La domesticazione degli animali e l'allevamento: Europa preistorica e protostorica
In Europa l'introduzione delle pratiche di allevamento giunse dal Vicino Oriente durante il Neolitico insieme agli stessi animali domestici; sono stati riconosciuti in periodi successivi alcuni indizi di domesticazione locale di animali selvatici, come nel caso dei bovini nel Neolitico tardo dell'Ungheria e dell'Italia centrale. In qualche caso alcune specie domestiche tornarono allo stato selvatico, come, nel Mediterraneo, le capre delle isole di Creta e Montecristo o i mufloni della Sardegna e della Corsica. La domesticazione del cavallo avvenne in una fase successiva, nell'Eneolitico dell'Europa orientale; uno dei siti che testimoniano il passaggio dalla caccia alla domesticazione è quello di Dereivka in Ucraina (metà del IV millennio a.C. ca.), dove sono stati trovati alcuni morsi. I cavalli domestici si diffusero quindi verso occidente e verso sud fino al Vicino Oriente e alla Mesopotamia. Nell'Italia settentrionale si hanno resti di cavalli relativi al Bronzo Antico, mentre nell'Italia centrale e meridionale sono noti dall'Eneolitico. Minori dati si hanno per la domesticazione dell'asino e per quella del gatto, in quest'ultimo caso anche per le difficoltà che si incontrano a distinguere i resti di tale animale, spesso frammentari e sempre in numero esiguo, da quelli del gatto selvatico. A parte il caso del cane, che deve aver avuto sempre la funzione di guardiano e di compagno di caccia, anche se veniva talvolta utilizzato nell'alimentazione, nelle prime fasi del Neolitico gli animali domestici erano allevati soprattutto per la produzione di carne. In un secondo momento, con lo sviluppo della lana negli ovini e l'utilizzo dei bovini per il lavoro, vi furono altri motivi di interesse e soltanto i maiali restarono destinati alla sola produzione di carne. Non si conosce la data d'inizio dello sfruttamento dei bovini come animali da lavoro, ma questo uso era particolarmente diffuso a partire dall'età del Bronzo, quando questi animali venivano tenuti in vita fino a tarda età. Mentre sembra che in principio non venisse praticata una selezione sulle mandrie di bovini, si dovette passare in seguito a una selezione, spesso involontaria, mediante l'abbattimento dei maschi in eccesso, e quindi a una selezione volontaria, sia mediante la macellazione di determinati individui che mediante la castrazione. Questa pratica è abbastanza difficile da riconoscere attraverso i resti che si possono trovare nei depositi archeologici, ma ossa di bovini castrati sono state riconosciute in alcuni siti europei, come nel caso del sito neolitico di Heuneburg in Germania, e in quelli dell'età del Bronzo di Ledro e di Barche di Solferino in Italia, nonché in alcuni villaggi dell'età del Ferro. Per quanto riguarda le caratteristiche morfologiche dei bovini, nel Neolitico europeo si hanno due razze: una d'importazione, di piccola taglia con corna piccole e muso corto (Bos taurus brachyceros), diffusa anche nel Vicino Oriente, e una di probabile domesticazione locale (o comunque di domesticazione più recente) che ricorda per molti caratteri il Bos primigenius. L'allevamento dei bovini nel Neolitico sembra essere volto piuttosto alla produzione di carne, mentre dall'Eneolitico cominciano a essere frequenti animali in età matura o anziani: questi ultimi sono la maggioranza in alcuni villaggi dell'età del Bronzo a probabile economia agricola. L'utilizzo per il lavoro è testimoniato anche da raffigurazioni di bovini aggiogati in alcune località dell'età del Bronzo, come al Monte Bego. Nel caso dei caprovini, mentre le capre non subiscono sostanziali cambiamenti per tutta la preistoria, in Europa è stata riconosciuta la presenza di diverse razze di pecore distinguibili sia per la taglia che per le caratteristiche morfologiche rilevabili a livello osteologico e in particolare per la forma e le dimensioni dei cavicchi ossei e la presenza o meno di essi nelle femmine. Le pecore che giunsero in Europa nelle fasi iniziali del Neolitico erano probabilmente ancora senza lana e da esse potrebbero essere derivati i mufloni sardi e corsi. Nel caso dei maiali, nelle prime fasi del Neolitico fu importata nell'Europa meridionale una razza molto diversa dalla forma selvatica, quindi già allo stato domestico da lungo tempo, mentre in alcune aree sono attestati solo suini selvatici. Successivamente sembra siano avvenute altre domesticazioni localizzate di suini selvatici e incroci tra suini domestici e selvatici. Nonostante la presenza di possibili incroci in molte località, non sembra probabile la pratica dell'allevamento brado, data la regolarità dell'età di abbattimento degli animali durante tutta la preistoria, ma si può pensare piuttosto all'immissione nella mandria di qualche individuo selvatico. Il cane, la cui domesticazione in alcune località è precedente al Neolitico, è sempre in bassa percentuale. Si presenta in Europa come un animale di taglia piccola o media e solo dall'età del Bronzo si cominciano a trovare individui più grossi. Benché in alcuni siti venisse anche consumato come alimento, il suo principale impiego doveva essere nella caccia e nella custodia del bestiame; si hanno anche alcune raffigurazioni di cani impegnati nella caccia al cervo. Resti di cani sono frequenti anche nelle sepolture e in contesti rituali non sepolcrali: si possono ricordare la sepoltura neolitica di donna con cane a Ripoli e il contesto funerario e rituale di Grotta Continenza in Abruzzo. Durante la preistoria l'allevamento doveva essere profondamente condizionato dalla situazione ambientale e questo fatto è chiaramente riconoscibile in contesti particolarmente difficili, che potevano indirizzare l'economia verso animali meglio adattabili all'ambiente.
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