La cultura del corpo in vivo
Lo studio dell'anatomia nel cadavere, per lungo tempo esercitato in clandestinità o semiclandestinità (affondare il bisturi nel cadavere era considerato un atto sacrilego: l'uomo, seppur morto, è comunque immagine di Dio!), sia da medici sia da non medici ‒ basti pensare al grande Leonardo ‒, ha condotto, attraverso i secoli, a un grande approfondimento delle conoscenze sul corpo umano. La cultura del corpo in vivo nasce solo in tempi assai più recenti, allorché la semeiotica clinica (dal greco σημειωτικο′Ϛ, "che osserva i segni e i sintomi" che orientano verso l'identificazione della malattia, cioè verso la diagnosi) raggiunge il suo maggiore sviluppo: dapprima in modo solo fisico, diretto, in genere collegiale (con l'osservazione clinica effettuata in comune al letto del malato, per consentire il reciproco controllo dei rilievi morfologici e funzionali), sulla base dei cinque sensi, sotto forma di ispezione, palpazione, percussione e ascoltazione, e, successivamente, anche indiretta, quando comincia a dotarsi di tecniche strumentali, tanto da venire definita appunto 'semeiotica strumentale'. La cultura del corpo normale in vivo deriva quindi dallo studio del corpo malato: normale è ciò che non è 'deforme', ciò che non è patologico. Questa definizione in negativo della normalità è il risultato dell'osservazione clinica basata sul rilievo di segni e sintomi. Molto opportunamente E. Poli (Metodologia medica, Milano, 1965), citando C. Newman (The evolution of medical education in XIX century, London, 1957), sottolinea che ispezione, palpazione e percussione, sebbene da molto tempo note, non vennero applicate sistematicamente fino a quando (1819), in seguito all'introduzione dell'ascoltazione mediante lo stetoscopio di Laënnec, non si cominciò a praticare un completo e accurato esame clinico: un merito, quindi, che va attribuito a quella sorta di cornetto acustico, prima in carta e poi in legno, realizzato per trasmettere all'orecchio i fenomeni acustici che si producono nel cuore e nei polmoni. La notazione di Newman è oggettiva, perché derivata dall'attento esame delle cartelle cliniche del Guy's Hospital di Londra all'inizio dell'Ottocento. Prima della pubblicazione, avvenuta a Parigi nel 1819, del trattato L'auscultation médiate, di R.-T.-H. Laënnec, dell'Hôpital Necker, la visita si riduceva a un accurato interrogatorio, ad alcuni rilievi sulla facies, sulla lingua, sul polso ed, eventualmente, sull'aspetto delle urine, delle feci e del sangue da salasso. Si prendeva nota se il malato, per es., aveva notato la comparsa di una massa addominale, ma non si passava a esaminarla sistematicamente. Ecco dunque un paradigmatico esempio di come un'invenzione tecnica strumentale, per certi aspetti assai modesta, abbia dato il via all'approfondimento delle conoscenze del corpo umano in vivo, patologico e sano. È con il grande sviluppo della semeiotica strumentale ‒ radiologica, elettrofisiologica, di medicina nucleare, di laboratorio ecc. ‒ che la cultura del corpo in vivo raggiunge il suo acme, determinando una notevolissima accelerazione al processo di acquisizione di sempre nuove e approfondite conoscenze morfologiche e funzionali. La trattazione presentata in questa sezione, dopo un'introduzione generale sulle metodologie utilizzate per il rilevamento, l'interpretazione e l'organizzazione dei dati ottenibili dal corpo in vivo, descrive lo stadio attualmente raggiunto nei diversi settori della medicina di laboratorio, dell'elettrofisiologia, della diagnostica per immagini (con ampio spazio dedicato anche all'illustrazione di strumenti e tecniche), dell'endoscopia, della medicina nucleare.
Per quanto riguarda la medicina di laboratorio, al suo primo ampliarsi e affermarsi si volle vedere tra essa e la semeiotica un netto contrasto, che di fatto non esiste: i dati che il laboratorio fornisce rappresentano infatti una delle 'voci' con cui il corpo in vivo si esprime. Nella maggior parte dei casi, il 'segno' si manifesta con un valore numerico (per es. la glicemia, l'azotemia, la colesterolemia ecc.). Così come tutti i numeri, i dati del laboratorio di analisi si presentano con il fascino dell'esattezza, della verità dogmatica e della perentorietà. Queste caratteristiche e la semplicità del prelievo di sangue e di altri campioni biologici hanno portato all'estrema diffusione della medicina di laboratorio, tanto che, insieme alla radiografia del torace e all'elettrocardiogramma, l'esecuzione di alcuni esami ematochimici è divenuta ormai parte della pratica routinaria. La larga diffusione delle analisi di laboratorio è stata ritenuta da alcuni un possibile, importante fattore responsabile della tanto temuta medicalizzazione della popolazione; in realtà, essa va considerata piuttosto nel suo aspetto positivo, vale a dire quale mezzo semplice, pratico e valido per ampliare la conoscenza del corpo, e quindi quale indispensabile premessa per la conservazione della salute e la prevenzione della malattia. Per la conoscenza del corpo in vivo la medicina di laboratorio ha avuto non pochi meriti: la grande diffusione delle determinazioni ha consentito di ottenere una buona conoscenza dei limiti di normalità, sia statistica sia, soprattutto, biologica; in alcuni casi il grande numero di dati relativi a intere popolazioni, unito all'osservazione nel tempo dei soggetti che di queste fanno parte, ha reso possibile definire i valori desiderabili di certi parametri di laboratorio e identificarne il possibile ruolo di 'fattori di rischio' (per es. quello della colesterolemia nei confronti dell'arteriosclerosi, o della glicemia nei riguardi delle complicanze a lungo termine del diabete); così pure è stato possibile realizzare la gestione di certe malattie a decorso cronico da parte dello stesso paziente, per es. attraverso l'autocontrollo della glicemia per il monitoraggio del diabete, soprattutto in corso di trattamento insulinico. Un altro modo di conoscere il corpo in vivo consiste nel registrare i fenomeni elettrici e magnetici che hanno origine nei tessuti viventi o che in questi stessi tessuti si verificano in risposta a determinati stimoli.
Ai primordi del suo impiego l'aiuto che l'elettrocardiografia dava alla diagnosi era quasi trascurabile, limitandosi a chiarire alcuni disturbi del ritmo cardiaco. Con l'evoluzione tecnica e interpretativa cui è andata successivamente incontro, essa rappresenta oggi un mezzo utilissimo in numerosi altri aspetti della diagnostica cardiologica. Come già si è detto, insieme ad alcuni accertamenti di laboratorio e all'esame radiografico del torace, l'indagine elettrocardiografica costituisce attualmente la triade routinaria di primo approccio medico all'individuo sano o malato. Nonostante i progressi enormi compiuti dalla diagnostica cardiologica, anche grazie all'impiego di diverse tecniche di imaging in vivo (angiocardiografia, scintigrafia ecc.), permane pur sempre l'esigenza di una visione istologica e ultrastrutturale del tessuto miocardico. La biopsia endomiocardica può oggi fornirla, se la lesione è diffusa a tutto il muscolo cardiaco e se il danno morfologico è patognomonico. Il principale quadro morboso diagnosticabile è il rigetto del cuore trapiantato. Quanto all'elettroencefalografia, essa non soltanto è di notevole ausilio per la diagnosi di un gran numero di alterazioni anatomiche o funzionali del cervello, ma diviene addirittura indispensabile per la cessazione delle pratiche rianimatorie e per l'accertamento della morte con i metodi della semeiotica medico-legale, secondo quanto previsto dalla legge che disciplina il prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico. Per morte si intende infatti la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo, che va documentata con la presenza di silenzio elettrico cerebrale, definito come assenza di attività elettrica di origine cerebrale, spontanea e provocata. L'estinzione delle onde elettroencefalografiche (il cosiddetto 'elettroencefalogramma piatto') segna il punto oltre il quale il dovere del medico di curare trova il suo limite logico e umano nella stessa inutilità della terapia e può essere configurata come deontologicamente legittima l'eutanasia passiva, cioè il rifiuto di ogni oltranzismo terapeutico. Lo sviluppo delle tecniche di imaging è, ormai da un secolo, teso a raffigurare al meglio la deformità, la malattia, il malfunzionamento e, per converso, la normalità. La lettura del capitolo La diagnostica per immagini fornisce un quadro impressionante dei giganteschi investimenti di ricerca/sviluppo e, al tempo stesso, delle importanti ricadute per i pazienti, in termini di progressi della gestione e di miglioramento degli esiti di varie patologie. In realtà, sviluppo e applicazione delle tecniche non sempre si accompagnano, come sarebbe necessario, ad adeguate valutazioni della loro efficacia, sia assoluta sia relativa. Orbene, se la salute è un patrimonio assai prezioso da salvaguardare con ogni mezzo, è anche vero che una valutazione economica in termini di minimizzazione dei costi in assoluto e dei rapporti costo/beneficio, costo/efficacia e costo/utilità andrebbe comunque eseguita. Almeno si dovrebbe assicurare il meglio a tutti, evitando per es. che apparecchiature frutto di tecnologie di avanguardia vengano utilizzate solo per tempi limitati, di poche ore al giorno. Sembra anche doveroso ricordare il caro prezzo pagato al progresso della diagnostica per immagini (soprattutto nei primi tempi dopo la scoperta dei raggi X a opera di W.C. Röntgen, ma anche in seguito, fino all'emanazione, in epoca relativamente recente, delle norme relative alla protezione dagli effetti nocivi delle radiazioni ionizzanti), in termini di radiolesioni cutanee, carcinomi della pelle e alterazioni sistemiche a carico dei tessuti emo- e linfopoietici, da un gran numero di medici radiologi e ortopedici, di tecnici di radiologia e finanche di pazienti.
Nell'ambito della diagnostica per immagini, particolare diffusione ha avuto l'ecografia, che utilizza gli ultrasuoni per visualizzare in vivo gli organi interni del corpo. L'innocuità di questa metodica, e quindi la possibilità di ripeterne liberamente l'applicazione senza danno alcuno per il paziente o per l'operatore, ha consentito di sviluppare, per alcune malattie, una cultura epidemiologica prima mancante. Un tipico esempio è quello della calcolosi colecistica, che, grazie agli studi ecografici trasversali e longitudinali, è risultata molto più diffusa di quanto si ritenesse, specie per quanto riguarda alcune classi di età e la distribuzione relativa tra uomini e donne, e di cui è stato possibile tracciare la storia naturale e terapeutica. In campo vascolare le indagini epidemiologiche che hanno utilizzato la metodica ecografica hanno consentito di introdurre, nella correlazione tra fattori di rischio ed evento, l'anello di congiunzione rappresentato dalla lesione patologica arteriosa. Così quello che veniva un tempo definito l' 'indurimento' delle arterie oggi può essere valutato con grande precisione. L'esame ultrasonografico consente infatti di misurare la progressione (o non progressione o regressione, in corso di terapia antiaterosclerotica) dell'ispessimento delle tuniche intima e media a diversi livelli dell'asse carotideo. Infine l'ecografia del feto ha permesso di evidenziare in epoca precoce (cioè entro il termine in cui è possibile operare l'interruzione volontaria di gravidanza) l'esistenza di eventuali malformazioni; di monitorare il processo di accrescimento, identificando possibili alterazioni; di definire il sesso del nascituro; di rendere familiare alla madre il prodotto del concepimento, riservando al momento della nascita soltanto la conoscenza dei tratti fisiognomici. L'endoscopia, che consente la visione diretta di aspetti morfologici e funzionali che con altri mezzi diagnostici è possibile chiarire unicamente in via interpretativa indiretta, ha trovato larghissima diffusione grazie alla utilizzazione di fibre ottiche flessibili. Essa ha altresì aperto la strada alla chirurgia endoscopica, che si va sempre più affermando, anche a motivo degli indubbi vantaggi d'ordine economico che comporta. Altre grandi possibilità di conoscenza del corpo in vivo sono offerte dalla medicina nucleare, disciplina che ha ormai raggiunto una propria dignità accademica. I dati che permette di ottenere sono fondamentalmente di tipo funzionale, ma non di rado gli aspetti funzionali si esprimono anche in forma di immagini, come per es. nel caso della fig. 4.5, che fornisce una rappresentazione delle modificazioni del flusso ematico cerebrale che si verificano in un individuo, mentre immagina di afferrare con la mano un oggetto. Questa figura è oltremodo dimostrativa dei notevolissimi progressi delle conoscenze rese possibili dalle moderne tecniche di esplorazione. La vivacità cromatica che la contraddistingue fa tornare alla mente quanto Paracelso (1493-1541) scriveva nel suo Septem defensiones: "perché nelle malattie occulte non è come quando si riconoscono i colori: con i colori si vede bene ciò che è nero, verde, blu. Ma se fossero coperti da un velo, allora non si riconoscerebbero. Per vedere al di là di un velo occorre uno sforzo, che prima non era necessario". Lo sforzo necessario per vedere i veri colori è stato compiuto e ancor più lo sarà in futuro: quanto esposto nella presente trattazione ne è la migliore dimostrazione.