Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Al volgere del secolo XIV, l’ultima fase di sviluppo della polifonia arsnovistica si caratterizza per l’arditezza delle sperimentazioni operate da compositori attivi nei maggiori centri culturali d’oltralpe e nelle corti italiane più attente alle avanguardie artistiche. I loro complessi componimenti sono caratterizzati, sulla pagina scritta, da un estroso ricorso a forme inusuali di notazione e decorazione della notazione stessa, e a sistemi, più o meno criptati, di indicare visivamente le modalità esecutive. I brani sono improntati alla moda “de cantar frances”, e questa cospicua produzione, conosciuta oggi come Ars subtilior, rende testimonianza, grazie anche alla coeva trattatistica, delle potenziali applicazioni di tecniche di aumentazione e diminuzione dei valori temporali e di cambi ritmici ottenuti applicando le più svariate proporzioni numeriche.
Jacques de Senleches
L’arpa di melodia, / fatta senza malinconia /dal piacere, deve ben allietare tutti / per l’armonia che essi sentono, suonano e vedono.
Testo originale:
La harpe de melodie
Faite sanz merancholie
Par plaisir
Doit bien chascun resjoir
Pour l’armonie
Oir, sonner et veir.
Manuscript Chicago, Newberry Library, Ms. 54.1, f. 10r
Nel testo poetico de La harpe de melodie, la celebre ballade di Jacques de Senleches (metà del secolo XIV - 1395) notata in un manoscritto pavese del 1391 su un sistema di linee che stanno a raffigurare le corde di un’arpa, la ballade stessa e il genere di musica tardotrecentesca cui essa appartiene (denominata oggi Ars subtilior) sono definiti come un’armonia da “sentire, suonare e vedere”. Una musica, dunque, che trova la sua espressione più piena nella complementarietà della dimensione sonora, come musica eseguita, e della dimensione visiva, come musica scritta.
Indubbiamente la scelta di riflettere il contenuto del testo poetico nell’aspetto grafico dato alla “partitura” rappresenta la forma più immediata e più evidente di coinvolgimento sensoriale della vista in ambito musicale. La ballade di Senleches non costituisce l’unico esempio di questo: si possono infatti nominare le due celebri composizioni di Baude Cordier (1380 - ante 1440) trasmesse nel manoscritto Chantilly, Musée Condé, 564 (olim 1047). La prima di queste è il rondeau-canone Tous par compas scritto in forma circolare, in eco al testo poetico che recita “io sono tutto composto con il compasso”. La seconda composizione è il cordiforme rondeau Belle, Bonne, Sage che intona un testo d’amore. Inoltre, possiamo ricordare ancora l’anonima ballade En la maison Dedalus, riprodotta in forma di labirinto a conclusione di un trattato di teoria trasmesso nel manoscritto Berkeley, University of California, Music Library, 744.
Ma il repertorio di Ars subtilior, cui rinviano tutti i brani sopra citati, mostra altre tipologie di autoreferenzialità, come ad esempio i riferimenti nel testo poetico agli usi notazionali o il ricorso a didascalie, talvolta in forma di enigmi (canones), che spiegano come debba essere eseguita la composizione. Tali forme di autoreferenzialità, che contribuiscono a chiarire il significato del brano stesso, non riguardano il solo testo poetico: Anne Stone ha infatti recentemente dimostrato che anche le scelte notazionali concorrono spesso alla corretta interpretazione del brano, al punto che il lettore medievale trae dal manoscritto molte più informazioni di quante ne potrebbe cogliere in qualità di semplice ascoltatore.
Con il termine Ars subtilior si indica quella corrente musicale che a partire dalla metà del Trecento, ma soprattutto a cavallo fra Tre e Quattrocento, da molteplici centri della Francia meridionale e centro-settentrionale, si propaga, ancora in fieri, oltre i Pirenei e le Alpi. Accanto alle corti francesi (quella pontificia avignonese, ma anche le corti d’Anjou e di Berry) un centro importante di diffusione è la capitale europea della cultura medievale, Parigi, con i suoi studia universitari e monastici. Tra i luoghi deputati ad accogliere, sviluppare e diffondere le nuove tendenze musicali subtiliores si annoverano inoltre le corti iberiche di Aragona, Navarra e Castiglia, la corte francese dei Lusignano a Cipro, la corte pavese dei Visconti, quelle pontificie romana e bolognese durante gli anni dello scisma (1378-1417), e, infine, una città come Padova, sede di un’importante università attenta alle nuove applicazioni di concetti scientifico-matematici alla misurazione del tempo musicale e forse sede di un insegnamento di musica già prima di Gaffurio.
La mappa dei centri italici subtiliores è inoltre da estendersi all’area meridionale, e in particolare alla corte angioina di Napoli, dove a rendere verosimile la diffusione e l’appropriazione della moda tardo-trecentesca “de cantar frances” allusa in varie testimonianze letterarie concorrono i vincoli dinastici, la tradizionale attenzione all’“avanguardia” musicale (maturata sotto Roberto d’Angiò nei suoi anni di regno 1309-1343), la circolazione (e forse l’origine) di testi teorici che descrivono pratiche subtiliores, nonché il toponimo di diversi compositori tra cui Filippotto (fl. 1390 ca.) e Antonello da Caserta (XIV - inizi XV sec.), o il meno noto Nicola di Aversa. Del resto, l’impatto della tendenza stilistica subtilior sul suolo italico fu talmente forte che nemmeno Firenze, per quanto più tenacemente attaccata alla tradizione arsnovistica autoctona, fu indifferente al suo fascino, come si può evincere dalle composizioni di Lorenzo da Firenze (?-1372) e Paolo da Firenze (1355 ca. - 1436).
A favorire tale diffusione, insieme alla più generica circolazione di uomini (tra cui, inevitabilmente, musici e cantores), di idee, di testi, è la magmatica congerie politica dell’epoca, fatta di tante piccole e grandi entità inserite in un ampio sistema di relazioni politiche, economiche e culturali continuamente variabili e instabilmente orbitanti intorno a centri gravitazionali che mutano sulla base delle vicende storiche. La “moda francese subtilior” si diffonde: francese è la lingua dei testi intonati, francesi sono per lo più le forme poetico-musicali utilizzate, quali ballade, rondeau e virelai, francese è il sistema mensurale di base adottato. In tal modo, l’Ars subtilior viene accolta e riconosciuta nella sua identità transalpina e nella sua precipua connotazione ritmica; ma una diffusione così precoce, avvenuta prima della definizione di un codice di norme mensurali e di un sistema di scrittura musicale eloquente, trasforma i centri che accolgono tale tendenza avanguardistica da mete periferiche di una tradizione a centri propulsori del progresso e della definizione della tendenza medesima.
In Italia, ad esempio, l’esistenza di un sistema mensurale e notazionale autoctono diverso dal sistema arsnovistico francese rende necessario fissare, per quanto possibile, principi, regole e figure riconducibili al nuovo stile subtilior, che da quello stesso sistema francese mutua le basi. Del resto, la cosiddetta Ars nova italiana, già collaudata e definita nel corso della prima metà del Trecento, non è mai soppiantata dall’Ars subtilior, anche laddove questa trova terreno favorevole al suo sviluppo. E proprio per la necessità di definire i fondamenti subtiliores, l’Italia ottiene nella produzione teorica quel primato che in ambito compositivo spartisce invece con la Francia. Ecco dunque che accanto ai celebri nomi di compositori subtiliores d’Oltralpe quali Jacques de Senleches (che serve la casata d’Aragona, dapprima nella persona di Eleonora, regina di Castiglia, e successivamente in quella del cardinale Pedro de Luna), Trebor (fl. 1390-1410), Solage (fl. fine XIV sec.), Baude Cordier (? - prima del 1440), Gracian Reyneau (fl. 1390 ca.), si possono annoverare quelli italici altrettanto celebri di Filippotto da Caserta, Antonello da Caserta, Johannes de Janua (fl. inizi XV sec.) e Antonio Zacara da Teramo (1365 ca. - 1416, magister capellae dell’antipapa Giovanni XXIII) e infine Matteo da Perugia (fl. inizi XV sec.), che ricordiamo per essere stato legato al cardinale Pietro Filargo e alla compilazione del codice estense α.M.5.24 che ne conserva essenzialmente l’opera; Matteo, inoltre, è il primo maestro della cappella del duomo di Milano.
Una sofisticata elaborazione ritmica caratterizza la musica subtilior: il timore e la sconvenienza “che ciò che può essere pronunciato non possa essere scritto”, come recita il Tractatus figurarum attribuito a Filippotto da Caserta, spinge il compositore a un’ardita sperimentazione notazionale, che sfocerà in quell’efflorescenza grafica propria della scrittura subtilior. Di qui la varietà di forme di rappresentazione, diverse da compositore a compositore, e spesso da composizione e composizione di uno stesso autore, che non troverà mai una codificazione univoca e universale.
L’ampliamento dello spettro delle combinazioni ritmiche contemplate nel sistema dell’Ars nova francese coinvolge la dimensione orizzontale della musica così come quella verticale: da una parte, dunque, il potenziamento della sincopazione, già concepita nella teoria arsnovistica francese, ma adesso estesa a situazioni prima ritenute inammissibili e identificata attraverso nuovi espedienti notazionali (come l’uso di note rosse e figure particolari di note); dall’altra l’adozione di valori di durata diversi da quelli del sistema arsnovistico francese e, rispetto a questi, in relazioni proporzionali differenti dalle consuete relazioni binaria e ternaria, adozione finalizzata a ottenere scansioni ritmiche inusitate da sovrapporre, spesso, alle più tradizionali, con un effetto poliritmico sconcertante. E sono proprio tali valori proporzionali, sconosciuti al sistema arsnovistico francese, a necessitare di nuovi segni grafici capaci di renderne eloquente il significato ritmico.
Ma il concetto di subtilitas non si limita al solo aspetto ritmico-notazionale: alla già citata autoreferenzialità, che connota il repertorio, si aggiunge infatti il sofisticato gioco della citazione, un incastro di richiami e allusioni a una dimensione sonora condivisa, dove parole e musica interagiscono a livelli differenti di comunicazione, implicando necessariamente un pubblico consapevole. La citazione, infatti, intesa come strumento primo per manifestare l’erudizione dell’autore, spesso sta alla base di tenzoni poetico-musicali, come quella che collega le ballades En attendant soufrir di Filippotto da Caserta, En attendant esperance di Senleches ed En attendant d’amer la douce vie di un altrimenti sconosciuto Galiot, composizioni che si pongono in stretta e complicata relazione reciproca.
Contro le ultime roccaforti di una visione artificiosa della musica subtilior, secondo cui la ricerca di sempre più arditi disegni ritmici depaupera il valore della composizione riducendola a mero esercizio di calcolo matematico, resta infine da annoverare il gusto tipicamente italiano per un “melodiare” semplice e spontaneo che si risolve essenzialmente nella struttura di una linea vocale accompagnata, da sempre caratterizzante la nostra musica, un melodiare che, pur trasfondendosi in ardite sincopazioni e in complesse proporzioni, rende la musica subtilior italiana particolarmente piacevole all’ascolto.