La grande scienza. Il laser
Il laser
I laser sono dispositivi costruiti per emettere radiazione elettromagnetica, con caratteristiche particolari (monocromaticità, direzionalità, coerenza e brillanza), in vari intervalli di frequenza, dai raggi X fino alle microonde; in quest'ultimo caso vengono chiamati maser. Il loro nome è l'acronimo di light amplification by stimulated emission of radiation (microwave…, nel caso del maser) vale a dire amplificazione della luce mediante emissione stimolata di radiazione e descrive quindi sinteticamente il principio fisico su cui si basa il loro funzionamento.
Il fenomeno dell'emissione stimolata consiste nell'emissione di radiazione elettromagnetica da parte di un atomo o di una molecola che, trovandosi in uno stato eccitato di energia E2 è forzato a passare a un livello inferiore di energia E1 a seguito dell'interazione con una radiazione elettromagnetica incidente di frequenza ν=(E2−E1)/h dove h è la costante di Planck. Durante l'interazione la specie in esame cede, sotto forma di radiazione elettromagnetica, l'energia E2−E1 all'onda stessa (fig. 1A). Se il livello d'energia 1 è occupato da un numero consistente di specie in esame, tale processo è contrastato da quello di assorbimento; in esso, una specie inizialmente presente sul livello 1 è forzata a passare sul livello 2 assorbendo ora la corrispondente energia dall'onda incidente (fig. 1B). Quest'onda subisce quindi un aumento di intensità per via di tutte le specie N2 presenti sul livello 2 che passano al livello 1 attraverso l'emissione stimolata; viceversa, l'onda subisce un decremento di intensità a causa di tutte le specie N1 presenti sul livello 1 che passano al livello 2 mediante l'assorbimento. Poiché, per livelli non degeneri, le probabilità di emissione stimolata e di assorbimento sono uguali, l'onda subisce un aumento netto di intensità soltanto se il fenomeno di emissione stimolata predomina su quello di assorbimento, vale a dire se N2>N1. Tale condizione è detta di 'inversione di popolazione': le popolazioni N1 e N2 della specie in esame, ossia il numero di specie presenti sui due livelli, risultano in questo caso invertite rispetto a quanto si verifica in condizioni di equilibrio termodinamico. All'equilibrio, infatti, la distribuzione della popolazione segue la legge esponenziale di Boltzmann e pertanto i livelli di energia inferiore sono più popolati di quelli di energia superiore. Un materiale in cui è realizzata l'inversione di popolazione si comporta quindi come un amplificatore della radiazione incidente ed è chiamato materiale attivo. Per realizzare un oscillatore, vale a dire un laser nel senso comune del termine, occorre inserire il materiale attivo in un risonatore, in un sistema cioè che consenta alla radiazione di rimbalzare più volte nel materiale stesso. La soluzione più semplice consiste nell'inserire il materiale attivo fra due specchi, piani e paralleli, con elevata riflettività alla lunghezza d'onda della radiazione in esame, che costituiscono il cosiddetto risonatore di Fabry-Perot (fig. 3). Per ottenere il fascio di luce in uscita, almeno uno dei due specchi deve essere parzialmente trasparente. Un'onda che si propaghi avanti e indietro in questo risonatore ottiene, a ogni passaggio attraverso il materiale attivo, un guadagno dovuto alla differenza fra amplificazione e assorbimento, mentre subisce senz'altro un'attenuazione a causa delle inevitabili perdite del risonatore, dovute, per esempio, alla trasmissione dello specchio semiriflettente, peraltro essenziale per il funzionamento del dispositivo. La condizione di 'autosostentamento' si realizza quando il guadagno netto, ottenuto nel passaggio attraverso il materiale attivo, uguaglia le perdite del risonatore. Al di sopra della soglia di sostentamento sarà pertanto possibile estrarre parte della radiazione attraverso lo specchio semiriflettente.
Resta a questo punto da vedere come si riesce a generare un'inversione di popolazione. Di solito è ottenuta utilizzando tre o più livelli. Molto sinteticamente, il principio di funzionamento del laser a tre livelli può essere compreso con riferimento alla fig. 4A. Con vari metodi, detti di pompaggio, è possibile portare gli atomi del materiale dal livello 1 al livello 3. Se gli atomi nel livello 3 decadono rapidamente al livello 2 si può ottenere un materiale attivo con inversione di popolazione fra il livello 2 e il livello 1. Nel laser a quattro livelli (fig. 4B) si hanno due livelli, nel caso specifico 1 e 3, a decadimento rapido. Gli atomi al livello 0 vengono pompati al livello 3, dal quale decadono rapidamente al livello 2. La luce laser viene emessa nel decadimento dal livello 2 al livello 1, dal quale gli atomi decadono rapidamente al livello 0. L'attivazione del materiale mediante un processo di pompaggio può essere realizzata in vari modi. A titolo di esempio ricordiamo il pompaggio ottico che si realizza illuminando il materiale con la luce sufficientemente intensa di una lampada o di un altro laser. La frazione della luce della lampada che è emessa alla frequenza di pompaggio, (E3−E1)/h o (E3−E0)/h a seconda che si tratti di un laser a tre o a quattro livelli, è assorbita dal materiale e costituisce la frazione utile al pompaggio.
A differenza della radiazione emessa da un corpo a una certa temperatura T che presenta uno spettro continuo, la radiazione emessa da un laser è monocromatica, vale a dire è caratterizzata da una ben determinata frequenza che è legata dalla relazione ν=(E2−E1)/h alla differenza d'energia (E2−E1) tra i due livelli fra i quali si ha inversione di popolazione. Tuttavia la proprietà più caratteristica della luce laser è la sua 'coerenza', ossia il fatto di avere una fase ben determinata, costante, nello stesso punto, fra due istanti diversi (coerenza temporale) e costante, nello stesso istante, fra due punti diversi del fronte d'onda (coerenza spaziale).
Come appena osservato, i laser sono essenzialmente basati sul processo di emissione stimolata. Questo fenomeno venne predetto da Albert Einstein nel 1917. Passarono tuttavia quasi quarant'anni prima che ci si potesse rendere conto del fatto che, in condizioni di non equilibrio termodinamico, fosse possibile produrre amplificazione e generazione coerente di radiazione elettromagnetica sfruttando appunto tale fenomeno.
Trascurando considerazioni teoriche o evidenze sperimentali precedenti, non sufficientemente chiare o documentate, una delle prime proposte in questa direzione è reperibile in alcuni lavori di Nikolai Gennadievich Basov e Aleksandr Mikhailovich Prokhorov, dell'Istituto Lebedev di Mosca, nei quali sono pubblicati la proposta e i calcoli dettagliati per un oscillatore a microonde basato sull'emissione stimolata (Basov e Prokhorov 1954, 1955). Contemporaneamente, nel 1954, Charles H. Townes e collaboratori, all'Università della Columbia, riuscirono per primi a far funzionare un generatore di questo tipo usando, come specie emettitrice, un fascio molecolare di ammoniaca opportunamente preparato (Gordon et al. 1955). Townes, che aveva iniziato i suoi lavori secondo queste linee già nel 1951, coniò il nome maser. Per questi contributi fondamentali, Basov, Prokhorov e Townes hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 1964. Il maser può considerarsi il più vicino precursore del laser.
L'estensione del principio del maser alla regione visibile o del vicino infrarosso dello spettro elettromagnetico fu proposta nel 1958 da Arthur L. Schawlow (Bell telephone laboratories) e Townes (Schawlow e Townes 1958). Va comunque osservato che alcune delle idee fondamentali del laser sono reperibili in un quaderno di laboratorio, regolarmente vidimato presso un notaio, appartenente a Gordon Gould, all'epoca dottorando presso l'Università della Columbia. Di fatto, a seguito di una battaglia legale durata quasi vent'anni, l'Ufficio brevetti degli Stati Uniti ha attribuito a Gould, nel 1977, parecchi diritti relativi all'invenzione del laser. In particolare, la parola laser compare per la prima volta proprio nel citato quaderno. Il lavoro di Gould, tuttavia, non fu mai pubblicato e pertanto le corrispondenti idee e proposte non furono rese disponibili alla comunità scientifica. Per contro, il lavoro di Schawlow e Townes ebbe un impatto enorme. Uno degli aspetti più stimolanti di questo studio fu il calcolo, per un sistema di tipo generale, del minimo tasso di eccitazione di atomi o molecole necessario a produrre un guadagno netto nel materiale attivo.
Un secondo aspetto importante riguardava la proposta di un risonatore aperto, costituito da due specchi piani e paralleli affacciati (risonatore di Fabry-Perot), per intrappolare la radiazione emessa. Rispetto a un risonatore di tipo chiuso, comune nel campo delle microonde, in un risonatore aperto i modi di risonanza a bassa perdita sono fortemente ridotti soltanto a quelli corrispondenti a onde elettromagnetiche che si propagano in direzione quasi ortogonale agli specchi. La stessa proposta fu anche avanzata, indipendentemente e quasi contemporaneamente, da Prokhorov per realizzare un generatore basato sull'emissione stimolata nel campo delle onde millimetriche.
Come già osservato, la proposta di Schawlow e Townes fu ritenuta molto interessante da numerosi gruppi di ricerca, sia in campo accademico sia industriale, i quali iniziarono così un'intensa attività per produrre azione laser in un opportuno materiale. Il primo laser della storia fu quindi realizzato circa due anni dopo (giugno 1960) da Theodore H. Maiman dei laboratori Hughes (Maiman 1960). Egli usò una barretta di rubino (Cr in Al2O3, in cui lo ione Cr3+ sostituisce lo ione Al3+ in alcuni punti del reticolo, tipicamente nello 0,05% dei casi) come materiale attivo e una lampada flash a elevata brillanza, come sorgente di eccitazione. Le due facce terminali della barretta di rubino furono rese piane e parallele e opportunamente ricoperte in modo da costituire i due specchi del risonatore di Fabry-Perot. L'avvenuta osservazione dell'emissione stimolata fu dimostrata dalla riduzione della vita media e della banda di emissione della fluorescenza. Qualche mese più tardi, presso i laboratori della Bell telephone, Schawlow e collaboratori osservarono anch'essi un'emissione laser mediante un apparato sperimentale simile a quello di Maiman; inoltre, essi furono i primi a notare alcune proprietà fondamentali di un fascio laser, quali la direzionalità, la coerenza e le oscillazioni di rilassamento. Alcuni mesi più tardi, sempre nel 1960, Peter P. Sorokin e collaboratori, presso il Centro di ricerche della IBM, riuscirono a far funzionare altri due laser con materiale attivo allo stato solido (U3+ e Sm2+ in CaF2) e con eccitazione mediante una lampada flash. Qualora raffreddati alla temperatura dell'azoto liquido, ambedue questi laser operavano in base al principio del laser a quattro livelli (mentre il rubino lavora in base al principio del laser a tre livelli) e quindi richiedevano circa due ordini di grandezza meno di energia da parte della lampada flash.
L'ultimo risultato di estremo rilievo, in questi sviluppi iniziali, fu ottenuto nel dicembre dello stesso anno da parte di Ali Javan, presso i laboratori Bell; egli fece funzionare il primo laser che utilizzava una miscela gassosa di elio e neon eccitata da una scarica elettrica in corrente continua (Javan 1961). Il materiale attivo, che produceva cioè l'emissione stimolata, era il neon mentre l'elio era aggiunto per migliorare il processo di eccitazione del neon mediante il fenomeno di trasferimento risonante di energia, già proposto e studiato dallo stesso Javan nel 1959. Rispetto a quelli precedentemente descritti, questo laser presentava alcuni aspetti nuovi e particolarmente importanti per gli sviluppi futuri. Si trattava infatti del primo laser a gas, a funzionamento continuo, ed eccitato mediante una scarica elettrica, piuttosto che otticamente. Alla fine del 1960 era pertanto chiaro che i tipi di laser potessero essere molto diversi: la porta ai futuri sviluppi dei laser era dunque aperta.
Laser a semiconduttore
Il principio di funzionamento di un laser a semiconduttore può essere spiegato con l'aiuto della fig. 5, dove, per un materiale a gap diretto, vengono indicate le bande di valenza (V) e di conduzione (C). Riferendoci per semplicità alla temperatura T≅0K, si vede dalla fig. 5A che, all'equilibrio termodinamico, tutti gli elettroni occupano la banda di valenza (ombreggiata) mentre la banda di conduzione (non ombreggiata) risulta priva di elettroni. Sotto opportuna eccitazione, di solito elettrica, è possibile portare elettroni in banda di conduzione; essi andranno quindi a occupare la parte più bassa di questa banda (ombreggiata nella fig. 5B), lasciando la parte più alta della banda di valenza priva di elettroni e quindi occupata da buche (parte non ombreggiata della figura). In questo caso, l'emissione stimolata avviene a seguito della ricombinazione fra un elettrone eccitato in banda di conduzione e la (corrispondente) buca in banda di valenza (radiazione di ricombinazione stimolata). Da un punto di vista ingegneristico, un laser a semiconduttore è quasi sempre costituito da un diodo p-n (o p-i-n) polarizzato direttamente, come schematicamente indicato nella fig. 6. La zona attiva (zona tratteggiata nella figura) è costituita da una sottile striscia fra la zona p e la zona n e l'emissione laser avviene nella direzione più allungata di questa striscia.
Da un punto di vista storico, la possibilità di ottenere azione laser in un semiconduttore fu considerata fin dall'inizio in particolare da Basov. Tuttavia, le proposte iniziali furono avanzate senza tenere nel dovuto conto le proprietà del materiale richiesto. Di fatto, durante la seconda conferenza sulla elettronica quantistica tenuta a Berkeley nel 1961, l'attenzione era ancora rivolta verso semiconduttori a gap indiretto quali il germanio e il silicio. Solo circa un anno dopo divenne infatti chiaro che non era possibile ottenere azione laser in questi materiali a causa, essenzialmente, dell'elevato valore dell'assorbimento da portatori liberi. Contemporaneamente, divenne evidente che questa difficoltà è molto meno rilevante in semiconduttori a gap diretto.
Fu così che i candidati più probabili divennero i semiconduttori a gap diretto del tipo III-V e, in particolare, l'arseniuro di gallio (GaAs). Tali materiali, infatti, avevano subito, negli stessi anni, uno sviluppo molto intenso allo scopo di realizzare diodi tunnel di tipo p-n. Non deve pertanto sorprendere il fatto che l'azione laser in un diodo p-n, polarizzato direttamente, fu annunciata quasi contemporaneamente da quattro gruppi di ricerca negli Stati Uniti; tre di essi usavano GaAs come materiale attivo, con oscillazione nell'infrarosso, mentre il quarto usava (GaAs)P, con oscillazione nel visibile (Hall 1962; Nathan 1962; Quist 1962; Holonyak e Bevacqua 1962).
A partire dal 1962 i laser a semiconduttore hanno subito uno sviluppo scientifico e tecnologico davvero impressionante. Una pietra miliare in questo sviluppo è rappresentata dall'introduzione nel 1968 del laser a singola eterogiunzione, seguito immediatamente dal laser a doppia eterostruttura (Alferov 1969; Hayashi 1969). In quest'ultimo caso, il materiale attivo è costituito da uno strato molto sottile (0,1 μm ca.) a indice di rifrazione più elevato e con gap di energia più basso (per es., GaAs), ed è contenuto fra due strati di tipo p e n rispettivamente, di materiale a indice di rifrazione più basso e con gap più elevato (per es., (AlGa)As). A differenza dei laser originari a omogiunzione p-n, l'azione laser risulta ora fortemente confinata nel materiale attivo (GaAs), con conseguente forte aumento del guadagno netto e forte riduzione delle perdite dovute ad assorbimento da portatori liberi. Queste circostanze hanno consentito una notevole riduzione, di oltre due ordini di grandezza, della densità di corrente richiesta per produrre azione laser; i laser a semiconduttore hanno potuto in tal modo operare in funzionamento continuo a temperatura ambiente, aprendo una vasta gamma di applicazioni (in particolare nel campo delle comunicazioni ottiche, quali lettori di dischi ottici e sorgenti di eccitazione per laser a stato solido). Il progetto di un laser a doppia eterostruttura e i possibili vantaggi relativi al suo impiego erano già stati chiaramente delineati da Herbert Kroemer fin dal 1963 in un lavoro che, date le possibilità tecnologiche di quell'epoca, non poté avere alcuna realizzazione sperimentale (Kroemer 1963). Per questi contributi fondamentali alla realizzazione dei laser a doppia eterostruttura Alferov e Kroemer hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica nell'anno 2000.
Una seconda pietra miliare in questo sviluppo è rappresentata dalla introduzione dei laser a confinamento quantico. In essi una, due o tutte e tre le dimensioni del materiale attivo vengono rese paragonabili alla cosiddetta lunghezza d'onda di de Broglie degli elettroni (pari a 10 nm ca.). Nel caso dei cosiddetti 'pozzi quantici', per esempio, il materiale attivo si presenta come un sottilissimo strato (di spessore 10 nm ca., appunto) fra i due strati di tipo p e n (Dupuis 1978). Rispetto ai laser a doppia eterostruttura, i laser a pozzi quantici hanno consentito una ulteriore riduzione, di circa un ordine di grandezza, della densità di corrente di soglia; tutti i laser attualmente disponibili in commercio sono di questo tipo. Ci si aspetta infine una ulteriore riduzione della densità di corrente con l'introduzione dei laser a fili quantici, nei quali la dimensione trasversale del filo è ancora di 10 nm ca., e dei laser a punti quantici, con il materiale attivo confinato nelle tre dimensioni ancora a 10 nm circa.
Laser a stato solido
L'invenzione, nel 1960, del laser a rubino (Cr3+ in Al2O3) e dei laser basati su U3+ e Sm2+ stimolò un'attività di ricerca e sviluppo molto intensa per ottenere nuovi materiali attivi a stato solido, nei quali cioè l'elemento attivo fosse costituito da ioni di impurezze in cristalli ionici o in vetri. Divenne presto chiaro che ottimi candidati fossero costituiti da ioni di elementi appartenenti alle serie di transizione della tabella periodica (come appunto accade nel caso di Cr, U, e Sm). La ragione di questa circostanza può facilmente essere spiegata ricordando che la minima potenza Ps necessaria per eccitare il materiale attivo e portarlo alla soglia di oscillazione è data da
dove νp è la frequenza della transizione di eccitazione, γ è la perdita di energia per passaggio nel risonatore, A è l'area del materiale attivo, σ è la sezione trasversale della transizione dal livello 2 al livello 1 e τ è la vita media della transizione stessa. Dalla [1] appare evidente che buoni candidati per mostrare azione laser, cioè con bassa soglia di eccitazione, sono costituiti da quei materiali che posseggono valori elevati del prodotto στ. Elementi delle serie di transizione, nelle loro transizioni fra livelli energetici delle orbite interne, posseggono, di fatto, valori elevati di questo prodotto. Le due serie di transizione di maggiore interesse per la tecnologia laser riguardano le 'terre rare' e i metalli di transizione. Della prima serie considereremo i laser a Nd e Yb, mentre della seconda serie esamineremo solo il laser a Ti (oltre al già menzionato Cr del laser a rubino).
Nel caso del laser a Nd, il materiale attivo è costituito da Nd3+ in un opportuno cristallo o in vetri silicati o fosfati. Un cristallo tipico è rappresentato da Y3Al5O12, detto comunemente YAG (yittrium aluminum garnet), in cui lo ione Nd3+ sostituisce lo ione Y3+ in alcuni punti del reticolo, con una percentuale tipica dell'1%. Il materiale attivo può essere eccitato o mediante una intensa lampada, impulsata o in continua, o attraverso l'emissione di laser a semiconduttori che emettono radiazioni alla lunghezza d'onda di 800 nm ca. Poiché il laser Nd in cristalli YAG può funzionare, a temperatura ambiente, secondo lo schema del laser a quattro livelli, esso presenta una bassa soglia di oscillazione e può inoltre emettere fasci di uscita con potenza ragguardevole (qualche kW in funzionamento continuo). Esso è pertanto diventato il più importante laser a stato solido, anche se ora la sua supremazia è insidiata dal laser a Yb3+ in YAG pompato da diodi a semiconduttore alla lunghezza d'onda di 940 nm. Ambedue i laser emettono circa alla stessa lunghezza d'onda (1 μm ca.); il vantaggio del laser a Yb:YAG deriva da un miglior uso della radiazione di pompaggio dei laser a semiconduttore, poiché utilizza una lunghezza d'onda di eccitazione più lunga (940 contro 800 nm) e quindi fotoni meno energetici.
Il laser a Ti in zaffiro utilizza ioni Ti3+ nel cristallo ionico Al2O3 (zaffiro). Lo ione Ti3+ sostituisce lo ione Al3+ in alcuni punti del reticolo cristallino dello zaffiro, con una percentuale tipica dello 0,1%. L'importanza del laser a Ti in zaffiro deriva essenzialmente dalla sua elevatissima banda di guadagno (Δλ≅400 nm, corrispondente a una banda in frequenza di Δν≅100 THz) la più elevata fra tutti i laser. Una banda così elevata comporta, da un lato, un'ampia accordabilità di questo laser e, dall'altro lato, circostanza molto più importante, la possibilità di generare impulsi di luce (mediante la tecnica mode-locking) estremamente brevi (pari circa all'inverso della banda di oscillazione, ossia circa 5×10−15 s=5 fs). Impulsi così brevi sono ora molto utilizzati per studi di dinamica ultrarapida di molecole d'interesse biochimico o biofisico. La ragione dell'ampia accordabilità del laser a Ti in zaffiro deriva essenzialmente dal fatto che lo ione Ti3+ possiede un solo elettrone nel suo orbitale più esterno (3d). I livelli energetici di questo elettrone sono quindi fortemente influenzati dal campo cristallino degli ioni vicini (ioni O2−). La transizione fra lo stato superiore (2E) e quello inferiore (2T2) di questo elettrone risulta quindi fortemente allargata dalla vibrazione del cristallo, poiché questa produce una modulazione della distanza fra lo ione Ti3+ e gli ioni vicini O2−.
A conclusione di questa breve descrizione dei più importanti laser a stato solido è forse opportuno, da un punto di vista storico, osservare che mentre il laser a Nd:YAG è stato introdotto nel 1961, i laser a Yb e Ti sono stati realizzati a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, quasi trent'anni dopo. Tale circostanza deriva dal fatto che la potenza di eccitazione necessaria per questi due laser risulta circa due ordini di grandezza superiore rispetto al Nd:YAG, essenzialmente a causa del più basso valore del prodotto στ rispetto a quello del Nd [1]. Questi laser hanno potuto quindi ben svilupparsi solo mediante eccitazione da parte di altri laser e, in particolare, di quelli a semiconduttore di potenza, tecnica introdotta e sviluppata appunto nel periodo citato.
Laser a CO2
Il laser a CO2 è la sorgente più importante fra quelle che sfruttano transizioni fra stati rotazionali appartenenti a due diversi stati vibrazionali di una molecola in miscela gassosa (laser rotazionali-vibrazionali). Questi laser appartengono alla categoria dei laser a gas molecolari e oscillano tutti nel medio infrarosso. Altri laser a gas, di rilievo commerciale, sono il già citato laser a He-Ne, appartenente alla categoria dei laser a gas atomici neutri e oscillante su una transizione corrispondente al colore rosso, e il laser ad Ar ionizzato, appartenente alla categoria dei laser a gas ionizzati e oscillante sul blu e sul verde.
Il laser a CO2, inventato agli inizi del 1964 da C. Kumar N. Patel e collaboratori, emette nel medio infrarosso alla lunghezza di 10,6 μm. Esso usa una miscela di CO2, N2 e He in cui la molecola di CO2 rappresenta la specie attiva mentre N2 e He sono aggiunti per migliorare l'efficienza. La transizione laser avviene fra il primo stato eccitato della vibrazione asimmetrica e il primo stato eccitato della vibrazione simmetrica della molecola di CO2. Escludendo i laser per applicazioni militari, di cui per brevità non parleremo, essenzialmente basati su una reazione chimica esoenergetica (laser chimici), il laser a CO2 costituisce la sorgente in funzionamento continuo più potente fra quelle attualmente disponibili (le potenze d'uscita di laser commerciali raggiungono qualche decina di kW). Di fatto, in meno di due anni (1965), Patel riuscì a riportare in letteratura il raggiungimento di una potenza d'uscita di 100 W, valore veramente impressionante per quell'epoca. Non deve perciò meravigliare che questo tipo di laser fu sottoposto a un lavoro intenso di sviluppo per circa dieci anni a partire dal 1965; ciò consentì di realizzare diversi tipi di laser a CO2 e di raggiungere valori incredibili di potenza d'uscita (oltre 100 kW nel laser gasdinamico, non reperibile in commercio). Di fatto, furono sviluppate e sono tuttora utilizzate diverse configurazioni nelle quali il flusso della miscela gassosa e quello della scarica avvengono nella direzione longitudinale del risonatore laser, o in direzione a essa ortogonale, e nelle quali la scarica elettrica può essere prodotta da un generatore in corrente continua, da uno a radiofrequenza oppure da uno impulsato.
Il laser a CO2 è tuttora ampiamente utilizzato soprattutto come laser di potenza per applicazioni industriali.
Laser a colorante organico
Esiste un'ampia varietà di coloranti che, qualora sciolti in un ben preciso solvente ed eccitati da luce con opportuna lunghezza d'onda, mostrano una fluorescenza molto intensa. Appare pertanto naturale considerare questi coloranti come buoni candidati per azione laser. Rispetto ad altri laser (laser a Nd o laser a gas), tuttavia, lo sviluppo di quelli a colorante iniziò alquanto più tardi (Sorokin e Lankard 1966; Schäfer 1966). La ragione principale è ancora una volta da rintracciare nel fatto che il prodotto στ per questi emettitori è tipicamente 50 volte più basso rispetto a quello, per esempio, del Nd:YAG. Sulla base della [1], ciò comporta un valore della potenza di eccitazione Ps maggiore di circa due ordini di grandezza. Questo spiega perché i laser a colorante funzionano in regime continuo solo mediante eccitazione di un altro laser (mentre possono funzionare a impulsi anche per eccitazione mediante lampada flash). I laser a colorante, oltre a costituire la categoria più interessante di laser a liquidi, presentano il principale vantaggio di un'ampia accordabilità in lunghezza d'onda (in tutto il visibile fino al vicino ultravioletto, da un lato, e fino al vicino infrarosso, dall'altro). Questa accordabilità è ottenibile cambiando tipo di colorante; a causa della banda di guadagno relativamente elevata (Δλ=25÷50 nm) un'accordabilità più modesta è invece ottenibile dallo stesso colorante utilizzando tecniche opportune. I laser a colorante sono pertanto ancora utilizzati per applicazioni spettroscopiche e per generare impulsi con durata di qualche centinaio di femtosecondi (mediante la citata tecnica di mode-locking). La difficoltà principale di questi laser deriva dal dover gestire una soluzione liquida circolante e dal degrado, nel tempo, della soluzione stessa. Questi laser tendono pertanto a essere superati dai cosiddetti laser a stato solido accordabili, di cui il Ti in zaffiro sopra ricordato rappresenta uno degli esempi più importanti e il cui sviluppo, come già osservato, è avvenuto a partire dagli inizi degli anni Novanta.
Laser a eccimeri
Un eccimero consiste di una molecola (dimerica) che esiste solo nello stato eccitato. In termini della distanza fra le due specie atomiche, le energie dello stato superiore (legato) e dello stato inferiore (non legato) possono pertanto essere rappresentate come nella fig. 8. I laser a eccimeri utilizzano la transizione fra questi due stati; trattandosi di transizioni elettroniche, la lunghezza d'onda di emissione cade tipicamente nell'ultravioletto. Il primo laser di questa categoria utilizzò la molecola eccitata Xe*2 (Basov et al. 1971).
La classe più importante di laser a eccimeri utilizza molecole di alogenuri di gas nobili (per es., KrF* o ArF*, dove l'asterisco indica stato eccitato), introdotti per la prima volta da alcuni gruppi di ricerca americani nel 1975. Si noti che un alogenuro di gas nobile risulta stabile nello stato eccitato, poiché un gas nobile eccitato è chimicamente simile all'elemento alcalino che lo segue nella tabella periodica e gli elementi alcalini reagiscono violentemente con gli alogeni. Si noti anche che, a rigore, questi laser non dovrebbero essere chiamati eccimeri, poiché utilizzano molecole costituite da due specie diverse (cioè non dimeriche).
I laser a eccimeri basati su alogenuri di gas nobili sono tuttora ampiamente usati per le applicazioni nelle quali sia richiesta una sorgente intensa e potente di radiazione ultravioletta (per es., fotolitografia UV di circuiti integrati, correzione dei difetti visivi in oculistica).
Laser a raggi X
Ottenere oscillazione coerente nel dominio dei raggi X rappresenta un problema molto difficile la cui soluzione è stata a lungo perseguita a partire dagli inizi degli anni Ottanta. La principale ragione di questa difficoltà può essere di nuovo compresa mediante l'equazione [1]. Alle elevate frequenze ν corrispondenti al dominio dei raggi X, la vita media τ della transizione dipende essenzialmente dalla emissione spontanea, ed è pertanto proporzionale a 1/ν3, mentre la sezione trasversale della transione σ diventa proporzionale a 1/ν2. Assumendo νp≅ν nella [1], si vede allora che Ps risulta proporzionale a ν6; passando quindi, per esempio, dal centro del visibile (λ≅500 nm) all'inizio dei raggi X molli (λ=40 nm), la frequenza aumenta di oltre un ordine di grandezza e la potenza di eccitazione richiesta aumenta di circa 6 ordini di grandezza.
Esistono due tecnologie principali per realizzare laser a raggi X: (1) Mediante focalizzazione di impulsi laser di elevatissima energia (qualche kJ) e di breve durata (qualche ns) su un sottile foglio di materiale opportuno (per es., Se) e di cui si produce l'esplosione (tecnica del foglio che esplode). Si forma così un plasma altamento ionizzato che costituisce quindi l'elemento attivo (per es., ione Se24+ che emette alla lunghezza d'onda di 21 nm ca.; Matthews 1985). (2) Mediante un laser a elettroni liberi (FEL), progettato con parametri dell'energia del fascio di elettroni di eccitazione e del passo dell'ondulatore tali da produrre emissione nel dominio dei raggi X (Andruskow et al. 2000).
Nei due casi menzionati, si tratta in realtà di emettitori nel dominio dei raggi X molli o nell'ultravioletto da vuoto nei quali, per mancanza di specchi efficaci a queste lunghezze d'onda, l'emissione avviene secondo il fenomeno della amplified spontaneous emission (ASE). Inoltre, le sorgenti di eccitazione, cioè i laser di elevata energia o la macchina acceleratrice di elettroni, richiedono lo sviluppo di apparati complessi e costosi. Questi emettitori a raggi X sono stati pertanto sviluppati solamente in pochi laboratori in campo internazionale.
A oltre quarant'anni dalla loro invenzione i laser costituiscono tuttora oggetto di intenso sviluppo e sono sempre più usati sia in campo scientifico sia applicativo.
Nell'ambito delle sorgenti laser, un argomento attuale di ricerca è costituito dallo sviluppo di laser con impulsi di durata di decine di femtosecondi (1 fs=10−15 s) e dall'utilizzazione di questi impulsi per studi di dinamica molecolare relativi a materiali di interesse fisico, chimico e biochimico. Da notare a questo riguardo che, nel 1999, è stato conferito il premio Nobel per la chimica ad Ahmed H. Zewail per i suoi studi sugli stati di transizione di reazioni chimiche mediante la spettroscopia a femtosecondi. Negli ultimi anni, per produrre impulsi a femtosecondi, è stato particolarmente sviluppato il laser a titanio in zaffiro la cui banda di oscillazione risulta la più larga fra quelle dei materiali laser (circa 100 THz). Con questo laser operante in regime di mode-locking è possibile infatti generare impulsi di durata breve fino a 5 fs. Più comunemente vengono generati impulsi con durata pari a una ventina di fs; essi sono quindi inviati in opportuni amplificatori ottici realizzando impulsi amplificati con potenze di picco estremamente elevate (fino a circa 100 TW; 1 TW=1012 W). Impulsi amplificati di elevata energia possono quindi essere compressi fino a durate dell'ordine di alcuni femtosecondi (attualmente 3,8 fs) corrispondenti a qualche ciclo della radiazione elettromagnetica visibile. La focalizzazione di impulsi così intensi e di così breve durata in un getto di gas nobile, con spessore inferiore a 1 mm, consente la generazione di armoniche di ordine elevato (fino a circa la centesima armonica) della frequenza fondamentale del laser; è possibile in tal modo generare impulsi di radiazione X soffice con energia fino a circa 100 eV e con durata di qualche centinaio di attosecondi (1 as=10−18 s). Questi impulsi consentono ora, per la prima volta, di studiare la dinamica di elettroni legati in atomi o molecole. Infine, impulsi di luce di elevatissima potenza di picco (da 20 TW a 1 PW; 1 PW=1015 W), se focalizzati con sistemi ottici opportuni, possono produrre intensità di picco nel punto di fuoco estremamente elevate (oltre 1018 W/cm2). L'interazione di questi fasci focalizzati con opportuni gas produce quindi tutta una serie di nuovi fenomeni di tipo relativistico dall'accelerazione di elettroni, con gradiente di energia di circa 1 GeV/m, alla realizzazione di condizioni di temperatura e pressione molto simili a quelle che si trovano normalmente nelle stelle (si crea cioè una 'astrofisica di laboratorio').
Nel campo delle applicazioni scientifiche, i laser sono stati e sono tuttora utilizzati per studi di spettroscopia lineare e non-lineare di atomi e molecole. In questa maniera è possibile ottenere informazioni molto precise su alcune loro caratteristiche fisiche e su costanti fisiche fondamentali. Inoltre, utilizzando l'elevata intensità disponibile, è possibile mettere in evidenza una serie di effetti che trascendono il campo normale dell'ottica lineare e vengono pertanto classificati come effetti ottici non-lineari. Per i loro fondamentali lavori nel campo della spettroscopia laser e dell'ottica non-lineare, Schawlow e Nicolaas Bloembergen ricevettero nel 1981 il premio Nobel per la fisica.
Un altro argomento di ricerca molto affascinante consiste nell'uso di laser in funzionamento continuo e con elevata purezza spettrale per raffreddare atomi fino a valori molto vicini alla temperatura di 0 K. La tecnica utilizza fasci laser per raffreddare gli atomi (raffreddamento Doppler) e un opportuno campo magnetico per intrappolarli (trappola magnetica). Atomi raffreddati in questa maniera possono raggiungere temperature di circa un milionesimo di grado sopra lo zero e possono essere utilizzati per spettroscopia ultra precisa, per orologi atomici e per studi di interferenza delle particelle intrappolate (interferometria di atomi). Per lo sviluppo di metodi per raffreddare e intrappolare atomi mediante luce laser il premio Nobel 1997 per la fisica fu assegnato a Steven Chu, Claude Cohen-Tannoudji e William D. Phillips.
Utilizzando le tecniche appena descritte è infine possibile mantenere atomi a temperature ancora più prossime allo zero assoluto (fino a circa 50 miliardesimi di grado sopra lo zero) aggiungendo un nuovo ingrediente: il raffreddamento evaporativo. Con tecniche opportune, si fanno evaporare gli atomi più caldi contenuti nella trappola magnetica lasciando nella stessa soltanto quelli più freddi. In questa maniera, utilizzando atomi di tipo bosonico, ossia con spin intero, è possibile fare in modo che tutti gli atomi della trappola condensino in un unico stato quantistico. Per la realizzazione della condensazione di Bose-Einstein in gas diluiti di atomi alcalini e per i primi studi fondamentali delle proprietà dei condensati il premio Nobel 2001 per la fisica è stato attribuito a Eric A. Cornell, Wolfgang Ketterle e Carl E. Wieman.
Anche in campo applicativo i laser si prestano, con le loro caratteristiche di versatilità, a una grande varietà di utilizzazioni. Le applicazioni più rilevanti riguardano la ICT (information and communication technology), il campo manufatturiero e la medicina. Nel settore della ICT, una prima applicazione molto importante riguarda le comunicazioni ottiche; in questo caso, impulsi prodotti da laser a semiconduttore con lunghezza d'onda opportuna (oggigiorno intorno a 1550 nm) sono instradati lungo fibre ottiche per convogliare messaggi codificati sotto forma digitale. In questo modo è possibile inviare messaggi con elevatissima cadenza di cifra (fino a 1 Tbit/s; 1 Tbit/s=1012 bit/s). Laser a semiconduttore con lunghezza d'onda nel visibile (attualmente 670 nm, corrispondente al colore rosso, in futuro 417 nm, nel blu), opportunamente focalizzati, sono invece usati per scrivere o leggere informazioni codificate su dischi ottici. È possibile così realizzare una densità superficiale, di scrittura e lettura, estremamente elevata (fino a 108 bit/cm2, e anche oltre) utilizzando mezzi agevoli e versatili (per es., i lettori di CD o di DVD). Infine, laser a semiconduttore nel rosso sono molto utilizzati per la lettura dei codici a barre, ormai comuni su una grande varietà di prodotti, sia nel settore del largo consumo sia in quello industriale. In campo manufatturiero, laser con potenza di qualche kW, a CO2 o a Nd:YAG, sono utilizzati principalmente per il taglio, la saldatura, la marcatura e il trattamento termico di materiali metallici. Il vantaggio dell'uso del laser è costituito dalla precisione e dall'elevata velocità di lavorazione nonché dalla flessibilità del sistema di lavorazione. Infine, laser di bassa potenza, a He-Ne o a semiconduttore, sono spesso utilizzati per misure dimensionali e dello stato superficiale di manufatti.
In campo medico, l'oculistica ha saputo utilizzare al meglio le potenzialità del laser. In questa specialità sono utilizzati diversi tipi di laser per il trattamento sia del segmento posteriore dell'occhio, in particolare per la fototerapia della retina, sia del segmento anteriore, in particolare per la cosiddetta foto-rottura della cataratta secondaria, sia della superficie della cornea, per la correzione dei difetti visivi. In tutti questi casi, il vantaggio del laser è rappresentato dalla estrema precisione dell'intervento, effettuato sotto controllo microscopico, circostanza che salvaguarda al massimo la funzionalità dell'organo. Un'altra importante applicazione del laser è in dermatologia. Anche in questo caso si fa uso di diversi tipi di laser per la distruzione di patologie benigne della pelle quali angiomi cutanei piani e teleangectasie, e per rimuovere lesioni pigmentarie e tatuaggi non più voluti. Il vantaggio è rappresentato dalla possibilità di interagire prevalentemente col bersaglio da distruggere lasciando il più possibile intatto il tessuto circostante (processo di fotodermolisi selettiva). Infine, convogliando il fascio di laser opportuni attraverso una fibra ottica inserita in un endoscopio, è possibile raggiungere quasi tutti gli organi interni del corpo umano, quali i bronchi, lo stomaco, l'esofago, il colon, la vescica, i reni, il cuore; è possibile così effettuare operazioni endoscopiche di fototerapia, per esempio di tessuti tumorali, di fotocoaugulazione, per esempio di ulcere sanguinanti, di fotorottura, per esempio di calcoli. Il vantaggio principale, in questo caso, è rappresentato dalla scarsa invasività dell'intervento oltre che dalla precisione dell'intervento stesso.
Conclusioni
Come si può vedere da questa breve rassegna relativa all'invenzione e allo sviluppo dei laser, i tipi di materiale attivo e i principî di realizzazione di ciascun tipo di laser, a partire dalla idea generale dell'emissione stimolata, sono molto diversi tra loro. Queste differenze e le corrispondenti difficoltà associate con la loro realizzazione tecnica possono spesso spiegare le storie diverse che ciascun tipo di laser ha avuto. Tuttavia, le notevoli differenze sia nel principio di funzionamento, sia in termini di caratteristiche del fascio d'uscita (lunghezza d'onda e potenza per laser in corrente continua; lunghezza d'onda, energia, durata degli impulsi e loro cadenza di ripetizione per laser impulsati) costituiscono uno degli aspetti più affascinanti dei laser; esse inoltre spiegano la grande varietà di applicazioni, in campo sia scientifico sia tecnologico, nelle quali queste sorgenti sono attualmente utilizzate.
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