Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nata sul finire del XVI secolo, la meteorologia scientifica si afferma definitivamente nel Settecento. Essa assume un solido status filosofico-scientifico e conosce un deciso sviluppo. Dilettanti, scienziati di diversa formazione e istituzioni danno vita al grande progetto meteorologico settecentesco, teso a realizzare una conoscenza certa e affidabile dei fenomeni atmosferici. Così dall’istituzione di imponenti reti sinottiche e dalla compilazione di effemeridi meteorologiche ricche di dati osservativi, descrittivi e strumentali, emerge la prima storia scientifica dei fenomeni che avvengono nell’aria.
Aspetti generali
Agli inizi del Settecento gli studi sui fenomeni atmosferici costituiscono un sapere in cui ancora si mescolano forme di conoscenza e di cultura tradizionali. La meteorologia settecentesca, contrariamente allo sviluppo di altre discipline originate dalla rivoluzione scientifica del Seicento, risente ancora della complessa eredità aristotelica e astrologica e, in quanto scienza fisico-congetturale, necessita di una solida legittimazione.
I meteorologi, anche se potranno dirsi tali a pieno titolo solo a partire dal secolo successivo, non possono ignorare o liquidare semplicisticamente l’astrologia come una pratica superstiziosa e inattuale.
All’alba del Settecento fra astrologia e meteorologia persiste infatti un importante punto di contatto, costituito dalla pretesa di anticipare il corso degli eventi futuri: la meteorologia non rappresenta tanto la disciplina che si occupa della spiegazione dei fenomeni atmosferici, quanto la scienza delle previsioni atmosferiche. Per delimitare l’antica disciplina degli oracoli e dei profeti, la maggioranza dei filosofi naturali interessati allo studio dei fenomeni atmosferici ricorre allora alla tradizionale distinzione, enucleata dall’ Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, tra astrologia naturale, che si occupa della previsione dei fenomeni fisici, e astrologia giudiziaria, dedita agli eventi relativi alla volontà umana. I numerosi programmi di ricerca fondati sulla teoria degli influssi lunari, il cui principale esponente è Giuseppe Toaldo, possono così essere sottratti a ogni ambiguità metodologica e verificati secondo i rigorosi canoni imposti dai moderni criteri scientifici.
Nel Settecento non è trascurabile il peso che la tradizione popolare esercita sulla meteorologia. La cultura popolare con i suoi proverbi e le sue massime esprime, infatti, una conoscenza ricca di informazioni basate su osservazioni tramandate da generazioni, utili per la conoscenza degli eventi meteorologici. Si instaura così un proficuo e reciproco scambio fra cultura popolare e cultura dotta: molti scienziati collaborano alla redazione di pubblicazioni destinate a un vasto pubblico, come almanacchi, bollettini e lunari, ricchi non solo di pronostici, ma anche di notizie estremamente utili per il mondo contadino.
Attraverso la letteratura scientifica divulgativa viene intenzionalmente avviato un programma di educazione popolare per diffondere nozioni e concetti più esatti del tempo atmosferico, conoscenze fondamentali specialmente per l’economia rurale.
La nuova immagine della meteorologia si delinea nitidamente nel corso del XVIII secolo, configurandosi sempre più come scienza osservativa e come modello di scienza baconiana. La meteorologia, disciplina di grande utilità sociale il cui progresso dipende dalla realizzazione di una reale collaborazione scientifica, esprime allora un sapere organizzato e interdisciplinare, indispensabile per affrontare la grande impresa dell’esplorazione atmosferica.
Meteorologia strumentale
Il successo del progetto meteorologico settecentesco dipende in gran parte dal perfezionamento degli strumenti meteorologici. La corretta utilizzazione e l’affidabilità del barometro, del termometro, dell’igrometro, dell’anemometro e del pluviometro rappresentano il vero punto di rottura con la precedente tradizione di studi atmosferici e il superamento di una meteorologia intesa come semplice raccolta di dati descrittivi. Famosi meteorologi come Jean-André de Luc e Horace-Bénédict de Saussure sono anche abili progettatori e costruttori di strumenti scientifici, per la cui realizzazione non è più sufficiente un superficiale sapere artigianale, ma occorrono complicate nozioni scientifiche e tecniche.
Nel Settecento si diffonde l’uso del barometro, considerato una sorta di “profeta del tempo”, che diventa anche di uso popolare. L’effettivo impiego scientifico del barometro presenta tuttavia numerose difficoltà ancora da superare, come i problemi derivanti dalla lettura dei dati, dall’individuazione di tecniche appropriate di costruzione, dalle correzioni per la temperatura, ecc. Sono le soluzioni avanzate da De Luc, Jean Fortin e da altri fisici dell’epoca a consentire la fabbricazione di strumenti sufficientemente affidabili e trasportabili.
Gli scienziati settecenteschi, nella costante ricerca della confrontabilità dei dati strumentali, investono molte energie nello studio e nella produzione di strumenti omogenei. Così per il termometro le indagini si concentrano nell’individuazione di un’idonea sostanza termometrica e nell’elaborazione di scale concordanti.
Solo dopo varie sperimentazioni viene adottato il mercurio come sostanza termometrica in grado di garantire un basso punto di congelamento, un alto punto di ebollizione e una dilatazione lineare per la scala. E delle numerose scale termometriche proposte, realizzate sulla base di un punto fisso e uno sviluppo definito – come quella di Gabriel Daniel Fahrenheit – si consolida l’uso di tre tipi: la scala ottantigrada (0°-80°) di René-Antoine Ferchault de Réaumur, la scala centigrada (0°-100°) di Anders Celsius e quella centottantigrada di Fahrenheit (32°-212°). La controversia sull’individuazione dei punti fissi si risolve poi con la scelta della temperatura del ghiaccio fondente e dell’ebollizione dell’acqua; Fahrenheit scopre anche l’influenza della pressione atmosferica sul punto di ebollizione. Si realizzano, inoltre, alcuni nuovi tipi di termometri, come quello a minima e massima di Charles Cavendish e il termometro combinato a massima e minima di James Six.
Durante il Settecento vengono compiuti vari tentativi per aumentare la sensibilità e la stabilità degli igrometri, ma con qualche insuccesso, in gran parte da imputare alla confusione teorica che avvolge il fenomeno naturale da misurare: l’umidità, cioè la quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera. Nella seconda metà del secolo si realizzano gli igrometri più interessanti, come quello a “capello” di Saussure e quello a “fanone di balena” di De Luc.
Gli anemoscopi vengono affinati e resi più funzionali; molto più lento e difficoltoso è invece il perfezionamento degli anemometri. Nel XVIII secolo si costruiscono anemometri che utilizzano il tubo di Henri Pitot, un congegno adottato inizialmente per misurare la velocità dell’acqua dei fiumi; vengono inoltre applicati rotori ad asse orizzontale e verticale. Gli studi anemometrici, comunque, si svilupperanno decisamente durante l’Ottocento, con l’esplorazione completa dell’atmosfera e con dati non più limitati al vento e al suolo.
Durante il Settecento anche le rilevazioni delle precipitazioni atmosferiche sono eseguite con maggiore sistematicità. La realizzazione di nuovi modelli di pluviometro garantisce infatti una discreta affidabilità e permette la soluzione di vari problemi, come la limitazione degli effetti dell’evaporazione, degli spruzzi e della neve. I metodi settecenteschi più diffusi per ricavare i dati pluviometrici consistono nel pesare l’acqua raccolta o nel misurarla tramite un’asta graduata oppure nel travasarla in recipienti di forma cubica e di capacità determinata.
Meteorologia sinottica
Gli scienziati settecenteschi sono consapevoli del fatto che l’affidabilità e la comparabilità degli strumenti meteorologici rappresentano una premessa necessaria per compiere le indagini sui fenomeni atmosferici, ma sono anche coscienti della loro inutilità in assenza della piena comunicabilità dei dati osservativi raccolti dalle stazioni di rilevamento o dal singolo scienziato.
Lo sviluppo della meteorologia rimane dunque subordinato all’istituzione di imprese collettive e all’adozione di un linguaggio generalmente accettato dalla comunità scientifica. Forti di questa convinzione gli scienziati settecenteschi si affannano a determinare simboli e metodi standardizzati, a proporre rigorose regole per la compilazione delle effemeridi meteorologiche, cioè dei registri dove a ore determinate vengono annotate le osservazioni meteorologiche.
Sorgono così in Europa numerose reti sinottiche. James Jurin per conto della Royal Society e Louis Cotte per la Societé Royale de Médicine attivano importanti reti meteorologiche. Johann Kanold in Germania e Toaldo in Italia intraprendono analoghe iniziative, raccogliendo e pubblicando dati osservativi su vasta scala. Dal 1780 al 1795 la Società Meteorologica di Mannheim, fondata dall’elettore Karl Theodor, organizza un’efficiente rete osservativa e raccoglie nelle Ephemerides Societatis Meteorologicae Palatinae (1783-1795) le osservazioni relative al periodo 1781-1792. L’immensa produzione di effemeridi meteorologiche è una caratteristica peculiare della meteorologia settecentesca. Ma la gestione dell’enorme quantità di materiale osservativo raccolto dai dati strumentali, descrittivi o dalle fonti più svariate – come i resoconti dei viaggiatori, la tradizione popolare ecc. – determina anche imbarazzo e perplessità sulla reale possibilità di estrapolare leggi e teorie fondate sui meccanismi che regolano i fenomeni atmosferici.
Durante il Settecento la meteorologia si emancipa sempre più dai modelli epistemologici delle scienze esatte e tenta, sebbene con grandi difficoltà, di acquisire metodi e procedure propri. Alla fine del secolo sono maturi i presupposti per fare della meteorologia una sezione autonoma delle scienze.