Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel 1291, con il giuramento di Rüttli, nasce il primo embrione della Confederazione Elvetica riunendo le comunità che risiedono nelle adiacenze del lago dei Quattro Cantoni. La formazione politica costituisce poco più di una forma di accordo di buon vicinato, ma essa è destinata a rafforzarsi in seguito alla minaccia costituita, per questi come per altri cantoni, dalla presenza feudale asburgica, che tenta di costruire sulla regione svizzera un proprio principato territoriale.
L’ambiente che ha germinato la Svizzera si dispiega nell’area prospiciente il lago dei Quattro Cantoni. Qui si trovano le piccole regioni rurali di Schwyz, Uri, Unterwald, anche se la loro estensione è in questa fase minore di quella odierna. Si tratta di vallate di montagna colonizzate in epoca posteriore rispetto alla pianura. In particolare, esse hanno attraversato una fase di crescita a partire dal momento in cui il passo del San Gottardo ha acquistato maggiore importanza sul piano dei traffici internazionali. Tutto ciò si verifica dal secolo XIII, quando si avvia un florido commercio di transito tra l’Italia comunale e la Germania. A loro volta questi scambi commerciali sono favoriti dalle vicende politiche assai rilevanti che vedono gli imperatori tedeschi presenti in Italia con le spedizioni note di Federico Barbarossa e più tardi con la dinastia degli Hohenstaufen che ha espresso Federico II. Proprio il figlio di quest’ultimo, Enrico, nel 1231 ricompra la città e il cantone di Uri dal conte Rodolfo il Vecchio di Asburgo e il cantone diviene, perciò, feudo imperiale. Più o meno negli stessi anni Schwyz si vede concesso un privilegio imperiale dallo stesso Federico II, mentre è impegnato nell’assedio di Faenza. La fine della dinastia federiciana lascia ampio spazio ai sostenitori del papato. In particolare gli Asburgo, oltre a mantenere i loro possessi a ridosso del lago dei Quattro Cantoni, vedono innalzato il loro ruolo politico in seguito alla scelta di Rodolfo I come nuovo imperatore del Sacro Romano Impero nel 1273. Sembra quindi inevitabile che la famiglia austriaca debba costituirsi un forte principato territoriale anche sulle regioni alpine in cui si trovano le suddette regioni svizzere. Tuttavia una svolta nelle ambizioni asburgiche si ha alla morte di Rodolfo nel 1291.
La nascita della Confederazione Elvetica si deve al giuramento di Rüttli, nel quale proprio i tre cantoni di Schwyz, Uri, Unterwald, noti anche come Paesi forestali, si promettono reciproco aiuto in caso di attacco; si impegnano a non accettare giudici originari di località esterne alle loro vallate e, soprattutto, giurano di sottoporre ad arbitrato tutti gli eventuali motivi di dissenso fra le tre comunità risolvendoli pacificamente.
Il 1º agosto 1291 nasce la Confederazione Elvetica sulle fondamenta di questo patto, il cui significato politico è chiaro per il ceto dirigente delle tre città firmatarie. Esse compiono un atto di cosciente e permanente ribellione all’autorità degli Asburgo, che fin dagli inizi del XIII secolo si sono assicurati, in concorrenza con altri casati feudali laici ed ecclesiastici, buona parte del territorio che costituisce l’attuale Svizzera. La forza di contestazione dell’autorità feudale trova radici nel sentimento di imitazione nei confronti dell’esperienza comunale italiana, da cui le città sopraccitate vengono profondamente influenzate, localizzate come sono nella regione del San Gottardo; in particolare, tale imitazione riguarda l’acquisizione del contado da parte dei centri urbani dell’Italia settentrionale e centrale.
Questa forma di acquisizione nella Confederazione Elvetica appare legata alla capacità dimostrata dai centri urbani di allargare e controllare, militarmente ed economicamente, i propri distretti. Ciò che conta sono le modalità di questo allargamento: oltre alla forza militare, lo strumento adoperato è il conferimento della cittadinanza a comunità e a enti ecclesiastici, e tale concessione si estende non solo agli uomini liberi, piccoli e medi proprietari terrieri, ma anche ai servi della gleba.
È il caso di Berna, che nel 1229 comincia a imporre la sua protezione militare a un’istituzione ecclesiastica staccatasi dall’ordine teutonico e ad abbazie cistercensi, imponendo dei trattati che prevedono il passaggio del loro territorio alla giurisdizione cittadina; ma lo strumento meglio impiegato per ampliare il contado è il conferimento della cittadinanza a comunità dei villaggi e persino a singoli feudatari sudditi degli Asburgo, come nel caso dell’Argovia, che ai primi del Quattrocento si libererà dalla tutela asburgica e si assocerà a Berna. Appare più o meno simile la politica condotta da Zurigo nei confronti del contado, che viene realizzata a partire dalla seconda metà del Trecento. Nel 1336 il borgomastro Rudolf Brun avvia una politica di controllo delle vie di comunicazione verso i più vicini mercati. Gli strumenti adoperati da Bruno, il figlio del borgomastro, sono tipici di una città dotata di larghi mezzi finanziari: prestiti a signori indebitati e trasferimento dei loro territori quando sono inadempienti; acquisti finanziati con un sistema di imposizione fiscale particolarmente efficace, oltre, naturalmente, alla concessione, con grandissimo rilievo, della cittadinanza. Tuttavia, non sempre gli strumenti per il controllo del contado sono identici nelle città svizzere. Per esempio, nel caso di Berna, la città dominante riscuote imposte personali sugli abitanti del contado. Zurigo, invece, conferisce la cittadinanza preferibilmente a uomini liberi e a piccoli feudatari, mantenendo il principio della doppia cittadinanza della città dominante e dei centri minori e non esigendo, se non eccezionalmente, contributi fiscali a carico del contado.
Si realizza così una profonda connessione tra città e campagna, che si esprime nella forma tradizionale dei miti politici elvetici legati alla figura, per esempio, di Guglielmo Tell. Secondo la tradizione il montanaro del cantone di Uri, per non avere reso omaggio al cappello del governatore austriaco esposto nella piazza della città, viene condannato a colpire con la freccia una mela posta sulla testa del figlio. La diffusione della leggendaria vicenda e la strumentalizzazione ai fini antiasburgici assume il valore ideologico di lotta per la libertà del singolo abitante svizzero e delle comunità, indifferentemente urbane e rurali, di appartenenza contro le angherie del potere feudale identificato nei balivi del duca d’Austria, lasciando emergere una comunanza di sentire tra uomini delle valli e montanari del contado elvetico. Il rapporto tra città e campagna costituisce un elemento di forte positività nella formazione della Svizzera moderna, poiché stabilisce vincoli associativi molto forti tra montagna e pianura fondati su concreti interessi politici comuni. Altrove, sia in Svizzera che in altre parti d’Europa, come ad esempio nei Comuni italiani coevi, alleanze di sole città e anche federazioni di sole comunità contadine hanno ottenuto esiti politici di rilievo nel breve periodo, ma molto presto o sono andate in rovina o si sono sciolte dopo successi, anche militari, di scarso rilievo.
L’azione di contestazione prosegue tutte le volte che gli Svizzeri sono in grado di appellarsi al potere imperiale dichiarandosene direttamente dipendenti, come del resto è avvenuto con la casa degli Hohenstaufen alla guida dell’impero; al contrario l’ascesa al titolo imperiale di Rodolfo d’Asburgo mette in difficoltà la politica autonomistica dei tre cantoni. In seguito alla nomina alla guida del Sacro Romano Impero di Enrico VII di Lussemburgo, i confederati si fanno confermare la loro dipendenza diretta dall’impero e la fanno estendere, nel 1309, al cantone di Unterwald.
L’avvenimento costituisce l’avvio di una nuova fase di scontro militare tra Asburgo e Svizzeri, poiché il duca Leopoldo d’Austria interviene per punire gli abitanti di Schwyz, i quali hanno attaccato l’abbazia di Einsiedeln. Il duca attacca i cantoni svizzeri ma viene ancora una volta sconfitto dai confederati a Morcarten, nel 1315. Si tratta di un avvenimento di grande peso politico nella storia della confederazione. A pochi giorni di distanza, infatti, i cantoni firmano un nuovo patto di alleanza a Brunnen. Nel documento si stabilisce che tutti i cittadini della Confederazione hanno l’obbligo periodico di giurare e rinnovare il loro giuramento nelle assemblee cittadine, divenendo con questo compagni legati da giuramento. L’avvenimento si riflette sulla scelta di buona parte dei centri urbani e dei villaggi compresi nelle barriere naturali che racchiudono la Svizzera – il Reno, le Alpi e il Giura – che decidono di aderire alla Confederazione dei tre cantoni originari. Aderiscono con alleanze perpetue Lucerna nel 1332, Zurigo nel 1351, Glaris e Zoug nel 1352, Berna nel 1353. Si delinea così la Confederazione dei quattro cantoni, ma non si tratta di uno Stato che ha una struttura federale, poiché manca di un governo centrale e ogni cantone può contare sulla propria autonomia e può esprimere un proprio governo e una sua legislazione. Il rafforzamento della potenza dei confederati provoca nuove reazioni da parte degli Asburgo.
Il duca Leopoldo III d’Austria viene attaccato dal cantone di Lucerna in un conflitto denominato guerra di Sempach, svoltosi tra il 1386 e il 1393 e nel corso del quale lo stesso duca asburgico perde la vita. L’anno successivo i confederati disperdono a Näfels un esercito di cavalleria austriaca che vuole attaccare Glarus. I successi conseguiti spingono gli otto cantoni svizzeri a stabilire norme che li vincolano a confluire in un esercito comune per la difesa della confederazione in caso di guerra. I rapporti politici tra i cantoni vengono così rafforzati da un elemento di notevole significato, come la costruzione di una forza militare nazionale.