La fase tardo e post-ramesside e la Bassa Epoca in Egitto
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
La fama del Nuovo Regno come una delle epoche di riferimento per la cultura egizia si delinea già nel periodo tardo-ramesside: gli stessi nomi dei sovrani della XX Dinastia, richiamando la figura di Ramesse II, offrono un vivido esempio per riconoscere i modelli di riferimento di un Egitto che sta lentamente avviandosi verso il tramonto. I segnali di un radicale cambiamento nell’intero scenario del Mediterraneo orientale appaiono evidenti con la crisi degli stati palatini del Tardo Bronzo, che si ripercuote in Egitto con una nuova frammentazione politica. I nuovi processi di unificazione, pur collegandosi ai modelli più antichi, vanno interpretati alla luce di un mutato assetto sociale e culturale, dominato da una realtà complessa, nella quale si affermeranno potenze sovrannazionali che arriveranno a coinvolgere lo stesso Egitto.
La crisi della famiglia fondata da Ramesse II è sancita dall’avvento di una nuova dinastia, fondata da Sethnakht; dopo il suo breve regno sale al trono Ramesse III, ultimo grande sovrano del Nuovo Regno. Già nel nome appare evidente quale sia il suo modello di riferimento: come Ramesse II ha fatto dello scontro con gli Hittiti lo strumento della propria propaganda, così Ramesse III rielabora ideologicamente gli scontri con le popolazioni occidentali (Libici, Popoli del Mare) nella serie di rilievi del suo tempio a Medinet Habu (Tebe ovest). Il sito era già stato scelto per edificare un santuario che, nella XVIII Dinastia, era stato interpretato come la controparte occidentale di Luqsor; nel periodo tardo-ramesside l’area di Medinet Habu ospita anche il centro amministrativo dell’area tebana, dove risiede il sindaco della città. La struttura del tempio di Ramesse III si segnala per il palazzo regale, edificato a ridosso del primo cortile, e il portale d’accesso, che riproduce la struttura d’ingresso delle fortificazioni siriane.
Nonostante questa energica proclamazione di potere, diversi sono gli indizi di una crisi che inizia a minare lo Stato: la crisi economica determina un’irregolarità nella retribuzione degli operai addetti ai lavori nella necropoli regale, che proclamano uno sciopero abbandonando il posto di lavoro. Ancora più indicativa della crisi è la cospirazione che porta alla morte di Ramesse III e che, sulla base dell’inchiesta condotta dopo i fatti, vede coinvolte diverse personalità della famiglia regale e della corte.
Dopo di lui, seguono altri otto sovrani con lo stesso nome; il primo della serie, Ramesse IV, registra alla sua ascesa al trono una serie di donazioni a templi che dimostrano quanto questi, soprattutto quello di Amon-Ra a Karnak, siano divenuti i veri detentori della ricchezza del Paese. La sequenza regale mostra la successione di rami diversi della famiglia di Ramesse III, fatto che può essere indice di ulteriore debolezza; il quadro è evidente quando Ramesse VI, asceso al trono, amplia la tomba del predecessore Ramesse V, facendone una delle più monumentali dell’intera Valle dei Re. Durante il regno di Ramesse IX si fanno sempre più frequenti le notizie relative al saccheggio delle tombe regali nella necropoli tebana: furti nei grandi sepolcri della Valle dei Re dovevano verificarsi anche precedentemente, ma ora il fenomeno si fa più diffuso; gli atti delle inchieste ufficiali testimoniano una crisi economica che viene in parte tamponata dalle circolazione delle ricchezze sigillate nelle tombe, e nello stesso tempo svelano il coinvolgimento di alti funzionari tebani all’attività illecita. L’insicurezza del cimitero regale determinò un intervento di salvataggio delle mummie degli antichi sovrani, raccolte in due tombe-nascondiglio nella stessa Valle dei Re (tomba di Amenhotep II) e a Deir el-Bahari.
Una delle fonti più importanti di notizie del periodo è costituita dalla documentazione del villaggio operaio di Deir el-Medina: l’insediamento nato all’inizio della XVIII Dinastia fiorisce tra la XIX e la XX Dinastia, e costituisce uno dei casi più complessi di comunità specializzata. Questa peculiarità è determinata anche da un alto livello di alfabetizzazione e da una sostanziale omogeneità sociale (gli artigiani sono soprattutto decoratori e pittori delle tombe regali, e per la loro attività debbono necessariamente essere in grado di leggere e scrivere). Gli scavi hanno portato alla luce una quantità straordinaria di documenti su papiro o su ostraka (frammenti di coccio o pietra, usati come supporto scrittorio), che ci hanno restituito uno spaccato della realtà del villaggio e dei suoi abitanti. La cultura di questa comunità è rappresentativa di quel modello vernacolare già affermatosi nella XIX Dinastia, che trova proprio in Deir el-Medina un centro particolarmente vivace e produttivo.
Ulteriore segno del mutamento dei tempi può essere il peso sempre maggiore del sacerdozio tebano, vera forza politica che si afferma nel sud del Paese, pur riconoscendo ancora il ruolo del sovrano. La crisi si manifesta alla morte dell’ultimo re della XX Dinastia, Ramesse IX, che risiede nella città di Piramesse: il controllo del nord viene preso da una nuova famiglia, mentre nella Tebaide il potere è ormai saldamente nelle mani del Gran Sacerdote di Amon Herihor.
Una preghiera alla Cima occidentale di Tebe divinizzata su una stele da Deir el-Medina
Fare lodi alla Cima dell’occidente, baciare la terra davanti al suo ka.
Io ti faccio lodi, ascolta la [mia] supplica, perché io sono uno che [compie] la Maat sulla terra.
Dedica del servo nella Sede della Maat, Neferabu giusto di voce: un uomo ignorante, privo di coscienza, che non era in grado di distinguere il bene dal male. Io avevo peccato di disobbedienza contro la Cima, e lei mi aveva inflitto un castigo; ero in suo potere di notte e di giorno, e sedevo sul mattone come una partoriente; io invocavo il soffio vitale, ma quello non venne da me; io mi umiliai di fronte dalla Cima dell’Occidente grande di potenza e di fronte a ogni dio e a ogni dea.
Ecco, io proclamerò al grande e al piccolo della squadra: fate attenzione alla Cima, perché c’è un leone in lei, la Cima colpisce con il colpo di un leone feroce: perseguita chi le disobbedisce. Io ho supplicato la mia signora e l’ho trovata che veniva da me come una brezza favorevole: lei fu propizia nei miei confronti facendomi vedere la sua mano.
Lei si è volta a me propizia e mi ha fatto perdere coscienza del male che era nel mio cuore. Ecco, la Cima dell’Occidente è propizia se la si supplica. Lo ha detto Neferabu giusto di voce, che dice: Ecco, prestino ascolto le orecchie di ognuno che è sulla terra: fate attenzione dalla Cima dell’Occidente!
Un elemento caratterizzante dell’Egitto ramesside è la percezione di una diversificazione dei registri culturali; per la prima volta la Terra del Nilo si misura coscientemente con un modello di tradizione che appartiene alla dimensione ufficiale (principalmente tempio e sovrano), al quale si contrappone ora una realtà molto più articolata, che meglio sa esprimere uno spirito vernacolare. Il fenomeno è particolarmente sensibile in ambiti ben precisi (lingua e produzione scritta in primo luogo), ma investe più in generale tutto il mondo delle idee e della rappresentazione.
A questo processo concorre quell’apertura verso il mondo esterno – già attiva nel Nuovo Regno – che determina fenomeni di ricezione culturale a vario livello (testuale, lessicale, artistico, religioso ecc.); una nuova sensibilità che contribuisce certo al riconoscimento del registro vernacolare quale detentore e veicolo di cultura. L’esempio più eloquente di questo nuovo spirito si riconosce in una letteratura che non solo si esprime ora con la lingua parlata, resa elegante con riprese coscienti del modello classico, ma crea anche generi nuovi, come i canti d’amore o le miscellanee scribali, interpretati dalla critica egittologica come i frutti più evidenti di questo nuovo spirito. Nello stesso tempo, si delinea un gusto per l’esotico e il fantastico che in alcuni testi, come la Storia del Principe Predestinato, ha un ruolo fondamentale nella costruzione della vicenda e nella rappresentazione del reale; le evidenze del periodo offrono, dunque, un quadro estremamente articolato e complesso, che fanno dell’Egitto ramesside una cultura eclettica e molto più “moderna”.
La nuova linea dinastica (XXI Dinastia) trasferisce la propria residenza da Piramesse a Tanis, nel Delta. Lo spostamento determina non solo una nuova città regale, ma anche lo spostamento fisico di molti monumenti dell’antica residenza di Ramesse II: il riutilizzo di materiali ramessidi è un tratto distintivo della nuova residenza, che cresce anche fisicamente come un duplicato della più famosa Piramesse. Il modello antico costituisce un motivo centrale nella concezione di Tanis: la stessa necropoli regale, che dopo secoli abbandona la Valle dei Re, vuole richiamare nella decorazione le grandi raccolte funerarie che erano in uso nel Nuovo Regno. Queste tombe, scoperte negli anni Quaranta del secolo scorso, hanno restituito corredi preziosi che vogliono ancora collegarsi ai modelli più antichi; tuttavia queste strutture sono ora collocate non in uno spazio cimiteriale, ma nella cinta sacra del tempio di Amon, edificato come duplicato del grande santuario di Karnak: questa consuetudine sarà poi ripresa ancora in Epoca tarda, come dimostrano le tombe dei re saiti nella cinta del tempio di Neith a Sais, di cui parlano anche le fonti classiche.
Nel corso della XXI Dinastia l’elemento libico si fa sempre più evidente: un re del tempo, Osorkon I, sembra essere di origini occidentali, come dimostra anche il suo nome non egizio. Intanto, a Tebe si rafforza la linea dinastica dei Grandi Sacerdoti di Amon, divenuti ora gli effettivi signori del sud; alla base della potenza del sacerdozio tebano è l’immensa ricchezza di Karnak, frutto di una politica che ha fatto della legittimazione di Amon il fulcro dell’ideologia del Nuovo Regno; va però notato che questa tendenza non fu priva di arresti, primo fra tutti l’episodio amarniano, che può essere letto come il punto più alto di una costante rielaborazione del modello divino della regalità che si poneva in questo modo al di fuori di una legittimazione templare; allo stesso modo la connotazione cultuale della regina, che diventa Divina Adoratrice, rielabora lo status della coppia regale al di fuori di un parametro puramente politico e istituzionale, per porla in una dimensione divina.
Con la fine della XXI Dinastia si afferma una nuova famiglia di origini libiche; gli esponenti della XXII Dinastia cercano di riaffermare il controllo di Tebe, favorendo anche la presenza di membri della stessa famiglia regale tra le figure di spicco del clero di Amon. Dopo una fase energica, che vede i re libici intervenire nello scenario palestinese, si profilano i segni di una crisi che porteranno alla caduta della dinastia per una serie di torbidi interni: a partire dalla seconda metà della dinastia, il processo di frantumazione politica ha un’accelerazione che determina l’affermarsi di due dinastie (XXIII e XXIV, 756-712 a.C.) che regnano contemporaneamente. Nello stesso tempo anche il sacerdozio tebano entra in una fase di crisi, coincidente con l’affermarsi di una serie di alti funzionari che, per incarico della Divina Adoratrice di Amon, controllano effettivamente la regione di Tebe.
A questo stato di frammentazione pone fine l’avvento di un nuovo potere che procede a una nuova unificazione territoriale; stavolta però l’azione ha origine a sud del confine meridionale dello Stato egizio, e più precisamente al Gebel Barkal (odierna Napata), da cui muove una spedizione guidata da Piankhi: è questi l’esponente di una famiglia che ha accresciuto la propria potenza dopo la fine del controllo egiziano al termine della XX Dinastia. Il racconto di questa spedizione, che porta l’esercito napateo sino al nord, è riportato su una stele eretta dal re nel tempio di Amon a Napata, edificio sacro le cui origini risalgono al Nuovo Regno, e che probabilmente richiama forme di culto locale assimilatesi con modelli faraonici.
La residenza ufficiale della nuova dinastia torna a essere Menfi, l’antica città che seppe sempre mantenere il suo ruolo di centro culturale e ideologico; il controllo del territorio continua a essere esercitato attraverso una rete di poteri locali che dimostrano la permanenza di un modello tradizionale di gestione politica.
Il controllo centralizzato del Paese e la forza della casa regnante, che mantiene sempre un rapporto privilegiato con la Nubia, favorisce l’economia: la ricchezza del periodo è testimoniata dagli ambiziosi programmi architettonici dei successori di Piankhi, soprattutto Taharqa, che può essere considerato uno dei fondatori della nuova fase architettonica nel grande santuario di Karnak. La politica della corona nei confronti del potere tebano può essere ben rappresentata dalla scelta di eleggere una principessa di sangue regale come Divina Adoratrice di Amon: in questo modo, pur non essendo direttamente coinvolto nella gestione del tempio e della regione tebana, il re riesce a mantenere una forma di controllo tramite una persona legata a lui da vincoli di sangue. Queste donne, vere regine di Tebe, vengono circondate da una corte di alti funzionari le cui tombe nella zona di Asasif (Tebe ovest) sono tra le più monumentali e interessanti per il programma decorativo e per la scelta di testi, improntati a un evidente gusto arcaizzante.
Nel corso della XXV Dinastia la scena internazionale subisce cambiamenti radicali; il quadro di stati regionali viene progressivamente fagocitato dallo Stato assiro che, dalla Mesopotamia settentrionale, riesce a condurre un’aggressiva politica di conquista e annessione territoriale; l’Egitto percepisce la minaccia orientale, e offre il suo appoggio al regno di Giuda che sta subendo la pressione assira. La resistenza non riesce ad arginare la conquista e la stessa Valle del Nilo subirà due attacchi assiri: il primo (671 a.C.), a opera di Asarhaddon, vede la conquista di Menfi; ben più incisiva è la spedizione di Assurbanipal, che una decina di anni dopo si spingerà più a sud, giungendo a saccheggiare Tebe, da cui porta via un ricchissimo bottino.
La spedizione assira in Egitto, pur non comportando un’annessione del Paese alla grande potenza, determina una serie di conseguenze significative: la dinastia napatea (il cui ultimo rappresentante è Tanutamon) è costretta a ritirarsi più a sud, dove fonda uno stato dai forti tratti faraonici a Napata; il saccheggio dei templi tebani determina un impoverimento dal quale essi non riescono più a risollevarsi; infine, al termine della spedizione gli Assiri pongono a capo dell’Egitto una famiglia originaria di Sais, nel Delta. Ben presto questi principi si affrancano dal potere assiro e danno vita alla XXVI Dinastia, il cui primo re è Psammetico I.
La nuova famiglia regnante consolida rapidamente il suo potere nel Paese, andando a sostituire la dinastia napatea ormai ritiratasi oltre la prima cateratta; il programma politico della famiglia è stabilito già da Psammetico I, il quale fa adottare la figlia Nitokri quale Divina Adoratrice da Shepenupet II, rappresentante della famiglia napatea. Psammetico è anche il primo ad assoldare mercenari greci nel proprio esercito, avviando una prassi regolarmente seguita nel Periodo Tardo; questa presenza si fa sempre più importante nel quadro sociale e culturale del Paese, e fornirà le premesse per la piena affermazione dell’elemento greco dopo la conquista di Alessandro Magno.
I successori di Psammetico garantiscono all’Egitto una stabilità politica che si riflette in una cultura vivace; la centralità del Delta negli equilibri del periodo dipende dal prestigio di Sais, città di antica tradizione le cui scarse evidenze superstiti non rendono giustizia del passato splendore; le evidenze del periodo dall’area tebana (necropoli di Asasif, statue dalle aree templari ecc.) confermano però la ricchezza e la stabilità del periodo. L’apertura dell’Egitto verso il mondo esterno e una vasta rete di traffici commerciali sono confermati da alcuni fatti del periodo: il tentativo di aprire un canale tra il Nilo e il Mar Rosso dimostra la volontà di favorire rotte commerciali tra Oriente e Mediterraneo che passino attraverso l’Egitto; anche la creazione di un emporio greco nel Delta, a Naucrati, prova l’attenzione della dinastia verso lo sviluppo economico e commerciale del Paese; la realtà è però più complessa, perché la mancanza di materie prime fondamentali nella circolazione economica, come il ferro, determina una debolezza intrinseca dell’economia egiziana; a questo ovvia, almeno in parte, l’esportazione di cereali e papiro, che divennero prodotti di scambio determinanti per la ricchezza del Paese.
Al regno di Psammetico II risale la spedizione militare in Nubia che anticipa la damnatio memoriae dei sovrani napatei della XXV Dinastia; l’esercito egiziano, nel quale si annoverano mercenari greci che lasciano dei graffiti sulle gambe dei colossi di Ramesse II ad Abu Simbel, arriva sino a Napata, che viene conquistata e saccheggiata, mentre molte statue di antichi re nubiani vengono fatte a pezzi. Intanto, a Tebe sua figlia Ankhenesneferibra è adottata da Nitokri, Divina Adoratrice di Amon e figlia di Psammetico II: la famiglia saita riesce in questo modo a garantirsi il controllo tebano, con la nuova Divina Adoratrice che occuperà il gradino più alto della gerarchia per un tempo lunghissimo, morendo all’epoca della dinastia persiana. La presenza straniera in Egitto si arricchisce poi, nella seconda parte della dinastia (dal regno di Apries), con l’insediarsi di una comunità ebraica a Elefantina; l’ultimo sovrano della dinastia, Amasi, salito al trono dopo aver deposto Apries, favorisce la presenza greca, che diventa una componente stabile della società e dell’economia egiziana.
La fine del periodo ramesside segna una tappa importante nella storia del pensiero e della cultura in Egitto: a un’idea di stato forte, che si relaziona con l’esterno seguendo linee precise, dettate da un linguaggio internazionale comune, si sostituisce una realtà diversa, più adatta a un modello regionale che si sta affermando nel Vicino Oriente del tempo. Questa realtà diversa non impedisce però di guardare ai modelli del passato (soprattutto ideologici) come punti di riferimento costanti: il re ripete un modello di supremazia e di potere cui non corrisponde più un effettivo quadro politico.
Il rimando a un modello classico può essere interpretato come la maturazione di un percorso che ha la sua origine nella cultura ramesside, il cui eclettismo si fonda anche sulla percezione dell’antico quale modello; in questo modo l’unificazione promossa dai sovrani napatei e confermata da quelli saiti si accompagna naturalmente a una fraseologia delle iscrizioni ufficiali che appartiene a una serie di immagini e costruzioni cristallizzate, che insistono sulla caratterizzazione del sovrano quale legittimo rappresentante del potere divino. L’insistenza su questi temi di legittimazione e ortodossia è particolarmente evidente nella XXV Dinastia, e si avvale della rielaborazione di eventi come segni del favore divino (come la celebrazione di una straordinaria piena del Nilo nel sesto anno di regno di Taharqa, commemorata in una serie di stele celebrative).
Dalla stele dell’anno 6° di Taharqa
Eventi prodigiosi si sono verificati al tempo della sua maestà nel suo 6° anno di regno, e niente di simile era mai accaduto dal tempo degli antichi […].
La sua maestà stava invocando suo padre Amon-Ra, signore dei troni delle Due Terre per la piena, in modo da scongiurare la carestia: ora, tutto ciò che usciva dalle labbra di sua maestà suo padre Amon lo concedeva, e quando la stagione della piena venne, questa continuò a montare abbondantemente ogni giorno, crescendo per molti giorni al ritmo di un cubito al giorno. Penetrò nelle zone montuose dell’Alto Egitto e superò le colline del Basso Egitto, e la terra divenne come l’oceano primordiale, una distesa inerte, e non si poteva più distinguere la terra dal fiume: [la piena] montò per un’altezza di 21 cubiti, un palmo e mezzo dito all’altezza dell’imbarcadero di Karnak. La sua maestà si fece portare gli annali degli antenati per verificare le inondazioni accadute nei tempi antichi, ma non trovò nulla di paragonabile.
Lo spirito che muove questo filone regale ha un importante corrispettivo nell’arcaismo che diventa segno distintivo soprattutto nell’epoca saita, ma i cui presupposti sono chiaramente riconoscibili già con i re napatei. Gli ufficiali e gli alti funzionari del periodo si fanno rappresentare secondo canoni che risalgono spesso all’Antico Regno, mentre nelle loro tombe si affermano programmi decorativi e testuali antichi, che vanno dai Testi delle Piramidi, alle autobiografie considerate ormai classiche (come quelle di Asiut riprese nelle tombe tebane), ai Libri Oltremondani della Valle dei Re; un esempio di queste operazioni è il sarcofago della Divina Adoratrice Ankhenesneferibra, che riporta ampi stralci di composizioni funerarie e rituali più antiche. L’ampiezza del fenomeno può essere riconosciuto anche nella ripresa di titoli ufficiali e onorifici caduti in disuso da tempo, considerati rappresentativi di un modello antico da guardare con rispetto.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia