La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Acaia
di Massimo Osanna
Regione (gr. ᾿Αχαία; lat. Achaia) compresa tra l’Elide, l’Arcadia e la Sicionia, i cui confini possono individuarsi lungo precise coordinate idro-orografiche: a ovest il fiume Lariso, odierno Mana (Paus., VII, 7, 5;); a sud le pendici dei monti Erimanto, Aroania e Cillene; a est il fiume Sita (Paus., VII, 27, 12, Trikalitikos). Gli originari 12 distretti della regione sono indicati da Erodoto (II, 41, 7): Pellene, Egira, Aigai, Boura, Elice, Aigion, Rhipe, Patrasso, Pharai, Olenos, Dyme e Triteia. Polibio (II, 41, 7-8) non serba più memoria di Aigai e di Rhipe, ma le sostituisce con Keryneia e Leontion, citando come scomparse Elice e Olenos. Pausania, pur ricordando le nuove definizioni territoriali di epoca romana, elenca tutti i distretti erodotei con l’aggiunta di Keryneia.
L’Acaia è caratterizzata da una pianura estesa sino ai golfi di Corinto e di Patrasso; risulta inquadrata inoltre da una serie di rilievi digradanti verso la costa e attraversati da fiumi che delimitavano spesso le chorai dei vari distretti. La tradizione conserva il ricordo di varie fasi insediative, scandite da nette cesure e rinnovate organizzazioni del popolamento. Nella regione, chiamata originariamente Egialeo (Aigialos) e abitata dagli Egialesi (Il., II, 575; Strab., VIII, 7, 1; Paus., VII, 1, 1), si stabilirono prima gli Ioni, organizzati in dodecapoli con un culto comune di Poseidone Eliconio (noto già in Il., VIII, 200-4 e XX, 403-5; inoltre in Diod. Sic., XV, 49, 1-3), e, in seguito alle invasioni doriche, gli Achei. Il culto federale acheo è quello di Zeus Homarios (Pol., V, 93, 10), il cui temenos, situato originariamente nel territorio di Elice, passò nella chora di Aigion (Strab., VIII, 7, 10) dopo la catastrofe del 373 a.C. Non è chiaro se in epoca arcaica gli Achei avessero già dato vita alla Lega, la cui esistenza è documentata solo a partire dal V sec. a.C. (prima del 417 a.C.), quando le colonie magno-greche Crotone, Caulonia e Sibari crearono una lega mutuando politeia e il culto di Zeus Homarios dalla madrepatria (Pol., II, 39, 1-7).
Poco si sa delle vicende che hanno interessato l’Acaia in epoca arcaica. Significativo risulta il ruolo svolto nella colonizzazione verso occidente: oltre alla fondazione di Zante (Thuc., II, 66, 1), di cronologia discussa, entro l’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C. sorsero Sibari, Crotone e Caulonia, seguite da Metaponto. Le tradizioni di fondazione non ricordano poleis alle spalle delle apoikiai, ma l’intera realtà regionale, segno evidente dell’esistenza di “distretti” non ancora saldamente strutturati e sinecizzati. Conclusasi la spinta colonizzatrice, la regione rimase appartata e non prese parte alle guerre persiane e alla Lega peloponnesiaca. Rivendicata da Atene negli anni 453, 446, 429 e 419 a.C., l’Acaia passò sotto l’influenza spartana nel 417 a.C., subendo un cambiamento costituzionale della democrazia in oligarchia. Nella terza e quarta guerra focese si schierò contro la Macedonia, così come nella guerra di Agide di Sparta. Già nel 324 a.C. (Hyp., I, 18) il koinòn sarebbe stato disciolto, mentre guarnigioni e tiranni vennero imposti da Demetrio Poliorcete in varie città. Nel 281/80 a.C., Patrasso, Dyme e Triteia ridettero vita alla Lega, alla quale nel 275 a.C. aderirono Aigion, Boura e Keryneia e, poco dopo, Leontion, Egira e Pellene. Decisiva fu l’attività di Arato, il quale, liberata Sicione nel 251 a.C., l’unì alla Lega, dando inizio all’espansione che portò gran parte del Peloponneso nel koinòn. La parabola achea si chiuse con la guerra acaica, la distruzione di Corinto e il conseguente scioglimento della Lega. Nel 27 a.C. la regione entrò a far parte della provincia romana di Achaia. Patrasso, colonia romana dal 14 a.C., si sviluppò a scapito degli altri centri, molti dei quali furono inglobati nel suo territorio.
Per quanto concerne la documentazione archeologica, oltre a resti paleolitici da Triteia e da Elaiochori e a scarse tracce di siti premicenei, i dati recuperati attestano un momento di fioritura ed espansione demografica nel corso del periodo miceneo. Dei 64 siti censiti da T.J. Papadopoulos (1979) almeno due, Teichos Dymaion ed Egira (e, forse, anche Mitopolis), rispondono al tipo delle acropoli fortificate con mura ciclopiche. Un incremento del popolamento si coglie nella seconda metà del Tardo Elladico III, senza un evidente calo nel corso del Submiceneo; mancano invece dati per il periodo successivo fino al Protogeometrico, quando sono attestati solo due siti (dei quali uno al Teichos Dymaion). Tra il IX e il VII sec. a.C. cominciarono a nascere diversi siti all’interno dei distretti erodotei: santuari sono noti a Egira sull’acropoli, a Pellene nella chora (grotta di Pitsà), a Rakita sul monte Panachaikon (forse al confine tra la chora di Elice e l’Arcadia). Nuclei di tombe si conoscono a Drepanon (antica Bolina), ad Ano Kastritsi (Arba?) e ad Aigion. I vari distretti non sembrano aver dato ancora luogo in maniera omogenea a fenomeni sinecistici e alla nascita di poleis ben strutturate (Erodoto parla di “parti” e non di città). Mentre ad Aigion la frammentaria indagine archeologica lascia intravedere un insediamento che prende le mosse nell’alto arcaismo per svilupparsi in maniera significativa solo a partire dal V sec. a.C., il caso di Patrasso propone invece un modello di sinecismo “attardato”: questo, attribuito dalle fonti all’arrivo degli Achei, non sembra risalire oltre il secondo quarto del V sec. a.C., data in cui sull’acropoli venne realizzata dagli artisti severi Menecmo e Soida la statua di culto poliadica di Artemide, identificata erroneamente da Pausania (VII, 18, 10) con la statua della Laphria che Augusto fece trasportare da Calidone.
Rispettando la fonte straboniana (VIII, 3, 2), che data il sinecismo di Elide e di altre comunità peloponnesiache dopo le guerre persiane, sembra che anche alcuni distretti dell’Acaia si siano strutturati in vere e proprie poleis solo a partire dal V sec. a.C. Certamente Patrasso è ormai sinecizzata nel 418 a.C., quando Alcibiade invitò la città a munirsi di lunghe mura tra la città alta e il porto (Thuc., 52, 5). Egira mostra un abitato ben strutturato solo a partire dalla prima epoca ellenistica, quando si urbanizzò il pianoro del teatro con il santuario di Zeus citato da Pausania. Tale santuario, in base ai dati forniti dagli scavi austriaci, risale alla prima metà del III sec. a.C. e dunque forse al momento dell’adesione della polis alla Lega achea. L’epoca ellenistica vide le varie poleis d’Acaia darsi una nuova veste urbana e un aspetto monumentale: oltre ai dati archeologici, è significativo il ricordo nelle fonti dell’attività di scultori come Damofonte ad Aigion o Euclide a Egira (dove è stata recuperata la testa di uno Zeus colossale) e a Boura. In epoca romana Patrai rimase l’unico centro di grande rilievo, come le scoperte degli ultimi decenni stanno documentando.
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di Luigi Caliò
Il sito (gr. Πάτραι; lat. Patrae) fu abitato fin da periodo preistorico (le prime attestazioni risalgono al Medio Elladico) e presenta una fase micenea piuttosto ricca come testimoniano soprattutto i resti delle necropoli; rimanenze dell’abitato sono state trovate nei pressi della rocca dove forse era l’acropoli micenea.
La tradizione attribuisce il sinecismo e la fondazione della P. storica all’eroe Patreus che giunse dalla Laconia. Un sinecismo vero e proprio si conosce tuttavia solo a partire dal periodo tardo arcaico e forse può essere datato nel secondo quarto del V sec. a.C., quando fu scolpita per il culto di Artemide Triklaria la statua della dea dagli artisti di periodo severo Menecmo e Soida. Fino alla fine del V secolo la città era comunque di estensione limitata e occupava solo la zona della rocca; diversi santuari inglobati più tardi nel tessuto urbano (Artemide Limnatis, Dioniso Aisymnetos, Demetra e Kore) erano in questa epoca ancora fuori le mura. Le prime testimonianze storiche della città si datano durante la guerra del Peloponneso, quando la flotta ateniese utilizzò P. come porto dopo la sua vittoria contro la flotta corinzio-peloponnesiaca nel 429 (Thuc., II, 43, 3-5; Diod. Sic., XII, 48,1) e Alcibiade tentò di coinvolgere la città nella guerra del Peloponneso nel 419 (Plut., Alc., 15, 3; Thuc., V, 52, 2).
La città conosce uno sviluppo importante, che è possibile seguire soprattutto dalle necropoli e dai monumenti funebri, soltanto a partire dal IV secolo. Nel 280 a.C., insieme a Dyme, Pharai e Triteia, P. fonda la Lega achea e nel 279, unica città fra gli Achei, corre in aiuto degli Etoli contro i Galati, dai quali subiscono una sconfitta; secondo Pausania gli abitanti si rifugiarono nei villaggi situati nei pressi della città. La notizia di Pausania appare troppo radicale, ma viene confermata almeno parzialmente da una sostanziale diminuzione delle sepolture nelle necropoli della città per tutto il III sec. a.C.
All’inizio del II sec. a.C., P. assume la direzione politica della lega dopo la liberazione delle città greche da parte di T. Quinzio Flaminino nel 196 a.C.; questa fase è testimoniata da un’ampia circolazione di monete e da una crescita importante del porto. Nel 146, dopo la distruzione di Corinto, P. diviene la prima polis per importanza della nuova Lega achea riorganizzata dai Romani e la zecca cittadina continua a coniare moneta su concessione di Roma. In questo momento la città è particolarmente florida e le necropoli testimoniano la presenza di un importante ceto medio alto composto dai proprietari terrieri e soprattutto dai mercanti favoriti dalla politica di Roma nel Mediterraneo. Il porto continua la sua attività per tutto il periodo repubblicano e controlla i traffici con Roma. Dopo la crisi dovuta alle guerre civili una nuova spinta economica fu data a P. dalla fondazione della Colonia Augusta Achaica Patrensis di cui fecero parte i veterani della legio XII Fulminata e della X Equestris; probabilmente in questa occasione fu costruito l’Aedes Augustalium e forse nel tempio di Zeus Olympios fu accolto il culto della triade capitolina. Lo stesso Augusto fece trasportare a P. da Calidone la statua crisoelefantina di Artemide Laphria e forse anche il culto stesso, che si sovrappose a quello più antico di Artemide Triklaria, il cui recinto sacro si trovava sull’acropoli. Probabilmente però la risistemazione complessiva dello spazio urbano nel settore della città romana è più tardo e si deve al periodo flavio. In questa fase si data una fontana monumentale, conosciuta attraverso monete di Domiziano, che si trovava all’incrocio dei due assi maggiori della colonia e forse in questo periodo può collocarsi l’inizio dei lavori per l’anfiteatro che nel complesso si data tuttavia al II sec. d.C.
Tra gli inizi del II sec. d.C. e la metà del secolo successivo si nota un’intensa attività costruttiva di cui il monumento più importante è proprio l’anfiteatro. La descrizione della città di II secolo ci è lasciata da Pausania, tuttavia la continuità d’uso della città fino all’occupazione ottomana rende difficile nella realtà archeologica l’identificazione dei monumenti citati dal periegeta. La città comunque mostra una ricchezza diffusa: le case di questo periodo sono particolarmente ricche, con mosaici, statue e a volte giardini e terme. Alla stessa fase si data la risistemazione del porto di cui si hanno diversi indizi. Particolarmente ricche le necropoli di periodo imperiale, che sono utilizzate fino al V-VI sec. d.C., anche se la città dovette accusare un duro colpo a causa del terremoto che alla fine del III secolo colpì l’intero Peloponneso. L’abitato successivo al terremoto ha un’ampiezza limitata rispetto a quello medio imperiale.
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