La matematica e le matematiche
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Archita, pitagorico del IV secolo a.C., è il primo ad usare il termine “matematiche” per indicare astronomia, geometria, aritmetica e musica. Nei secoli successivi, a queste discipline se ne aggiungeranno altre e se ne discuteranno ampiamente scopi e metodi. Il grande successo degli Elementi di Euclide ha causato la perdita delle opere precedenti: per conoscere lo sviluppo della matematica più antica, dobbiamo dunque affidarci a fonti secondarie e indirette.
La matematica porta nel suo nome la radice del verbo greco manthano. Nei testi più antichi, esso esprime la nozione di imparare attraverso l’esperienza, sia imparare a conoscere sia imparare a fare; in seguito viene ad assumere il significato di comprendere. Come nome d’azione, il neutro mathema designa dunque ciò che è oggetto di insegnamento, di studio, di conoscenza.
In un frammento attribuito ad Archita di Taranto, un pitagorico legato a Platone da un rapporto di amicizia, il termine ta mathemata compare per la prima volta in senso tecnico per designare insieme astronomia, geometria, aritmetica e musica (fr. B 1 Diels-Kranz). Fra queste discipline, sostiene Archita, esiste uno stretto vincolo di parentela: esse sembrano sorelle (adelphea), dal momento che trattano le due forme originarie dell’essere, che sono per l’appunto sorelle tra loro. Il testo non chiarisce quali siano tali forme, ma già gli antichi esegeti sono d’accordo nel ritenere che si tratti del quanto e del quanto grande, del numero e della figura. L’autenticità del frammento è stata più volte messa in dubbio, ma non c’è un vero motivo di negarla. Troviamo qui la prima formulazione di quello che più tardi Nicomaco indicherà con l’espressione tessaroi methodoi, ossia il quadrivium di Boezio (Arithmetica, I 1). Insieme a grammatica, retorica e logica (il cosiddetto trivium), esso costituisce il sistema delle sette discipline, che sono alla base dell’educazione fino al Medioevo.
Le parole di Archita gettano una luce su quel profondo processo attraverso il quale tra il V e il IV secolo a.C. un complesso di conoscenze particolari viene a definire la propria identità, imponendosi come modello privilegiato di sapere, i mathemata per antonomasia, “gli studi” appunto, “le matematiche”.
La loro storia nel mondo antico copre un lungo arco di tempo, che va dal 600 a.C. al 600 d.C., e tocca centri culturali diversi. Qui bisogna fare attenzione a non cadere in un errore di prospettiva, considerando la matematica greca come un tutto omogeneo e ben definito: diverse sono le opinioni circa il suo oggetto, il suo scopo e i suoi metodi di indagine. Un rapido sguardo alle diverse classificazioni via via proposte aiuterà a rendersene bene conto.
Nelle pagine centrali della Repubblica, quelle dedicate a delineare l’educazione del filosofo, Platone prevede lo studio di cinque discipline che indirizzano il nostro animo verso la contemplazione dell’intellegibile: aritmetica e calcolo (numero), geometria piana (numero più estensione), geometria solida (superfici a tre dimensioni), astronomia (solidi in movimento), armonia. Per designarle, egli si serve del nome dianoia, “pensiero discorsivo”, criticando l’abitudine corrente di chiamarle ora tecniche ora scienze.
Aristotele distingue le “matematiche” che hanno un proprio oggetto ben determinato, come per esempio la geometria e l’astronomia, da quella che chiama “matematica” in senso generale e che è comune a tutte le altre (Metafisica, VI, 1). Quanto alle singole discipline matematiche, aritmetica e geometria studiano gli enti matematici nella maniera più astratta dal sensibile; altre invece sono più vicine alla fisica, come l’ottica, la musica, l’astronomia. Così la geometria indaga la linea naturale, ma non in quanto proprietà di un corpo fisico, mentre l’ottica indaga la linea matematica in quanto naturale (Fisica, II, 2).
La sistemazione delineata da Aristotele è alla base di una più elaborata articolazione, attribuita a Gemino di Rodi. La troviamo esposta da Proclo nel suo Commento al I libro degli Elementi di Euclide (in Eucl. pp. 38-42, Friedlein). Essa si fonda sulla distinzione fra la matematica che si occupa delle cose intellegibili, la matematica pura, e la matematica che riguarda i sensibili, la matematica applicata. Alla prima appartengono l’aritmetica e la geometria; alla seconda, la meccanica, l’astronomia, l’ottica, la geodesia, la canonica e la logistica. Per quanto riguarda la matematica pura, essa articola la geometria in piana e solida; l’aritmetica in teoria dei numeri lineari, numeri piani e numeri solidi. Più complessa è la suddivisione della matematica applicata. La geodesia riguarda la misurazione pratica di superfici e volumi; analogamente, la logistica riguarda le proprietà dei numeri nelle cose sensibili. L’ottica si distingue in tre branche, che studiano le illusioni dovute alla distanza delle cose che si vedono (ottica propriamente detta), la riflessione della luce (catottrica), i problemi di prospettiva (scenografia). La canonica è lo studio dei rapporti presenti nelle scale musicali come si percepiscono sensibilmente. Della meccanica sono parti l’organopoietica (l’arte di costruire macchine da guerra), la taumatopoietica (la tecnica che riguarda i congegni atti a suscitare meraviglia), la scienza che riguarda gli equilibri e i centri di gravità, la sferopoietica (la costruzione di sfere che imitano il movimento degli astri). Infine sotto l’astronomia si raggruppano la gnomonica (la misurazione del tempo mediante orologi solari), la meteoroscopia (lo studio delle elevazioni e delle distanze degli astri), la diottrica (la determinazione delle posizioni del Sole, della Luna e degli altri astri tramite strumenti adatti).
Più tardi, nel III secolo, Anatolio propone una classificazione che differisce da questa di Gemino solo per l’ordine in cui sono elencate le matematiche attinenti al sensibile. Inoltre egli rimarca che secondo i pitagorici il nome “matematica” spetta propriamente solo all’aritmetica e alla geometria. Nelle pagine che seguono mi limiterò dunque anch’io a considerare queste due discipline: più che un esame particolareggiato delle questioni tecniche da esse affrontate e delle risposte formulate, cercherò di ricostruire i nodi principali lungo cui si sono sviluppate e di mettere in chiaro in che senso la matematica deve ai Greci più del suo nome.
Il grande successo degli Elementi di Euclide ha finito con il condizionare in maniera profonda la comprensione storica della matematica anteriore ad essi.
Euclide raccoglie, perfeziona, sistema i risultati conseguiti dai suoi predecessori. Lo fa, è vero, con grande rispetto nei loro confronti, senza appropriarsi semplicemente di meriti che non sono suoi: da questo punto di vista, egli ci permette di gettare uno sguardo sul passato. Anche così però rimane il fatto che gli Elementi hanno finito con rendere inutile conservare e tramandare le opere anteriori.
Per la conoscenza dei primi sviluppi della matematica greca dobbiamo dunque affidarci alla tradizione indiretta. Indicazioni importanti si trovano nei dialoghi di Platone e nei trattati di Aristotele. Inoltre notizie di vario spessore sono trasmesse dai dossografi, dai biografi e dai commentatori antichi. Fra questi ultimi troviamo i nomi di Pappo con la sua Collezione matematica, Eutocio di Ascalona con i suoi commentari ad Archimede, Simplicio con i suoi commentari ad Aristotele. E, soprattutto, Proclo, del quale abbiamo già ricordato il Commento al I libro degli Elementi di Euclide.
Nella seconda parte del prologo al Commento, Proclo espone fra l’altro lo sviluppo della geometria greca a partire da Talete fino a Filippo di Mende in quello che è citato solitamente come Riassunto o Elenco dei geometri (in Eucl., pp. 65-68, Friedlein). Vissuto nel V secolo, Proclo è certo ben lontano nel tempo da quanto riferisce, ma il Riassunto risale a una fonte degna di fede. È infatti opinione comune che si tratti di un estratto dalla Storia della geometria di Eudemo di Rodi, contemporaneo appunto di Filippo; probabilmente Proclo non ne ha conoscenza diretta, ma lo cita attraverso la mediazione di Gemino e Porfirio.
Allievo di Aristotele, Eudemo prosegue le ricerche storiografiche del maestro, guadagnandosi la fama di grande autorità in materia di storia della geometria, dell’aritmetica e dell’astronomia. Il suo Riassunto è governato, come egli stesso indica apertamente, dall’idea che il progresso della conoscenza vada dal sensibile all’intellegibile, come da ciò che non è perfetto a ciò che lo è. Proclo accentua questa concezione, nel senso che gli Elementi costituiscono la meta verso cui convergono naturalmente e necessariamente gli studi dei predecessori, cosicché l’intero sviluppo della geometria si deve leggere all’interno del quadro euclideo. Pure con gli inevitabili limiti legati a questo schema, le informazioni contenute nel Riassunto costituiscono una fonte preziosissima per chiunque voglia ricostruire la matematica prima di Euclide.