La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Laconia
Regione (gr. Λακωνική, Λακεδαιμονία, Λάκαινα, Λακωνία; lat. Laconia, Laconice) che occupa la porzione sud-orientale del Peloponneso compresa tra l’Arcadia a nord, la Messenia a ovest e l’Egeo a est e a sud, nel quale si allungano le penisole di Melea (più orientale) e quella del Taigeto (più a occidente) che termina con l’antico Capo Tenaro. La regione è caratterizzata dalla presenza dei sistemi montuosi del Parnone e del Taigeto, separati tra loro dalla valle dell’Eurota, il fiume che sfocia nel Golfo di Laconia; qui, grazie alla favorevole conformazione della costa, si trova una serie di porti già attivi in antico come Boiai (Neapolis), Asopòs (Xyli), Akriai (Kokkina), Ghytion.
I primi segni di sviluppo urbano si datano durante l’Antico e il Medio Elladico; nel Tardo Elladico (TE) I e II fanno la loro comparsa nella regione alcuni potentati micenei la cui aristocrazia ha lasciato tracce della propria ricchezza nelle monumentali tombe a tholos con ricchi corredi (Vaphiò, Analepse, Kambos, Palaiochori, Pellana). Lo sviluppo dei centri micenei si deve soprattutto alle attività industriali e commerciali che sembrano aver caratterizzato la regione, come l’estrazione e il commercio del lapis Lacedaemonius e del rosso antico. Tra il TE IIIA (1400-1300 a.C.) e il TE IIIB (1300-1200 a.C.) gli insediamenti micenei, tra cui spicca quello del Menelaion, raggiungono la massima espansione; tuttavia il mancato rinvenimento di un palazzo miceneo, solo ipoteticamente identificato con la Dawkins House del Menelaion, e di tavolette in lineare B rendono molto difficile fare ipotesi sull’organizzazione del territorio in questo periodo. Nella valle dell’Eurota durante il TE III si notano i primi segni di occupazione del sito di Sparta e nel TE IIIB del santuario dell’Amyklaion, ma già alla fine del periodo (1200 a.C.) alcuni siti, tra cui quello del Menelaion, cadono in disuso; nella fase successiva (TE IIIC) la zona è caratterizzata da una notevole contrazione degli insediamenti che testimonia una forte crisi economica, anche se l’abbandono non è generalizzato e in alcuni casi si trovano segni di continuità o di rioccupazione come per una tholos scoperta a Spartia (Arna) che si data nel TE IIIC e che ha restituito anche fibule geometriche. La tradizione antica che per il periodo successivo alla caduta dei regni micenei parla diffusamente delle invasioni doriche nel Peloponneso meridionale, assegnava questa parte del Peloponneso all’Eraclide Aristodemo.
In Laconia il periodo protogeometrico e geometrico è scarsamente testimoniato, ma durante l’VIII sec. a.C. si notano segni di una ripresa soprattutto nella valle dell’Eurota, dove i santuari di Artemide Orthia, di Atena Chalkioikos, di Amyklai e del Menelaion mostrano ricche offerte. Proprio i luoghi di culto, fungendo da elemento accentratore e curando i rapporti con la stessa Sparta, avranno una notevole importanza nello sviluppo topografico della regione che sarà abitata per tutto il periodo storico con insediamenti diffusi che difficilmente si uniscono in un centro urbano con strutture proprie. La menzione di alcuni santuari della Laconia anche distanti da Sparta nel calendario cittadino e negli agoni ufficiali mostra come l’unificazione culturale e politica della regione passasse proprio attraverso queste strutture religiose. Significativo è quindi che la valle dell’Eurota conservi i santuari più antichi come quelli citati, ai quali si aggiunge il culto attestato da recenti scavi condotti a Tsakona, dove sono stati trovati materiali votivi in parte simili a quelli del temenos di Artemide Orthia, segnando così in modo significativo la zona che poi vedrà l’affermazione e lo sviluppo di Sparta. Materiali geometrici sono piuttosto rari in altre aree della regione, anche se, per esempio, il santuario di Apollo Tyritas, sulla costa nordorientale della Laconia, a sud del Golfo Argolico ha restituito materiali (due statuine dedaliche di terracotta) della fine dell’VIII sec. a.C.
Secondo il Catalogo delle navi (Il. II, 581-587), Sparta controllava già un territorio che corrispondeva alla valle dell’Eurota e si estendeva fino alla penisola del Taigeto. I secoli VIII e VII a.C., vedono un’opera di forte consolidamento dello stato spartano probabilmente in via di conclusione già alla metà del VII, quando la città attua una politica di aggressione ai danni di Argo e con la conclusione della seconda guerra messenica intorno alla fine del VII sec. a.C. La Laconia è nel tardo Geometrico al centro di un’importante rete di traffici che è testimoniata dalla presenza di ceramica laconica non solo in altre regioni del Peloponneso (Messenia, Arcadia, Corinzia), ma anche a Samo; bronzi di origine laconica si trovano soprattutto nel Peloponneso, ma anche in Attica e nella Grecia centro-orientale. La vocazione ai commerci della regione è testimoniata dalla presenza di ceramica orientalizzante importata o di imitazione locale, prodotta soprattutto nella penisola di Mani e destinata al mercato interno, ma anche all’esportazione. Nel VII secolo tuttavia la regione non conosce ancora una completa egemonia spartana; alcuni indizi, come il sinecismo di Boiai nella Malea e la menzione da parte di Strabone (VIII, 6, 14) di Prasiai tra i membri dell’Anfizionia di Calauria in posizione autonoma rispetto a Sparta, fanno pensare alla presenza nell’area di altri centri di potere.
Il definitivo predominio di Sparta sulle regioni del Peloponneso meridionale si afferma quindi solo durante il VI sec. a.C., sia nella valle dell’Eurota, sia nelle altre regioni della Laconia, ancora una volta attraverso il potenziamento del sistema dei santuari. Nella valle dell’Eurota particolarmente importante è il santuario di Demetra e Kore (Eleusinion), i cui scavi hanno portato alla luce ceramica, terrecotte e oggetti votivi arcaici che si datano alla metà del VI sec. a.C. Materiali di VI secolo provengono dal santuario di Apollo Hyperteleatas, da quello sulla collina di Kastraki presso Kokkinia, forse identificabile con quello della Madre degli Dei di Akriai (Paus., III, 22, 3). Il paesaggio della Laconia cambia decisamente a partire dall’età della guerra del Peloponneso, quando, per l’esigenza di difendere le aree della Laconia più lontane da Sparta, si inizia la costruzione di un ampio sistema di fortificazione e di una vasta rete viaria. Questo assetto territoriale rimane invariato fino all’invasione di Filippo V. Tardano invece a costituirsi impianti urbani articolati, con edifici pubblici e privati di una certa rilevanza o architetture di ampio respiro come le cinte murarie, che si potranno identificare solo in pochi casi a partire dalla fine del V sec. a.C.
La storia della Laconia in età arcaica e classica coincide di fatto con quella di Sparta che conserva l’egemonia sull’intera area fino al 371 a.C. quando i Tebani sconfissero gli Spartani a Leuttra e, nel 369 a.C., liberarono la Messenia. Tramite i sinecismi di Megalopoli, di Messene e di Mantinea e con la costruzione di un complesso sistema di fortificazioni essi ridussero l’influenza di Sparta nel Peloponneso centrale e sottrassero al controllo diretto di Sparta le regioni settentrionali della Laconia. La storia della regione tra la fine del IV e il III sec. a.C. è piuttosto tormentata e vede una serie di invasioni della regione e i tentativi di riscossa da parte di Areus, Agide IV, Cleomene III, fino alla sconfitta di quest’ultimo a Sellasia nel 222 a.C. e l’invasione della Laconia a opera di Filippo V nel 218 a.C. Dopo le tirannidi di Machanidas e di Nabide, la potenza spartana sembra concludersi definitivamente con la fine della seconda guerra macedonica. Una serie di testimonianze letterarie ed epigrafiche sembrano indicare un intervento di Tito Quinzio Flaminino, che nel 195/4 a.C. avrebbe liberato Ghyteion dal dominio spartano riducendo di fatto il territorio governato da Sparta alla valle dell’Eurota; tuttavia a un’analisi più attenta il processo che porta Sparta a perdere il controllo della Messenia sembra essere meno repentino; Pausania (III, 21, 6) parla della liberazione della Laconia solamente sotto Augusto, che nel 21 a.C., in occasione della sua visita a Sparta, creò il koinòn degli Eleuterolaconi con sede nel santuario di Apollo Hyperteleatas. Poco altro si conosce sulle vicende storiche della regione a partire dall’inizio del II sec. a.C. se non che comunque le città costiere dal 192 a.C. erano sotto la tutela della Lega achea, contrastando così l’ipotesi che il koinòn fosse stato fondato dallo stesso Flaminino.
Scarsi sono gli indizi archeologici riguardanti la situazione della regione tra il tardo Ellenismo e l’epoca romana. Le fonti letterarie parlano per quest’epoca di una regione scarsamente abitata, ma alcuni indizi archeologici sembrano condurre in senso opposto, evidenziando in alcuni casi la fondazione di nuovi centri e, in accordo con la descrizione di Pausania, l’esistenza di una serie di abitati secondari che dovevano caratterizzare il territorio rurale, oltre a un ampliamento degli assi viari che conducevano ai porti commerciali del Golfo di Laconia, soprattutto a Gytheion e Boiai; la stessa Sparta, come la descrive Pausania, completa quel processo di urbanizzazione che aveva a lungo ritardato a favore di una occupazione diffusa katà komas. Il periodo medioimperiale vede la nascita nel territorio di una serie di villae che occupano soprattutto le zone pianeggianti della regione e che appartengono a personaggi di rango (di cui il più conosciuto è C. Iulius Eurykles) che hanno grandi possedimenti e che costruiscono nella zona tombe monumentali. Sono questi personaggi che incrementano la crescita economica della regione e che offrono una serie di opere di evergetismo a livello personale o per conto dell’imperatore. Questi stessi evergeti curano il mantenimento dei grandi santuari antichi e la tutela delle cerimonie religiose, come nel caso dell’Eleusinion, che continua a essere curato da membri della famiglia di Brasidas.
Le stesse visite degli imperatori, come quella già menzionata di Augusto o quella di Agrippa nel 16 a.C. e più tardi quelle di Adriano nel 124/5 e nel 128/9, hanno favorito interventi imperiali diretti nella zona. Le attività economiche più importanti sono quella agricola, quella estrattiva nelle cave di lapis Lacedaemonium a Krokeai e in quelle di marmo verde scuro e di rosso antico sul Tanaro, riaperte da Augusto, e soprattutto la raccolta del murice che dava una porpora particolarmente rinomata. Tra le grandi residenze di II-III secolo va menzionata la grande villa di Erode Attico nei pressi del monastero di Loukou, in Thyreatis, identificata da alcune epigrafi. Il complesso, particolarmente sontuoso, è stato parzialmente scavato e ha restituito un’importante serie di sculture. A partire dal III sec. d.C. gli Eruli e i Goti scesero in Laconia devastando le campagne; tuttavia, nei siti minori, sono rilevabili segni di continuità di vita per tutto il IV secolo. Tra il IV e il V sec. d.C. si datano le prime basiliche paleocristiane, tra cui quella di Malea è particolarmente significativa per i mosaici figurati. Il VI e il VII secolo si mostrano come un periodo di crisi demografica segnato dal progressivo ritirarsi degli insediamenti e delle basiliche nelle zone interne, come accadde per la basilica di Chrysapha e per quella di Gerani. La regione conoscerà un nuovo, significativo sviluppo soltanto in epoca bizantina.
F. Sirano, s.v. Laconia, in EAA, II Suppl. 1971-1994, III, 1995, pp. 235-49.
J. Motyka Sanders (ed.), ΦIΛOΛAKΩN, Lakonian Studies in Honour of Hector Catling, London 1992.
W.G. Cavanagh, Development of the Mycenaean State in Laconia. Evidence from the Laconia Survey, in Aegaeum, 12 (1995), pp. 81-88.
W.G. Cavanagh - J. Crouwel - R.W.V. Catling, Continuity and Change in a Greek Rural Landscape. The Laconia Survey, II. Archaeological Data, London 1996.
G. Shipley, The Other Lakedaimonians. The Dependent Perioikic Poleis of Laconia and Messenia, in The Polis as an Urban Centre and as a Political Community. Symposium August 29-31, 1996, Copenhagen 1997, pp. 189-281.
W.G. Cavanagh - S.E.C. Walker (edd.), Sparta in Laconia, Proceedings of the 19th British Museum Classical Colloquium (London, 6-8 December 1995), London 1998.
N.M. Kennell, From Perioikoi to Poleis. The Laconian Cities in the Late Hellenistic Period, in S.J. Hodkinson - P. Anthony (edd.), Sparta: New Perspectives, London 1999, pp. 189-210.
D. Marcozzi, Amicle e le tradizioni sulla Laconia, in SMEA, 41 (1999), pp. 245-58.
P. Pelagatti - C. Stibbe, Laconian Clay and Bronze Oinochoae with Plastic Decorations, in BABesch, 74 (1999), pp. 21-62.
E. Banou, Middle Helladic Laconia. New Evidence, in SMEA, 42 (2000), pp. 175-99.
J. Bouzek, Laconian Wooden Sculpture, in Eirene, 36 (2000), pp. 36-42.
C.M. Stibbe, Laconian Oil Flasks and Other Closed Shapes. Laconian Black-Glazed Pottery, III, Amsterdam 2000.
D.W.J. Gill - M. Vickers, Laconian Lead Figurines. Mineral Extraction and Exchange in the Archaic Mediterranean, in BSA, 96 (2001), pp. 229-36.
W. Cavanagh et al., Continuity and Change in a Greek Rural Landscape. The Laconia Survey, London 2002.
La città (gr. Σπάρτη, Σπάρτα; lat. Sparta) sorge al centro della valle alluvionale dell’Eurota, al centro della Laconia, a circa 48 km dal porto di Gytheion.
Del periodo preistorico e protostorico si conoscono i resti archeologici scavati nel Menelaion, a circa 3 km a nord-est dalla moderna S. Il sito della futura polis inizia a essere abitato con insediamenti diffusi nel territorio (Pitana, Limnai, Mesoa, Kynosura) fin dal periodo geometrico e conserverà questo modello insediativo fino alla fine della guerra del Peloponneso; acquista importanza il santuario di Artemide Orthia, che alla fine dell’VIII sec. a.C. fu pavimentato e recintato da un muro di peribolo, quando l’antico altare fu rivestito di pietra; nello stesso momento fu costruito un primo tempio (12,5 x 4,5 m). Di fatto accanto a una forte centralizzazione politica organizzata secondo il rigido nomos di Licurgo, la necessità di controllo da parte degli Spartiati sugli Iloti e sui Perieci probabilmente ha contribuito a ritardare il sinecismo della regione che continua a essere abitata katà komas e che probabilmente trova nei santuari, che fin dall’VIII secolo sono frequentati nella valle dell’Eurota, i propri centri di aggregazione.
Tuttavia, soprattutto nel periodo orientalizzante e arcaico, S. sembra essere una città ancora non irrigidita negli schemi sociali e legislativi che le fonti di periodo più tardo ci tramandano. I rinvenimenti inseriscono la città a pieno titolo nel “rinascimento” greco tardogeometrico e orientalizzante e che per S. sembra continuare in periodo arcaico almeno fino al 550 a.C. La produzione locale di un gruppo tardogeometrico di Lakainai della fine dell’VIII secolo e la produzione di figurine di animali in avorio intorno al 700 a.C. indicano che a S. esisteva un artigianato raffinato già alla fine del periodo geometrico. Durante la prima metà del VII sec. a.C. la vittoria delle aristocrazie spartane nella prima guerra messenica ha come conseguenza la formazione di una società raffinata e di una cultura simposiale che si manifesta attraverso numerosi rinvenimenti ceramici. Nella seconda metà dello stesso secolo si sviluppano importanti e differenziate fatture artigianali tra le quali si distinguono quella vascolare e quella di figurine votive di piombo, che precedono la produzione di bronzo, e soprattutto di avorio intagliato, per cui in questo periodo S. diventa uno dei centri più importanti. Alla fine del secolo i servizi da simposio sono arricchiti dai primi gruppi di coppe figurate a vernice nera e da vasellame bronzeo del gruppo di Telestas mentre si sviluppa un’architettura monumentale testimoniata dai primi grandiosi acroteri laconici.
Intorno al 600 a.C. si data la conclusione della seconda guerra messenica e la riforma della Grande Rhetra che segna probabilmente l’ascesa del damos oplitico. La produzione di ceramica e di oggetti suntuari sembra incrementarsi nella prima metà del VI sec. a.C. con la fabbricazione di crateri a volute e di tripodi bronzei; la produzione di crateri bronzei e di vasellame metallico indica un nuovo lusso nel simposio, mentre continua la produzione di coppe a figure nere. Sempre in bronzo è la grande produzione di figurine, isolate o appliques, mentre inizia la statuaria monumentale. La metà del secolo segna un’interruzione nelle produzioni artistiche di S., probabilmente come conseguenza della crisi militare con Tegea e di una risistemazione in senso militare della società spartana. Con la fine del VI sec. a.C. S. conosce una nuova crescita artistica soprattutto nella produzione delle tarde coppe laconiche e nella scultura monumentale. Si sviluppa l’ultima produzione di acroteri di terracotta e inizia quella di acroteri di marmo. Alla fine della produzione di statuette di bronzo sono introdotte figure di opliti e di atleti e inizia la rappresentazione dei Dioscuri e di eroi sui primi rilievi in pietra e al termine del periodo arcaico si colloca il cosiddetto Leonida, conservato nel Museo Archeologico di Sparta.
La fine del secolo è caratterizzata da diversi progetti pubblici, come il cratere per Creso, il cd. Trono di Apollo ad Amyklai e il tempio di Atena Chalkioikos. Durante il VI sec. a.C. il controllo del Peloponneso meridionale si è consolidato anche attraverso il sistema dei santuari che vengono monumentalizzati e conoscono un incremento nelle offerte votive. Il santuario di Artemide Orthia viene ampliato attraverso un rifacimento dell’intera area sacra nel 570 a.C. circa, forse in conseguenza di un’inondazione dell’Eurota. L’area sacra fu allargata e ricoperta da uno strato di sabbia, l’altare restaurato e il tempio ricostruito completamente in pietra in stile dorico (16,75 x 7,5 m), prostilo in antis; probabilmente a questa struttura appartiene un gruppo frontonale con leoni araldici.
Questa prosperità della polis si spiega in parte con una forte attività marittima di S. nell’Egeo fino alle guerre persiane, citata a più riprese da Erodoto (I, 69-70, 82-83, III, 44, 46, 54-57), e in parte con la conquista della fertile terra messenica da parte degli Spartiati. Il V sec. a.C. segna di contro una flessione che si manifesta soprattutto per una mancanza di competitività nelle produzioni artigianali e nei commerci rispetto ad altre città, soprattutto Corinto, ma probabilmente questo è dovuto al fatto che Sparta sceglie in questo momento una politica legata al possesso terriero e allo sfruttamento agricolo della Messenia. Come conseguenza di questa scelta la città conosce un forte isolamento rispetto alle correnti artistiche del resto della Grecia, anche se alcuni indizi fanno pensare che non vi sia stato un completo abbandono della produzione artistica, testimoniata dalle importanti offerte votive che S. durante il V secolo dedica in santuari greci, come il tripode a Delfi dopo la battaglia di Platea. Tuttavia a questa situazione non corrisponde un coevo processo di urbanizzazione; la città avrà la sua prima cinta muraria solo in età ellenistica e Tucidide (I, 10) sottolinea la mancanza di strutture urbane a S. confrontandola con Atene. Di fatto le strutture pertinenti alla città non sono ancora definite per gli archeologi: l’agorà è di dubbia collocazione e le necropoli scarsamente conosciute; pochi anche i resti dell’acropoli e del tempio di Atena Chalkioikos. L’area cittadina maggiormente esplorata è quella del santuario di Artemide Orthia, che ha restituito strutture importanti e da cui provengono offerte votive che attestano la vitalità del culto fino al periodo romano.
R. Barrow, Sparta, London 1975.
P. Cartledge, Sparta and Lakonia. A Regional History 1300-362 B.C., London 1979.
Id., The Peculiar Position of Sparta in the Development of the Greek City-State, in Proceedings of the Royal Irish Academy, 80 (1980), pp. 91-108.
J. Ducat, Sparte archaïque et classique. Structures économiques, sociales, politiques, in REG, 96 (1983), pp. 194-225.
D. Musti, Regole politiche a Sparta: Tirteo e la Grande Rhetra, in RFil, 124 (1996), pp. 257-81.
C.M. Stibbe, Das Andere Sparta, Mainz a.Rh. 1996.
E. Baltrusch, Sparta: Geschichte, Gesellschaft, Kultur, München 1998.
W.G. Cavanagh - S.E.C. Walker (edd.), Sparta in Laconia, Proceedings of the 19th British Museum Classical Colloquium (London, 68 December 1995), London 1998.
S.J. Hodkinson - P. Anthony (edd.), Sparta: New Perspectives, London 1999.
M. Whitby (ed.), Sparta, London – New York 2001.
P. Cartledge - A. Spawforth, Hellenistic and Roman Sparta, London 2002.
Il villaggio di A. (gr. Ἀμύκλαι, lat. Amyklae) era tra quelli che formavano la città dorica di Sparta, nonché sede del santuario di Apollo Amyklaios, la cui importanza per i Lacedemoni è testimoniata dalle fonti letterarie ed epigrafiche. In periodo storico questo santuario era connesso con il culto ctonio di Hyakinthos e accoglieva feste importanti in onore dell’eroe (Ath., IV, 139 d-f).
Il sito presenta tracce di occupazione a partire dal Medio Elladico: alla fine del periodo appartengono tre tombe scavate all’inizio del secolo scorso, probabilmente pertinenti a un insediamento sulla sommità della collina. Più dubbia è invece l’occupazione del sito durante il periodo miceneo (Tardo Elladico IIIB-C). Sulla collina di A. non è stata trovata traccia di edifici e non vi sono strati archeologici che possano essere messi in relazione con quest’epoca, tuttavia in tutta l’area sono state rinvenute statuette votive di terracotta che rappresentano figure femminili e animali; tra queste le più recenti si datano intorno al 1050 a.C. L’area del santuario venne rioccupata solo più tardi e alla fine del IX sec. a.C. si colloca una comunità cui forse si deve la fondazione del nuovo culto in onore di Hyakinthos, forse in connessione con il ritrovamento di una delle tombe medioelladiche; infatti proprio a quest’epoca risalgono le prime offerte dedicate al nuovo culto. Da Pausania sappiamo che la tomba di Hyakinthos si trovava alla base del cosiddetto Trono di Apollo e che il culto aveva carattere ctonio.
Alla metà dell’VIII sec. a.C. l’abitato fortificato di A., che controllava il culto, perse la sua indipendenza e si unì a Sparta e divenne la sua quinta oba. Forse per un maggior controllo del culto dopo la conquista, attribuita al re spartano Teleklos o all’Agide Timomachos, il santuario fu ridedicato ad Apollo. In età storica Sparta fu strettamente legata al santuario di A. e i due siti furono uniti tramite una strada processionale. In seguito a questa rifondazione del culto da parte degli Spartani le offerte crebbero di numero e in ricchezza, con grandi quantità di ceramica tardogeometrica e di bronzi. Dopo la vittoria che concluse la prima guerra messenica gli Spartani dedicarono nel santuario di A. dei tripodi di bronzo sorretti da statue di Afrodite, di Artemide e di Kore o Demetra (Paus., IV, 14,2) e fu stabilito il culto di Menelao ed Elena nel vicino sito del Menelaion.
Le offerte al santuario continuarono per tutto il periodo orientalizzante e per il VI secolo. Per decorare il santuario fu chiamato Bathykles di Magnesia, che costruì un edificio per accogliere l’antico xoanon del dio: il Trono di Apollo che incorporava anche la tomba di Hyakinthos. Forse in questo periodo si colloca anche l’erezione del muro che circondava il santuario. Per tutta l’antichità fino all’età romana il santuario fu sede delle feste in onore di Hyakinthos, che includevano giochi atletici cui partecipavano anche le donne.
S.P. Antonakou, Αμυκλαι, Athinai 1982.
K. Demakopoulou, Το μυκηναικο ιερο στο Αμυκλαιο και η ΥΕ III Γ περιοδος στη Λακωνια, Atene 1982.
M. Pipili, Hermes and the Child Dionysos. What did Pausanias See on the Amyklai Throne?, in Stips Votiva. Papers Presented to C.M. Stibbe, Amsterdam 1991, pp. 143-47.
P.G. Calligas, From the Amiklaion, in J. Motyka Sanders (ed.), ΦIΛOΛAKΩN. Lakonian Studies in Honour of Hector Catling, London 1992, pp. 31-48.
A. Faustoferri, The Throne of Apollo at Amyklai. Its Significance and Chronology, in Sculpture from Arcadia and Laconia. Proceedings of an International Conference Held at the American School of Classical Studies at Athens (Athens, 10-14 April, 1992), Oxford 1993, pp. 159-66.
E. Georgoulaki, Le type iconographique de la statue cultuelle d’Apollon Amyklaios. Un emprunt oriental?, in Kernos, 7 (1994), pp. 95-118.
B. Sergent, Svantovit et l’Apollon d’Amyklai, in RhistRel, 211 (1994), pp. 15-58.
E. Borgna, Un arciere dall’Amyklaion? Tradizioni iconografiche nella tarda età del bronzo in Egeo, in PP, 51 (1996), pp. 49-73.
A. Faustoferri, Il trono di Amyklai e Sparta. Bathykles al servizio del potere, Napoli 1996.