Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La storia della fisica del XVIII secolo è assai complessa e articolata e non rappresenta una semplice estensione delle teorie di Newton. La stessa definizione di “fisica” assume diversi e molteplici significati. Verso la fine del secolo, l’interazione fra scienze classiche e discipline sperimentali determina l’affermazione della moderna immagine di scienza.
Newton e il Settecento
Per gli storici delle scienze fisico-matematiche, il Settecento è certamente il “secolo di Newton”, ma non è soltanto questo. I Principia mathematica e l’ Ottica di Newton, due opere completamente diverse per struttura e impostazione metodologica, determinano la nascita di programmi di ricerca distinti e talvolta in reciproca contrapposizione. Quando si parla di “newtonianesimo” nel XVIII secolo è necessario ricordare che in questo arco di tempo l’immagine di Newton non viene concepita in maniera unitaria ma, al contrario, secondo forme assai varie e articolate. Spesso gli scienziati utilizzano il riferimento a Newton come un alibi per giustificare le proprie posizioni teoriche. A Newton può essere attribuito tutto e il contrario di tutto. Matematici, meccanici razionali, fisici sperimentali, chimici, filosofi naturali (l’elenco potrebbe continuare) hanno tutti buoni motivi per appellarsi alla sua autorità. Talvolta, come farà John Dalton, gli scienziati modificano addirittura le citazioni di passi tratti dalle sue opere. Altri, come Lamarck, si appelleranno a Newton per attaccare la fisica e la chimica della fine del secolo, programmaticamente poste sotto l’egida del grande filosofo naturale inglese. Naturalisti anti-meccanicisti giustificheranno forme di vitalismo metodologico dichiarandosi seguaci di Newton.
Ma Newton non rappresenta neppure l’unico punto di riferimento per la fisica settecentesca. Esistono altre posizioni filosofiche e scientifiche in grado di influire sulle attività di ricerca del XVIII secolo: in primo luogo quelle di Galilei, Bacon, Cartesio e Leibniz. Talvolta può accadere che in un programma di ricerca tutti gli elementi elencati in precedenza siano presenti contemporaneamente.
Il Settecento, per la ricerca fisica, non è certo un periodo di assestamento, durante il quale le teorie di Newton vengono ritoccate o perfezionate. Anzi, il XVIII secolo vive profonde rivoluzioni concettuali, che porteranno all’affermazione della scienza moderna, grazie all’integrazione fra scienze classiche e discipline sperimentali.
Scienze classiche e discipline sperimentali
Fare fisica dopo Newton significa almeno due cose: 1) cercare di estendere sempre più la matematica ai fenomeni del moto e alla meccanica (che è destinata a diventare un capitolo dell’analisi, un insieme di equazioni e operazioni algebriche): è questo l’ambito delle scienze classiche o dei fisici-matematici sviluppato da Bernoulli, Euler, D’Alembert, Lagrange – che pubblicherà nel 1788 una Mécanique analytique – e Laplace; 2) dedicarsi allo studio di fenomeni naturali analizzabili soltanto per via sperimentale e difficilmente riconducibili nell’ambito di teorie matematiche e formalizzate: sono queste le discipline baconiane o sperimentali.
Le discipline sperimentali (studio dei fenomeni termici, elettrici, magnetici, geologici, meteorologici, chimici) costituiscono ambiti di ricerca in via di definizione, sia dal punto di vista teorico che istituzionale. Essere fisici sperimentali (o filosofi naturali) significa muoversi su di un terreno comune dove non sono valide quelle distinzioni fra discipline oggi ormai consolidate.
Per i fisici sperimentali, come Alessandro Volta o Lazzaro Spallanzani, è del tutto naturale passare dallo studio delle rocce e dei minerali all’esame dei fenomeni elettrici, o dalle analisi sui gas a quelle sulla respirazione degli animali.
Scienze classiche e discipline sperimentali trovano un punto di incontro verso la fine del Settecento, grazie alla collaborazione, in Francia, tra fisici matematici e filosofi naturali. Nel 1784 Laplace e Lavoisier pubblicano il celebre Mémoire sur la chaleur, che costituisce uno dei momenti fondamentali di questa collaborazione. Successivamente Laplace dà vita a un ambizioso programma di ricerca che prevede l’intera matematizzazione delle discipline sperimentali, sviluppando in maniera fondamentale il calcolo delle probabilità. Il manifesto del programma di Laplace è costituito dall’ Exposition du système du monde (1796).
Il corpuscolarismo
Una delle caratteristiche della fisica newtoniana è quella di proporre una teoria della materia di tipo corpuscolare, sviluppando e rivedendo le idee di Galilei, Gassendi e Cartesio. Nonostante la sua grande diffusione, l’immagine corpuscolare della materia viene talvolta accettata con riserva, soprattutto nell’ambito delle discipline sperimentali. La teoria newtoniana non fornisce informazioni su forma, peso e distanza fra le particelle e non offre quindi indicazioni utili per determinare caratteristiche e proprietà specifiche delle sostanze macroscopiche. Per questo motivo i chimici continuano ad avere come punto di riferimento teorie della materia di tipo qualitativo, fondate sull’esistenza di elementi o principi, e ispirate ad Aristotele e Stahl.
Forze e affinità
Un’altra grande questione anima nel Settecento il dibattito sulla fisica newtoniana e investe sia la discussione sui principi della meccanica, sia lo studio delle discipline sperimentali: il concetto di forza. Newton è accusato di aver reintrodotto in fisica le qualità occulte. L’affinità appare come un’entità misteriosa, metafisica, di matrice vitalistica ed ermetica.
L’accusa proviene in primo luogo dai cartesiani, che hanno ancora grande potere nel Settecento, sia dal punto di vista scientifico sia istituzionale. I seguaci di Cartesio attribuiscono dignità e significato agli aspetti matematici della teoria di Newton; negano tuttavia che il sistema fisico del mondo proposto da Newton abbia un valore reale. Ma anche Leibniz e i suoi sostenitori, pur non essendo certo cartesiani, non sono favorevoli al concetto di attrazione newtoniana.
La discussione sulla natura delle forze è al centro anche dei dibattiti tra fisici newtoniani. La teoria di Newton prevede che la forza d’attrazione universale, che dipende soltanto dalla distanza fra due oggetti e dalle loro masse (sia delle particelle elementari sia dei pianeti), agisca sempre e unicamente in linea retta. Molti fisici (sia matematici sia sperimentali), che si professano newtoniani, non sono del tutto convinti che la legge d’attrazione a livello planetario sia identica alla legge d’attrazione a livello molecolare. Alcuni sostengono inoltre che il percorso della forza possa essere diverso da quello rettilineo.
Contro lo spirito di sistema
La scienza di Newton rappresenta un punto di riferimento essenziale per la filosofia dell’Illuminismo. Newton è il distruttore della fisica dei “sistemi” e dei romanzi di fisica di origine cartesiana. Newton ha per sempre sconfitto l’idea che i principi di una scienza possano essere individuati partendo da definizioni e assiomi astratti, privi di ogni fondamento empirico. Ma la fisica settecentesca, sia matematica sia sperimentale, non rifiuta assolutamente l’utilizzazione di analogie, metafore e ipotesi.
Durante il Settecento inizia a farsi strada il concetto di strumentalismo. Attraverso la creazione di modelli, ovvero rappresentazioni ipotetiche della realtà fisica, si ritiene possibile applicare la teoria di partenza a settori non direttamente osservabili o suscettibili di sperimentazione.
I modelli utilizzati dalle scienze classiche sono di natura matematica, quelli delle discipline sperimentali hanno generalmente una struttura qualitativa. Ad esempio, per spiegare i fenomeni elettrici e magnetici, Newton utilizza l’ipotesi di un fluido imponderabile, dotato di caratteristiche diverse rispetto a quelle della materia ordinaria, attraverso il quale agiscono le forze attrattive e repulsive.
Utilizzare modelli nell’ambito delle discipline sperimentali significa comunque continuare una linea di ricerca inaugurata nel Seicento da Francis Bacon, sostenitore del ruolo di analogie e generalizzazioni all’interno del processo conoscitivo delle discipline sperimentali. In questo senso è possibile affermare che il Newton dell’ Ottica è un filosofo naturale baconiano. Nel Settecento esistono tuttavia moltissimi fisici sperimentali che, interpretando il pensiero di Bacon in maniera riduttiva, rifiutano il ricorso a ipotesi e congetture modellistiche. Secondo l’opinione di questi filosofi naturali, il vero fisico deve basarsi soltanto sulla validità delle osservazioni e degli esperimenti e deve accumulare fatti, senza inventarli.
Per molti ricercatori, infine, ad esempio per il teologo e filosofo Joseph Priestley (uno dei protagonisti nella storia della rivoluzione chimica), lo studio della natura rappresenta ancora lo strumento per accedere non soltanto alla conoscenza fisica del mondo, ma anche alla sua comprensione spirituale e metafisica.
L’affermazione della scienza moderna
Alla fine del Settecento, la matematizzazione delle discipline sperimentali, ovvero l’interazione fra scienze classiche e baconiane, apre la strada ad uno dei principali filoni della scienza moderna. Al tempo stesso, complesse relazioni teoriche, economiche e sociali pongono in contatto il mondo dei filosofi naturali, degli sperimentatori e dei produttori, contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo della prima rivoluzione industriale. Assieme all’elettrologia e alla chimica, sarà lo studio dei fenomeni termici, in relazione al problema dello sfruttamento delle macchine a vapore, a suscitare maggiormente l’interesse dei fisici tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.