La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Attica
di Demetrio U. Schilardi
Regione della Grecia centrale (gr. Ἀττική; lat. Attica) che occupa una penisola di forma triangolare, con Capo Sunio a sud, il Golfo di Petali a est e il Golfo Saronico a ovest. È divisa dalla Beozia dai monti Citerone, Parnete e Pateras. L’antica linea di confine tra le due regioni andava da Egostena, a ovest, al canale di Eubea. Verso ovest l’Attica è separata dal Peloponneso dalla catena di Yerania, che apparteneva al territorio di Megara. La pianura di Atene, centro naturale della regione, è circondata dalle catene montuose interne tranne che a sud, verso il Pireo. Le principali risorse agricole dell’Attica, situata nella parte più arida della Grecia, erano la vite e soprattutto l’ulivo. Per quanto riguarda invece il frumento, la sua produzione non poté soddisfare le necessità della regione, specialmente dopo lo sviluppo di grandi centri urbani come Atene e il Pireo; gli Ateniesi dovettero infatti importare grano dal Mar Nero, dalla Sicilia e dal Nord Africa.
Nella pianura di Atene si erge il rilievo dell’Acropoli che, per la posizione strategica, la morfologia e la disponibilità d’acqua, divenne uno dei primi luoghi occupati della regione. Il Falero fu il principale porto di Atene fino al principio del V sec. a.C., quando a opera di Temistocle fu trasferito presso il Pireo, che venne fortificato. L’Attica era ricca di materiale da costruzione: in grande abbondanza erano infatti reperibili marmo (principalmente dal Pentelico e dall’Imetto) e pietre calcaree (dall’Acropoli, dall’Imetto, dal Pireo, da Egina). Particolarmente importanti per lo sviluppo della regione furono gli ottimi letti d’argilla, utili per la manifattura di ceramica e come materiale da costruzione. Scarsi nella regione erano invece i metalli, se si escludono i depositi di argento e di piombo del Laurion.
Le prime testimonianze archeologiche risalgono al Neolitico e sono state messe in luce nella zona dell’Acropoli e in diversi siti costieri orientali (Ramnunte, Maratona, Rafina, Loutsa, Laurion) e occidentali (Lagonisi, Anavyssos), lungo i corsi dell’Ilisso e del Cefiso. A Nea Makri è stato rinvenuto un insediamento con abitazioni in mattoni crudi su fondazioni di pietrame, databile tra il 5500 e il 3000 a.C. Gli abitanti, agricoltori e cacciatori, erano evidentemente in contatto con l’Egeo centrale e importavano ossidiana da Milo. Sempre al Neolitico risalgono le tracce di occupazione rinvenute in caverne della zona del Laurion e di Maratona. Nella prima età del Bronzo (3200-2000 a.C.) la popolazione dell’Attica mostra un notevole incremento: si sviluppano i vecchi insediamenti e se ne formano di nuovi (Rafina, Asketarios, Haghios Kosmàs), alcuni fondati su piccole isole (Raftopoula di fronte a Porto Rafti, Makronissos, Nissos Patroklou). Le abitazioni, su fondazioni di pietra, mostrano la presenza di un focolare centrale (Asketarios, Haghios Kosmàs) e sono a volte concentrate in zone divise da strade. L’analisi delle necropoli ha consentito di determinare l’origine cicladica degli abitanti. In questo periodo gli abitanti di Atene mostrano invece contatti più stretti con la Grecia centrale e il Peloponneso.
Alla media età del Bronzo (2000-1580 a.C.) sono databili i resti di abitazioni rinvenuti a Brauron, Thorikos, Anavyssos e Atene. Al periodo Medio Elladico risalgono tre tumuli funerari di grandezza notevole rinvenuti a Vranà (presso Maratona), dove è pure attestata una fase della tarda età del Bronzo (1580-1100 a.C.), contraddistinta dalla presenza di tombe “regali” micenee a pozzo. In questo periodo gli abitanti dell’Attica sono in prevalenza dediti all’agricoltura, anche se non mancano segni di prosperità a Laurion (tomba a tholos del XVI sec. a.C.), dove i corredi sepolcrali evidenziano relazioni con la Grecia centrale, il Peloponneso e le Cicladi. A partire dal XV sec. a.C. si intensificano i contatti con il Peloponneso e si sviluppano gli insediamenti, dove si registra un notevole aumento della popolazione. In numerosi siti si è rinvenuto materiale databile al Tardo Elladico III (Thorikos, Brauron, Koropi, Spata, Voula, Vouliagmeni, Haghios Kosmàs). Ad Atene le testimonianze archeologiche attestano frequenti contatti con l’Eubea, la Beozia e l’Argolide, da cui provengono diversi oggetti di lusso. Il vero grande sviluppo della regione avviene tuttavia nel XIII sec. a.C. (Tardo Elladico IIIA2-IIIB): Atene, come il territorio circostante, è densamente popolata e gli insediamenti si sviluppano sia nelle zone costiere che nell’interno.
L’analisi del materiale delle necropoli dimostra che la ricchezza non era limitata alla capitale: in questo periodo si formano infatti piccoli potentati locali, politicamente indipendenti (Maratona, Thorikos, Menidi, dove si è rinvenuta la tomba a tholos di un “re”, con ricco corredo); ruolo preminente aveva tuttavia la cittadella di Atene. La caduta dei palazzi micenei verso il 1200 a.C. ebbe una notevole ripercussione sui piccoli potentati dell’Attica: molti insediamenti vennero abbandonati per luoghi più sicuri e quelli dove vi fu continuità di vita, come l’Acropoli di Atene, subirono una considerevole contrazione. A Perati, sulla costa dell’Attica orientale, è stata rinvenuta una ricca ed estesa necropoli micenea databile al XII sec. a.C. L’analisi dei corredi, che attestano rapporti di commercio con l’Oriente, ha dimostrato la provenienza di gran parte della popolazione dalle zone più interne. Il resto delle sepolture attiche di questo periodo, per lo più tombe tagliate nella roccia (Brauron, Spata, Markopoulo, Haghios Kosmàs, Glyfada, Varkiza), contiene generalmente ceramica di uso comune.
Nel periodo successivo si compie il sinecismo dell’Attica, cioè l’unificazione politica, giuridica e sacrale attorno alla città di Atene a opera del mitico re Teseo, attivo, secondo la tradizione, prima della guerra di Troia. Dal punto di vista storico il fenomeno fu il risultato di un graduale processo, che iniziò dopo la caduta dei palazzi e si completò nell’VIII sec. a.C. Altrettanto graduale dovette essere lo sviluppo della forma di ordinamento politico, vale a dire il passaggio dalla monarchia a un ordinamento oligarchico. Un’aristocrazia di proprietari terrieri deteneva saldamente il potere già alla metà del VII sec. a.C., mentre l’organizzazione del territorio si basava sulla divisione nelle quattro tribù ioniche (Opleti, Argadei, Egicorei e Geleonti). Dal punto di vista archeologico, il periodo che va dallo scorcio del XII secolo alla fine del Protogeometrico è noto come Medioevo Ellenico (1125-900 a.C. ca.). Una prima fase (Submiceneo, 1125-1075 a.C. ca.) di questo lungo periodo di povertà e di isolamento della Grecia è nota in Attica quasi esclusivamente attraverso i corredi di due necropoli, ad Atene (a ovest dell’Agorà) e a Salamina (necropoli dell’Arsenale). Si tratta prevalentemente di inumazioni, in cui il defunto era deposto in posizione distesa o contratta. Nei corredi compaiono due elementi innovativi e caratteristici del Submiceneo attico: una nuova forma vascolare, la lekythos, decorata con disegni geometrici circolari, e lunghi spilloni per allacciare gli indumenti (di probabile influenza cipriota). Alla transizione tra Sub-miceneo e Protogeometrico (1050-900 a.C. ca.) corrisponde il passaggio, nel rito funerario, dalla inumazione alla cremazione. Nel corso del Protogeometrico si assiste a una notevole rinascita economica, alla quale corrisponde un notevole incremento demografico, ad Atene come nel resto del territorio (necropoli di Maratona, Brauron, Thorikos, Menidi, Eleusi).
Nel corso del Geometrico (900-700 a.C. ca.) continua la crescita economica e demografica di Atene e dell’Attica. Il rito funerario è ormai misto: compaiono insieme cremazione e incinerazione, a seconda delle preferenze individuali e delle tradizioni famigliari e culturali. Già nel corso del Geometrico antico (900-850 a.C. ca.) Atene si concentra verso i ricchi mercati orientali; alla metà del IX sec. a.C. sono ormai aperti i mercati del Vicino Oriente, attraverso i quali arrivano in Attica i beni di lusso, prevalentemente avorio e oro (attestati nei corredi funerari). Con il medio Geometrico (850-760 a.C. ca.) si assiste a un cambiamento nell’assetto del territorio: viene infatti nuovamente occupata e densamente abitata la zona costiera, abbandonata con la caduta della civiltà micenea. La maggior parte dei dati archeologici proviene ora dal territorio più che dalla capitale; si tratta ancora una volta di attestazioni funerarie: Pireo (Palaia Kokkinia), Merenda, Maratona, Anavyssos, Eleusi (da qui due sepolture femminili di particolare ricchezza). Nel Geometrico tardo e più generalmente a partire dal 760 a.C., il territorio dell’Attica conosce un incremento demografico senza precedenti: non solo si completa l’occupazione della costa, ma anche le zone interne sono occupate da una fitta rete di insediamenti.
Questo fenomeno di crescita demografica nell’VIII sec. a.C. non è limitato alla sola Attica, ma interessa anche il resto della Grecia. A partire dal 730 a.C. tutti i siti dell’Attica adatti allo sfruttamento agricolo erano occupati; in questo periodo Atene aveva già perso il primato delle esportazioni di ceramica detenuto da Corinto e, con la crisi del mercato, si nota un progressivo trasferimento della ricchezza dalla capitale al territorio, dove si era costituita una classe egemone di proprietari terrieri. Le necropoli testimoniano la prosperità raggiunta dagli insediamenti dell’Attica, in particolare a Palaion Phaleron, Palaia Kokkinia, Maratona, Merenda, Kalyvia Kouvara, Thorikos, Vari, Anavyssos, Vourva, Liopesi, Spata, Koropi, Markopoulo, Keratea. Nel corso del VII sec. a.C. la situazione rimase sostanzialmente invariata, anche se si erano inaspriti i conflitti sociali e istituzionali che portarono, nel 561/60, alla tirannide di Pisistrato. L’attività edilizia nel periodo tirannico (561/60-511/10 a.C.) si concentrò soprattutto nella capitale. Sotto Pisistrato fu edificato un tempio sull’Imetto (dedicato probabilmente ad Apollo) e il tempio dorico di Atena a Sounion; a lui si deve probabilmente anche il trasferimento sull’Acropoli di Atene del tempio di Artemide Brauronia. Con i Pisistratidi vennero edificati il teatro di Thorikos e il Telesterion di Eleusi.
Numerose necropoli furono realizzate in età arcaica sulla costa e nell’hinterland. Scavi sistematici e rinvenimenti occasionali hanno messo in luce resti notevoli di piccoli gruppi di tombe e di zone sepolcrali organizzate. Il corredo delle tombe e la stessa qualità delle lapidi che marcavano le sepolture dimostrano la notevole prosperità delle famiglie aristocratiche residenti nel territorio nel corso del VI sec. a.C. Significativi sono anche i monumenti funerari realizzati in marmo, eseguiti da artisti famosi e rinvenuti in numerosi siti della regione. Recenti ricerche archeologiche hanno arricchito la nostra conoscenza sulle aree funerarie. Presso Merenda (Myrrinous) nel 1972 sono stati rinvenuti il kouros e la kore Phrasikleia, opera di Aristion di Paro, databili al 540 a.C. circa, mentre presso Anavyssos (Foinikià) si è messa in luce la necropoli relativa al demo di Thorai. Da questo sito proviene il kouros del Museo Nazionale di Atene (n. 3851) che, sulla base delle testimonianze epigrafiche, è possibile attribuire alla tomba di Kroisos. A Plakes Souniou è stata indagata la necropoli del demo di Sounion. Le sepolture di età arcaica in Attica sono generalmente a rito misto, inumazione e incinerazione. Le tombe più ricche sono coperte da un tumulo di terra o, in casi eccezionali, realizzato in pietra. Un altro tipo è costituito da strutture quadrangolari di fango, con tetto piatto e mura laterali inclinate e ricoperte di intonaco. Alcuni di questi monumenti erano decorati con placche di terracotta dipinta, spesso opera di artisti famosi, come Lydos, Exekias e Sophilos. Dal punto di vista tipologico, i monumenti funerari che marcavano le sepolture più ricche sono rappresentati da un’ampia varietà di forme: stele, kouroi e korai, figure sedute, cavalieri, ecc. La diffusione di questi elaborati e costosi monumenti andò declinando verso la fine del VI sec. a.C., probabilmente a causa delle norme suntuarie comprese nelle riforme di Clistene (508/7 a.C.).
L’ultima decade del VI sec. a.C., dopo la caduta dei tiranni, è dominata dalle riforme politiche e amministrative messe in atto da Clistene a partire dal 508. L’Attica fu divisa in tre regioni, asty (Atene e dintorni), paralia (la costa) e mesogaia (l’interno fino a Maratona). Le riforme determinarono in modo conclusivo lo status politico di numerose città e comunità del-l’Attica. Di fatto, la regione aveva raggiunto il massimo numero di komai e di insediamenti già nell’VIII sec. a.C.: dal V secolo in poi la struttura e l’occupazione del territorio rimase sostanzialmente invariata. Con la nuova situazione amministrativa si sviluppò l’interesse per i vecchi culti locali (molte divinità avevano un culto parallelo ad Atene). Già nello scorcio del VI sec. a.C. l’attività edilizia si era concentrata sui santuari rurali della regione, in particolare nei demi di Ramnunte, di Halai e forse di Brauron. Presso il Pireo erano alcuni importanti santuari di Zeus, Atena, Poseidone, Afrodite, Artemide, Asclepio e altre divinità. Numerosi altri santuari nella regione sono noti da testimonianze archeologiche, epigrafiche e letterarie: Pausania nel II sec. d.C. fornisce una descrizione dettagliata di molti edifici sacri sopravvissuti fino ai suoi giorni. Tra i più importanti della regione si ricordano: il santuario di Apollo a Zoster (Vouliagmeni), di Poseidone e Atena a Sounion, di Nemesi e Themis a Ramnunte, di Artemide a Brauron, di Dioniso a Ikaria, di Atena, Eracle, Pan a Maratona; a questi si può aggiungere anche l’Amphiareion al confine tra Attica e Beozia (sicuramente attico nel periodo tra il 336 e il 287).
A partire dal V sec. a.C. si registra un rinnovato interesse per la difesa della regione; oltre alla capitale, vennero nuovamente fortificate cinque acropoli: a Eleusi, Phylè, Aphidna, Ramnunte e Sounion. Alcune iscrizioni menzionano anche il sito di Panakton, presso Phylè. Una diretta conseguenza di questa politica difensiva fu la concentrazione e l’incremento della popolazione in corrispondenza di queste “fortezze”, in particolare a Sounion e a Ramnunte. A Sounion si formò una vera e propria città, le cui abitazioni si svilupparono sia all’interno che all’esterno della cinta muraria. La fortificazione del promontorio, realizzata già nel corso della guerra del Peloponneso, nel 413/2 a.C., fu restaurata e rinforzata durante la guerra cremonidea (267-262 a.C.). Nella stessa occasione furono fortificate anche le città di Ramnunte e di Koroni (a sud di Porto Rafti).
Le cinque fortezze di difesa strategica del confine dell’Attica rimasero in uso fino all’occupazione romana, come dimostrano i restauri alle fortificazioni menzionati nel decreto di Ramnunte, rinvenuto nel 1992 e databile alla seconda decade del I sec. a.C. Le necessità legate alla difesa fecero sì che ci si concentrasse, oltre che sulle fortezze, anche sugli accessi naturali alla regione che rivestivano importanza strategica: è il caso dei tre valichi al Thriasion pedion, il primo nella zona detta di Dema, il secondo in corrispondenza della via Sacra e il terzo in coincidenza con l’odierna Perama. Presso il valico di Dema fu costruito un lungo muro in opera poligonale a secco, lungo 4300 m circa, di cronologia incerta; dovrebbe tuttavia risalire alla seconda metà del IV sec. a.C. Agli inizi del III sec. a.C. Atene e l’Attica conobbero un breve periodo di indipendenza dal controllo macedone, che si concluse con l’assedio e la presa di Atene nel 263/2 a.C. da parte di Antigono Gonata, che insediò guarnigioni macedoni a Salamina, Sounion, Panakton, Phylè e Ramnunte. Il periodo che segue segnò una ripresa e una relativa prosperità, marcata dalla riapertura delle miniere e dal restauro del sistema difensivo di Atene (restauro delle Lunghe Mura) e nell’Attica. L’attacco di Filippo V, che causò numerosi danni alla regione, portò gli Ateniesi a richiedere l’intervento romano.
Atene rimase leale nei confronti di Roma nel corso del II sec. a.C. e, specialmente dopo la sconfitta di Perseo nel 168, l’intera regione conobbe un nuovo periodo di prosperità, segnato da un nuovo impulso del commercio marittimo. Un secolo dopo, nel marzo dell’86 a.C., l’esercito romano al comando di Silla assediò e distrusse Atene. Alla devastazione della capitale dovette fare riscontro un territorio ugualmente devastato, rovinato nelle colture agricole e scarsamente popolato. Il fenomeno del calo demografico nel territorio è comune in questo periodo a tutta la Grecia: nella descrizione di Strabone (IX, 396) tutta la campagna greca è scarsamente popolata. In Attica, secondo il geografo, si contavano 174 demi. L’aumentato numero dei demi suggerisce una diversa forma di insediamento: la popolazione rimaneva in campagna, ma concentrata in gruppi più piccoli; anche il Pireo allo scorcio del I secolo era ridotto a un piccolo gruppo di case. Con l’attenzione dei Romani per la ricostruzione di Atene, dall’età cesariana in poi molti dei santuari dell’Attica, ormai scarsamente popolata, vennero trasferiti nella capitale. Un nuovo interesse per la regione è documentato nel II sec. d.C., grazie all’attività di Adriano e di Erode Attico: oltre agli imponenti lavori nella capitale, furono costruiti nuovi edifici a Oinoe, Maratona, Kephisia, Drivia (l’antica Steirià), Porto Rafti e Rafina.
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di Demetrio U. Schilardi
Antico insediamento (gr. Bραυρών) della Grecia, sulla costa orientale dell’Attica. Situato di fronte a una delle più importanti baie della regione, fu sede di un celebre santuario dedicato ad Artemide.
B., il cui primo sviluppo s’inquadra tra il Neolitico tardo e la prima età del Bronzo, era dotato di un insediamento fortificato che occupava un’altura a sud-est del santuario. Il sito raggiunse piena prosperità nel Bronzo Medio, quando assunse l’aspetto di una comunità organizzata, e venne abbandonato alla fine dell’età del Bronzo per ritornare alla vita, in particolare intorno all’area del santuario, nel IX sec. a.C. B. rimase fiorente fino al III sec. a.C., quando venne nuovamente distrutto dall’alluvione del fiume Erasinos, per essere poi del tutto abbandonato in epoca romana. Gli scavi della Società Archeologica Greca, condotti tra il 1948 e il 1962 sotto la guida di J. Papadimetriou, hanno portato al rinvenimento di resti significativi dell’antico edificio di culto.
La rilevanza del santuario di Artemide ha origine in età geometrica; le fondazioni del tempio sono databili alla fine del VI sec. a.C. e si sovrappongono forse a un più antico edificio templare. Il tempio venne distrutto nel 480/79 a.C. per essere poi ricostruito prima del 450 a.C.; misura 19,9 x 10,35 m ed è dorico, con pronao, cella a doppio colonnato con adyton. La copertura, di cui restano scarse tracce, era di calcare, con metope di marmo. L’altare doveva essere collocato o su un piccolo pianoro roccioso verso sud, dove ora sorge la chiesetta di S. Giorgio, oppure sulla spianata posta a est del tempio. Sull’area terrazzata nord-occidentale del tempio si trova una sorgente, dal cui corso d’acqua provengono numerose offerte votive, che ricopriva un ruolo centrale nel culto del santuario. A sud-est i blocchi di roccia formano un corridoio che conduce a una caverna, il presunto cenotafio di Ifigenia. In concomitanza del crollo della volta della caverna venne eretto un piccolo tempio (7,75 x 4,45 m) con pronao e cella con focolare centrale. All’interno di un complesso di piccoli ambienti situati a est, quello all’estremità orientale è stato identificato come l’abitazione di una sacerdotessa.
A nord sono i resti di un imponente portico in stile dorico. Si tratta di un complesso rettangolare, composto da tre stoài disposte ad angolo retto tra loro, in forma di P, entro cui si apre un vasto spazio (27,53 x 43,29 m). Una tra le più importanti caratteristiche del portico è rappresentata proprio dalle stanze rettangolari che si trovavano al suo interno, dotate di mense, che dovevano servire ad alloggiare i fedeli durante i pasti o, in alternativa, i bambini consacrati ad Artemide. L’analisi stilistica degli elementi architettonici dimostra che la sua datazione si potrebbe far risalire intorno al 420 a.C. Nella stoà definita dal colonnato mediano trovavano collocazione numerose opere d’arte.
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di Dimostenes Giraud
Città antica (gr. ’Eλευσίς; lat. Eleusis) e demos dell’Attica la cui topografia antica è oggi notevolmente alterata, col risultato che sono state perdute le opere difensive del periodo ellenistico, una grotta sacra a Pan, parti della città e della sua cinta muraria. La fama di E. è dovuta soprattutto al santuario di Demetra e Kore e alle cerimonie avvolte da estremo mistero che vi si svolgevano, note come Misteri Eleusini. I resti del santuario si conservano in condizioni molto buone e attestano l’utilizzo continuo dalla preistoria fino alla fine dell’antichità, nonché l’evoluzione del santuario.
Dai pochissimi frammenti di vasi è provata nella zona la presenza umana, a partire dal Protoelladico; resti di abitazioni, rinvenuti sparsi nel sito del santuario, attestano, nel Medio Elladico, la presenza di un insediamento. Durante il periodo miceneo E., a causa della sua importanza strategica, acquisì potenza e fu avversaria di Atene, con cui entrò in guerra. Al termine delle ostilità, E. si ritrovò totalmente subordinata al potere ateniese; agli Eleusini fu però concesso il diritto di organizzare ed eseguire i riti misterici in onore di Demetra e di dare i dignitari al santuario. Dopo la sottomissione di E. ad Atene il culto, da locale con carattere privato, si ampliò progressivamente e divenne panellenico. Intorno al 700 a.C. Solone incluse per legge i Misteri tra le cerimonie ufficiali ateniesi. Al tempo di Pisistrato (550 a.C. ca.), il santuario fu circondato da una cinta difensiva di maggiore estensione, ottimamente organizzata, divenendo in tal modo il più potente baluardo di Atene nell’Attica. Fu allora che venne costruito anche il primo grande Telesterion, il cui tipo architettonico fu seguito da tutti i telestesia costruiti successivamente, se pur di dimensioni maggiori. Intorno al 490-480 a.C. o, secondo altri, al tempo di Cimone (460 a.C.), il santuario si ampliò verso est con l’aggiunta di un nuovo tratto di mura per la protezione dei granai che vennero costruiti poco tempo dopo. Un nuovo ampliamento verso sud fu realizzato al tempo di Pericle, con la costruzione di un nuovo tratto di mura al fine di dare spazio al cortile sacro dell’enorme Telesterion che fu costruito in quel tempo, di dimensioni quadruple rispetto a quelle del Telesterion del VI sec. a.C., incendiato dai Persiani nel 480 a.C. Intorno alla metà del IV sec. a.C. il santuario fu ancora una volta ampliato verso sud e venne demolita una parte delle mura di Pericle: fu allora che il santuario raggiunse i suoi limiti definitivi. I motivi del nuovo ampliamento erano probabilmente dovuti alla necessità di creare spazio per la costruzione di un bouleuterion per le riunioni della boulè degli Eleusini o, secondo altri, della sacra gerusia.
Sotto il dominio romano i Misteri Eleusini acquisirono fama universale e il santuario raggiunse l’apogeo, soprattutto al tempo dell’Impero di Adriano e dei suoi successori. Furono allora costruiti una nuova entrata monumentale, altri monumenti all’interno e attorno a esso e molte infrastrutture, ponti, porto, acquedotti ed edifici pubblici, terme e foresterie. E. fu fortemente colpita proprio nel momento del suo massimo splendore, quando fu saccheggiata dai Sarmati (170 d.C.), che assalirono improvvisamente la città e incendiarono tra l’altro il Telesterion. I vasti danni furono riparati grazie al generoso finanziamento dell’imperatore Marco Aurelio che, nella sua iniziazione nel 176 d.C., fu onorato quale massimo benefattore. In epoca tardoromana la parte del santuario protetta da mura fu limitata allo spazio principale attorno al Telesterion, mentre fu abbandonata la zona delle abitazioni dei sacerdoti verso nord. Le mura del santuario bisognose di riparazioni furono sistemate e rinforzate e il colonnato esterno dei Grandi Propilei fu incorporato in una nuova possente cinta per il rafforzamento della difesa dell’entrata. Ciò avvenne probabilmente nel decennio del regno di Valeriano (252-262 d.C.), quando l’Impero si preparava a respingere la discesa dei Goti e degli Eruli. Quando gli Eruli attaccarono e, nel 267 d.C., occuparono Atene, non sembra che infierissero su E. Con la nuova ristrutturazione il santuario fu attivo fino al 392 d.C., anno del decreto di Teodosio con cui venivano vietati tutti i riti pagani.
L’entrata principale del santuario si trova sul lato nord del peribolo, lì dove finiva la Via Sacra, come era chiamato il percorso che compiva, partendo da Atene, la processione degli iniziati. In questo punto al tempo di Adriano furono costruiti dei propilei su progetto simile a quello dei Propilei di Mnesikles. Anteriormente fu strutturato un ampio spazio aperto lastricato e vennero costruiti dei monumenti in sostituzione di templi più antichi: il tempio di Artemide Propylaia, l’eschara per il sacrificio dei porcellini offerti alla dea, una fonte, due archi di trionfo che replicano nella forma quello di Atene e un grande edificio porticato destinato ad accogliere simposi e a dare ospitalità ai visitatori illustri. A sinistra della crepidine dei Propilei si distinguono a un livello più basso la bocca del pozzo Kallichoron e le rovine dell’edificio absidale con tre porte che lo circondava, costruzioni del 485 a.C. Entrando nell’interno del santuario e seguendo la via processionale verso il Telesterion, si incontrano le rovine di un propylon più piccolo in stile corinzio, dedicato a Demetra e a Persefone da Appio Claudio Pulcro nel I sec. a.C., che aveva sostituito uno più antico in stile dorico del IV sec. a.C. Superato questo propylon interno, a destra, si erge un pendio roccioso con una grande grotta alla base e un piccolo tempio al di sotto, dedicato a Plutone, la cui prima fase edilizia risale al tempo di Pisistrato. Nel IV sec. a.C. questo santuario fu chiuso con un alto peribolo triangolare; l’accesso avveniva tramite una porta aperta sul lato della strada.
Accanto al Plutoneion c’è un’esedra tagliata nella roccia, da dove forse i sacerdoti seguivano il passaggio della processione. A contatto con l’esedra, a sinistra, si conservano le fondazioni di un piccolo tempio di Ecate e, a breve distanza e poco più in alto rispetto alla strada, si erge una grande roccia grezza isolata sul cui lato superiore fu tagliata una cripta cilindrica che veniva chiusa da una pietra. Si tratta del Petroma, che veniva aperto la notte dei riti per leggere agli iniziati le tavolette scritte, lì custodite con gli ordini della dea. Sul retro c’è una grande spaccatura nel pendio roccioso dove si conservano le fondazioni di un tempio di epoca romana, dedicato probabilmente alla Nuova Demetra. La via processionale, dopo un percorso di 100 m all’interno del santuario, terminava al tempio della dea, il Telesterion. Si tratta di un’enorme sala (51,55 x 53,7 m) con una superficie di circa 2750 m2. Il suo soffitto aveva un opaion (lucernario) per l’illuminazione e la ventilazione dell’ambiente, era sorretto da 42 colonne poste in 6 file di 7 colonne ciascuna. Al centro di questa sala ipostila si distinguono tagliate nella roccia naturale le tracce di fondazione di un adyton relativamente piccolo, l’anaktoron della dea. Sui quattro lati della sala c’erano otto gradini di pietra da dove gli iniziati seguivano la cerimonia dei Misteri. Sulla parte frontale intorno al 345 a.C. fu aggiunta un’enorme prostasi dorica dodecastila, la stoà di Filone. Al di sotto dell’adyton fu rinvenuto il tempio più antico di Demetra, un piccolo megaron miceneo. A sud del Telesterion si conservano le rovine del bouleuterion ellenistico con una fase di rifacimento romana e, nelle vicinanze, si trova l’entrata meridionale del santuario che dava sul mare e sul porto. All’interno delle mura meridionali del santuario si conservano importanti resti, come quelli della Hierà Oikia del periodo geometrico e arcaico, del Mitreo, dell’agorà e altri ancora. In questa zona si conservano anche, e per una notevole altezza, le mura del IV sec. a.C.; sul lato orientale si possono vedere ancora quelle del V sec. a.C. All’interno delle mura di Pericle i tratti conservatisi della sovrastruttura della cinta difensiva di Pisistrato, fatta di mattoni crudi, costituiscono rari esempi di questa tecnica costruttiva.
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di Luigi Caliò
Il sito di Capo S. (gr. Σoύνιον; lat. Sunium) occupa la sommità di una piccola penisola che costituisce la punta meridionale dell’Attica, a circa 70 km a sud-est da Atene.
S. era uno dei demi dell’antica Attica, che apparteneva alla tribù di Leontis e dopo il 200 a.C. a quella di Attalis. L’area in epoca storica era occupata da due santuari, uno dedicato ad Atena e un secondo, più famoso, a Poseidone, ma tracce di frequentazione si hanno nella baia del S. già a partire dal III millennio a.C. Il capo è descritto come un santuario già da Omero (Od., III, 278) e nell’VIII sec. a.C. l’area ha restituito le prime tracce archeologiche dell’uso del luogo sacro. Intorno al 600 nel recinto del santuario di Poseidone e in quello di Atena furono eretti diversi kouroi monumentali, rinvenuti di fronte alla facciata del successivo tempio di età classica. In periodo tardoarcaico si data il primo tempio di Poseidone costruito in poros locale, cui forse devono essere riferite le colonne riutilizzate nella navata centrale della stoà nord del santuario e che nel momento della distruzione del santuario da parte dei Persiani non era ancora finito; probabilmente lo sviluppo del santuario si deve mettere in relazione con lo sfruttamento delle vicine miniere del Laurion. Durante le guerre persiane il santuario fu distrutto ma tuttavia rimase in uso come luogo di culto; secondo Erodoto (VIII, 121), infatti, gli Ateniesi dedicarono dopo la vittoria di Salamina nel santuario di Poseidone una delle navi fenicie catturate. Tra il 444 e il 440 a.C. viene attestata la ricostruzione del tempio di Poseidone.
L’area del santuario occupa l’acropoli della fortezza di periodo tardoclassico ed è stata livellata artificialmente già in periodo antico. Il muro di peribolo che circonda l’area sacra aveva anche funzione di sostruzione della terrazza artificiale; quando fu successivamente costruita la fortezza, il lato est di questo muro fu inglobato nel sistema di fortificazione. Nel lato nord del peribolo si apriva un propylon con due colonne doriche in antis che supportavano un frontone e che formavano con le ante tre porte allineate, la centrale delle quali aveva una rampa di accesso e non una scalinata per il passaggio degli animali; l’intero edificio sembra richiamare nell’impianto i propilei arcaici dell’Acropoli di Atene. In periodo successivo è stata costruita la stoà a doppia navata sul lato nord e in una fase ancora più tarda una seconda stoà sul lato ovest del peribolo. Il tempio, dorico, periptero, esastilo con 13 colonne sui lati lunghi, occupa la sommità della collina e utilizza le fondazioni in poros dell’edificio precedente, mentre per il resto è utilizzato il marmo di Agrileza, le cui cave si trovavano a soli 4 km dal promontorio. La costruzione del tempio è stata attribuita allo stesso architetto, il cui nome è sconosciuto, che ha realizzato anche il tempio di Efesto ad Atene, quello di Ares ad Acarne e quello della Nemesis a Ramnunte; questi templi infatti presentano alcune caratteristiche comuni, come l’ampio spazio di fronte al pronao, profondo due intercolumni, le colonne slanciate e senza entasis, l’uso del fregio continuo all’interno dello spazio rettangolare che si crea tra la facciata del pronao e il colonnato della facciata del tempio. Il fregio, in marmo pario, aveva scene di Gigantomachia, Centauromachia e delle fatiche di Teseo.
Gli Ateniesi fortificarono il S. durante la guerra del Peloponneso, per assicurare le comunicazioni via mare con la Beozia e la fortezza fu un punto di forza importante per la difesa dell’Attica in genere e di Atene in particolare; diverse iscrizioni rinvenute nel sito ci informano sui compiti di difesa che aveva la guarnigione del S. Della fortezza del S., che ingloba anche il santuario, rimane la cinta muraria in opera poligonale spessa circa 3,5 m, protetta da 11 torri quadrate. La porta di accesso si trovava nell’angolo nord-ovest. La fortezza fu ristrutturata durante il II sec. a.C. quando fu costruito il grande bastione rettangolare a est del propylon del santuario, forse un’area di stoccaggio, e fu risistemata l’area della porta di accesso. Il santuario di Atena, fuori dalla cinta di fortificazione, sorge intorno a un antico heroon dedicato a Fronti, nocchiero di Menelao morto al S., circondato da un temenos circolare. Questo temenos è in parte compreso nel muro di peribolo del più tardo santuario all’interno del quale si trova il tempio di Atena, descritto da Vitruvio tra le architetture templari anomale. Il tempio, ionico, in marmo di Agrileza, presenta 10 colonne sul lato est e 12 su quello sud. In periodo augusteo il tempio fu smontato e ricostruito nell’Agorà di Atene. Incerta è la data di costruzione: subito dopo le guerre persiane o all’inizio della guerra del Peloponneso o, più probabilmente, bisogna distinguere due fasi nella seconda delle quali è stato eretto il peristilio. A nord-est del tempio di Atena si trova un piccolo tempio dorico in antis di cui è incerta la dedica, forse ad Artemide. All’interno del peribolo del santuario sono stati trovati diversi kouroi eretti prima della costruzione del tempio di Atena e che testimoniano la fase arcaica del culto insieme alle offerte di bronzo e terracotta, ai vasi corinzi e ad alcune tavolette dipinte di cui la più famosa mostra una scena di opliti trasportati da una nave; sempre nel santuario è stato riportato alla luce anche il noto rilievo dell’Autostephanoumenos.
L’area e i santuari conobbero un declino durante il I sec. a.C. e furono abbandonati sotto l’impero di Augusto, in particolare il tempio di Atena fu portato ad Atene ed eretto nell’Agorà. Nel II sec. d.C. Pausania (I, 1) confonde i due santuari e attribuisce il tempio di Poseidone ad Atena.
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