La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Eptaneso
di Luigi Caliò
Nome con cui si designano talvolta le Isole Ionie, tra cui le principali sono Corfù, Itaca, Cefalonia, Zacinto, alle quali si aggiungono diverse isole minori. Di fatto il raggruppamento è più artificiale e amministrativo che sostanziale e risale al periodo medievale. L’arcipelago mostra tracce di occupazione in epoca preistorica. Ritrovamenti archeologici del Paleolitico provengono dalla grotta Grava a Ghardiki di Corfù; su questa stessa isola, lungo la costa settentrionale, a Sidari, si trovava l’insediamento neolitico più importante, mentre insediamenti dell’età del Bronzo sono stati localizzati sulla costa nord-occidentale a Kephali, ad Aphiona e a Ermonos. A Cefalonia le presenze più antiche, relative a stazioni neolitiche databili nel III millennio a.C. e a una necropoli del II millennio a.C., sono state individuate a sud di Crane e presso Canchelisses; frammenti neolitici sono stati rinvenuti anche a Itaca e a Leucade.
In periodo miceneo l’arcipelago fu sede del regno di Odisseo; tuttavia le identificazioni dei luoghi omerici sono ancora tutt’altro che certe, a partire da quella della stessa Itaca poiché, nonostante le numerose insenature della costa possano richiamare i limenes panormoi dell’Odissea, (XIII, 195), i rari resti antichi ci offrono poche conferme della topografia descritta dall’Odissea e l’identificazione stessa dell’isola con la patria di Odisseo è stata oggetto di discussioni.
Omero parla di un potere marittimo (Od., IX, 21-28) formato da quattro isole: Itaca, Dulichio, Same e Zacinto. Itaca era la città di Odisseo e capitale del regno e fu riconosciuta dagli autori classici con l’isola che in periodo storico si chiamava Ithaki o Thiaki. Il problema dell’identificazione dei toponimi omerici nell’Eptaneso era tuttavia discussa anche in antico e Strabone (X, 2, 8-19), trattando la geografia dell’area propone come soluzione di individuare Dulichio con l’isola di Dolichi, Same con Cefalonia, mentre Zacinto e Itaca avrebbero conservato i nomi omerici; Leucade, in Omero, sarebbe una penisola, non essendo ancora stata tagliata la stretta striscia di terra che la univa alla terraferma. Nonostante i diversi tentativi fatti in periodo moderno di far concordare le indicazioni geografiche di Omero con la realtà fisica dell’arcipelago, si è oggi propensi all’identificazione dell’Itaca omerica con la Thiaki storica, considerando che le eventuali aporie del racconto omerico possano essere dovute a una conoscenza indiretta dell’arcipelago ionico. Se così fosse, si potrebbe far coincidere l’isolotto Daskalio, al largo della baia di Polis a Itaca, con l’omerica Asteris, dove i Proci aspettavano il ritorno di Odisseo. Corfù, che non mostra tracce di un’occupazione micenea, a causa della sua posizione periferica è stata spesso identificata con l’isola di Scheria, sede dei Feaci.
A Itaca si è creduto di riconoscere il palazzo di Odisseo nei resti sulla collina di Pelikata, che domina le tre baie di Aphales, Polis e Phrikes. Tuttavia non sono stati rinvenuti resti significativi a parte una possibile cinta ciclopica e un grande edificio nel punto più alto della collina. Un secondo insediamento dell’età del Bronzo è stato individuato nei pressi di Stavros. Nei dintorni della collina la necropoli ha restituito ceramica elladica e micenea. Resti importanti sono stati rinvenuti nella grotta della baia di Polis, utilizzata a partire dall’epoca micenea come luogo di culto. Qui sono stati trovati frammenti di ceramica antico- e medioelladica e una discreta quantità di ceramica tardomicenea. Alla stessa fase a Cefalonia, che Omero (Od., I, 246; IV, 671; IX, 24; XXV, 29) indica con il nome della sua città più importante, Same, si datano le tombe a tholos scoperte in località Mazarakata, con ricchi corredi, e le altre presenze rinvenute nei siti abitati in età preistorica. A Leucade gli scavi di tumuli circolari nella piana di Nidrì hanno portato alla luce sepolture in pithoi, in fosse rettangolari o in tombe a cista, associate a ceramica antica e media elladica, insieme ai resti di un vasto edificio; più scarsi però sono i rinvenimenti di periodo miceneo, mentre a Corfù nei pressi di Kapo Kephali è stato portato alla luce un villaggio abitato nel Medio e Tardo Bronzo.
In periodo protogeometrico e geometrico, Itaca svolge un ruolo importante per la sua fortunata posizione all’entrata del Golfo di Corinto, che ha reso l’isola un punto di attracco privilegiato sulla rotta per l’Italia e la Sicilia. Le informazioni su questa fase della vita dell’isola derivano soprattutto dalle sequenze stratigrafiche provenienti dagli scavi del santuario in grotta dedicato alle Ninfe presso la baia di Polis e di un secondo santuario, dedicato a una divinità sconosciuta, che è stato indagato sulle pendici del monte Aetos. Entrambi i luoghi di culto non mostrano soluzione di continuità attraverso le Dark Ages e vi sono state trovate numerose offerte di periodo protogeometrico e geometrico; in quest’ultima fase, nel santuario delle Ninfe sono stati rinvenuti 13 tripodi bronzei e numerosi oggetti di fabbricazione corinzia che a partire dalla fine del IX sec. a.C. (medio Geometrico II) sono frequenti non solo nell’Eptaneso, ma anche in altri siti della Grecia occidentale, come Vitsa in Epiro; ma è proprio a partire dall’800 a.C. che la zona cade sotto una forte influenza corinzia che continuerà nel tempo. La presenza di calderoni di bronzo fa pensare che già in questo periodo alle Ninfe sia stato associato il culto dell’eroe locale Odisseo, che sicuramente in epoca più recente era venerato nel santuario, come testimonia un graffito di periodo ellenistico con il nome dell’eroe rinvenuto nella grotta. La ceramica trovata nel santuario dell’Aetos mostra tuttavia una certa resistenza di forme che richiamano la tradizione locale e più in generale quella greco-occidentale, con caratteristiche comuni anche alla ceramica dell’Acarnania e dell’Acaia: soprattutto kantharoi con basse anse e decorazione per lo più lineare, cui si aggiungono alcuni motivi atticizzanti, come i cerchi segnati con il compasso.
Intorno al 780 a.C. il culto ha ricevuto un nuovo impeto dalla presenza corinzia nella zona e probabilmente in questo momento è stato costruito un edificio templare. In tale periodo la ceramica locale assume nuove forme e nuova decorazione sotto l’impulso dello stile corinzio, fino a produrre ceramica di imitazione corinzia poco prima del 700 a.C. e terminare con una produzione di piccole oinochoai di stile protocorinzio all’inizio dell’Orientalizzante. Oltre la ceramica, il santuario dell’Aetos ha restituito altri importanti materiali che ne testimoniano la vitalità e l’importanza internazionale: gioielli di ambra, provenienti dall’Europa del Nord attraverso l’Italia o l’Adriatico, amuleti di bronzo dalla Macedonia, sigilli scaraboidi dalla Cilicia, oreficeria da Creta. Ancora una volta rilevanti sono le importazioni da Corinto, che si intensificano dopo il 700 a.C. e che comprendono sigilli di avorio e un gruppo di cavalli di bronzo lavorati a martello. Nello stesso tempo, nonostante la forte presenza corinzia nella Grecia occidentale, si continua a produrre a Itaca una ceramica locale importante che trova una certa diffusione nelle altre isole dell’Eptaneso, soprattutto a Corfù, testimoniando una certa vitalità della cultura locale. In un vaso del 700 a.C. di produzione itacese, l’alfabeto non è di tipo corinzio, ma affine a quello dell’Acaia e include una lambda calcidese. Le importazioni dall’Eubea non sono numerose come quelle corinzie, ma significative, come due skyphoi rinvenuti a Aetos e producono delle imitazioni nella ceramica locale.
La fondazione della colonia corinzia Corcira (gr. Kόρκυρα, Kέρκυρα; lat. Corcyra) a Corfù (734 o 708 a.C.) deve essere stata preceduta da almeno due generazioni di scambi tra l’isola e Corinto, le cui navi battevano la zona e le coste del-l’Epiro almeno dall’inizio dell’VIII sec. a.C. Sull’isola tuttavia ancora non sono state rinvenute prove archeologiche di una presenza di mercanti prima della fondazione della polis, anche se Plutarco (Quaest. Graec., 11) ci informa che i Corinzi cacciarono alcuni abitanti di Eretria che si erano insediati sull’isola e Strabone usa per la fondazione della nuova polis il termine synoikiynta, che farebbe pensare piuttosto a una fondazione mista tra colonizzatori e indigeni, i quali appartenevano probabilmente a popolazioni illiriche o apule. Una colonia di Corinzi si impianta anche sull’isola di Leucade; essi fondarono la città eponima alla metà del VII sec. a.C. e secondo Strabone (X, 451) tagliarono l’istmo che legava l’isola alla terraferma. La fondazione di Corcira rende stabile la presenza corinzia sull’arcipelago. Verso la fine dell’VIII sec. a.C. un gruppo di rifugiati politici provenienti da Corinto sotto il comando di Archia o di Chersicrate, entrambi Bacchiadi, fondò la colonia nel sito di Paleopoli, sulla costa est dell’isola, cambiando il nome pregreco del sito, Drenane, con quello di Kerkyra o Korkyra che derivava da quello della Gorgone, il demone sconfitto da Bellerofonte. La polis crebbe rapidamente e già nel 664 a.C. si rivoltò contro la madrepatria, provocando la caduta dei Bacchiadi e l’ascesa dei Cipselidi. La fondazione della nuova polis accresce notevolmente l’importanza commerciale e politica di Corfù rispetto alle altre isole e la ripresa dei rapporti tra Corcira e Corinto sotto la tirannide di Periandro alla fine del VII secolo segna un momento particolarmente prospero, caratterizzato da un’intensa attività edilizia e artistica sotto l’influenza delle botteghe corinzie; tale influenza è testimoniata dai nuovi complessi edilizi presso i santuari della polis e, nella necropoli, dal cenotafio di Menekrates, che sorgeva su uno zoccolo circolare e che portava un’iscrizione metrica in caratteri corinzi, e da una statua di leone a grandezza naturale che si ergeva non lontano da quest’ultimo, stilisticamente vicina ai felini del frontone del Tempio di Artemide.
L’acropoli della polis era situata sull’altura di Anlipsis, nei pressi del precedente insediamento euboico, all’interno di una penisola che formava due bacini portuali: quello a ovest, probabilmente il porto militare era chiamato Hyllaico, quello a nord era in relazione col nome di Alkinoos. L’abitato, del quale rimangono scarse tracce, era situato nell’area tra i due porti. Alla prima fase della città appartiene il primo impianto del santuario dedicato a Hera Acraia; rinvenuto all’interno del parco di Mon Repos. Alla fine del VII secolo il santuario fu chiuso da un peribolo e fu costruito un ampio tempio le cui colonne e parte della trabeazione sono realizzate in calcare locale; il tetto ricoperto di elementi in terracotta ha restituito gocciolatoi in forma di protomi leonine e gorgoneia di fattura corinzia. Nel 585-580 a.C. viene sistemato il santuario di Artemide, scoperto a ovest del monastero di Hagios Theodoros. L’area sacra era chiusa da un temenos, all’interno del quale fu realizzato un tempio dorico periptero (8 x 17) con la cella divisa in tre navate da due file di colonne. La copertura del tetto era in terracotta e originariamente aveva gocciolatoi fittili, sostituiti nel corso del secolo da elementi in marmo. La decorazione frontonale era realizzata in altorilievo su lastre di calcare locale; il frontone ovest aveva come figura centrale la gorgone Medusa fiancheggiata dai figli Pegaso e Chrysaor e da due pantere; negli angoli due gruppi: a sinistra Priamo ucciso da Neottolemo, a destra Zeus che combatte con un gigante. Nel frontone non è rappresentato Perseo, ma la presenza dei figli nati dal sangue della madre decapitata, in accordo con quanto racconta Esiodo (Sc., 216; Theog. 270), richiama la morte della Gorgone in una visione sinottica della narrazione. Più problematico è raccordare le scene laterali con la rappresentazione principale. A est il soggetto doveva essere analogo anche se è difficilmente ricostruibile per la cattiva conservazione delle sculture. Rimane una metopa frammentaria con Achille e Memnone. Di fronte al tempio si trovava un altare monumentale decorato con un fregio dorico.
Dopo la morte di Periandro (seconda decade del VI sec. a.C.), Corfù riacquistò la sua indipendenza e grazie agli scambi commerciali con altre regioni ebbe inizio un periodo di grande prosperità economica. A Corcira durante il VI secolo si conoscono altri importanti interventi edilizi, che testimoniano la vitalità della polis la quale proprio in questo periodo sembra estendere la propria influenza sulle altre isole. Nel santuario all’interno del parco di Mon Repos furono aggiunti al culto principale altri luoghi cultuali, come un peribolo a cielo aperto con un altare dedicato ad Apollo e due piccoli templi dedicati ad Afrodite e a Hermes. Nella stessa zona nei pressi della fontana Kardaki, si trova un tempio dedicato ad Apollo della fine del VI sec. a.C., dorico, periptero con colonne monolitiche e una trabeazione di tipo ionico con architrave coronato da ovuli, cornice e kyma; il tetto, in terracotta, aveva come acroteri Nikai. Sempre al VI secolo si data l’impianto del santuario di Poseidone nei pressi della Panaghia Kassiopitra, di cui rimangono alcune tracce. Nella zona meridionale della città, nell’area di Figareto, forse si trovava il tempio di Dioniso, al quale probabilmente apparteneva il frontone raffigurante un simposio dionisiaco (500 a.C. ca.).
Minori sono le testimonianze di periodo arcaico nelle altre isole: a Cefalonia, a questa fase, si datano un capitello e alcuni frammenti di ceramica corinzia, oltre ad alcune monete coniate dalle città dell’isola a partire dalla fine dell’età arcaica, secondo il sistema ponderale corcirese; a Itaca testimonianze di età arcaica provengono dal santuario sulle pendici dell’Aetos, dalla grotta presso Polis e da un complesso con una torre e un peribolo nei pressi di Haghios Athanasios. Forse a quest’epoca si devono datare anche le mura poligonali dell’acropoli di Leucade e l’impianto del santuario di Apollo a Capo Leucade. Corcira, che non partecipò alle guerre persiane, sembra mantenere durante il periodo classico un ruolo di supremazia nell’Eptaneso, portato avanti anche con un incremento della propria potenza militare. Al V sec. a.C. risalgono le possenti fortificazioni che proteggevano la città a nord e il porto di Alcinoo a est e di cui sono state identificate due porte costruite in blocchi di poros e marmo, più tardi parzialmente incorporate nelle fortificazioni veneziane. Di minore entità gli interventi all’interno dei santuari. Il santuario di Hera Acraia fu restaurato nel 400 a.C. e nel V secolo a nord-est del santuario di Artemide fu costruito il tempietto di Apollo Pizio (V sec. a.C.). Corcira si trovò coinvolta nelle manovre ateniesi che portarono alla guerra del Peloponneso e nel 433 a.C. ebbe luogo lo scontro con Corinto a causa dell’ingerenza di quest’ultima nelle dispute politiche di Epidamno, loro comune colonia.
A Cefalonia in età classica sono state costruite le mura delle città di Crane e di Same; Crane, che controllava il territorio occidentale, aveva due cinte murarie, delle quali rimangono più tratti: la prima racchiudeva l’acropoli e la pianura sottostante fino alla baia, la seconda, spessa 3,5 m e con un circuito molto più vasto e rinforzato da torri quadrate, racchiudeva il resto del territorio. Della città di Same, che aveva due acropoli, rimangono tratti della cinta muraria di età classica e i resti di un tempio, individuato sotto la chiesa di S. Giorgio. Sempre al V secolo si data la torre rinvenuta a Itaca nei pressi del santuario dell’Aetos, anche se le offerte sembrano cessare nel IV sec. a.C. Nel 338 a.C. Corcira partecipò alla battaglia di Cheronea e in periodo ellenistico perse la sua importanza politica. Nel 229 a.C. fu un protettorato romano e nel I sec. a.C., schieratasi con Marco Antonio, fu saccheggiata dalle truppe di Agrippa, genero di Ottaviano. La città romana era limitata all’area di Paleopoli e al porto di Alcinoo, dove nel II sec. d.C. furono eretti un odeion, terme, cantieri navali e arsenali. Impianti termali furono realizzati anche a Kassiopi, sulla costa settentrionale, e a Benitses sulla costa sud-orientale.
Poche le testimonianze di periodo ellenistico e romano nelle altre isole. A Itaca nel santuario presso la baia di Polis le offerte continuano fino al I sec. d.C.; a Same di Cefalonia nel III sec. d.C. è stato costruito un impianto termale; a Leucade l’istmo fu tagliato una seconda volta nel I sec. a.C. e fu costruito un ponte che collegava l’isola alla terraferma. Nel VI sec. d.C. la città antica di Corcira fu abbandonata a causa delle incursioni barbariche e gli abitanti furono trasferiti sul piccolo promontorio roccioso del Vecchio Forte.
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di Pietro Militello
Isola dello Ionio (gr. Λευκάς, nelle fonti antiche: Λευκαδία) antistante l’Acarnania da cui dista solo 200 m. Lunga 31 km, larga 14, ha una superficie di 295 km2.
La costa si presenta poco articolata lungo il lato occidentale fino al promontorio di Capo Dukaton, l’antico Capo Lefkotas, la Leukè Petre da cui si sarebbe suicidata Saffo e le cui candide rocce alte fino a 60 m avrebbero dato il nome all’isola. Dopo Capo Dukaton la linea di costa diventa più frastagliata con una serie di insenature, tra cui le più importanti sono quelle di Vasilikì a sud e di Vlychò a est. A sud-est di L. si trova un gruppetto di isole, le Nesides, di cui la più grande è Meganisi. A nord-est Leucade è divisa dall’Acarnania da una laguna larga appena 200 m nel suo tratto meridionale e profonda in alcuni punti solo 60 cm. Tale laguna è delimitata a nord da una lingua di terra (l’isthmos) che si prolunga nel Capo Hieratrypa (estremità settentrionale dell’isola) e forma il Golfo di Demata prima di arrestarsi a breve distanza dalle coste dell’Acarnania con i cosiddetti Canali Stretti.
Secondo la tradizione, l’isola era in origine collegata alla terraferma da un istmo che i Corinzi per primi tagliarono con un canale. In epoca romana, invece, un ponte avrebbe attraversato la parte meridionale della palude (Strab., IV, 268). L’isola è prevalentemente collinosa, con un’altitudine media di 500 m s.l.m. Nella zona centrale, i monti Stavrotàs (1141 m), Elate (1126 m), Hagios Iliàs e Megan Oros (1012 m ciascuno) costituiscono un complesso che occupa circa 1/5 del territorio. Sistemi collinari minori si trovano presso la costa, dove si collocano anche le zone pianeggianti, come quella di Nidrì a est, presso il Golfo di Vlychò, e quella di Vasilikì a sud, attraversate da fiumi di scarsa portata.
Mentre nell’epos omerico L. appare soggetta ai Kephallenes, la polis di età classica è una colonia corinzia fondata intorno alla metà del VII sec. a.C. Partecipò alle guerre persiane, combatté contro Corcira nel 430 a fianco della madrepatria e nel 375 a fianco di Sparta. Nei conflitti successivi alla morte di Alessandro Magno cadde sotto il controllo di Cassandro, di Agatocle, di Demetrio Poliorcete e infine di Pirro. Fece parte della Lega degli Acarnani fino al 167, quando entrò nell’orbita romana. Fu usata come base navale da Marco Antonio, mentre sotto Augusto parte della sua popolazione fu deportata per fondare la città di Nikopoli. Unita alla provincia di Achaia nel 20 a.C., fu assegnata, insieme all’Acarnania, alla provincia dell’Epiro nel 67 d.C. Sede prima di un vescovado, poi di un arcivescovado, in età bizantina fu usata come sede navale. Ceduta agli Orsini nel 1293 (che costruirono il Castello di Santa Maura) passò sotto la signoria di Gualtiero de Brienne nel 1331 e poi sotto quella dei Tocco di Napoli. Nel 1445 venne fondata l’attuale città di Leucade Dal 1479 al 1684 l’isola fu quasi ininterrottamente sotto il controllo turco; riconquistata dal Morosini nel 1684 rimase sotto il dominio veneziano fino al 1797. Passata successivamente dal controllo francese a quello russo a quello britannico, venne infine unita alla Grecia nel 1864.
L’esplorazione archeologica di L. inizia con le indagini condotte tra il 1900 e il 1914 da W. Dörpfeld, convinto dell’identificazione di Leucade con l’omerica Itaca. Allo studioso tedesco si devono le principali scoperte di epoca preistorica e classica, anche se solo negli ultimi 20 anni i rinvenimenti di industria litica in località Ston Antani (Tsoukalades), Haghios Nikitas, Kavalla, Asprogerakata ton Sphakioton e Kalyvata hanno dimostrato che Leucade era abitata già nel Paleolitico medio o superiore. Ceramica a decorazione incisa del Neolitico antico e dipinta del Neolitico medio e tardo, oggi rinvenuta anche a Choiropetra, era già nota invece dai vecchi scavi, specie da quelli di Choirospiliàs (presso Evgiros).
All’antica e media età del Bronzo appartengono tre gruppi di tumuli portati alla luce da W. Dörpfeld nella pianura di Nidrì. Quello più antico (denominato R, dal saggio di scavo) era in località Stenò e conteneva 33 tumuli, ognuno di essi, con più tombe, era racchiuso da un anello di pietre e aveva un diametro compreso tra 2,7 e 9,6 m. Le sepolture erano sia a cista sia a enchytrismòs, talora con tracce di combustione, accompagnate da un corredo che comprendeva vasi, monili d’argento o d’oro, spade di bronzo, punte di freccia di ossidiana. Il materiale ceramico data il complesso tra la fine dell’Antico Elladico AE II (a cui appartengono alcune salsiere) e la fine dell’AE III. Più povere invece sono le sepolture S e F del Medio Elladico. La prima, ai margini della pianura di Nidrì e alle pendici del monte Skaros, era una struttura circolare del diametro di 12,2 m, con 11 tombe a cista, 2 a pozzo e altre frammentarie; la seconda, a nord-ovest di Stenò, aveva invece forma rettangolare (9,2 x 4,7 m) e conteneva almeno 8 tombe a cista. Per la successiva epoca tardoelladica i rinvenimenti sono estremamente scarsi forse per la collocazione periferica dell’isola rispetto alla cultura micenea. Alle epoche oscure, tra l’XI e il IX secolo, apparterrebbe un gruppo di tombe a cista senza corredo, con il defunto disteso e non rannicchiato come nelle sepolture mesoelladiche.
Del periodo classico rimangono resti della città antica, che si trovava più a sud della moderna Leucade, presso l’attuale villaggio di Kaligoni. Del perimetro murario, lungo 3 km circa e racchiudente una superficie di 100 ha, si conservano tratti delle mura della città bassa e di quelle dell’acropoli, in tecnica poligonale, sulla collina di Koulmou. Rimangono ancora resti del teatro, di III-II sec. a.C., e del molo antico, oggi sotto il livello del mare, che raggiungeva l’antistante capo Nerikos, in Acarnania. Le scoperte degli anni Settanta e Ottanta del Novecento hanno messo in luce alcune necropoli: quella tardoarcaica di Francoecclesia e quelle ellenistiche in località Tsechlinou (a nord della città classica) e Spasmeni Vrysi Karyoton (a sud di essa). Le tombe di V sec. a.C. sono in sarcofago, mentre quelle del periodo ellenistico sono per lo più a cista, talvolta racchiuse a gruppi entro periboli rettangolari.
Oltre i resti dell’antica città di Leucade, la documentazione di età greca comprende alcune torri di età ellenistica e le fondazioni di un tempio, verosimilmente dorico e periptero, sotto il monastero di Haghios Johannis, nella parte meridionale dell’isola. Al famoso tempio di Apollo presso il Capo di Leucade, saccheggiato dai pirati nel I sec. a.C., si possono attribuire forse alcuni scassi in roccia per le fondazioni di un grosso edificio: le sue strutture sarebbero state asportate e reimpiegate per la costruzione della torre del faro. Ai santuari di epoca classica identificati da Dörpfeld si è aggiunto alla fine degli anni Sessanta quello della grotta di Asvotrypa presso Phryni, dedicato alle ninfe. Altre città di età greca erano Ellomenon nella costa orientale, Nerikos e Phara, forse presso Vasilikì.
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Per le fonti letterarie e la storia:
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