Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La lauda è un genere di poesia per musica che ha una grande fioritura in Italia dalla metà del Duecento sino a tutto il Settecento; è una canzone per lo più in lingua volgare di destinazione religiosa, anche se non propriamente liturgica. Nata nello spirito della rinnovata religiosità dei francescani, la lauda è inizialmente un canto processionale e di preghiera. Essa viene intonata durante le assemblee di quelle confraternite laiche di tipo penitenziale dell’Italia centrale (soprattutto umbre e toscane) chiamate appunto “compagnie dei laudesi”, e anzi ne costituisce il momento devozionale più importante, a cui partecipano coralmente tutti gli iscritti.
Nel XV-XVI secolo la lauda “assembleare” è ancora eseguita, anche se gran parte delle compagnie si avvale soprattutto di cantori e strumentisti professionisti per esecuzioni musicali più raffinate e complesse. In questo periodo, la pratica di intonare laude fa parte persino degli esercizi spirituali dei religiosi; spesso questi pezzi sono inseriti anche nelle esecuzioni musicali dei cori delle chiese e delle cattedrali più importanti, anche se probabilmente lontano dai momenti riservati alla liturgia ufficiale. Nonostante il successo che il Rinascimento attribuisce alla lauda, essa rimane fedele alla sua origine, conservando quel carattere popolareggiante che più l’ha contraddistinta nel Medioevo. Nel corso del Cinquecento vi sono anche altre occasioni di fruizione della lauda: essa è eseguita infatti, assieme ad altri brani tratti dalla liturgia (come inni, salmi e antifone), anche nelle “sacre rappresentazioni”, una forma di dramma religioso che ha origine nel Medioevo e si sviluppa a Firenze all’inizio del Cinquecento caratterizzandosi per i fastosi allestimenti. Nel 1558, poi, nel perfetto clima della Controriforma, san Filippo Neri fonda a Roma, presso la chiesa di San Girolamo della Carità, la Congregazione dei preti dell’oratorio. La lauda (cosiddetta “filippina” dal nome del fondatore) subisce qui la sua ultima trasformazione. Nei testi cantati vengono introdotti alcuni dialoghi tratti dalle Sacre Scritture e dalle vite dei santi, intonati in un primo tempo coralmente, poi sul finire del secolo, da cantanti solisti che personificano i dialoganti. L’aspetto scenico e drammatico della lauda spirituale cinquecentesca è una delle premesse alla nascita del genere musicale dell’oratorio.
I temi trattati più spesso nei testi delle laude, nel Duecento come nel Cinquecento, sono la preghiera alla Vergine, la nascita, la passione e la resurrezione di Cristo, le vite dei santi, la presenza e l’aiuto dello Spirito Santo e l’avvicinarsi della morte. Lo stile è lirico e meditativo, ma il tono è volutamente familiare perché questi componimenti hanno una destinazione popolare. Non a caso, essi sono caratterizzati dal costante riferimento a luoghi comuni religioso-letterari. Pochi sono i testi per così dire “d’autore”, come quelli del francescano fra’ Jacopone da Todi - messi in musica già nel Duecento, ma anche nei secoli successivi - e di alcuni poeti, per lo più fiorentini (Feo Belcari, Castellano Castellani, Lorenzo de’ Medici, Girolamo Savonarola e Leonardo Giustinian); più spesso si tratta di opere di anonimi, probabilmente dilettanti.
Le intonazioni musicali delle laude spirituali nel Cinquecento sono in gran parte sillabico-omoritmiche, come per il passato, ma polifoniche, caratterizzate cioè dalla presenza di più voci (generalmente tre o quattro), ognuna con una propria linea melodica, che declamano contemporaneamente il testo poetico: a ogni sillaba, in pratica, corrisponde una nota della melodia. I compositori – Marchetto Cara, Bartolomeo Tromboncino e Giovanni Animuccia sono i più conosciuti – si attengono fedelmente a questi requisiti, che fanno della lauda un genere di grande comunicativa e di facile esecuzione. Ciò avviene anche quando l’interpretazione è affidata esclusivamente a musicisti specializzati, e non più all’assemblea dei fedeli, a vantaggio comunque della comprensione del testo. In alcuni casi, poi, le laude sono addirittura oggetto di un “travestimento spirituale”, come avveniva abitualmente nei secoli precedenti: ciò significa che i testi devoti sono eseguiti sulle musiche di canti profani, che tutti conoscono. Nei libri che conservano i testi poetici, molto più numerosi di quelli provvisti anche di intonazioni musicali, accanto alla lauda è indicato infatti il “cantasi come...”, ossia la melodia non religiosa sulla quale deve essere eseguito il nuovo testo.