La medicina indiana
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La medicina indiana è nota come Ayurveda, che in sanscrito significa “scienza della vita” (veda, lett. conoscenza e åyur, lett. longevità). L’Ayurveda enfatizza l’equilibrio di corpo, mente e spirito, secondo i principi metafisici contenuti nei Veda, scritture sacre, prodotto della cultura Indoaria (II-I millennio - VI sec. a.C.). È tradizionalmente praticata nel subcontinente indiano, ma rappresenta un valido e riconosciuto sistema anche nel Sud-est asiatico.
I Veda sono le scritture sacre dell’induismo, considerate verità rivelata dal divino. Secondo l’evidenza testuale gli studiosi collocano la compilazione dei Veda fra il II e il I millennio a.C. e il VI secolo a.C. Il messaggio fondamentale dei Veda è che tutto ciò che esiste è divino, così come indicato dalla famosa massima Tat tvam Asi, “tu sei quello” (ovvero Brahman, il Dio creatore). Oltre ai Veda esistono numerose altre scritture; fra le più importanti, poiché collegate ai Veda in termini di discipline spirituali, sono annoverati i Tantra. Secondo i Tantra Dio è caratterizzato sia da un aspetto o principio maschile, che da un aspetto o principio femminile; questi sono rispettivamente noti come Shiva e Shakti. Shakti rappresenta il potere creativo di Shiva, la componente attiva della sua energia potenziale. Shiva e Shakti costituiscono l’entità indissolubile e non duale del Divino. La vera natura intrinseca degli esseri umani è divina, ed è al di là di nascita e morte.
Principi metafisici della filosofia hindu Il più antico fra tutti i sistemi filosofici della cultura hindu è quello del Såîkhya, le cui origini (proto-Såîkhya) risalgono all’incirca al IX sec. a.C. Il Såîkhya è considerato una scuola ortodossa, perché riconosce l’autorità dei Veda, le scritture sacre dell’India brahmanica. Il termine såîkhya significa “enumerazione” oppure “calcolo”; nella sua accezione generale viene usato per indicare la categorizzazione degli elementi che compongono il cosmo. Secondo tale scuola esistono due istanze della realtà ultima: Purusha e Prakôti. Purusha è assimilato alla pura coscienza. È considerato un principio interamente passivo, privo di causa originaria, immutabile, onnipervadente ed eterno: è puro spirito, ed è alla base del processo di creazione. Secondo ulteriori definizioni, Purusha rappresenterebbe il sé, o anche l’osservatore consapevole. Prakôti incarnerebbe invece la causa prima dell’universo, la materia primordiale priva di coscienza, il mondo fenomenico della materia suddiviso in animato e inanimato.
Prakôti è considerata priva di causa, eppure è la causa di tutto ciò che esiste nell’universo, sia questo materia, energia, o persino mente, perché secondo la psicologia indiana la mente è considerata una sostanza materiale. I principi fondamentali, le “tendenze” (perché non costituiscono delle vere e proprie azioni) che sottendono all’attività della Prakôti sono tre: sattva (essere, esistenza, realtà), rajas (spazio, aria), e tamas (oscurità). Queste tre tendenze, note in sanscrito come guïa (lett. corda, filo, ma anche specie o qualità), sono rispettivamente associate a creazione, conservazione e distruzione, e sono alla base di tutta la creazione e della sua evoluzione.
La filosofia Såîkhya sostiene che prima della creazione del mondo le tre tendenze esistevano in uno stato di equilibrio perfetto. Nel momento in cui hanno iniziato a interagire l’equilibrio si è spezzato e la creazione ha avuto luogo, cosicché, attraverso un processo evolutivo, è gradualmente divenuta l’universo intero. Dal momento che Prakôti è composta da queste tre tendenze ne consegue che tutte le cose dell’universo ne sono dotate. L’esistenza di queste tendenze non può essere direttamente percepita perché esse sono estremamente sottili; tuttavia esse possono essere conosciute e riconosciute attraverso le varie manifestazioni fenomeniche. Sattva è la tendenza leggera e luminosa; ha la capacità di rivelare le cose; è legata al piacere e alla gioia; uno stato mentale lieto, la felicità, la soddisfazione, la capacità della mente e degli organi sensoriali di percepire chiaramente i fenomeni sono tutte indicazioni della presenza di Sattva. Se questa tendenza è preponderante l’individuo ha la possibilità di evolversi spiritualmente, e di ottenere la liberazione dalla sfera mondana per ricongiungersi alla propria natura divina; la persona avrà una mente chiara, controllo sugli organi dei sensi, resistenza fisica, onestà, gentilezza verso gli esseri umani e le creature, modestia, assenza di arroganza, di ira, e scarso attaccamento.
Rajas è la tendenza che produce il movimento, l’attività, la nascita, la passione, l’irrequietezza. Dove sono presenti egoismo, ira, avarizia, avidità, desiderio di possesso e di dominio lì Rajas è presente. Tutti i tipi di sofferenza e di dolore sono legati e dovuti a questa tendenza, che incatena gli esseri attraverso l’attaccamento alle azioni, base e strumento della legge di causa ed effetto (karma). Tamas è caratterizzata da passività, inerzia, pesantezza, e negatività. Questa tendenza è responsabile della confusione mentale, della pigrizia, della depressione, dell’ignoranza (intesa nel senso di non conoscenza della propria natura divina), dei comportamenti violenti, e anche del sonno. Le tre tendenze sono in conflitto fra loro, ma allo stesso tempo cooperano fra loro, perché è così che i fenomeni possono esistere e manifestarsi. Per la religione hindu l’essere umano che trascende le tre tendenze con la disciplina spirituale raggiunge un equilibrio nella vita mondana, e può liberarsi dal giogo delle rinascite, manifestando la propria divinità intrinseca.
I primi testi della letteratura medica indiana appaiono in periodo vedico; il più antico, e il principale di questi, è il Charaka Saṃhitā, che si occupa di medicina interna. Un altro testo fondamentale è il Suùruta Saṃhitā, un trattato di chirurgia e di olistica. L’Ayurveda si fonda su principi metafisici legati ai cinque elementi (etere, aria, acqua, fuoco e terra), che sono considerati alla base dell’universo e del corpo umano.
Nella medicina ayurvedica prakôti indica la natura essenziale degli esseri umani, ovvero il tipo di costituzione di cui essi sono dotati. La conoscenza del tipo di costituzione è considerata fondamentale per comprendere appieno le modalità di funzionamento del sistema corpo/mente di ciascun individuo, al fine di operare scelte corrette ed efficaci nella cura delle malattie, consentendo all’intelligenza intrinseca di questo sistema di attualizzare la guarigione.
Il corpo e la mente rappresentano un insieme olistico e interdipendente: ogni “evento” mentale corrisponde a un evento nel corpo fisico. Quando ciò avviene, la medicina ayurvedica riconosce tre forze o agenti principali; questi agenti sono detti dosha (lett. ciò che deperisce). L’equilibrio dei dosha è importante per il mantenimento della salute; ogni essere umano possiede una combinazione unica di queste forze.
Ogni aspetto della natura, dell’ambiente circostante, del mondo animale e vegetale, persino le stagioni e le ore del giorno, per non parlare dei cibi è governato da uno dei tre dosha. Questi sono Vata, che è collegato all’elemento aria, e che in termini di umori è associato al “vento”; Pitta, che rappresenta una combinazione di fuoco e acqua, ed è collegato all’umore “bile”; e Kapha (pr. kafa); che si riferisce a una combinazione di acqua e terra, ed è associato all’umore della “flemma”. Costituzionalmente gli esseri umani possono mostrare la preponderanza di uno di questi tre dosha, ma per rimanere in vita sono necessari tutti e tre.
Il Vata dosha (aria) governa e controlla tutte le funzioni legate ai movimenti del corpo, la circolazione sanguigna, la respirazione; le qualità associate a questo dosha sono il freddo, il secco, la leggerezza e la mutevolezza; l’instabilità mentale è considerata frutto di un disequilibrio di questo dosha. Il Pitta dosha (fuoco) governa e controlla tutte le funzioni del metabolismo e della digestione, regola la fame e la sete, la temperatura corporea, e l’acume intellettivo; è caldo, acido, leggero, acuto; se è sbilanciato provoca ira, frustrazione e desiderio incontrollato di cibo. Il Kapha dosha (terra e acqua) controlla e governa la struttura del corpo, ossa, muscoli e così via; è pesante, freddo, solido, stabile, ottuso e oleoso; se squilibrato è causa di malattie respiratorie e obesità. I tipi costituzionali riconosciuti dall’Ayurveda sono: predominanza di un solo dosha (Vata, Pitta, Kapha); combinazione di due dosha (Vata-Pitta/Pitta-Vata; Pitta-Kapha/Kapha-Pitta; Vata-Kapha/Kapha-Vata); tre dosha (Vata-Pitta-Kapha).
Ogni dosha ha le sue qualità positive e negative a seconda delle circostanze. In generale una persona di tipo Vata ha un fisico snello e leggero, si muove velocemente, è entusiasta, vivace, immaginativa; una persona Pitta possiede una corporatura media, sopporta male il caldo, ha la tendenza a irritarsi sotto stress, parla in modo preciso e articolato e possiede un carattere intraprendente; un individuo Kapha ha una corporatura solida, grande forza e resistenza fisica, si muove e cammina in maniera aggraziata anche quando è sovrappeso, possiede un incarnato pallido, è tollerante e affettuoso, dorme molto.
Per poter rimanere in buona salute e curare le malattie è dunque necessario conoscere prima di tutto il tipo di dosha che caratterizza l’individuo. Questa consapevolezza della propria natura è fondamentale, e lungi dall’essere vista come un difetto, rappresenta invece un riconoscimento della propria potenzialità. L’accettazione della propria natura è il primo passo per il ricongiungimento con l’intelligenza naturale insita nel corpo, perché la mancanza di questa accettazione è considerata una causa scatenante di comportamenti autodistruttivi e dei conseguenti squilibri. La dieta svolge ovviamente una funzione cruciale: è importante conoscere quali sono i cibi e i relativi sapori che aiutano a superare gli squilibri dei dosha; è anche importante fare esercizio fisico, è benefico utilizzare massaggi e supplementi erboristici. In ultima istanza la medicina ayurvedica vede gli squilibri come deviazioni dalla natura e, sostanzialmente, come illusioni fondate su falsi e nocivi presupposti: primeggia fra tutti il concetto di ego, che va trasceso attraverso le discipline spirituali, perché come riporta il Charaka Saṃhitā (XXX, 84) “ogni infelicità del corpo e della mente dipende dall’ignoranza, mentre la felicità è basata esclusivamente sulla pura conoscenza”.