Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La medicina tardoantica tra Oriente e Occidente è stata oggetto di pregiudizi duri a morire. L’epoca successiva alla sistemazione galenica è stata considerata ripetitiva, unicamente intenta a epitomare e riassumere i testi del medico di Pergamo, anche se si sono riconosciuti i risultati originali ottenuti in campi specifici, quali l’oftalmologia – poi trasmessa agli Arabi – o la medicina veterinaria. Negli ultimi anni molti pregiudizi sono stati superati, ma nonostante le acquisizioni recenti un gran numero di testi, soprattutto quelli più “umili” e legati alla pratica, come ricettari, raccolte di note e di casi, raccolte di esperienze ospedaliere, attendono ancora di essere pubblicati.
L’intera cultura dell’Impero bizantino è stata solitamente ridotta a una stanca eco della cultura greca, e se ne è sottovalutato il carattere non banalmente “orientale”, ma di fusione tra la cultura greca e romana. Generalmente si tende a ignorare anche la lunga durata della cultura bizantina, che produce frutti notevoli, anche in campo medico-scientifico, fino al XV secolo. In merito alla produzione di letteratura medica, infatti, la presenza di generi testuali, di livelli linguistici e di contenuti diversi, testimonia della varietà della pratica e delle differenze tra i livelli professionali dei medici, che vanno dai prestigiosi medici ospedalieri di Costantinopoli ai medici itineranti ereditati dall’antichità, a semplici curanti e ciarlatani.
L’attività di sistemazione dei testi, e l’organizzazione per materie del sapere medico antico, che è probabilmente l’aspetto più significativo della cultura medica bizantina, e che è dovuta alla continuità dell’insegnamento medico-scientifico della Scuola di Alessandria d’Egitto, non è stata un’inerte attività di copia e trasmissione, ma ha implicato un faticoso lavoro di selezione e riscrittura dell’informazione in campi diversi. È nato in questo periodo uno dei generi più duraturi della medicina medioevale, il commentario. Non una semplice parafrasi, ma una lettura critica e comparativa, il commentario ha spesso consentito la trasmissione di testi che sarebbero altrimenti andati perduti. La stessa divisione fra teoria e pratica medica, assente in Galeno e nella medicina antica, ha avuto origine ad Alessandria intorno al IV secolo.
Fra il IV e il VII secolo spiccano alcune figure di medici le cui opere sono rimaste nella tradizione occidentale, e che pur non esaurendo la ricchezza di cui si è detto, illustrano alcune caratteristiche essenziali del passaggio dalla cultura tardoantica a quella altomedievale e alcuni dei principali contenuti del sapere medico di età bizantina. Oribasio di Pergamo, conterraneo di Galeno, di cui rielabora il sapere medico, è uno degli ultimi esempi di grande intellettuale pagano; è amico e medico personale dell’imperatore Giuliano l’Apostata, che tenta una restaurazione della religiosità precristiana e muore in una sfortunata campagna militare contro i Persiani. L’opera principale di Oribasio è la raccolta Collectiones Medicae, che integra le opere galeniche con quelle di altri medici antichi nella forma di un monumentale compendio in 70 libri. L’impegno di Oribasio è direttamente connesso con il progetto di restaurazione pagana ed ellenizzante di Giuliano; la medicina, in questa visione, diventa uno snodo cruciale, la manifestazione della benevolenza delle divinità, di cui quella dell’imperatore è il riflesso e la manifestazione terrena. Della medicina antica Oribasio offre quindi una lettura ideologica e artificialmente compatta, una cristallizzazione priva dei conflitti anche aspri che l’avevano percorsa e dell’impegno empirico e osservativo che ne aveva costantemente animato l’attività. Ma le Collectiones rispondono perfettamente anche a un’altra esigenza, quella di fornire ai medici un insieme di testi di agevole consultazione per la pratica, ed è a questo, probabilmente, che si deve la loro fortuna.
Alessandro di Tralles, nato in Turchia sotto l’impero di Giustiniano, fa parte di una famiglia dell’aristocrazia intellettuale bizantina, viaggia a lungo nel Mediterraneo, ed è a Roma; sono incerte le date della nascita e della morte, che deve avvenire al principio del VII secolo. È autore di diverse opere, tra le quali i Therapeutica, che seguono l’esposizione tradizionale dei trattati di patologia e terapeutica a capite ad calcem (“dalla testa ai piedi”), elencando in quest’ordine patologie e rimedi. Anche qui l’intenzione dell’autore è soprattutto quella di offrire un manuale d’uso, nel quale le considerazioni tratte dal repertorio della medicina antica convivono con pratiche di tipo nuovo, come la magia, che era stata fortemente criticata nella medicina decisamente razionalistica della tradizione ippocratico-galenica, ma che aveva un suo luogo nella mentalità tardoantica.
Della vita di Paolo di Egina non si sa molto, ma egli è uno dei protagonisti dell’ultimo periodo della Scuola di Alessandria, subito prima della conquista araba. Il suo compendio (Epitome), tradotto in latino solo nel XVI secolo, deriva dal testo di Oribasio, di cui riprende l’impianto enciclopedico e il legame con Galeno. Ma la duratura fama di Paolo, la cui importanza è ancora rivendicata dal medico inglese John Freind nel XVIII secolo, è legata alla pratica e in particolare alla chirurgia, di cui si parla nel libro VI dell’Epitome. La descrizione dettagliata delle operazioni, alcune delle quali – paracentesi addominale, litotomia – di difficile praticabilità, ne fa un autore essenziale nella trasmissione della cultura chirurgica greca alla medicina araba.
Dopo queste figure, e accanto a loro, non c’è un vuoto, ma una ricca cultura anche manualistica e di popolarizzazione, i cui esempi più noti sono il frutto di una sintesi originale tra conoscenze mediche e filosofiche – i diversi trattati della natura dell’uomo, di derivazione neopalatonica –, botaniche e farmacologiche – i Geoponica, una compilazione pratica – dietetiche – i molti trattati sul regime, rivolti ai medici ma anche ai pazienti.
Del tutto diversa la situazione in Occidente, dove nel corso del I millennio resta una modesta tradizione di insegnamento e di circolazione di testi, ricordata anche da intellettuali come Cassiodoro, e si può appena parlare di una Scuola di Ravenna, nel VI secolo, che in qualche modo segue l’esempio della Scuola di Alessandria. Le attività di assistenza ai malati, ed entro certi limiti di trasmissione dei testi medici, e di un impegno non trascurabile nel campo della farmacologia pratica, della botanica e della materia medica, praticate nelle abbazie degli ordini regolari da una “medicina monastica” la cui fama è forse superiore ai risultati effettivi, tiene in vita un ricordo della cultura antica la cui importanza impallidisce al confronto con la ricchezza di traduzioni e di elaborazioni che avvennero negli stessi secoli in area bizantina, persiana e islamica.