Per lo Yemen, il 2015 ha segnato il ritorno a una durissima guerra civile le cui conseguenze avranno gravi ripercussioni sulla ricostruzione della società yemenita nei prossimi anni. Il conflitto è iniziato ufficialmente il 19 marzo 2015 rendendo più chiara la portata di uno scontro che è prima di tutto locale e civile, e poi regionale e sovranazionale, e che vede opporsi, da una parte le forze del Movimento separatista del sud (al-Hirak) affiancate alle truppe nazionali fedeli al presidente in carica Abd Rabbu Mansur Hadi con sede ad Aden, dall’altra le milizie della famiglia al-Houthi (partito Ansarullah), proveniente dal nord del paese (Saada), e supportate dall’ex presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh, già destituito con la rivoluzione del 2011. Gli altri due attori locali principali e riconosciuti di questo conflitto sono Aqap (Al-Qaida nella penisola arabica) e l’Is (Wilaya Sana’a – Provincia di Sana’a), che controllano porzioni di territorio (Aqap controlla nuovamente Abyan e la regione di al-Mukalla, nonché parti della costa a sud-est) mentre l’Is si è addossato la responsabilità di attentati con kamikaze e autobombe in tutto il paese, dal Marib ad Aden e, in particolare, nella capitale Sana’a.
Sullo sfondo, per un quadro geopolitico completo, non va trascurata l’azione di influenza dei principali attori regionali: l’Arabia Saudita da una parte, sempre più legata allo Yemen dalla rivoluzione del 2011 e a cui il governo yemenita è debitore di un cospicuo debito economico, e l’Iran a cui, senza esserci stata mai conferma di finanziamenti da parte di Teheran, la famiglia al-Houthi si richiama, sia rispetto al modello teocratico che desidererebbe attuare, sia rispetto all’esplicita derivazione delle sue milizie da Hezbollah e dai proclami loro leader Sayyid Hassan Nasrallah.
La causa primaria scatenante il conflitto è stata l’azione delle milizie Houthi che, dopo la dichiarazione del Comitato rivoluzionario supremo (già dichiarato illegittimo dal presidente in carica) che incitava da Sana’a al mancato rispetto dell’autorità del presidente Hadi e all’avanzamento delle truppe ribelli verso sud, hanno ingaggiato una durissima battaglia per il controllo del governatorato di Taiz. Il 25 marzo 2015 anche la città di Lahji cade nelle mani degli Houthi che si diressero verso Aden, sede del presidente, e ingaggiarono un conflitto durissimo per il controllo dell’aeroporto internazionale. Hadi è fuggito da Aden e, lo stesso giorno, il Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc) a guida saudita ha lanciato la campagna Decisive Storm, bombardando il paese, per consentire la restaurazione del governo legittimo. Gli Stati Uniti hanno fornito intelligence e supporto logistico per la campagna. L’azione militare degli Houthi si concentra sugli accessi al mare e sull’avanzata verso sud: il 23 marzo sono avanzati nello Stretto di Bab-el-Mandab fino a raggiungere e occupare il porto di Mocha, aprendo azioni di fuoco anche verso barche cariche di profughi e dirette verso Gibuti, il paese del Corno d’Africa prospiciente alla costa yemenita.
Il conflitto ha poi presentato una fase più lunga, da marzo ad agosto, in cui gli Houthi hanno allargato la loro presenza sul terreno da nord-ovest (Saada) a sud-ovest (alle porte di Aden) subendo però perdite progressivamente sempre più gravi in uomini, mezzi, armamenti e infrastrutture di collegamento e approvvigionamento a causa dei durissimi bombardamenti del Gcc su tutta la lunga linea del fronte. Il conflitto ha avuto una svolta decisiva nell’agosto 2015 quando le truppe fedeli al governo Hadi con una partecipazione decisiva del Movimento separatista del sud e contractors stranieri assoldati dal Gcc hanno ripreso Aden, risalendo a poco a poco verso nord, aiutate dai bombardamenti della coalizione. Il conflitto presenta però un ulteriore fronte nella provincia dell’Hadramauth, tradizionalmente la roccaforte di Aqap insieme all’area est del governatorato di Abyan, al governatorato di Shawba (dove si trova l’area petrolifera di Usaylan), e al Marib dove le tribù sunnite tengono saldo il controllo del territorio da qualsiasi altro opponente, governo compreso. In Hadramauth gli Houthi hanno ingaggiato, senza prevalere, pesanti scontri con i qaidisti che hanno acquisito il controllo di al-Mukalla. Nell’analisi del conflitto non va dimenticata l’azione di contrasto ad Aqap compresa nel programma americano contro il terrorismo internazionale: nel maggio e giugno 2015 un paio di attacchi con droni hanno colpito Maamoun Hatem e Abu Hajar al Hadrami, due tra i più seguiti leader di Aqap e potenzialmente favorevoli a traghettare la sigla qaidista della penisola arabica verso la fedeltà al sedicente Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi.
In questo quadro complesso e balcanizzato del conflitto, un primo tentativo di distensione tra i principali attori in lotta è stato accennato nel giugno 2015 dopo la tregua di maggio, ma è fallito. La prolungata esposizione dei civili del paese ai bombardamenti del Gcc, l’intensificarsi di azioni settarie, rapimenti e violenze nelle aree di controllo degli Houthi e l’ampliamento e rafforzamento dello Stato islamico sul territorio, con nuovi e numerosi attacchi bomba nelle moschee e a personalità governative, in particolar modo ad Aden, hanno convinto gli attori sul terreno ad impegnarsi per una soluzione più efficace. I colloqui di Ginevra del dicembre 2015, ai quali non erano presenti però i leader dei ribelli Houthi (Abdulmalik al-Houthi e Ali al-Shami) hanno portato, per la fine del 2015, a una promessa di cessate il fuoco prolungata (ma diversi episodi di scontri a fuoco la indicano come già disattesa), a uno scambio di prigionieri tra ribelli e governativi e all’invio di un convoglio delle Nazioni Unite per aiuti umanitari verso le province di Taiz, Hajja e Saada.
La crisi, qualunque sia la sua risoluzione, lascia al paese un’eredità di deficit impressionanti. Alcuni numeri: 15 milioni e 200.000 persone senza accesso alla sanità; 500.000 bambini che soffrono di malnutrizione e disturbi psicologici; 1su 4 infrastrutture del paese distrutte e da ricostruire. 6.000 sono i civili yemeniti morti (dati dei primi di dicembre 2015) tra cui 600 bambini.