo di quella “breve”); dall’altro, richiedendosi l’uso della firma digitale e peculiari modalità di estrazione dei documenti informatici ai fini del loro deposito in giudizio, si impone di fatto l’applicazione di alcune disposizioni contenute nel codice dell’amministrazione digitale. A tale proposito merita di essere segnalata una singolare circostanza: tanto il d.lgs. n. 82/2005 (e le coeve norme tecniche sulla firma elettronica, d.P.C.m. 22.2.2013), quanto il regolamento sulla p.e.c., sono stati adottati seguendo la procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE del 22.6.1998 e ss.mm.ii., recepita con l. 21.6.1986, n. 317 e ss.mm.ii. Si tratta, come è noto, di una procedura imposta dal legislatore europeo che obbliga a notificare i progetti delle regolamentazioni tecniche relative ai prodotti ed ai servizi della società dell’informazione, alla Commissione e agli altri Stati membri, prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali, allo scopo di garantire trasparenza e controllo su regolamentazioni (tecniche) che potrebbero dare origine a barriere ingiustificate all’interno dell’Unione: è quindi evidente la consapevolezza del legislatore nazionale che le norme in materia di amministrazione digitale, nonché quelle di p.e.c., siano ascrivibili al novero di regole tecniche della società dell’informazione il cui ingresso nell’ordinamento richiede una preventiva valutazione di conformità con i principi del Trattato, pena l’inefficacia delle norme medesime. Viceversa, le disposizioni concernenti la materia delle notificazioni, nella parte in cui utilizzano e richiamano servizi e tecnologie della società dell’informazione, e quindi si avvalgono delle relative regole tecniche (quando non costituiscano esse stesse o si autoqualifichino come tali) non sono state oggetto di alcuna preventiva notificazione comunitaria. Da un lato ciò significa che le norme che riguardano le notificazioni (ed in genere il processo telematico) non sono in grado (o non dovrebbero essere in grado) di modificare le regole tecniche (in senso comunitario) preventivamente adottate: conseguendone quindi la sostanziale non necessità di una ulteriore procedura di preventiva notificazione in ambito europeo. Dall’altro, in termini sistematici, che gli istituti elaborati dalla tradizione ordinamentale interna, ed in particolare quelli delle comunicazioni e notificazioni nell’ambito dei processi, sono destinati progressivamente a trasformarsi in quanto le tecnologie e le piattaforme utilizzate costituiscono un prius rispetto al loro naturale funzionamento: più chiaramente, il rovesciamento del rapporto tra norme giuridiche e norme tecniche, sicchè sono le seconde a condizionare il corretto funzionamento ed applicazione delle prime, è potenzialmente foriero di nuove prospettive sistematiche di inquadramento (e di deformalizzazione, in molti casi) di istituti concepiti all’interno di una struttura sociale meno complessa di quella attuale.
1.1 Le recenti novità in tema di notificazione a mezzo p.e.c.
Una straordinaria accelerazione della digitalizzazione delle comunicazioni e delle notificazioni del processo (in genere) è stata imposta da recenti interventi normativi, che si sono susseguiti in rapida frequenza con evidenti problemi di coordinamento tra norme esistenti (sia di rango primario che regolamentari), che hanno generato notevoli perplessità applicative e sostanzialmente disincentivato i professionisti del foro all’uso di un simile sistema.
Il primo intervento ha riguardato l’utilizzazione della p.e.c. come sistema di notificazione da parte dell’ufficiale giudiziario attraverso l’apposito inserimento dell’art. 149 bis c.p.c.: la disposizione non ha comportato soverchi problemi applicativi, dal momento che essa prevedeva l’utilizzazione del sistema informatico del Ministero della Giustizia e si riferiva esclusivamente ai procedimenti giurisdizionali civili.
Il secondo intervento è stato quello dell’art. 25, l. n. 183/2011, che ha esteso la facoltà agli avvocati di effettuare notificazioni senza l’ausilio dell’ufficiale giudiziario anche a mezzo p.e.c., appositamente modificando la l. n. 53/1994, inserendo all’art. 3 il co. 3-bis. Ferma restando la previa autorizzazione del proprio consiglio dell’Ordine, la norma stabiliva che la notifica potesse essere effettuata a mezzo p.e.c. solo se l’indirizzo del destinatario risultasse da pubblici elenchi, e che il notificante dovesse procedere con le modalità previste dall’art. 149 bis c.p.c., in quanto compatibili, specificando nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico. La disposizione, pur consentendo agli avvocati autorizzati di effettuare notifiche a mezzo p.e.c. sin dal primo gennaio del 2012, aveva dato luogo a notevoli problemi applicativi, sia perché non era affatto chiaro il livello di compatibilità con la norma che consentiva analogo uso da parte dell’ufficiale giudiziario, sia in ordine alle modalità di redazione dei messaggi, sia sui formati dei files da allegare e sulla conseguente loro produzione in giudizio7.
Un terzo (ed allo stato ultimo) intervento normativo si è avuto con l’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012. In particolare è stata del tutto novellata la materia delle notifiche a mezzo p.e.c. contenuta nella l. n. 53/1994, attraverso la soppressione del co. 3-bis dell’art. 3 (introdotto appena un anno prima), e l’inserimento dell’art. 3 bis: le più significative modificazioni, rispetto alla norma previgente, riguardano l’eliminazione dell’obbligo di annotazione della notifica p.e.c. sul registro cronologico, e la definizione di un regime del tutto nuovo, senza alcun richiamo all’art. 149 bis c.p.c. (che è destinato quindi a disciplinare esclusivamente la notifica telematica degli ufficiali giudiziari). L’entrata in vigore della richiamata disposizione primaria è stata peraltro differita dal legislatore a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto del Ministro della Giustizia (da adottarsi entro centottanta giorni) per l’adeguamento delle regole tecniche di cui al d.m. n. 44/2011. Il relativo decreto 3.4.2013, n. 48, ha modificato l’art. 18 del regolamento (cambiandone la rubrica in “notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, dal più limitativo ed originario ambito di applicazione “tra avvocati”): le disposizioni sono entrate in vigore dal 24.5.2013.
Il presupposto per l’effettuazione della notifica a mezzo p.e.c. è dato dall’autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza (il cui numero deve essere indicato nella relazione di notifica) e dalla disponibilità della procura alle liti dell’avvocato difensore ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (art. 1, l. n. 53/1994). La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce sia nel caso in cui sia stata rilasciata con separato documento informatico, sia quando sia rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, purchè essa sia allegata al messaggio p.e.c. mediante il quale avviene la notificazione (art. 18, co. 5, d.m. n. 44/2011)8.
Non è più necessaria l’annotazione sul registro cronologico della notifica se questa è effettuata a mezzo p.e.c. (art. 8, co. 4 bis, l. n. 53/1994). L’indirizzo di posta elettronica del notificante deve risultare da pubblici elenchi (art. 3, bis, co. 1, l. n. 53/1994: soccorre a tale proposito l’art. 16, d.l. 29.11.2008, n. 185 a mente del quale i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo p.e.c., che confluisce in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, la cui omessa pubblicazione, ovvero il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati previsti, costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente).
Più complesso sembra il coordinamento tra le diverse norme concernenti l’indirizzo p.e.c. dei destinatari della notificazione. Per ciò che concerne le pubbliche amministrazioni soccorre la disposizione di cui all’art. 16, co. 12, d.l. n. 179/2012 (che prevede che al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, esse comunichino al Ministero della giustizia entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 179/2012 l’indirizzo p.e.c. a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni: il conseguente elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati). Per le imprese (anche ditte individuali a decorrere dal 30.6.2013) ed i professionisti vale la previsione di cui all’art. 6 bis, d.lgs. n. 82/2005 (modificato dal d.l. n. 179/2012 che prevede l’istituzione entro sei mesi del pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata – INI-PEC – delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico). Sia per le amministrazioni che per le imprese ed i professionisti sono già disponibili gli elenchi di cui all’art. 16 del d.l. n. 185/2008; in applicazione del d.m. n. 44/2011 e del provvedimento del Ministero della Giustizia del 18.7.2011 è stato istituito il Reginde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici), gestito dal Ministero della Giustizia che contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo p.e.c. dei soggetti abilitati esterni (ovvero gli appartenenti ad un ente pubblico, i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge, gli ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia). Per le persone fisiche (per le quali non si rinviene alcuna disposizione cogente in ordine all’utilizzo della p.e.c.) soccorre il recente d.l. 21.6.2013, n. 69, conv. in l. 9.8.2013, n. 98 che ha inserito all’art. 10, d.l. 13.5.2011, n. 70, il co. 3 quater, il quale prevede l’assegnazione ad ogni cittadino di una casella p.e.c. da inserire nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente – ANPR. Dei sopra menzionati elenchi pubblici sono certamente funzionanti il Reginde, e quelli dei professionisti e delle imprese (non individuali): tuttavia l’art. 16 ter, d.l. n. 179/2012 ha formalizzato l’individuazione degli elenchi pubblici per comunicazioni e notificazioni, disponendo che «a decorrere dal 15 dicembre 2013» ai fini della notificazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale «si intendono per pubblici elenchi» quelli previsti dagli artt. 4 e 16, co. 12, del medesimo decreto, dall’art. 16 del d.l. n. 185/2008, dall’art. 6 bis, d.lgs. n. 82/2005 nonchè il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia. ’È stato opportunamente evidenziato9 il mancato coordinamento tra norme presenti nel medesimo d.l.: per un verso l’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012 ha individuato la data di entrata in vigore delle modifiche alla l. n. 53/1994 (e quindi la piena operatività del sistema di notificazioni a mezzo p.e.c. riservato agli avvocati) subordinandola alla adozione del d.m. relativo alle norme tecniche (intervenuto sin dal maggio 2013); per altro verso si è postergata al 15.12.2013 l’effettività della ricognizione degli elenchi pubblici dei titolari di p.e.c. Correttamente si deve ritenere che la seconda disposizione richiamata non abbia un valore costitutivo (tale quindi da differire di fatto l’uso della p.e.c. solo al 15.12.2013), ma solo organizzatorio (e quindi con valore ricognitivo) in quanto non tutti gli elenchi pubblici ivi contemplati hanno già raggiunto la piena operatività. Si può quindi considerare legittimamente effettuata una notificazione a mezzo p.e.c. qualora l’indirizzo del destinatario sia stato estratto da un elenco pubblico (tra quelli richiamati dalla norma) purchè funzionante ed operativo al momento della notificazione (anche se antecedente al 15.12.2013).
Ovviamente non soccorrono problemi ai fini della notificazione degli atti processuali a mezzo p.e.c. alle parti costituite con difensore (tenuto ad indicare nel ricorso ovvero nella memoria di costituzione il proprio indirizzo p.e.c., ai sensi dell’ art. 18, co. 2, d.m. n. 44/2011).
2.1 La forma (rectius: i formati) dell’atto
La notifica si esegue tramite allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di p.e.c. Non si pongono particolari problemi per i casi di documenti informatici nativi, in quanto se l’atto è stato redatto in formato elettronico e sottoscritto dal difensore con firma digitale può essere direttamente allegato al messaggio. Più complessa (e certamente più frequente) è l’allegazione di copia informatica di un atto originato su supporto analogico o cartaceo: in tal caso il co. 2 dell’art. 3 bis, l. n. 53/1994 prevede che quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità all’originale a norma dell’art. 22, d.lgs. n. 82/2005.
La norma stabilisce che le copie per immagine (cioè oggetto di scansione) su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71, d.lgs. n. 82/2005. A tale proposito va rammentato ai sensi dell’art. 6, l. n. 53/1994 che l’avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui all’art. 3 bis (cioè gli atti necessari per la notifica telematica) è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto. Va altresì precisato, sebbene vi siano state perplessità sul punto, che anche in mancanza delle regole tecniche di cui all’art. 71, d.lgs. n. 82/2005 (che ancora non sono state emanate), esse sono supplite dal co. 4 dell’art. 18 del d.m. n. 44/2011, il quale prevede che l’asseverazione prevista dall’art. 22, co. 2, del d.lgs. n. 82/2005 sia effettuata inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione. La disposizione è integrata dall’art. 18, co. 1, del d.m. n. 44/2011, nel quale viene specificato che gli allegati al messaggio p.e.c. possono essere documenti informatici (cioè nativi) o copie informatiche (anche per immagine; si ammette quindi la possibilità di una copia informatica di originale cartaceo, anche se si tratta di circostanza relativamente remota) di documenti analogici “privi di elementi attivi” (ad esempio macro o campi variabili) e “redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34”. Fermo quanto si dirà infra, § 3, sulla rilevanza delle specifiche tecniche, è da registrare una singolare aporia del processo amministrativo rispetto a quello civile: le specifiche tecniche definite dal Ministero della Giustizia con il provvedimento del 18.7.201110 non sono del tutto collimanti con quelle riportate nella nota del Segretariato Generale della Giustizia amministrativa sul deposito a mezzo p.e.c. di atti nel processo amministrativo11 (ad esempio nel processo di fronte ai giudici amministrativi è ammesso il deposito di files.doc del sistema Microsoft, che invece non è contemplato dal provvedimento applicabile al plesso della giustizia ordinaria).
Nulla viene detto nel caso di documento informatico nativo dell’ufficio giudiziario, come ad esempio i provvedimenti del giudice. Posto che in tal caso non varrebbe l’estensione dell’art. 6, l. n. 53/1994 sulla qualifica di pubblico ufficiale dell’avvocato (che può asseverare la conformità di atti solo da se medesimo predisposti ai fini della relativa notifica telematica), non resta che ritenere inapplicabile la notificazione del professionista a mezzo p.e.c., salva la possibilità, nel processo amministrativo, prevista dall’art. 52, co. 2, che consente al presidente di autorizzare la notificazione non solo del ricorso ma anche di “provvedimenti” anche direttamente dal difensore «con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax» ai sensi dell’art. 151 c.p.c.12.
2.2 Redazione del messaggio, perfezionamento della notificazione, deposito
Gli elementi essenziali del messaggio via p.e.c. sono definiti dall’art. 3 bis, co. 4, 5 e 6, l. n. 53/1994.
In primo luogo il messaggio deve indicare nell’oggetto la dizione «notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994». Una novità del nuovo testo della legge è che la relazione di notificazione, originariamente prevista nel corpo del messaggio p.e.c., è oggi imposta quale documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio p.e.c. (assieme quindi al necessario allegato dell’atto da notificare, ed all’eventuale procura alle liti se rilasciata con atto separato rispetto al ricorso).
La relazione di notificazione deve contenere:
- il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante;
- gli estremi del provvedimento autorizzativo del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto;
- il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti;
- il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;
- l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui l’atto viene notificato;
- l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto;
- l’attestazione di conformità dell’originale analogico dal quale è estratta la copia informatica, anche per immagine, e (sebbene la legge non lo preveda espressamente) l’attestazione di conformità della procura se rilasciata con separato atto non originariamente informatico (come si evince dal co. 4, ’art. 18, d.m. n. 44/2011).
Nel caso di notificazioni effettuate in corso di procedimento deve, inoltre, essere indicato l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo.
Il momento perfezionativo della notificazione, per il soggetto notificante, è quello in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’art. 6, co. 1, d.P.R. n. 68/2005 (regolamento sulla p.e.c.) mentre, per il destinatario, è quello in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’art. 6, co. 2, del medesimo d.P.R. (art. 3 bis, co. 3, l. n. 53/1994). Va tuttavia precisato che rispetto al testo della legge, in cui la ricevuta di avvenuta consegna viene genericamente individuata, il d.m. n. 44/2011, art. 18, co. 6, precisa che si tratta della ricevuta cd. “completa” di cui all’art. 6, co. 4, d.P.R. n. 68/2005 (che contiene cioè anche la copia integrale del messaggio p.e.c. consegnato: la precisazione regolamentare si è resa necessaria in quanto la prima pronuncia in materia – proprio del giudice amministrativo13 – aveva stigmatizzato l’irritualità del deposito attraverso la ricevuta breve dell’invio e della ricezione, mancando quindi la prova che l’atto notificato fosse effettivamente quello destinato all’amministrazione resistente).
La norma che riguarda gli oneri documentali di deposito dell’avvocato notificante è contenuta nell’art. 9, co. 1-bis, l. n. 53/1994: mentre nulla viene detto sulle modalità di deposito telematico (da effettuarsi secondo le regole proprie del processo di riferimento, non essendo il deposito degli atti e dei documenti oggetto di un rinvio esterno puntuale da parte del c.p.a al c.p.c.), qualora tale circostanza non sia possibile l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio p.e.c., dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna (nella sua forma “completa”) e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, co. 1, d.lgs. n. 82/2005 (che dispone che le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è’ attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato). Vale anche per la previsione dell’art. 9, co. 1-bis, la qualifica di pubblico ufficiale dell’avvocato notificante.
Ai sensi dell’art. 136, co. 2-bis, c.p.a. «tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti possono essere sottoscritti con firma digitale». La norma, introdotta dall’art. 1, co. 1, lett. v), d.lgs. 14.9.2012, n. 160, rappresenta una apertura formale del processo amministrativo all’utilizzazione piena delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in tutte le fasi processuali, che va quindi al di là della semplice utilizzazione della firma digitale ai fini del deposito degli atti all’interno della dinamica processuale. Tuttavia la piena applicazione della disposizione passa necessariamente attraverso la promulgazione di apposite regole tecniche destinate a disciplinare il processo amministrativo telematico ai sensi dell’art. 13 delle Norme di attuazione del c.p.a.: quest’ultima disposizione prevede che con apposito d.P.C.m., sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA (oggi Agenzia per l’Italia digitale), sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico «tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali». In altri termini (similmente a quanto previsto per le regole tecniche del processo civile telematico) il legislatore ha subordinato la piena operatività delle tecnologie dell’informazione nell’ambito del processo amministrativo all’adozione di norme a contenuto regolamentare (e ad eventuali successivi provvedimenti amministrativi a contenuto generale) che siano rispettose della speciale morfologia e delle peculiarità della dinamica processuale delineata dal d.lgs. n. 104/2010. Sulla scorta del combinato disposto delle richiamate disposizioni, in assenza dell’apposito d.P.C.m. specificamente dettato per il processo amministrativo non vi sarebbe cittadinanza per l’uso delle tecnologie dell’informazione per la trasmissione, comunicazione e validazione dei relativi atti processuali.
Una simile conclusione confligge inevitabilmente con la disciplina prevista per il sistema delle notificazioni a mezzo p.e.c. ritenuto (anche dalla primissima giurisprudenza) applicabile al processo amministrativo. Ciò in quanto:
- l’art. 3 bis, l. n. 53/1994 stabilisce che la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo p.e.c. all’indirizzo risultante da pubblici elenchi «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici»;
- correttamente è stato evidenziato14 che il riferimento al rispetto della normativa (sia primaria che regolamentare) in materia di sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici debba riguardare non tanto le norme di cui al d.lgs. n. 82/2005 ovvero del d.P.R. n. 68/2005, quanto il plesso delle disposizioni regolamentari (ed attuative attraverso provvedimenti amministrativi a contenuto generale per ciò che concerne le specifiche tecniche) appositamente dettate per ogni ordinamento processuale;
- ciò si evince non solo dagli espressi richiami delle norme primarie in materia di processo (si è già detto dell’art. 13 delle norme di attuazione c.p.a. che rinviano ad apposito d.P.C.m.), ma anche – simmetricamente – dal plesso delle disposizioni invocabili per relationem: ad esempio l’art. 16, co. 4, d.P.R. n. 68/2005 stabilisce espressamente che «le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative». In altri termini il principio di specialità che governa le modalità applicative dell’uso delle tecnologie dell’informazione nell’ambito degli ordinamenti processuali costituisce un limite invalicabile (di cui è consapevole lo stesso legislatore) per l’estensione, in via analogica, delle disposizioni dettate per le comunicazioni e la validazione dei documenti elettronici quando abbiano un rilievo nella dinamica dei rapporti sostanziali tra le parti (private e/o pubbliche), ai casi in cui le notificazioni e le comunicazioni abbiano un rilievo squisitamente processuale (e cioè acquistano una dimensione formale peculiare ed oggettivata per rendere possibile la cognizione del giudice del pieno rispetto delle regole e dei principi del processo);
- una conferma della non estensibilità in via analogica delle disposizioni regolamentari in tema di notificazione a mezzo p.e.c. al processo amministrativo deriva altresì dall’art. 18, d.m. n. 44/2011, come modificato dal d.m. n. 48/2013. Non solo la disposizione in esame (che è stata dettata proprio per dare applicazione alla novella apportata nel 2012 all’art. 3 bis, l. n. 53/1994) contiene espliciti ed inequivoci riferimenti alla notificazione delle comparse e delle memorie ai sensi dell’art. 170 c.p.c., e contiene a sua volta un rinvio a regole tecniche dettate ai sensi dell’art. 34 del medesimo decreto (dette regole tecniche sono state adottate con “provvedimento” dell’8.7.2011 del Ministro della Giustizia: si tratta quindi di un atto che non ha la veste giuridica del regolamento, ma la sola forma del provvedimento amministrativo imputabile al dicastero di riferimento per l’organizzazione ed il funzionamento della giustizia ordinaria, cioè di un soggetto diverso rispetto a quello competente in materia di giustizia amministrativa). Ma anche nella sede del rilascio del parere previsto per gli atti regolamentari da parte del Consiglio di Stato15 è espressamente affermato che l’Amministrazione (il Ministero della Giustizia) ha specificato nella richiesta di parere «che la disposizione di cui al nuovo art. 18, comma 1, indica i formati dei documenti informatici o delle copie informatiche di documenti analogici che possono essere notificati a norma della legge n. 53 del 1994, mediante rinvio alle specifiche tecniche di cui all’art. 34 del regolamento. Tale norma si applica nel solo caso in cui l’atto da notificare consiste in un atto del processo civile o in un atto stragiudiziale destinato a confluire in un fascicolo processuale civile, com’è dato rilevare dalla sovrapponibilità dell’ambito applicativo di tale disposizione con quello fissato dall’art. 1 del regolamento e dalla non applicabilità della legge n. 53 del 1994 alle notificazioni di atti penali. Pertanto, la disposizione di cui all’art. 18 DM n. 44/11 non si applica agli atti del processo penale, ma soltanto agli atti civili e agli atti stragiudiziali destinati ad essere prodotti in un giudizio civile». Coerentemente con la specificazione ministeriale (nella quale quindi non vi è cenno della possibile estensione della norma regolamentare al processo amministrativo) la sezione consultiva del Consiglio di Stato (evidentemente non indotta a porsi in via autonoma il problema dell’applicazione della richiamata norma anche al processo amministrativo) ha formulato un giudizio complessivamente favorevole in ordine ai contenuti dell’articolato proposto, «volto a rendere possibili per gli avvocati le notificazioni dirette per via telematica degli atti civili e stragiudiziali destinati ad essere prodotti in un giudizio civile, con l’obiettivo di rendere pienamente operativa tale modalità notificatoria ed implementarne l’impiego». In altri termini non emerge affatto, dal complesso delle norme citate, e nel loro tortuoso percorso promulgativo, la consapevolezza che esse potessero essere applicate, nella loro letterale formulazione, anche al processo amministrativo.
Più chiaramente, le disposizioni di cui si tratta, frutto di una evidente carenza di coordinamento in sede di redazione dei relativi atti normativi, non tengono affatto conto del rinvio formale di cui all’art. 39, co. 2, c.p.a.: per il processo amministrativo, tuttavia, e relativamente alle disposizioni più specificamente concernenti l’applicazione di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (il cui ambito applicativo trova proprio nella materia delle notificazioni e comunicazioni il terreno più fertile), vale il richiamo dell’art. 13 delle norme di attuazione che prevedono non solo l’adozione di specifiche norme secondarie che tengano conto delle peculiarità del processo, ma rinviano all’adozione di provvedimenti di diversa natura formale (d.P.C.m. in luogo del decreto ministeriale) scanditi da diversa articolazione formativa (deve essere obbligatoriamente sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, oltre che l’Agenzia per l’Italia digitale).
Sotto tale profilo si devono registrare evidenti aporie in dottrina e giurisprudenza. Quanto alle prime pronunce giurisdizionali, non vengono affatto sollevati dubbi sulla estensione delle richiamate disposizioni (art. 3 bis, l. n. 55/1994 e conseguentemente art. 18, d.m. n. 44/11 novellato nel 2013) al processo amministrativo. Ad esempio TAR Campania n. 1756/2013, richiamando l’art. 3 bis, l. n. 53/1994 ritiene pacificamente applicabile alla materia l’art. 18 delle regole tecniche sul processo civile telematico del d.m. n. 44/2011. La decisione richiamata è stata adesivamente condivisa dal TAR Brescia n. 476/2013, quanto alla ricostruzione delle norme (e quindi al problema della applicabilità dell’intero plesso normativo e regolamentare alle notifiche a mezzo p.e.c. anche nel processo amministrativo), salvo concludere diversamente sulla ammissibilità della notificazione anche in mancanza di annotazione sul registro cronologico dell’avvocato procedente16. Altra pronuncia (TAR Toscana, sez. I, 9.5.2013, n. 745) afferma, in una fattispecie in cui il ricorso principale risulta notificato mediante p.e.c. in base alle disposizioni della l. n. 53/1994 come modificata dalla l. n. 183/2011, che «al momento in cui la notifica del ricorso principale è stata effettuata detta normativa era pienamente applicabile, in base alle disposizioni transitorie contenute nel comma cinque del medesimo art. 25 della l. 183/2011» ed «è superfluo sottolineare che essa trova integrale applicazione nel processo amministrativo ex art. 39, comma 2, c.p.a.». Più sfumata la posizione del TAR Lazio, sez. III, 4.4.2013, n. 3463, per il quale è pacificamente applicabile la notifica inviata via p.e.c. effettuata nel rispetto di quanto ora previsto dall’art. 3 bis, l. n. 53/1994 (in particolare, il sistema informatico aveva generato la ricevuta di accettazione del sistema in cui si dà indicazione dell’esistenza dell’allegato contenente il ricorso), ma che in ogni caso ha finito col disporre la rinnovazione della notifica del ricorso in via ordinaria.
Viceversa, una acuta analisi17 ha dedotto almeno tre distinte ragioni per revocare in dubbio l’estensione al processo amministrativo delle regole tecniche (rectius, delle disposizioni regolamentari dettate in applicazione della norma primaria e delle conseguenti regole tecniche). In primo luogo vi sarebbero ragioni di ordine storico (sistematico), in quanto l’art. 18 del d.m. n. 44/2011 sarebbe nato per ovviare al pregresso sistema di notificazione telematica che utilizzava una specifica piattaforma in uso al solo ordinamento della giustizia civile: tale ragione è contenuta nella l. n. 24/2010 (che è precedente all’emanazione del c.p.a.) la quale non contemplava affatto la possibilità di estendere le disposizioni di cui si tratta ad altri ambiti processuali18.
Una seconda ragione riguarderebbe la impossibile estensione dell’art. 18, d.m. n. 44/2011 alla notificazione da eseguirsi a cura delle parti private, tutte le volte che il c.p.a. ammette la difesa personale delle parti (artt. 23 e 129): tuttavia detta eccezione non sembra dirimente, in quanto la norma cui ci si riferisce riguarda la facoltà di effettuare notificazioni riservata ai soli avvocati (e quindi solo a questa categoria applicabile) potendo le parti private effettuare notificazioni (anche a mezzo p.e.c.) per il tramite dell’Unep (ai sensi dell’art. 17, d.m. n. 44/2011). Una terza ragione viene individuata, più perspicuamente, nell’autonomia del sistema della giustizia amministrativa rispetto a quello della giustizia ordinaria, che rende difficilmente ipotizzabile l’applicazione di un decreto del Ministero della Giustizia all’ordinamento processuale amministrativo senza l’esplicito riconoscimento di una norma primaria (anzi, si aggiunga, in presenza di una norma primaria che rinvia espressamente ad apposito d.P.C.m. per l’adozione delle regole tecniche necessarie per la sperimentazione e l’avvio del processo telematico): senza peraltro considerare che non vi è stata alcuna abrogazione formale del d.P.R. 13.2.2001, n. 123 (Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti) che contiene disposizioni incompatibili con le norme primarie sopravvenute (e quindi da considerarsi implicitamente abrogato), ma che dispone (art. 18) che le disposizioni del regolamento si applicano, in quanto compatibili, anche al processo amministrativo e ai processi innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, rinviando a sua volta a specifici decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per stabilire le regole tecnico-operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico della giustizia amministrativa e contabile19.
Sebbene la conclusione cui pare lecito addivenire sulla scorta della richiamata analisi20 consista nell’inauspicato effetto di rendere sostanzialmente inapplicabile il sistema della notificazione a mezzo p.e.c. nell’ambito del processo amministrativo, sembra sostenibile una diversa prospettazione del problema, ferma restando la oggettiva carenza di coordinamento tra norme, e la necessità di un intervento chiarificatore, quanto meno attraverso apposite circolari (e ferma restando la circostanza che la materia richiederebbe una organica e soprattutto chiara disciplina, attenendo a materie di estrema sensibilità, quali quelle della regolare instaurazione e coltivazione del processo). Se infatti è vero che l’art. 13 delle Norme di attuazione c.p.a. espressamente rinvia ad un d.P.C.m. a contenuto regolamentare per la definizione delle regole tecnico-operative del processo telematico, altrettanto chiara è la disposizione contenuta nell’art. 39, co. 2, c.p.a. nella parte in cui prevede che le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono “comunque” disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile. Detta disposizione deve essere considerata come speciale, rispetto a quella, a contenuto generale, sul processo telematico e sul rinvio alle regole tecniche operative: più precisamente, ha contenuto generale la norma che riguarda l’intero impianto del processo con riferimento alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, mentre, essendo chiaramente ristretto il suo ambito di applicazione e riguardando specificamente le notificazioni (e, nell’ambito delle disposizioni in materia, tutte indistintamente richiamate dal c.p.a., quelle che riguardano l’uso delle tecnologie dell’informazione), l’art. 39 ha una portata speciale e derogatoria rispetto a quella dell’art. 13 delle norme di attuazione. Interpretata sul piano della specialità la norma che rinvia al plesso normativo (sia generale che speciale) dell’ordinamento processuale civile per ciò che concerne la disciplina delle notificazioni (sicchè, sotto tale profilo, non possono esservi dubbi sulla immediata applicabilità al processo amministrativo delle disposizioni contenute nella l. n. 53/1994, così come modificata nel 2012), non avrebbe senso limitare l’applicazione del rinvio alle sole norme di rango primario, beninteso nei limiti della compatibilità delle disposizioni (regolamentari) in esame con quelle generali sulla struttura e la morfologia del processo amministrativo. Più complessa appare invece la questione attinente alle “specifiche tecniche”, che nel regolamento n. 44/2011, come modificato dal d.m. n. 48/2013, sono rinviate alla disposizione dell’art. 34, il quale attribuisce la relativa competenza alla emanazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentita DigitPA (Agenzia per l’Italia Digitale) e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, ed impone che esse siano rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici: anche in questo caso, secondo una interpretazione di buon senso, la materia delle “specifiche tecniche” (che è ulteriore rispetto a quelle delle “regole tecniche”, e che è rimessa alla adozione di atti che hanno contenuto generale e non normativo, la cui veste formale è quella del provvedimento) potrebbe essere devoluta al soggetto responsabile del sistema informativo della giustizia amministrativa (nel caso il Segretariato generale della giustizia amministrativa, su proposta del Consiglio di Presidenza ai sensi dell’art. 13 della l. 27.4.1982, n. 186), il quale peraltro si è già pronunciato con una propria nota, utilizzando modalità di pubblicità del tutto conformi a quelle previste dal regolamento – e cioè la pubblicazione sul sito web della giustizia amministrativa – sulle specifiche tecniche relative al deposito degli atti nel processo amministrativo per il tramite della p.e.c., individuando i formati dei documenti digitali allegati.
1 Caringella, F.–Protto, M., Codice del nuovo processo amministrativo, Roma, 2013, 447 e 453.
2 Specifica Chieppa, R., Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Milano, 2012, 334, che il rinvio non opera per le leggi speciali concernenti la notificazione degli atti in materia civile, ma solo di quelli “giudiziari”.
3 Va peraltro segnalato che l’art. 136 c.p.c. si riferisce alle comunicazioni (e non notificazioni). La dottrina (Caringella, F.–Protto, M., Codice del nuovo processo amministrativo, cit.) ritiene comunque pacificamente estensibile il richiamo contenuto nell’art. 39, co. 2, anche alle “comunicazioni”: in realtà, dato il carattere di specialità della norma, e quindi la necessaria sottoposizione della sua applicazione a regole ermeneutiche rigorosamente improntate al carattere della letteralità, questa estensione (di oggettivo buon senso) non pare desumibile dalla norma di legge.
4 Per quanto riguarda l’estensione del rinvio anche alle norme regolamentari ed alle conseguenti specifiche tecniche v. infra, §.3.
5 Avvertono i commentatori (v. Bercelli, J., Parti difensori e spese, in Sassani, B.–Villata, R., Il codice del processo amministrativo. Dalla giustizia amministrativa al diritto processuale amministrativo, Torino, 2012, 400) che la sovrapposizione del rinvio generale esterno e dei rinvii specifici agli istituti del c.p.c. è strutturalmente suscettibile di suscitare problemi interpretativi e di coordinamento.
6 Si rammenta che la p.e.c. è un sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna di documenti informatici: detta documentazione è condizione tecnica necessaria affinchè la trasmissione dei messaggi sia «valida agli effetti di legge» (art. 4, d.P.R. n. 68/2005). Detta certificazione dell’invio e della ricezione si realizza attraverso la fornitura al mittente, dal proprio gestore di posta, di una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e dell’eventuale allegata documentazione. Allo stesso modo, quando il messaggio perviene al destinatario, il gestore invia al mittente la ricevuta di avvenuta (o mancata) consegna con precisa indicazione temporale. Nel caso in cui il mittente smarrisca le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte, conservata dai soggetti gestori abilitati allo svolgimento del servizio ed iscritti in un elenco pubblico tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale, per un periodo di 30 mesi, consente la riproduzione, con il medesimo valore giuridico, delle ricevute stesse. Va tuttavia specificato che, a differenza dei sistemi di firma elettronica (che sono stati disciplinati nella legislazione nazionale in base ad una direttiva comunitaria) la p.e.c. non ha efficacia transfrontaliera (quindi le notificazioni all’estero non possono essere effettuate con un simile sistema).
7 Si rinvengono rari precedenti giurisprudenziali nel processo amministrativo concernenti la disciplina vigente nel 2012 (TAR Campania, Napoli, sez. VI, 3.4.2013, n. 1756): le ragioni della inammissibilità del ricorso per difetto di notifica a mezzo p.e.c. furono rinvenute, oltre che nella dirimente circostanza che il notificante non fosse un avvocato, ma la parte in proprio (e quindi non legittimata ad avvalersi delle facoltà consentite ai sensi della l. n. 53/1994), nel fatto che non fosse stato utilizzato il registro cronologico delle notifiche (norma successivamente abrogata dalla legge), e che non fosse stata depositata in giudizio la ricevuta completa dell’invio e della ricezione, mancando quindi la prova che l’atto notificato fosse effettivamente quello destinato all’amministrazione resistente (anche detta disposizione è stata successivamente modificata dal d.m. n. 48/2013). Una seconda pronuncia (TAR Brescia, sez. II, 21.5.2013, n. 476) pur essendo intervenuta successivamente alle modifiche legislative di fine 2012 aveva comunque ritenuto ammissibile la notifica p.e.c. in quanto la mancata indicazione, da parte del difensore della parte ricorrente, del numero cronologico del proprio registro nella relazione di notificazione non costituisce omissione di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo di portare l'atto medesimo a conoscenza del destinatario: ciò in base ad una giurisprudenza (sia pure riferita al servizio postale, Cass., sez. lav., 4.7.2006, n. 15251) che ha escluso che una simile prescrizione attenga alle ipotesi sancite a pena di nullità della notificazione stessa e che renda l'atto inidoneo al raggiungimento dello scopo (quello, cioè, di portare l'atto medesimo a conoscenza del destinatario); e ciò in base alla disposizione di carattere generale, di cui all’art. 160 c.p.c., per cui la notificazione è da ritenersi nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c.
8 Nel parere rilasciato dalla Sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato del 7.3.2013 n. 1449, viene rammentata la circostanza che l’art. 83 c.p.c. aveva demandato ad un apposito d.m. l’individuazione degli strumenti informatici di congiunzione della procura alle liti quando questa fosse rilasciata su un documento informatico sottoscritto con firma digitale: in realtà il nuovo testo del regolamento estende la congiunzione della procura anche al documento originariamente analogico, purchè allegato al messaggio p.e.c. di notificazione. Critica sulla possibilità di estendere una simile disposizione al processo amministrativo Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo telematico, Milano, 2013, 109 ss., in quanto la norma contenuta nell’art. 24 c.p.a. si riferisce esclusivamente agli effetti e non alla forma della procura, ed in quanto l’attuale sistema informativo della giustizia amministrativa non supporterebbe il deposito di documenti informatici nativi, non consentendo quindi al giudice la possibilità di verificare immediatamente l’esistenza e la validità della procura ad litem.
9 Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo, cit., 126.
10 Per le quali sono ammessi files allegati nei formati pdf, .odf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .zip,.rar, .arj.
11 Del luglio 2011, consultabile sul sito web della giustizia amministrativa.
12 Sul punto diffusamente v. Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo, cit., 76 ss.
13 TAR Campania, Napoli, n. 1756/2012, cit.
14 Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo, cit., 107.
15 Adunanza della sezione atti normativi del 7.3.2013, n. 1449, cit. supra, nota 8.
16 V. supra, nota 7.
17 Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo, cit., 137 ss.
18 Significativa a tale proposito è anche l’intitolazione del regolamento ministeriale, il quale si riferisce esclusivamente al processo civile ed a quello penale. Va tuttavia rammentato che una simile prospettazione cederebbe il passo alle sopravvenute disposizioni normative contenute nel c.p.a., segnatamente l’art. 39, co. 2, le quali sono sufficientemente chiare nel rinviare alle norme del codice di procedura civile ed alle leggi speciali concernenti le notificazioni in materia giudiziale civile.
19 Va a tale proposito segnalato, sulla ulteriore bulimia legislativa che ha contraddistinto le sollecitazioni all’uso degli strumenti informatici nell’ambito del processo, che le disposizioni del richiamato art.18, d.P.R. n. 123/2001 cessano di avere efficacia dalla data di cui al co. 3, art. 20 bis, d.l. n. 179/2012 il quale dispone che con decreto del Presidente della Corte dei conti sono stabilite le regole tecniche ed operative per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ivi comprese le modalità di effettuazione delle comunicazioni e notificazioni mediante posta elettronica certificata) nelle attività di controllo e nei giudizi che si svolgono innanzi alla Corte dei conti. In altri termini ciò confermerebbe due circostanze: la prima è che, almeno per ciò che riguarda la Corte di Conti, le disposizioni del d.P.R. n. 123/2001 continuano a dispiegare (formalmente) efficacia: la seconda è che, proprio in omaggio alla specialità dei plessi ordinamentali delle diverse giurisdizioni, le norme tecniche costituiscono un terreno di elezione che tiene conto delle diverse modalità organizzative e morfologiche dei processi, e che quindi appare obiettivamente refrattario ad estensioni analogiche, al di là del diverso rilievo formale che i provvedimenti regolamentari o genericamente attuativi possono assumere in base alle disposizioni primarie.
20 Pisano, I., Manuale di teoria e pratica del processo amministrativo, cit., 141 ss.