Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Quando il primo degli Asburgo consegue la corona imperiale, la monarchia tedesca è governata da un principio elettivo di antichissima origine, che nel corso dei due secoli successivi si stabilizza fino a trovare definizione giuridica con la Bolla d’Oro del 1356. Ne risulta una breve permanenza asburgica ai vertici dell’impero. Ma nel secolo e mezzo successivo, i duchi d’Austria, lentamente e non senza resistenze, avviano un’espansione territoriale che – mutate le condizioni di contesto – ne consentiranno un ben più saldo ritorno alla guida dell’impero.
Nell’ambito territoriale dell’impero, già in epoca postcarolingia, si afferma la prassi della monarchia elettiva: stabilmente definita dal XIII secolo e formalizzata con la Bolla aurea del 1356, essa prevede che il re di Germania e imperatore del Sacrum Imperium venga scelto da un collegio di grandi elettori, composto da quattro laici (conte palatino del Reno, duca di Sassonia, margravio di Brandeburgo e, dal 1257, re di Boemia) e tre ecclesiastici (arcivescovi di Treviri, Magonza e Colonia).
Numerosi elementi indirizzano in questo senso le vicende imperiali: ha un suo peso la volontà di sottrarre la designazione al pontificato romano e di farne un fatto eminentemente germanico; non è privo di conseguenze l’esaurimento di alcune dinastie che avevano dato prova di un’iniziale capacità di radicamento, sia pur contrastato (i Sassoni fra X e XI secolo, i Franconi fino ai primi decenni del XII, quindi gli Svevi); gioca un ruolo determinante, però, soprattutto il particolarismo intenso in entrambe le aree imperiali (Germania e Italia). Esso si esprime nell’autonomia delle città italiane, capaci di estendere la propria giurisdizione sui contadi e di coordinarsi per resistere ai tentativi di subordinazione politica; ma si manifesta con forza anche maggiore nell’autonomia della grande aristocrazia tedesca, consolidata dalle oscillazioni della politica imperiale, che di volta in volta si impegna a ridurne l’indipendenza o si sforza di guadagnarne l’appoggio, in occasione delle campagne italiane, mediante concessioni, immunità e privilegi che erodono il patrimonio e i diritti della corona.
Il risultato complessivo appare chiaro già nel XIII secolo: l’impero non è un sistema di potere verticistico culminante nella figura del sovrano, ma un’organizzazione di tipo dualistico, in cui i grandi aristocratici detengono effettivamente il potere su base territoriale; mentre gli imperatori rappresentano un’unità a carattere morale e istituzionale, più che giurisdizionale e politico.
La natura dell’equilibrio fra i poli di questo sistema e il carattere più o meno sostanziale di cui gli imperatori riempiono la propria preminenza formale sono in realtà legati alle contingenze del momento, e in primo luogo alla distribuzione sui diversi fronti degli attori non tedeschi le cui vicende si intersecano con quelle dell’impero: il papato, le città italiane, le altre monarchie occidentali, le popolazioni dell’Europa orientale, il mondo bizantino e islamico.
Un momento di indubbia fragilità imperiale è costituito dal cosiddetto “grande interregno”, che si apre dopo la morte di Corrado IV di Svevia. Dal 1254 al 1273 la Germania, priva di un re, è travagliata da lotte di successione animate da candidati provenienti da dinastie di secondo piano, con basi territoriali ubicate alla periferia dell’impero, e probabilmente agevolati – nel reperimento dei sostenitori – proprio dalla persuasione che non sarebbero stati in grado di intaccare gli equilibri di potere fra i diversi principati.
Non molto dissimili, inizialmente, appaiono le prerogative di colui che pone termine all’interregno: Rodolfo I (1218-1291), quarto conte d’Asburgo, re di Germania e Rex Romanorum (imperatore designato) dal 1273. Rodolfo appartiene a una dinastia, il cui nome deriva dal castello di Habichtsburg presso Zurigo, attestata fin dal X secolo e assurta alla dignità comitale nella seconda metà del successivo. Tra XII e XIII secolo, i primi conti d’Asburgo si impegnano a estendere la propria autorità su Zurigo e in aree circoscritte della Svizzera e dell’Alsazia; ma la vera fortuna della casata comincia proprio con Rodolfo, che prima e durante l’interregno fa perno sulla propria fedeltà agli Svevi per ampliare i suoi domini e acquisire rilievo fra i principi tedeschi.
Alla designazione imperiale, però, Rodolfo arriva tardi, dopo una scomunica di Innocenzo IV e un atto di sottomissione a Gregorio X, che finisce per preferirlo ad Alfonso X di Castiglia, assicurandogli il suo appoggio e quello dei grandi elettori ecclesiastici. Naturalmente la designazione ha il suo prezzo: Rodolfo rinuncia agli obiettivi che in passato avevano provocato l’urto imperiale con il papato, e in primo luogo all’unificazione della corona di Germania con quella italiana e alle rivendicazioni sul Regno di Sicilia. Come è usuale per un membro della grande aristocrazia, che giunga o meno alla dignità imperiale, Rodolfo si dedica piuttosto ad ampliare la base patrimoniale della dinastia, sfruttando le occasioni offerte dal recupero dei territori imperiali usurpati durante l’interregno e dalla contrattazione delle paci regionali (Landesfrieden). Da questo punto di vista, consegue risultati importanti. Muove guerra al re boemo Ottocaro II, che aveva occupato Austria, Stiria, Carniola e Carinzia, approfittando dell’estinzione della dinastia dei Babenberg – fondatori del primo stato austriaco – e dei disordini dell’interregno; dopo la vittoria (Dürnkrut, 1278), lascia il trono boemo al figlio di Ottocaro, Venceslao II; dei territori austriaci, però, investe i propri figli, Alberto e Rodolfo, costituendo così il nucleo territoriale della dinastia. Successi analoghi, ma di minore respiro o di più breve durata, Rodolfo li coglie in Turingia, in Savoia e in Borgogna.
Il primogenito (maschio) di Rodolfo, Alberto, non succede direttamente al padre: solo dopo aver sconfitto Adolfo di Nassau, preferitogli dagli elettori nel 1292 e deposto nel 1298, può conseguire la designazione imperiale, che arriva nel 1303 e che Bonifacio VIII riconosce solo in cambio di importanti limitazioni dell’autorità imperiale in Italia.
Anche in seguito, l’affermazione di Alberto è tutt’altro che incontrastata: in Turingia e in altre località tedesche deve affrontare ribellioni nobiliari; un nipote di cui nega i diritti, Giovanni di Svevia, lo uccide nel 1308, e la dinastia perde per oltre un secolo la successione al trono.
Durante il suo regno, inoltre, si profila una delle più problematiche direttrici dell’espansione dinastica degli Asburgo: il Regno di Boemia, soggetto all’autorità imperiale fin dall’età ottoniana. Esaurita nel 1306, con la morte di Venceslao II, l’antica dinastia dei Premyslidi, Alberto fa sposare il primogenito Rodolfo con la vedova di Venceslao e riesce a farlo incoronare. Rodolfo, però, muore subito dopo e, morto anche Alberto, il nuovo imperatore, Enrico VII di Lussemburgo, assegna il trono boemo al figlio Giovanni. Già a partire dalla seconda metà del secolo, nel regno boemo cominciano ad affiorare resistenze alla germanizzazione e vere e proprie spinte autonomistiche, che non si taciteranno né quando alla guida dell’impero torneranno gli Asburgo, nella prima metà del Quattrocento, né quando la Boemia entrerà definitivamente nel loro asse ereditario, nel 1526.
Dopo la morte di Enrico VII, Federico d’Asburgo, secondogenito di Alberto, combatte lungamente contro Ludovico IV il Bavaro, la cui posizione è indebolita dalla lotta con il papato avignonese e dall’impegno contro il partito guelfo in Italia.
Il conflitto si avvia prima ancora dell’incoronazione di Ludovico, nel 1313, e si conclude nel 1322 con la sconfitta di Federico. Quando il Bavaro, alla vigilia di una discesa antipapale, punta a riconciliarsi con il partito avverso e lo fa designare “coadiutore dell’impero”, Federico è ormai logorato dalla contesa e ripiega sui propri domini austriaci.
Chi, invece, col Bavaro non giunge a patti è il fratello Leopoldo I, elevato alla dignità ducale da Enrico VII, al cui nome è collegata un’altra delle inquiete linee di sviluppo della dinastia, quella svizzera.
L’espansionismo asburgico in Svizzera, manifestatosi già nella seconda metà del Duecento, sollecita nel 1291 un’associazione difensiva fra i cantoni di Schwyz, Uri e Unterwalden. Leopoldo ne viene sconfitto nel 1315; il successivo riconoscimento dell’autonomia da parte di Ludovico IV non fa che potenziare la lega, alla quale aderiscono Lucerna (1332), Zurigo (1351) e Berna (1353).
A tentare di contrastare la formazione di uno spazio nazionale svizzero è allora Alberto II d’Asburgo, quarto maschio dei numerosi figli di Alberto I, rimasto erede di tutti i domini familiari. Alberto II lotta con i cantoni fra 1351 e 1355, riuscendo a riportarne alcuni sotto la sua autorità: ma il conflitto non è esaurito, e – durante il ducato dei figli – due sonore sconfitte asburgiche, nel 1386 e nel 1388, diffonderanno in tutta Europa l’eco della fama dei soldati-montanari.
Alberto II lascia tre figli maschi che raggiungono l’età adulta: Rodolfo IV, Alberto III e Leopoldo III. La lenta costruzione delle fortune dinastiche continua anche per opera loro.
Rodolfo, nel 1363, acquisisce il controllo del Tirolo e stipula, con le dinastie lussemburghese e angioina, accordi volti a inserire gli Asburgo nelle successioni della corona boema e di quella ungherese, che daranno i propri frutti dopo la fine del secolo.
Dopo la sua morte, i fratelli governano insieme il ducato, salvo giungere a contrasti che vengono composti nel 1379, con il trattato di Neuberg: per circa sessant’anni nella successione asburgica si distingueranno una linea albertina, con base territoriale in Austria, e una linea leopoldina, con base territoriale in Stiria, Carinzia, Carniola e Tirolo, cui Leopoldo III aggiunge nel 1382 la sovranità su Trieste.
Dopo la morte di Leopoldo, la linea albertina riconquisterà per breve tempo la corona regia e imperiale (con Alberto V, 1438-), per estinguersi poco dopo: sarà invece la linea leopoldina, con Federico III, a inaugurare, a partire dal 1440, la secolare continuità dinastica asburgica.