La Farina, Blanc, Theiner
Detestato da una buona parte degli ambienti governativi piemontesi – malvisto da Camillo Benso conte di Cavour, era anche inviso al re Vittorio Emanuele II a causa della sua avversione verso il padre di questi, Carlo Alberto –, Cattaneo fu duramente attaccato da Giuseppe La Farina (Messina 1815-Torino 1863). Questi, un siciliano molto legato ai piemontesi, fu l’inviato di Cavour presso Garibaldi nel corso della spedizione dei Mille, nello stesso periodo in cui Cattaneo si trovava a Napoli. In occasione della candidatura di Cattaneo alle elezioni politiche del 1860, La Farina intervenne a più riprese sul periodico torinese «Piccolo corriere d’Italia»: il 29 gennaio scrisse che «noi vogliamo costruire un forte Stato italiano e il Cattaneo magnifica i pregi delle Repubblichette», e il 19 febbraio accusò Cattaneo di essere un «noto amico dell’Austria» (cit. in Armani 1997, p. 166).
Più contrastato il caso di Alberto Blanc (Chambéry 1835-Torino 1904), un pubblicista che si era attestato su posizioni politiche opposte a quelle di Cattaneo. Blanc, pur nutrendo sentimenti filomonarchici e pur essendo vicino a Cavour, fu sempre contrario agli accordi franco-austriaci di Villafranca e alla cessione della natia Savoia alla Francia, e dal 1860 mostrò per questo Paese una fiera avversione, atteggiamento che condizionò notevolmente la sua carriera politica. Intensa fu la sua collaborazione con Visconti Venosta, che era stato avversario di Cattaneo nelle elezioni politiche del 1867.
Quanto al sacerdote e storico Augustin Theiner (Breslavia 1804-Civitavecchia 1874), questi fu animato, come Cattaneo, da una pervicace ricerca della verità nelle ricostruzioni storiche, atteggiamento che lo portò spesso a manifestare apertamente la sua avversione verso i gesuiti. Nel 1849 entrò in polemica con Antonio Rosmini-Serbati – com’era accaduto a Cattaneo, che alcuni anni prima aveva pubblicato un saggio per confutare l’accusa di ateismo mossa da Rosmini-Serbati contro Romagnosi (D’un’accusa fatta dagli “Annali di statistica” a Romagnosi, «Il Politecnico», 1842, 25, pp. 84-88) – criticando le sue asserzioni sull’elezione dei vescovi contenuta nelle Lettere storico-critiche intorno alle cinque piaghe della Santa Chiesa (1849).